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giovedì 24 ottobre 2019

Ogni ginocchio si pieghi: interventi e video del convegno sull'Eucarestia del 5 ottobre scorso a Roma


Da Stilum Curiae gli interventi e video del convegno sulla S. Comunione del 5 ottobre scorso a Roma: Loredo, Tosatti, Heseman, Bux, Gotti Tedeschi e Schneider.
Luigi

Marco Tosatti, 14-10-19

Carissimi lettori di Stilum Curiae, con colpevole ritardo – ma se ci seguite, avrete visto che in questi giorni abbiamo lavorato incessantemente, peggio che “ad metalla”….pubblichiamo gli interventi della Conferenza "Ogni ginocchio si pieghi.

La maestà e l’amore infinito della Santa Comunione", tenutasi a Roma, a due passi dal Vaticano, nel tardo pomeriggio di sabato 5 ottobre. Attraverso la Conferenza, organizzata dal Comitato internazionale laicale "Uniti con Gesù Eucaristia per le mani santissime di Maria", sono state presentate alla stampa le 11 mila firme raccolte attraverso una petizione (multilingue) che chiede ai vertici della Chiesa Cattolica di permettere ai fedeli di trovare ancora gli inginocchiatoi nelle chiese, di estendere al mondo intero la modalità di distribuzione della Comunione eucaristica attuata in Vaticano per le Celebrazioni pontificie (vale a dire sulla lingua e in ginocchio) e, infine, l’introduzione del divieto della distribuzione della Santissima Eucaristia per i non consacrati.
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Trascrizione dell’intervento del dottor Julio Loredo


Mi hanno chiesto di fare un saluto in spagnolo pertanto saluto con tutto il cuore i partecipanti a questa conferenza internazionale sopra un tema che è assolutamente centrale per la nostra vita spirituale e pertanto per il bene della Santa Chiesa.

La comunione è ricevere il corpo, il sangue, l’anima e la divinità del Nostro Signore Gesù Cristo. Pertanto deve essere ricevuta con tutta la venerazione con la quale uno deve ricevere e stare davanti a Dio: in ginocchio, come è stato sempre in tutta la tradizione la chiesa. Ma purtroppo spesso mancano gli inginocchiatoi, le strutture che permettono di ricevere la comunione in ginocchio e sulla lingua.

Noi non siamo sacerdoti, non abbiamo le mani consacrate e non possiamo toccare la Santa Eucaristia.

Perché la gente oggi fa comunione sulla mano?

Perché non si inginocchia quando fa la comunione?

Il motivo più profondo è che la liturgia e il Catechismo della Chiesa sono stati adattati alla mentalità egualitaria dei nostri giorni.

Si tratta di una mentalità creata dal processo rivoluzionario che, già da cinque o sei secoli, sta distruggendo la civilizzazione cristiana, sta distruggendo la Chiesa e ha come caratteristica principale l’egualitarismo.

Quello che spiega la ricezione della comunione sulla mano, il riceverla in piedi e altre mille cose della liturgia moderna è la mentalità egualitaria.

Non dico che sia inutile però non porta a nessun risultato difendere semplicemente la comunione data sulla lingua e in ginocchio se non si va alla radice del problema: la mentalità egualitaria.

È molto importante chiedere il ritorno degli inginocchiatoi nelle Chiese.

Altrettanto importante è lottare perché la Chiesa non sia più influenzata dallo spirito rivoluzionario, lottare contro il processo rivoluzionario gnostico ed egualitario.

O noi andiamo ad affrontare il problema alla radice o tutto quello che faremo sarà palliativo.

Pertanto il mio intervento in questo congresso è per invitarvi ad andare alla radice di questo problema, che è la mentalità egualitaria del nostro tempo. A tutti molte grazie. Vi auguro un buon proseguimento del convegno.
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INTERVENTO DI MARCO TOSATTI

Buongiorno. Personalmente credo che la scomparsa degli inginocchiatoi da moltissime chiese, in Italia e altrove, sia un disastro.

C’è un rapporto preciso e diretto fra mente, intenzione, spirito e corpo.

L’uso del corpo è fondamentale per esprimere nella sua pienezza quello che lo spirito vuole trasmettere.

Non è un caso che altre antiche tradizioni religiose, come l’ebraismo, vogliano che la preghiera sia accompagnata da un movimento del corpo, a significare un’unità totale fra l’intenzione di preghiera dell’orante, le sue parole e l’unità completa del suo essere mentre si rivolge a Dio.

Pensiamo all’importanza della proskynesis nelle tradizioni cristiane orientali e ortodosse. Pensiamo alla gestualità fisica nella preghiera dell’islam. E all’importanza dell’unione corpo-spirito nelle tradizioni legate al buddismo e alla meditazione zen. Per non parlare dell’esperienza dell’esicasmo, la preghiera del cuore, nel cristianesimo dell’Europa orientale.

La tradizione cattolica presenta in innumerevoli quadri i santi in preghiera inginocl4chiati. Credo che se visitassimo le stanze in cui santi grandissimi hanno vissuto, vi troveremmo sempre un inginocchiatoio.

La memoria recente ci riporta alcune immagini drammatiche. Come non ricordare san Giovanni Paolo II, al culmine della sua malattia, durante le ultime processioni del Corpus Domini, quasi accasciato in ginocchio davanti al Santissimo? Ma neanche allora rinunciava a esprimere, con tutto il suo corpo devastato dalla malattia il suo rispetto, la sua devozione e il suo amore per l’ostia consacrata, il corpo di Cristo.

Vorrei poi fare un’altra considerazione. Inginocchiarsi è da sempre dimostrare con tutto il corpo il proprio rispetto nei confronti di qualcuno o di qualcosa. Lo pretendevano molti sovrani nel passato. Nel tempo presente, inginocchiarsi significa riconoscere e mostrare – non solo a parole, ma con i fatti; e niente è più fattuale del corpo – la propria umiltà verso qualche cosa di più grande e più alto. E quale momento più alto abbiamo di quello in cui siamo dinanzi a Nostro Signore, che si offre a noi non solo in Spirito, ma fisicamente nell’ostia?

