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mercoledì 10 giugno 2020

A proposito del coronavirus Covid-19: quidquid latet apparebit?


Il dramma pandemico, che abbiamo appena vissuto e che in parte stiamo ancora vivendo, ha avuto l’effetto di rendere evidenti, tangibili come cose estese, i problemi che affliggono la contemporaneità e, quindi, anche il Cattolicesimo. Fatte salve le pur lodevoli eccezioni, la Chiesa, in Italia e nel mondo, ha dato l’impressione (peggio: ha dimostrato) di non essere affatto in grado di rispondere all’emergenza, lasciandosene travolgere.

   Perché?

  La risposta mi pare lampante: perché la Chiesa contemporanea – intendiamoci: gli uomini che la compongono e che ne sono i pastori; la Sposa di Cristo è perfetta ed incorrotta anche in questi catastrofici momenti, e moltissimi fedeli non hanno perso il loro equilibrio spirituale – non riesce più a dire parole di vita eterna (cfr. Giov. 6, 68). Non lo sa più fare, non può farlo, non lo vuole. È diventata come il sale di cui parla S. Matteo (5, 13): «Quod si sal evanuerit, in quo salietur? ad nihilum valet ultra, nisi ut mittatur foras, et conculcetur ab hominibus». Se il sale perde il sapore, a che serve? A nulla, se non ad essere buttato via e calpestato dagli uomini.

 
Potremmo impegnare ore ed ore a spiegare come mai siamo giunti a questo punto; ma è totalmente innegabile che è proprio qui che siamo arrivati.

  Non crediamo, però, che i leaders ecclesiali non si siano accorti del fenomeno, non avvertano il calpestamento, né la perdita di prestigio e di consenso – nonché di potere – che esso cagiona. Tutto ciò che sta avvenendo nell’attualità – cioè negli ultimi mesi, negli ultimissimi anni – dimostra il loro disperato tentativo di risalire la china. Ma, non avendo compreso nemmeno un po’ le cause del cataclisma, sono come chi sta affogando nelle sabbie mobili: cercano di uscirne, ma più si dibattono, più sprofondano.

   Di tutto ciò è terrificante emblema il modo in cui hanno provato a reagire “religiosamente” alla pandemia e all’angoscia dei fedeli. Ci si è risolti a implorare l’intervento di Dio solo quando il dribbling era divenuto impossibile, quando non si poteva più considerare la cosa come di esclusiva pertinenza delle autorità civili. Ma se chiedi a Dio di liberarti da un flagello, senza sapere-potere-volere spiegare il senso spirituale e teologico né della piaga – anzi, il più delle volte negando che quel senso ci sia –, né della tua supplica, non stai proponendo una preghiera cristiana, ma – tremo a scriverlo! – una preghiera virtualmente pagana.
  Ed appunto questa è la tragedia: la Chiesa senza parole di vita eterna diventa come l’espressione di una religione neopagana. Interscambiale con tutte le altre, bramosa di entrare nel nuovo pantheon della fraternità universale (magari con un qualche ruolo egemone), devota agli idoli della Madre Terra. E, conseguentemente, incapace di cercare la soluzione là dove essa è: nella conversione, nella penitenza, nella vita sacramentale; e dissennatamente convinta di doverla trovare nella vita temporale (la vita eterna essendo uscita dall’orizzonte), usando strumenti del mondo, sciogliendosi completamente e totalmente nel mondo. È stata addirittura elaborata una teologia in proposito; per non parlare della morale.
   Ed ecco che la conversione a Cristo – anch’Egli messo alquanto in disparte... – si muta in conversione ecologica; la penitenza, in destrutturazione sociale in nome della decrescita felice e del migrantismo; la vita sacramentale, in metodo di autopromozione del benessere emotivo ed esistenziale.
   Tutto ciò è in corso già da tempo; la pandemia e i suoi effetti lo hanno reso e lo renderanno sempre più manifesto: quidquid latet apparebit, quanto è nascosto sarà svelato. E dunque tutti, anche coloro che si sforzano di non vedere, o che si adagiano sulla convinzione che ha da passà ’a nuttata, saremo inesorabilmente costretti a fare i conti con la realtà e, alla fine, a prendere il toro per le corna: perché non c’è tragedia, non c’è castigo, che non possa essere, che non sia, una preziosa occasione di purificazione. Non sprechiamo quella che la Provvidenza ci sta offrendo proprio in questi dolorosi momenti.


Enrico Roccagiachini

1 commento:

  1. “I falsi pastori della falsa chiesa mentono, spergiurano, ingannano i fedeli, tradiscono le pecorelle del gregge che è stato loro affidato, le spingono verso i lupi famelici perché ne facciano strage … Bergoglio vuol cambiare la parola di Cristo: Si veda il documento di Abu Dhabi, negazione del vero Vangelo di Gesù, nel quale è scritto: Andate e predicate: e chi crederà e verrà battezzato, sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. Dunque, Bergoglio è un falso pastore, e sono falsi pastori tutti quelli che vanno dietro a lui;. Bergoglio non è papa… mai nella storia si è visto un sedicente papa come Bergoglio; mai un papa si è macchiato di tali e tanti crimini contro la verità e contro la fede… il capo della Chiesa, non lo si scordi mai, è uno e uno solo: Gesù Cristo… a nessun papa spetta tracciare la via; la via è già tracciata, una volta per tutte … figuriamoci se potrebbe farlo un papa eretico, illegittimo, bugiardo, fraudolento, perfido, mendace, calunniatore, blasfemo, ipocrita, senza carità, senza misericordia, senza giustizia.
    Quel che sta accadendo nella Chiesa sta accadendo anche nel mondo. È in atto un assalto globale delle forze del male contro la luce di Cristo; i figli delle tenebre gioiscono, pensando di aver già vinto la battaglia; ma s’ingannano. L’ultima parola sarà di Cristo, il quale sconfiggerà ogni nemico, e manderà in fumo l’ambizioso progetto del Diavolo, quello di vanificare gli effetti della Redenzione”
    http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/cultura-e-filosofia/teologia-per-un-nuovo-umanesimo/9173-figli-della-luce-e-delle-tenebre
    Così parla il professor Francesco Lamendola; parole confortanti, come un balsamo spalmato su ferite sanguinanti.

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