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mercoledì 3 febbraio 2021

Riformare la riforma liturgica post-conciliare?

Vi proponiamo un interessante contributo di Angelo Pellicioli, coordinatore del Comitato permanente per il Rinnovamento liturgico nella Fede, sulla questione della «riforma della riforma» liturgica.

L.V.


Mai, come in questi ultimi tempi, si parla della necessità di riformare la riforma liturgica approdata a noi dopo la chiusura del Concilio ecumenico Vaticano II.
Ci si chiede: riformare una riforma con una controriforma non equivale, per caso, a riportare le cose come stavano prima della riforma stessa? Pare proprio di sì; così come il postulato lessicale di una doppia negazione equivale ad un’affermazione.
Mons. Athanasius Schneider, [già] vescovo ausiliare di Karaganda, sostiene, nel suo ultimo libro Christus Vincit (Ed. Fede & Cultura), che la sacra liturgia «è primariamente ed essenzialmente la glorificazione di Dio Uno e Trino» e che «una tale perfetta glorificazione a Dio dona grazia e salvezza eterna a tutti coloro che vi partecipano e a coloro per i quali è specificamente offerta».
Orbene, la massima espressione liturgica è rappresentata dalla celebrazione della Santa Messa; la quale ci elargisce, in modo veramente sacramentale, la sacra liturgia del Sacrificio della Croce, espletata con lo stesso Sacerdote e la stessa Vittima: Gesù Cristo.
Va sottolineato peraltro che, dopo il Concilio, il modus nel quale la Santa Messa viene celebrata, nel rito ordinario vigente, non è affatto ciò che intendevano i Padri conciliari; i quali ben difficilmente immaginavano una Santa Messa con il sacerdote coram populo, anziché coram Deo.
In particolare, poi, si può osservare che una Messa nella quale le preghiere dell’Offertorio del vecchio rito sono state sostituite da quelle della cena ebraica dello Shabbat, sminuendo di fatto il valore sacrificale della Cena Eucaristica ed avvicinando la stessa all’accezione protestante di un banchetto, non rende certo giustizia al concetto della Mensa eucaristica così come concepita da San Pio V nella Messa cosiddetta tridentina.
E, per lo stesso motivo, una Messa che è celebrata tutta in lingua vernacolare, dove la Santa Comunione si riceve in piedi e su una mano, dove le Sacre Specie vengono distribuite da laici, sia uomini che donne, non può definirsi veramente il Sacrificio totale e redimente del Christus.
Cade a proposito, proprio in questi giorni, la disposizione papale che «legalizza» le funzioni del lettorato e dell’accolitato svolte dalle donne: spesso ragazze o persino bambine. La decisione, se pur abilmente venduta quale «adeguamento ai tempi moderni» e adottata perché in «stato di necessità», sorprende e sgomenta alquanto.
Nulla di omofobo, per carità, ma sta di fatto che quanto sancito in materia liturgica dal pontefice San Pio V non solo sia tuttora vigente, non essendo mai stato abolito (anzi rinsaldato dal motu proprio di papa Benedetto XVI), ma vi è pure da rilevare come il Papa della battaglia di Lepanto abbia voluto assicurarsi che le forme liturgiche, da lui sancite e proclamate in merito alla Santa Messa, perdurassero nel tempo. Per questo specificò che tale rito non avrebbe più potuto essere modificato, minacciando addirittura la scomunica per coloro che avessero inteso farlo.
Quindi, tornando all’oggetto, in campo liturgico oggi non c’è proprio nulla da riformare. Non si può e non si deve riformare, infatti, una riforma sortita, ab origine, contra legem. Che oggi tutto sia possibile, opinabile e discutibile rappresenta certamente un segno (non certo positivo) dei tempi moderni attuali; dove la confusione, la mancanza di certezza del diritto, il fai da te, lo spregio e la censura delle altrui idee è sempre più di casa.
Volgiamo quindi le nostre intenzioni ed i nostri sforzi, in campo liturgico, alla riscoperta dei valori antichi, genuini e scevri da improvvisazioni. Anche se saremo in pochi, tocca a noi farlo. In ossequio alle cosiddette «minoranze creative», preconizzate da Papa Benedetto XVI oltre cinquant’anni fa.