Infine, un’ultima considerazione, minima. Se l’Eucarestia è il punto centrale dell’Ultima Cena, e se in questo modo noi partecipiamo, durante la messa all’Ultima Cena del Signore, perché dovremmo vivere questo momento impressionante, e assumere l’ostia in piedi, come cavalli? Un grande scrittore francese, molto anziano, disse a un suo amico che si preoccupava delle sue condizioni di salute: grazie a Dio, sono ancora abbastanza uomo per inginocchiarmi. Ecco, siamo uomini – e donne – e inginocchiamoci.

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Trascrizione dell’intervento del prof. dottor Michael Hesemann

Quando il pane diventa il cuore di Cristo

I Miracoli eucaristici confermati dagli scienziati

L'Eucaristia è il cuore della fede cattolica. Ci insegna che ogni Santa Messa è una partecipazione al sacrificio del Golgota e che la sostanza del pane e del vino diventa in realtà la sostanza del Corpo e del Sangue di Cristo.

Che la cosiddetta transustanziazione, la trasformazione dell'essenza, non sia un'invenzione degli scolastici medievali, ma la fede originale della Chiesa, è già evidenziata dalle parole di istituzione di Gesù ("Questo è il mio corpo ... questo è il mio sangue"), il suo discorso nella sinagoga di Cafarnao (Gv 6), ma anche le parole di San Paolo in 1 Corinzi (10,16). Perfino il teologo protestante Helmut Thielicke ha dovuto ammettere: "Se la trasformazione essenziale del pane e del vino dovesse essere reale, uno non dovrebbe più rialzarsi dalle ginocchia".

Ancora più preziosi sono i miracoli eucaristici - casi in cui viene sollevato il sipario tra cielo e terra e viene rivelata la realtà spirituale, come insegnata dalla Chiesa.

136 esempi riconosciuti sono stati raccolti e pubblicati online dal giovane italiano Carlo Acutis (1991-2006) prima che morisse di leucemia; Papa Francesco lo ha dichiarato venerabile nel 2018, che è la fase precedente alla beatificazione.

In effetti, la Chiesa universale deve la festa del Corpus Domini a un miracolo eucaristico. Nel 1209, l'Agostiniana fiamminga Juliana di Liegi ebbe una visione di Cristo che chiese una festa in venerazione del Santissimo Sacramento. Tuttavia, papa Urbano IV era riluttante a reagire ad una "rivelazione privata". Nel 1263, sulla via del ritorno da un pellegrinaggio a Roma, presso Bolsena un sacerdote boemo, di nome Pietro di Praga, celebrò la Santa Messa. Al momento dell'offerta, i dubbi lo sopraffacevano e per questo motivo pregò per ottenere una risposta dal Cielo. Poi notò come il sangue gocciolava dalla particola durante l’elevazione, come da un pezzo di carne cruda. Successivamente contò 25 macchie di sangue sul corporale e sull'altare. Informò il Papa, che risiedeva nella vicina Orvieto. Urbano IV inviò dapprima una commissione teologica a Bolsena, poi partì personalmente per ricevere il corporale e portarlo in solenne processione a Orvieto, dove ancora oggi è venerato nella cattedrale. Per lui è stato un segno soprannaturale per introdurre la festa del Corpus Domini nella Chiesa universale.

Bolsena è generalmente considerata la "madre di tutti i miracoli eucaristici", ma non fu affatta la prima. Già nel 730 d.C. circa, un monaco greco che attraversava la città adriatica di Lanciano nutriva dubbi sul rito latino. Ma non appena ebbe pronunciato le parole della preghiera eucaristica, l'ostia si trasformò in un pezzo di carne sanguinante, mentre il vino bianco si trasformò nel colore del sangue fresco, seccandosi gradualmente e formando cinque grumi. Subito le notizie riguardo al miracolo si diffusero e migliaia di pellegrini arrivarono a Lanciano. Ma nel corso dei secoli, dopo numerosi terremoti e gli attacchi dei turchi, i documenti originali relativamente all'evento sono andati persi. Così, nel 1970, la chiesa decise di far esaminare scientificamente almeno le sue "reliquie". Alla presenza del vescovo locale, il professor dottor Odoardo Linoli, che ha insegnato anatomia e istologia patologica ad Arezzo e ha guidato un laboratorio specializzato, sono stati prelevati campioni sia della "sacra carne" che dei "grumi". Quando quattro mesi dopo il rapporto sulla sua indagine fu presentato i rappresentanti della Chiesa trattennero il respiro. Una “pia frode” era esclusa. L'ostia era diventata un muscolo cardiaco umano contenente piccole arterie, vene e fibre nervose. Una commissione di esperti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità ha successivamente confermato i risultati dopo 15 mesi di indagini e 500 test, indicando che il fenomeno non può essere spiegato scientificamente. Gli esperti dell'OMS sono rimasti molto colpiti dalla rapidità con cui la carne aveva reagito ai test clinici, "proprio come un tessuto vivente". Il gruppo sanguigno fu determinato come AB, proprio come quello trovato sulla Sindone di Torino. Solo il 4% della popolazione mondiale ha questo raro gruppo sanguigno, ma, secondo uno studio dell'Università di Tel Aviv del 1977, 68 scheletri di persone vissute dal I al III secolo d.C., ritrovati a Gerusalemme e Enbgedi, hanno dimostrato che al tempo di Cristo il 50,91% di tutti gli ebrei aveva questo gruppo sanguigno. Nel 1990, è stato scoperto che sangue del gruppo sanguigno AB era gocciolato anche sul corporale di Bolsena.

Solo il miracolo eucaristico di Lanciano sarebbe un'impressionante conferma della dottrina cattolica. Ma è ancora più significativo il fatto che, più volte negli ultimi 25 anni, si sono ripetuti miracoli eucaristici che sono stati attentamente studiati e verificati ogni volta con una metodologia scientifica all'avanguardia.

Il 15 agosto 1996, nella chiesa di S. Maria y Caballito Almagro, nella capitale argentina di Buenos Aires, una donna scoprì un’ostia posta sopra un candelabro. La diede al parroco che, secondo i regolamenti della Chiesa, la collocò in un piccolo recipiente pieno d'acqua, in modo che l'ostia consacrata potesse dissolversi.

Quando la riguardò 10 giorni dopo, la particola si era parzialmente trasformata in un pezzo di carne sanguinante. Informò l'arcivescovo che lo inviò al vescovo ausiliare Jorge Mario Bergoglio, l’attuale Papa Francesco. Tre anni dopo fu incaricato di coordinare l’indagine, internazionale e interdisciplinare, uno scienziato, il neurofisiologo boliviano dottor Ricardo Castanon Gomez. Laboratori negli Stati Uniti e in Australia hanno scoperto che la massa sanguinante faceva davvero parte di un muscolo cardiaco umano.

L'infiammazione indicava agonia e gravi difficoltà respiratorie. Il gruppo sanguigno era AB. Un elevato numero di globuli bianchi che, secondo i patologi forensi, di solito muoiono dopo 15-30 minuti, indicava che il campione proveniva da un cuore umano ancora vivo.

Il 21 ottobre 2006, un parroco di Tixtla (Messico) è stato informato da un ministro straordinario dell’Eucaristia, una suora, di macchie di sangue su una particola. Il parroco ha informato il suo vescovo che, dopo un periodo di tre anni (sull'esempio di Bergoglio), ha incaricato gli scienziati di fare un’indagine. Gli esperti sono arrivati alla conclusione che si trattava del tessuto di un muscolo cardiaco umano che sembrava vivo. Il gruppo sanguigno era AB. Un laboratorio del DNA non è riuscito a determinarne l'origine geografica, perché mancava il DNA di un padre umano.

In Polonia si sono verificati due miracoli eucaristici.

Nel 2008, una sostanza simile al sangue si è formata su un ostia consacrata a Sokolka, in Polonia, dopo essere stata "smaltita" in acqua. In due laboratori si è scoperto che si trattava di tessuto muscolare proveniente dal cuore di una persona che aveva precedentemente sofferto agonizzando.

Nel Natale 2013 il miracolo si è ripetuto nella chiesa parrocchiale di St. Jacek a Liegnitz (Legnica). I patologi forensi delle università di Wroclaw e Szczecin hanno scoperto che la sostanza dell'ostia si era trasformata nel tessuto di un miocardio umano "in stato di agonia". Ancora una volta, qualsiasi frode o causa naturale è stata categoricamente esclusa.

Dal 2016, l'ostia miracolosa è esposta alla pubblica venerazione. Questo per venerare il "Sacro Cuore di Gesù" di fronte a una parte reale di esso, che ricorda costantemente il vero significato del Sacrificio della Messa, o, per citare il grande santo di cui sperimenteremo tutti la prossima settimana la canonizzazione, il cardinale John Henry Newman: "Cor ad cor loquitur" (Il cuore parla al cuore!)

Cosa ci vuole dire tutto ciò? Di certo, questi miracoli non sono sensazioni che dovrebbero farci meravigliare o rabbrividire, ma veri segni di Dio.

Potrebbero essere la risposta del Cielo all'"oscuramento di Dio" nella liturgia, che il nostro amato Papa Emerito Benedetto XVI aveva diagnosticato e incolpato di essere il motivo dell'attuale crisi della Chiesa?

Solo attraverso l'Eucaristia e la sua venerazione la Chiesa può guarire e ricevere la nuova forza di cui ha un disperato bisogno in questi tempi di materialismo ed edonismo con le loro dottrine anticristiane. È quindi davvero necessario prendere sul serio tali segni, invece di affrontarli con un incredibilmente arrogante: "La mia fede non ha bisogno di miracoli!" Poiché la fede, prima di tutto, ha bisogno di due cose: l'umiltà e un cuore aperto che è sempre pronto ad ascoltare la voce di Dio e che vede i suoi segni e i suoi miracoli nel nostro mondo.
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Trascrizione dell’intervento di Monsignor Nicola Bux


L’IMPORTANZA DELL’INGINOCCHIARSI DAVANTI AL SIGNORE

Tra le principali prospettive indicate negli Appunti di Benedetto XVI pubblicati lo scorso aprile, vi è la seguente:

“Dio è divenuto uomo per noi. La creatura uomo gli sta talmente a cuore che egli si è unito ad essa entrando concretamente nella storia. Parla con noi, vive con noi, soffre con noi e per noi ha preso su di sé la morte” - Ecco il sacrificio eucaristico nella sua essenza - “Di questo certo parliamo diffusamente nella teologia con un linguaggio e con concetti dotti. Ma proprio così nasce il pericolo che ci facciamo signori della fede, invece di lasciarci rinnovare e dominare dalla fede. Consideriamo questo riflettendo su un punto centrale, la celebrazione della santa Eucaristia. Il nostro rapporto con l’Eucaristia non può che destare preoccupazione. A ragione il Vaticano II intese mettere di nuovo al centro della vita cristiana e dell’esistenza della Chiesa questo sacramento della presenza del corpo e del sangue di Cristo, della presenza della sua persona, della sua passione, morte e risurrezione. In parte questa cosa è realmente avvenuta e per questo vogliamo di cuore ringraziare il Signore. Ma largamente dominante è un altro atteggiamento: non domina un nuovo profondo rispetto di fronte alla presenza della morte e risurrezione di Cristo, ma un modo di trattare con lui che distrugge la grandezza del mistero. La calante partecipazione alla celebrazione domenicale dell’Eucaristia mostra quanto poco noi cristiani di oggi siamo in grado di valutare la grandezza del dono che consiste nella sua presenza reale. L’Eucaristia è declassata a gesto cerimoniale quando si considera ovvio che le buone maniere esigano che sia distribuita a tutti gli invitati a ragione della loro appartenenza al parentado, in occasione di feste familiari o eventi come matrimoni e funerali. L’ovvietà con la quale in alcuni luoghi i presenti, semplicemente perché tali, ricevono il Santissimo Sacramento mostra come nella Comunione si veda ormai solo un gesto cerimoniale. Se riflettiamo sul da farsi, è chiaro che non abbiamo bisogno di un’altra Chiesa inventata da noi. Quel che è necessario è invece il rinnovamento della fede nella realtà di Gesù Cristo donata a noi nel Sacramento” (III,2).

Dopo aver riferito di uno sacrilego episodio descritto da una ragazza vittima della pedofilia di un sacerdote, Benedetto XVI conclude: “Sì, dobbiamo urgentemente implorare il perdono del Signore e soprattutto supplicarlo e pregarlo di insegnare a noi tutti a comprendere nuovamente la grandezza della sua passione, del suo sacrificio. E dobbiamo fare di tutto per proteggere dall’abuso il dono della Santa Eucaristia” (Ivi).