Angelo Pellicioli

11 commenti:

  1. Shneider non è vescovo ausiliare di Karaganda dal 2011, ora è ad Astana, dieci anni non sono bastati per accorgersene. Non si dice "coram Deum", ma "coram Deo: coram regge l'ablativo, e infatti poco prima ha scritto "coram populo": roba da prima settimana di quarta ginnasio (ma qua siamo abituati agli svarioni di latino: prima di dare lezioni sulla liturgia in latino, almeno consolidare le basi della grammatica). "Omofobo" non c'entra niente col discorso delle donne in presbiterio, perché quella parola indica chi ha pregiudizi verso gli omosessuali (problemi anche con l'italiano). Per il fatto che il Messale di san Pio V "non avrebbe più potuto essere modificato", sebbene nella Quo primum tempore si dica che "a questo Nostro Messale, recentemente pubblicato, nulla mai possa venir aggiunto, detratto, cambiato", esso ha iniziato ad essere modificato già 34 anni dopo la sua promulgazione e ce ne sono state varie edizioni con cambiamenti anche importanti: ciò vuol dire che anche i Papi da voi considerati legittimi e lontani dal vituperato Vaticano II non consideravano intoccabile il Messale tridentino, e infatti nella Quo primum non si dice che un Pontefice non possa decidere diversamente: evidentemente quello non è stato ritenuto un documento dotato del carattere di infallibilità. Sarebbe meglio che ognuno facesse il suo mestiere e lasciasse che Papi e vescovi facessero il loro.

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    1. Ironico osservare che un commento costituito in buona parte da correzioni grammaticali - invero, piuttosto sgradevoli - esordisca con un palese errore ortografico.
      Condivisibile è invece parte della Sua osservazione sull'interpretazione della "Quo primum tempore"; osservazione che tuttavia risulta irrilevante in relazione al dibattito sulla riforma liturgica.
      Se infatti è vero che il Messale di S. Pio V venne riformato più volte fino al 1962, è altrettanto vero che ogni volta la nuova edizione del Messale fu "ex decreto ss. Concilii Tridentini restitutum". Sicché per quattro secoli il Messale tridentino coincise con il Messale Romano, fino al radicale cambiamento operato con l'introduzione del nuovo Messale, sotto Papa Paolo VI. In effetti il nuovo Messale si pone in discontinuità rispetto al Messale tridentino (di qualsivoglia edizione); infatti, invece di chiamarsi “ex decreto ss. Concilii Tridentini restitutum” si dichiara “ex decreto sacrosancti Oecumenici Concilii Vaticani II instauratum” e non presenta più il testo della “Quo primum tempore" (cfr. Wikipedia, pagina "Messale Romano").
      Questo non significa che la nuova Messa non sia valida, ma è certamente cosa altra rispetto alla Messa di S. Pio V, celebrata diffusamente fino al 1962: e non si può ignorare che ai diversi riti corrispondano diversi significati dottrinali, in virtù del principio "Lex orandi, lex credendi".
      Meravigliano poi le parole "i Papi da voi considerati legittimi", come se chi oggi frequentasse la Messa in latino (questo parrebbe indicare quel “voi”), lo facesse a dispetto di fantomatici papi illegittimi, piuttosto che in conformità con l'insegnamento della Chiesa sul Vetus Ordo Missae, espresso, tra gli altri, da Papa Benedetto XVI.

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    2. Ok, Schneider, ho saltato una c facendo un "palese errore ortografico" nello scrivere il cognome di un vescovo kazako. Però c'è da dire che io non mi impanco a dare lezioni di Liturgia, commettendo errori di Latino e Italiano, a Papi, cardinali e vescovi degli ultimi 50 anni accusandoli delle peggiori malefatte.