Cristo è il sacramento primario dell’incontro con Dio. La Chiesa è il sacramento fondamentale che si realizza negli atti liturgici. “La Chiesa è il popolo di Dio, derivato dal corpo di Cristo” (cfr J. RATZINGER, Popolo e casa di Dio nella dottrina della Chiesa di sant’Agostino, Dissertazione di Monaco 1953). Infatti, dopo il Vaticano II, si diffuse l’affermazione di De Lubac: “è la Chiesa che fa l’Eucaristia, ma è anche l’Eucaristia che fa la Chiesa” (H. DE LUBAC, Meditazioni sulla Chiesa, Ed. Paoline, Milano, 1955, 2, p.151).

L’inimmaginabile de-cristianizzazione avvenuta nel post-concilio, è giunta a capovolgere quanto prima era normale: i sacerdoti facevano non poche genuflessioni nella Messa e ogni volta che transitavano davanti al Tabernacolo; così pure facevano i fedeli, che stavano in ginocchio circa per la metà della S,Messa.

Che cosa è successo?

L’inginocchiarsi sembra un gesto osceno. Siamo giunti addirittura ad atti d’imperio da parte degli stessi sacerdoti, nei confronti di chi accenna ad inginocchiarsi, in specie alla Comunione. Sembra assurdo e irrazionale a paragone con quanto prima era considerato sacro. Ma nessuno si lamenta delle innumerevoli proskynesis o prostrazioni che compiono i cristiani orientali. Eppure l’Ordinamento Generale del Messale Romano, contenuto nella III edizione typica latina, pubblicata il 20 aprile 2000, al n. 43 recita:

“Si sta in ginocchio durante la consacrazione, a meno che si sia impediti per la ristrettezza del luogo, la moltitudine dei presenti o per altri ragionevoli motivi” (cfr anche OGMR 21 1969) e aggiunge:

“Quelli che non si inginocchiano alla consacrazione, facciano un profondo inchino mentre il sacerdote genuflette dopo la consacrazione”.

Dopo una annotazione circa gli adattamenti eventuali in ragione culturali e tradizionali, a norma di diritto, purchè corrispondenti al senso e al carattere di ciascuna parte della celebrazione si specifica:

“Dove vi è la consuetudine che il popolo rimanga in ginocchio dall’acclamazione al santo fino alla conclusione della Preghiera eucaristica e prima della Comunione, quando il sacerdote dice ‘Ecco l’Agnello di Dio’, tale uso può essere lodevolmente conservato” (traduzione Cei del 25 gennaio 2004).

Purtroppo, questa aggiunta è caduta nell’oblio, come tante altre esortazioni, perché, come scrisse nell’Editoriale Civiltà cattolica (n.1157 del 20.12.2003), siamo passati da una liturgia di ferro ad una di caucciù.

Quali le cause?

Ricorriamo ancora una volta all’allora cardinal Ratzinger:

“Vi sono circoli di non poca influenza che cercano di dissuaderci dallo stare in ginocchio. Dicono che questo non sarebbe conforme alla nostra cultura (ma quale, allora?); non sarebbe conveniente per l'uomo emancipato, che compare davanti a Dio in posizione eretta; o comunque non si addirebbe all'uomo redento, che grazie a Cristo è diventato una persona libera e pertanto non ha più bisogno di inginocchiarsi. Se diamo uno sguardo alla storia, possiamo constatare che Greci e Romani rifiutavano l'inginocchiarsi. Di fronte agli dèi parziali e litigiosi descritti dal mito, questo atteggiamento era senz'altro giustificato: era ovvio che questi dèi non erano Dio, anche se si dipendeva dal loro lunatico potere e per quanto possibile si doveva comunque assicurarsi il loro favore. Si diceva, quindi, che l'inginocchiarsi sarebbe cosa indegna dell'uomo libero, non conforme alla cultura della Grecia, ma piuttosto ai barbari. L'umiltà di Cristo e il suo amore, che è giunto fino alla Croce, ci hanno liberato - dice Agostino - da tali potenze, ed è davanti a questa umiltà che noi c'inginocchiamo. In effetti, l'inginocchiarsi dei cristiani non è una forma d'inculturazione in costumi già esistenti, ma, tutt'al contrario, è espressione della cultura cristiana che trasforma la cultura esistente in base ad una nuova, più profonda conoscenza ed esperienza di Dio” (J. RATZINGER, La forma liturgica. Opera omnia. Teologia della liturgia, 11, Libreria Editrice Vaticana 2010, IV, pp 175-176).

Perché è preferibile fare la comunione in ginocchio?

Attualmente il rito ordinario della Santa Messa prescrive che la Santa Comunione si riceva in piedi, premettendo un gesto di riverenza, ossia un inchino profondo o la genuflessione, sapendo e pensando che si va a ricevere Colui che ha detto: "Nessuno è asceso al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo che è in cielo"(Gv 3,13).

Dinanzi a Gesù Cristo, non si dovrà piegare ogni ginocchio - come dice l'Apostolo - in cielo, in terra e sottoterra?

È vero che oggi, gli uomini di Chiesa, stanno facendo di tutto per parlare d'altro, invece che di Nostro Signore. Ma le iniziative per un nuovo umanesimo e fratellanze varie, senza Cristo sono destinate a fallire.

Quali i motivi teologici?

Non ce ne sono. O meglio, taluni liturgisti suppongono che saremmo in realtà già risorti, perciò dovremmo stare in piedi. In verità ci avviciniamo irreversibilmente alla morte, e la risurrezione per la vita è una speranza del tutto sottomessa alla fede in Nostro Signore, che deve tradursi in opere per meritarla.Tra la rinascita battesimale che ci assimila a Cristo risuscitato, e la risurrezione finale, c'è di mezzo il cadere di Pietro alle ginocchia di Gesù: "Allontanati da me peccatore!". Perciò, prima della Comunione diciamo: "Signore, non sono degno". Emblematico per noi! O siamo migliori dell'apostolo?

Taluni ministri arrivano a eliminare gli inginocchiatoi dalle chiese. Mi auguro che non sappiano quello che fanno, altrimenti sarebbero diabolici. Un padre del deserto dice che solo il diavolo non si inginocchia, perché non ha le ginocchia!

In che modo ci si deve accostare al sacramento della comunione?

Nel 2004, Giovanni Paolo II, che durante la sua malattia, con grande fatica, ha ricevuto la Santa Comunione in ginocchio e in bocca, volle che la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti pubblicasse l'Istruzione Redemptionis Sacramentum.

Questa al n. 90 prescrive che i fedeli possono ricevere la Santa Comunione in ginocchio o in piedi, e al 92 che ogni fedele ha sempre il diritto di riceverla in bocca o sulla mano.

Il medesimo dicastero aveva precisato che i fedeli hanno il diritto di ricevere in ginocchio il Sacramento, anche quando le Conferenze episcopali prescrivessero la postura in piedi (Lettera Prot. n. 1322/02/50).

I ministri che impediscono ciò, commettono un grave abuso.

Che cosa pensare della comunione data nella mano?

Si tratta di un indulto strappato a Paolo VI, divenuto consuetudine e addirittura regola, giustificato anche dalla supposizione che il Signore, nell'ultima cena, abbia dato la Comunione in mano agli Apostoli.

Al contrario, proprio le parole dette da Gesù riferite al traditore: è quello a cui darò il boccone di pane intinto (cfr Gv 13,26-27), descrivono l'uso amichevole semitico di mettere in bocca ciò che era ritenuto prelibato. Lo attesta anche il codice purpureo di Rossano,V secolo, di provenienza siriaca.

Come per la Comunione in piedi, ricevendola in mano o, compiendo un abuso, prendendola da sé, si vorrebbe dimostrare che noi siamo adulti davanti a Dio e non neonati bisognosi del latte spirituale, come scrive Pietro, che è massimamente il Sacramento eucaristico.

Oggi questo sacramento è stato banalizzato?

Banalizzare, in italiano, vuol dire privare di importanza qualcosa che è originale. Il Sacramento dell'Eucaristia - che è definito Santissimo - è ritenuto dalla Chiesa, 'farmaco di immortalità'. Non è un cibo qualsiasi, ma un alimento, anzi un farmaco speciale, che come tale, va assunto con attenzione affinché non si trasformi in veleno. Per questo, Gesù chiede di avere l'abito di grazia per avvicinarsi. E così Paolo ha dato le controindicazioni. E la Chiesa ha posto condizioni interne ed esterne: sapere e pensare Chi si va a ricevere, essere in grazia di Dio e osservare il digiuno prescritto. Oggi il sacramento, più che banalizzato, è profanato dall'assenza di fede nella Presenza reale e dall'eliminazione dei gesti di riverenza e di onore che la Liturgia gli attribuisce, in primis l'adorazione in ginocchio.

Il mettermi in ginocchio diventa l’espressione più eloquente della creatura dinanzi al mistero presente. Il culto ha questo centro: accorgermi che Tu sei qui e ti do importanza.

Tutti dobbiamo metterci in ginocchio davanti a Gesù – specialmente nel Sacramento – davanti a Colui che si è abbassato, e proprio così ci pieghiamo davanti all’unico vero Dio che è al di sopra di tutti gli dèi (cfr J. RATZINGER, La forma liturgica, Ivi, p 182).

Gli inginocchiatoi nella chiesa sono il segno che ricorda questa verità. L’occhio vuole la sua parte. Non vedendoli più in chiesa, non si pensa alla Sua Presenza da adorare. Sta accadendo come per i confessionali: non vedendoli più in chiesa, non si pensa più alla confessione.

La crisi della fede che stiamo attraversando è causata dalla secolarizzazione, a cui hanno contribuito massimamente i chierici, come scriveva Charles Peguy.

Se un prete per primo, obbliga un fedele ad alzarsi per ricevere la Santa Comunione, o giunge a togliere gli inginocchiatoi dalla chiesa, vuol dire che il fumo di Satana è entrato nel tempio!

Così spinge i preti a togliere questo elemento che sta a ricordare il primo comandamento: “Adora il Signore Dio tuo e servi a Lui solo!”.

La crisi della fede ha investito soprattutto il sacramento dell'Eucaristia che è Gesù Cristo nel suo amore portato fino alla fine, nel suo potere di donare e sacrificare la sua vita e di riprenderla, nella sua forza creatrice di offrirsi e di elargirsi a noi nel pane e nel vino consacrati, per farsi inconcepibilmente una cosa sola con l’umanità.

Noi cattolici crediamo nel miracolo della trasformazione, che, balbettando, cerchiamo di designare col termine transustanziazione o, secondo i Padri orientali metabolismo.

Paolo VI promulgò nel 1965 l’enciclica Mysterium fidei in cui riaffermava la dottrina cattolica della transustanziazione contro i teologi che riducevano la presenza di Cristo a semplice ricordo e l’assemblea eucaristica a mero simbolo di fraternità umana.

Egli tornò nel 1968 col Credo del Popolo di Dio, a riaffermare la presenza reale, il Figlio di Dio concepito da Maria “nella verità anche fisica del corpo e del sangue” (Giovanni Paolo II, Enciclica Ecclesia de Eucharistia, 55).

Benedetto XVI ha detto che l’Eucaristia costituisce la "novità radicale del culto cristiano […] La conversione sostanziale del pane e del vino nel suo corpo e nel suo sangue pone dentro la creazione il principio di un cambiamento, come una sorta di “fissione nucleare”, per usare un’immagine a noi oggi ben nota, portata nel più intimo dell’essere, un cambiamento destinato a suscitare un processo di trasformazione della realtà, il cui termine ultimo sarà la trasfigurazione del mondo intero, fino a quella condizione in cui Dio sarà tutto in tutti (cfr 1 Cor 15,28)» (Esortazione Apostolica Sacramentum Caritatis, 11).

Ecco la dimensione cosmica dell’Eucaristia, che entra nella storia e la redime, la coinvolge e la trasforma in profondo, avviandola verso l’ultimo giorno, quello escatologico. Proprio l’enciclica eucaristica di Giovanni Paolo II torna a ricordare questa costante del pensiero patristico: “Con l’Eucaristia si assimila, per così dire, il ‘segreto’ della risurrezione” (Enciclica Ecclesia de Eucharistia,18), che è ben più dell’immortalità dell’anima.

Il metterci in ginocchio davanti alla Santa Eucaristia, è l’espressione più eloquente della creatura dinanzi al mistero presente. Il culto divino ha questo centro: accorgersi che il Signore è qui e dargli importanza, cioè adorandolo mettendoci in ginocchio come san Pietro sul lago di Tiberiade.

Infine, dobbiamo resistere alla situazione in cui ci troviamo:

“Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie. Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. É lui la misura del vero umanesimo. “Adulta” non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. É quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità. Questa fede adulta dobbiamo maturare, a questa fede dobbiamo guidare il gregge di Cristo. Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni” (J. RATZINGER, Missa pro eligendo pontifice, 18 aprile 2005).