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    3. Giuste osservazioni generali. Tuttavia quando si parla dell'anatema di San Pio V per contro i cambiamenti alla santa Messa: va riferito alla sua sostituzione come è avvenuto con il Novus Ordo di San Paolo VI. la liturgia può e deve poter essere riformata ma non rivoluzionata con un altro rito che non ha legami con i precedenti. Costruito a tavolino con i protestanti in un copia e incolla della messa Anglicana. Finché non capirwmo lo scempio avvenuto e il furto perpetrato ai fedeli ignari, non ne usciremo da questa crisi di intletyo prima che di fede.
      Lex orandi, lex credendi. Come si prega si crede... Saluti

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  2. Ma per carità, ancora con 'ste palle della riforma della riforma, in più questa volta in salsa pseudo-cavalleresca...
    Con tutto il bene che si potrebbe fare diffondendo del buon materiale sul Rito antico per avvicinare ad esso chi è ancora lontano.
    Scelte redazionali da rivedere in toto! Urge esame di coscienza...

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    1. Anonimo delle 09:05, questo blog ti fa impazzire. Ih! Ih!

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  3. Interessante notare come il commento "Anonimo 4 febbraio 2021 00:12" che fa il pignolo su "Shneider non è vescovo ausiliare di Karaganda dal 2011" non sappia leggere o non comprenda affatto l'italiano "già vescovo ausiliare di Karaganda". Quel "già" significa proprio che non lo è più. Immagino che lo stesso commentatore quando legge le vie e sotto legge "già via..." creda che la medesima via abbia due nomi anziché indicare il nome che aveva avuto prima della modifica.

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    1. A me sinceramente pare che il "già" sia stato aggiunto dopo, non ho fatto lo screenshot dell'articolo, ma è già successo che un articolo venisse modificato; ma poco importa. Quando si parla di un vescovo, lo si qualifica con l'incarico attuale, non con quello di dieci anni fa: se adesso Schneider è vescovo ausiliare di Astana, non lo si qualifica come già vescovo ausiliare di Karaganda (poi che bisogno c'è di ricordare che è stato a Karaganda? Manco fosse New York). Le assicuro che io l'italiano lo comprendo bene, avendo sempre avuto ottimi voti al Liceo Classico, anche se francamente non me ne importa niente della Sua consideraziine nei miei riguardi�� Comunque Lei, quando parla del Papa, lo definisce Jorge Bergoglio, già arcivescovo di Buenos Aires? (Ah può darsi che sia tra quelli che lo considerano ancora cardinale, essendo invalida la rinuncia di Ratzinger��). E quando parla di Ratzinger, lo qualifica come "già arcivescovo di Monaco"? E il cardinale Poletto, quando era a Torino, veniva definito "Severino Poletto, già vescovo di Asti" o veniva chiamato "arcivescovo di Torino"? E quando parla di Domenico Battaglia, lo definisce "già vescovo di Cerreto Sannita" o non piuttosto arcivescovo di Napoli? Ma non dovrei nemmeno perdere tempo con gente così. D'altronde non c'è da stupirsi che vogliate fare le pulci a un poveretto qualunque come me, quando siete convinti che perfino un Concilio Ecumenico sia nel torto e voi nella ragione. Ahahahah! Giustamente, se insegnate a Papi e Vescovi a fare il loro mestiere, potete pure correggere i miei commenti. Ahahahah.

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    2. buonasera,
      sì il "già" è stato aggiunto dopo, avendo letto il commento che, poco caritatevolmente, segnalava questo gravissimo ed imperdonabile errore!
      Solitamente se i lettori ci segnalano errori nei post (anche se non nostri), li correggiamo.

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  4. La "riforma" conciliare è da riformare col tritolo! Il concilio e i suoi frutti avvelenati vanno semplicemente estirpati.

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  5. Riformeremo la riforma della riforma conciliare fatta col tritolo, con la bomba atomica

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