Dobbiamo chiedere sopra ogni cosa al Signore, la grazia di permanere nella verità, di approfondire la fede, di desiderare la santità.
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Trascrizione dell’intervento del prof. dottor Ettore Gotti Tedeschi

(Il video-intervento è stato raccolto dalla dottoressa Roberta Conte caporedattrice de La Fede Quotidiana).



Perché considero un errore, o anche peggio, la comunione data in mano?

Le ragioni sono 3:

- Io non ho le mani consacrate.

- Il rischio di perdita, di dispersione di particole, di piccolissimi frammenti che possono provocare la profanazione stessa del Corpo Eucaristico.

- La perdita del senso del sacro.

Chi dice che le mani devono essere consacrate?

Nella storia partiamo da una giustificazione che molto spesso viene addotta da qualche sprovveduto: “dobbiamo tornare alla comunione data in mano come nei primi secoli della Chiesa”.

È vero che nei primi due - tre secoli della Chiesa si dava la comunione in mano ma venne persino indetto un Concilio a Roma, nel 404 sotto Papa Innocenzo I, in cui si vietò di dare la comunione in mano. Sono praticamente 1400 anni che la comunione dovrebbe essere data in bocca.

Poi ne parla con estrema chiarezza, nella Summa Teologica, anche San Tommaso d’Aquino dicendo, addirittura, che soltanto chi ha consacrato quell’Eucaristia può distribuirla. Questo precluderebbe addirittura il fatto che possa essere distribuita anche da chi non ha consacrato la stessa particola.

Giovanni Paolo II scrisse a tutti i vescovi, nella Lettera Dominicae Cenae (“Sul mistero e culto dell'eucaristia”) del 24 febbraio 1980, che non si doveva dare la comunione in mano. Ma lo stesso Paolo VI disse qualcosa di importante, anche se viene citato in maniera ambigua. Lui fece un indulto per la comunione data in mano. Dal punto di vista giuridico l’indulto vuol dire un perdono. Cioè lui scuso chi lo faceva già. Ma lo stesso Paolo VI insegnò, e sostenne con una forza ammirevole, che dare la comunione in mano avrebbe provocato progressivamente una forma di de-sacralizzazione della distribuzione della stessa eucaristia. Quindi il fatto di non prendere la comunione in mano perché non si hanno le mani consacrate credo che sia abbastanza confermato da tutta la Storia della Chiesa.

Il secondo punto è che si disperdono, mettendo in mano la comunione, in chissà quanti frammenti, le particelle del corpo di Cristo. Si crea il motivo per una forma di non rispetto se non addirittura peggio.

Il terzo punto è quello che riprende il pensiero di Paolo VI. Quando io sento difendere la Comunione data in mano e attaccare chi la prende invece in bocca, magari inginocchiandosi, mi vengono i brividi perché sembrerebbero quasi degli alleati dei Luterani, dei Protestanti che, non credendo alla Transustanziazione, danno la Comunione in mano.

Noi cattolici crediamo alla piena Presenza Reale di Cristo. È realmente il Corpo e il Sangue di Cristo. Come si può pensare di non avere un eccesso di rispetto per il Santissimo Sacramento. Verrebbe da pensare che questa forma di progressismo voglia portarci, appunto progressivamente, verso il Luteranesimo o voglia compiacere il Luteranesimo.

Monsignor Laise, un vescovo cappuccino argentino che su richiesta di San Giovanni Paolo II fece una ricerca sulla comunione data in mano, tentando di spiegarne il contesto, arrivò a concludere che è un sacrilegio darla in mano, mentre non è così nel caso della ricezione da parte dei fedeli, se questi non hanno coscienza di quello che fanno. Per questa ricerca monsignor Laise venne addirittura accusato di dissociarsi da quella che era la comunione ecclesiale di chi dava la comunione in mano. Questo ha dell’incredibile!

Concludo con un racconto. Napoleone I, almeno apparentemente, non era un grande fedele e praticante. Un giorno si avvicinò alla madre che, invece, era una donna molto pia. La madre stava recitando il Rosario e Napoleone, racconta la storia, le strappò di mano il Rosario. E la madre, serafica, tranquilla, si volse verso il figlio e gli disse: “bene, ma in cambio cosa mi dai?”. Questo “in cambio cosa mi dai?” dovremmo chiederlo a tutti coloro i quali ci propongono continue innovazioni, che sembrano essere più adatte e proprie, ma in realtà sono tutte scuse perché esattamente confermano il sospetto che non abbiano nessun senso.

La comunione viene data in mano perché si potrebbe contaminare la bocca con dei virus, sostiene qualcuno. Perché, se te la metto in mano e poi tu la prendi e la porti in bocca, la mano tua non ha già contaminato l’Ostia con qualche virus? Addirittura viene detto che non deve essere data in bocca perché usano dei trucchi o qualche strumento per poi togliere la particola dalla bocca e venderla ai satanisti. Ma è esattamente il contrario: vanno via con la Ostia in mano e il prete neanche riesce a capire se l’hanno consumata o meno. Quindi il sospetto che questo processo che ho esposto prima possa essere vero secondo me è molto forte.

La consacrazione e la comunione avvengo come parte della Liturgia. La liturgia non è forma, ma è sostanza: serve a cambiare l’uomo. Ma per cambiare l’uomo ha bisogno di una partecipazione interiore. Se io non ho il rispetto dovuto al sacro, che è espresso nella Liturgia, come faccio a partecipare, a cosa partecipo, ad una cena? Faccio una semplice memoria o partecipo realmente al sacrificio di Cristo che lui ci ha promesso?
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TRASCRIZIONE DELL’INTERVENTO DI SUA ECCELLENZA MONSIGNOR ATHANASIUS SCHNEIDER,

VESCOVO AUSILIARE DELL’ARCIDIOCESI DI MARIA SANTISSIMA IN ASTANA

Sia lodato Gesù Cristo!

Cari partecipanti alla Conferenza “Ogni ginocchio si pieghi. La maestà e l’amore infinito della Santa Comunione”, cari sacerdoti e fedeli, voi che credete, amate, adorate, venerate, difendete,consolate nostro Signore nel Santissimo Sacramento dell’altare.

Nostro Signore Gesù Cristo ha detto: «Sono sempre con voi fino alla fine dei tempi» (Mt. 28,20). Gesù è rimasto con noi nei sacramenti, particolarmente nel sacramento dell’Eucaristia.

Il sacramento dell’Eucaristia è il cuore della Chiesa.

Quando il cuore è malato e debole, la vita del corpo è senza forza, senza energia, apatica.

La Chiesa sarà malata di cuore se l’Eucaristia non sarà il vero centro, e concretamente, se il tabernacolo non sarà il vero centro visibile, più onorato, più bello e sacro, il tabernacolo dove Gesù Cristo è presente realmente, sostanzialmente, vivamente, personalmente con tutta la maestà della Sua divinità, con tutta la maestà del Suo amore infinito, con tutta la Sua infinita umiltà.

La Chiesa sarà malata di cuore, se Gesù Eucaristico non riceverà da parte dei sacerdoti e fedeli espressioni di profonda fede, di ardente amore, di adorante e trepidante riverenza, sull’esempio degli Angeli nel cielo, e qui in terra, poiché gli Angeli sono presenti in ogni Santa Messa cantando con noi il Sanctus, “una voce dicentes”.

Ogni tabernacolo in questa terra – persino il tabernacolo più abbandonato e profanato – è circondato, giorno e notte, dagli Angeli adoranti, che con l’ardore della loro riverenza ricompensano gli innumerevoli oltraggi inflitti all’amantissimo e Divinissimo Signore Gesù Eucaristico.

Ascoltiamo le seguenti parole ardenti di uno dei più grandi Santi e apostoli dell’Eucaristia, San Pietro Giuliano Eymard.

Egli disse: «Nostro Signore dimora nel Santissimo Sacramento per ricevere dagli uomini gli stessi omaggi che ricevette da coloro che ebbero la ventura di essergli vicini durante la sua vita mortale. Egli è là affinché tutti possano rendere personalmente i loro omaggi alla sua Santa Umanità. Anche quando questa fosse la sola ragione dell'esistenza dell'Eucaristia, noi dovremmo essere beati di poter rendere a Nostro Signore in persona i nostri omaggi di cristiani. Per questa Presenza il culto pubblico ha la sua ragione di essere, ha una vita. Togliete la reale Presenza, e allora come renderete alla Santissima Umanità di Nostro Signore la venerazione, gli onori che le sono dovuti? Nostro Signore come uomo non è che in Cielo e nel Santissimo Sacramento. Soltanto per mezzo dell'Eucaristia noi possiamo quaggiù avvicinarci al Divin Redentore, proprio a Lui, in persona, vederlo, parlargli; senza di essa il culto diviene astratto. Per essa noi andiamo a Dio direttamente, ci avviciniamo a Lui come durante la sua vita mortale. Come saremmo infelici se dovessimo, per onorare l'Umanità di Gesù Cristo, riferirci soltanto a ricordi di diciannove secoli fa! Questo può bastare nella cerchia del pensiero; ma come mai rendere un omaggio esterno ad un passato così lontano? Noi ci contenteremmo di ringraziare senza prender parte ai misteri che onoriamo. Ma non è così; io posso recarmi ad adorare come i pastori, prostrarmi come i Magi. No, noi non abbiamo a rammaricarci di non essere stati a Betlemme o al Calvario. …Quando sarò elevato da terra, attirerò ogni cosa a me. Dapprima fu dall'alto della croce che Nostro Signore attirò a sé tutte le anime, riscattandole. Ma è pure certo che Gesù, pronunziando queste parole, accennava al suo trono eucaristico, appiè del quale vuole attirare tutte le anime per legarle con le catene del suo amore. Vuole mettere in noi un amore appassionato verso di lui».

In ogni Santa Messa il cielo è aperto, ed in ogni tabernacolo, in ogni ostensorio solennemente esposto, il cielo è aperto, e con i nostri occhi spirituali possiamo vedere l’immensa gloria di Dio, la gloria dell’Agnello immolato e vivo.

Cosa dobbiamo fare, quando vediamo l’ostia consacrata?

Dobbiamo altrettanto cadere sulle ginocchia, offrendo al nostro Salvatore gli affetti del nostro amore, della nostra contrizione, della nostra gratitudine, pronunciando nella profondità del nostro cuore tali parole:

«Gesù, Figlio del Dio vivente, abbia pietà di me povero peccatore!»;

«Mio Signore e mio Dio, credo, amo»;

«Mio Dio e mio tutto!».

Che momento felice e trepidante, quando il Corpo eucaristico di Cristo, riempito dall’immensa gloria e dall’amore Divino e con le Sue piaghe radianti, è portato dalle mani consacrate del sacerdote per essere dato alle nostre anime come cibo Divino nel momento della Santa Comunione!

San Pietro Giuliano Eymard diceva: «Come Giovanni Battista, dopo aver additato il Messia, si getta ai suoi piedi per attestare la vivezza della sua fede, così la Chiesa consacra un culto solenne, converge tutta la sua liturgia all'adorabile Persona di Gesù, che segnala presente nel Santissimo Sacramento. Adora Gesù Cristo come Dio, presente e nascosto nell'Ostia santa. Gli rende gli onori dovuti a Dio solo; si prostra innanzi all'Augustissimo Sacramento, come la corte celeste dinanzi alla maestà di Dio! Qui nessuna distinzione: i grandi e i piccoli, i sovrani e i sudditi, i sacerdoti come i semplici fedeli, tutti al cospetto di Dio nell'Eucaristia cadono con moto istintivo ginocchioni. È il buon Dio! Ma non basta alla Chiesa l'adorazione silenziosa per testimoniare la sua fede: vi aggiunge onori pubblici, splendidi omaggi. Sono espressione della sua fede verso il Santissimo Sacramento le stupende basiliche: ah! essa non volle costruire sepolcri, ma templi, ma cieli sulla terra, ove il suo Salvatore, il suo Dio avesse un trono degno di lui. Con gelosa e delicata premura ha regolato fino ai minimi particolari, quanto riguarda il culto dell'Eucaristia; non rimette ad altri la dolce cura di onorare il suo Sposo divino: tutto è grande, tutto è importante, tutto è divino quando trattasi di Gesù Cristo presente: quanto vi ha di più puro nella natura, di più prezioso sulla terra vuole che sia consacrato al regale servizio di Gesù. Nel culto della Chiesa tutto si riferisce a questo adorabile Mistero; ogni cosa ha un significato spirituale e celeste, ha una virtù, contiene una grazia. Come la solitudine, il silenzio del tempio raccoglie l'anima! Come l'assemblea dei santi prostrati dinanzi al Tabernacolo ci fa esclamare: Chi è presente qui è da più di Salomone, è da più di un Angelo! Sì, egli è Gesù Cristo, innanzi a cui piega si ogni ginocchio in cielo, in terra e negli abissi. Alla presenza di Gesù Cristo nel Santissimo Sacramento s'eclissa ogni grandezza, ogni santità s'umilia e s'annienta. Gesù Cristo è là!».

Il nostro più grande tesoro qui in terra è Nostro Signore Gesù Cristo Eucaristico. Poiché Egli è presente nel sacramento dell’Eucaristia interamente, con tutta la maestà della Persona Divina. Egli è umilmente nascosto sotto la specie di un piccolo pezzo di pane. Come Lo trattiamo quando Lo avviciniamo nel momento della Santa Comunione? Siamo coscienti del fatto che, davanti a noi, è presente, con tutta la Sua grandezza, il nostro Dio e Salvatore?

Egli, davanti al Quale gli Angeli si prostrano con la loro faccia sulla terra, come ci narra il libro dell’Apocalisse (cf. Ap. 7,11)?

Egli, davanti al Quale i peccatori, i malati, gli stessi Apostoli, le sante donne cadevano in ginocchio durante la sua vita terrena, come leggiamo nei Vangeli (cf. Mt 8, 2; 9, 18; 14, 33; 15, 25; 17, 14; 20, 20; 28,9 etc.)?

Ben sapendo tutto ciò e muniti di una fede retta e di un amore sincero per la persona di Gesù Cristo, potremmo quindi rimanere indifferenti, rimanendo in piedi di fronte a Gesù, quando Lo avviciniamo nel momento della Santa Comunione, invece di metterci in ginocchio davanti a Lui?

Domandiamo al Signore il dono di una fede viva nel Santissimo Sacramento dell’Eucaristia, il dono di un amor ardente, delicato e estremamente attento a Gesù presente nell’Ostia Sacra sotto il velo del pane. E poi, nell’avvicinarci alla Sacra Comunione, saremmo talmente penetrati dalla fede e dall’amore che tuta la nostra interiorità sarà in grado di dire appena queste parole: “è il Signore!”. Così fece il santo apostolo Giovanni quando vide il Signore risorto. E non potremmo far altro che metterci in ginocchio dicendo: “Signore, Tu sei qui! Sei Tu, mio Signore! Io credo, io Ti adoro e Ti amo!”.

Il libro dell’Imitazione di Cristo ci offre preziosi riflessioni che rispecchiano la fede e devozione dei cattolici di tutti i tempi, ascoltiamole:

«O Signore, c'è un abisso tra l'Arca dell'alleanza, con le cose sante che custodisce, e il corpo Tuo purissimo, con la sua forza indicibile; tra i sacrifici legali di allora, immagine dei sacrifici futuri, e il tuo Corpo, vittima vera, che porta a compimento tutti gli antichi sacrifici. Perché dunque non mi infiammo di più alla tua adorabile presenza; perché non mi preparo con cura più grande a nutrirmi della tua santità, quando quei santi dell'Antico Testamento - patriarchi e profeti, e anche re e principi, in unione con tutto il popolo - dimostrarono un così grande slancio devoto verso il culto divino? (…) Se allora si viveva in così grande devozione; se di quel tempo restò il ricordo delle lodi date a Dio davanti all'Arca dell'alleanza, quanta venerazione e quanta devozione devono essere ora in me, e in tutto il popolo cristiano, di fronte al sacramento e nell'atto di nutrirsi del corpo di Cristo, cosa più di ogni altra sublime?» (Libro IV, cap. 1,3).

Dalla vita di San Luigi IX, re di Francia, sappiamo che egli ascoltava la Messa in ginocchio sul nudo pavimento e, quando gli fu presentato un inginocchiatoio, disse: «Nella Messa Dio si immola, e quando Dio si immola, anche i re si inginocchiano sul pavimento».

Ascoltiamo le parole di san Francesco d’Assisi, parole ardenti di amore e venerazione verso il Santissimo Sacramento: «L'uomo deve tremare, il mondo deve fremere, il cielo intero deve essere commosso, quando sull'altare, tra le mani del sacerdote, appare il Figlio di Dio. (…) Vi prego, più che se lo facessi per me stesso, perché quando conviene e lo vedrete necessario, supplichiate umilmente i sacerdoti perché venerino sopra ogni cosa il Santissimo Corpo e Sangue del Signore nostro Gesù Cristo (...) I calici, i corporali, gli ornamenti degli altari e tutto ciò che riguarda il Sacrificio devono essere preziosi. E se il Santissimo Corpo del Signore sarà collocato in modo miserevole in qualche luogo, secondo il precetto della Chiesa, sia posto da essi in un luogo prezioso e sia custodito e sia portato con grande venerazione e nel dovuto modo sia dato agli altri (...) E quando è consacrato dal sacerdote sull'altare ed è portato in qualche parte, tutti, in ginocchio, rendano lode, gloria e onore al Signore Dio vivo e vero. (…) Ascoltate, fratelli miei. Se la Beata Vergine è così onorata, come è giusto, perché lo portò nel suo santissimo grembo (...) quanto deve essere santo, giusto e degno colui che tocca con le sue mani, riceve nel cuore e con la bocca e offre agli altri, perché ne mangino, Lui non già morituro, ma in eterno vivente e glorificato, sul quale gli angeli desiderano fissare lo sguardo».

Voglia Dio che questa sia la nostra attitudine nel momento di ognuna delle nostre Sante Comunioni! Poiché qui sulla terra non c’è nessuno più Santo, nessuno più adorabile di Gesù nel sacramento dell’Eucaristia, di Gesù che si offre a ciascuno di noi nella Santa Comunione.

Conserviamo con affetto e amore questo tesoro supremo della santa Chiesa!

Voglia Dio che ai nostri giorni sorgano, di fatto e in verità, molti apostoli della Santissima Eucaristia, soprattutto in quei luoghi, dove il nostro amantissimo Signore Eucaristico è più oltraggiato ed abbandonato.

Benedetto e lodato sia in ogni momento il santissimo e divinissimo Sacramento dell’altare!
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