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domenica 13 ottobre 2019

Aumento dei musulmani (e delle altre religioni) nel mondo: video molto interessante. Che lo portino a S. Marta...



Da farlo vedere a S. Marta e dintorni.
Da essere terrorizzati.
E questi parlano di plastica da riciclare...
Guardare sotto quello riferito alle principali religioni mondiali.
Quattro minuti complessivi spesi bene.
Accludiamo anche un articolo tradotto da un nostro amico sull'argomento (PAPA FRANCESCO NON COMPRENDE L’ISLAM di William Kilpatrick, Pope Francis doesn’t understand Islam, pubblicato sul portale CRISIS MAGAZINE il 25-9-2019 e su Stilum Curiae)
Luigi



Papa Francesco non comprende l’islam 
di William Kilpatrick[1]

«Ma il Papa è cattolico?» è una frase che eravamo abituati a considerare una freddura. Eppure di questi tempi, quantomeno di tanto in tanto, i dubbi ti vengono. Non sto suggerendo che Papa Francesco sia un cripto-apostata o un agente della Massoneria: è che talvolta sembra scontento di alcuni insegnamenti della Chiesa. 

Ciò che, a quanto pare, lo indispone di più è la pretesa cattolica all’esclusività. Per esempio, l’articolo di fede secondo cui è solo attraverso Cristo che tutti gli uomini sono salvati
potrebbe essere considerato un impedimento all’armonia inter-religiosa, e Papa Francesco, per il quale tale armonia è una massima priorità, sembra proprio la veda in questi termini. Da molte sue affermazioni si può dedurre che egli abbia abbandonato l’idea secondo la quale i cattolici dovrebbero tentare di convertire chi non lo è alla vera Fede. In un’occasione, per esempio, ha definito il proselitismo «una solenne sciocchezza»[2]

Papa Francesco sembra credere che ogni religione fornisca un suo proprio efficace percorso per il Paradiso. Se le cose stessero così, effettivamente le persone non dovrebbero fare altro che vivere con maggiore profondità la fede cui già aderiscono. Una volta, il Papa ha suggerito a un gruppo di migranti musulmani, di cercare nella lettura del Corano la giusta direzione da dare alle proprie vite

Come ha scritto in Evangelii Gaudium, Francesco ritiene che islam e cristianesimo condividano «convinzioni comuni» [il testo inglese, al numero n. 253, traduce shared beliefs, «credenze comuni»]. Ove queste credenze con combacino del tutto, il Papa sembra ben felice di smussare i confini. Un ottimo esempio in tal senso è il Documento sulla Fraternità Umana firmato da Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar Amhad Al-Tayeb, lo scorso febbraio. 

Particolare apprensione ha suscitato l’affermazione «Il pluralismo e le diversità di religione […] sono una sapiente volontà divina». Da parte di Francesco si tratta di una concessione non da poco, giacché contraddice ciò che Gesù dice di sé: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,6). Esprimendoci con le parole del vescovo svizzero Marian Eleganti, «la Dichiarazione di Abu Dhabi eclissa la mediazione unica e universale di Gesù Cristo» in ordine alla salvezza. 

Né più né meno. Ma al di là della presunta approvazione da parte di Dio di una varietà di religioni contraddittorie, il Documento è problematico da molti altri punti di vista. Nella loro dedizione all’inclusività, gli estensori del documento – la maggior parte dei quali, presumiamo, cattolici – finiscono per affermare cose che non sono vere né per il cattolicesimo, né per l’islam. 

* * * 

In barba all’evidenza, la Dichiarazione sostiene che, quantomeno in forma embrionale, una religione comune già esiste, e che i valori di tutte le religioni sono sostanzialmente gli stessi. Infatti, vien detto: «i valori di tolleranza e di fratellanza» sono «promossi e incoraggiati dalle religioni». Dunque, «queste sciagure», cioè l’odio, l’estremismo e la violenza, «sono frutto della deviazione dagli insegnamenti religiosi». Il terrorismo, per esempio, non sarebbe dovuto alla religione, ma «alle accumulate interpretazioni errate dei testi religiosi». 

Se fosse veramente così, come mai così tanti musulmani, e in così tante parti del mondo, interpretano testi coranici allo stesso modo (specificamente: come una giustificazione del jihad)? Come interpretereste il passo: «Quando poi siano trascorsi i mesi sacri, uccidete questi idolatri ovunque li incontriate, catturateli, assediateli e tendete loro agguati»? Di brani così, il Corano ne contiene a decine. Per contro, sono veramente pochi i passi del tipo «ama il prossimo tuo come te stesso». 

Di fatto, gli apologeti cattolici dell’islam possono citare appena tre versetti del Corano, sempre gli stessi, appunto perché la scelta non è granché più ampia. E così, accade che il Documento inizia con una parafrasi del versetto citato più di frequente: «Chi abbia salvato una singola vita umana, sarà come se avesse salvato l’umanità intera» (sura 5, v. 32) Non sorprende affatto la mancata citazione del versetto immediatamente successivo: «La ricompensa di coloro che fanno la guerra ad Allah e al Suo Messaggero e che seminano la corruzione sulla terra è che siano uccisi o crocifissi, che siano loro tagliate la mano e la gamba da lati opposti» (sura 5, v. 33). 

Papa Francesco e altri apologeti cattolici dell’islam sostengono che i leader terroristi semplicemente travisano l’islam. Ma se questo fosse il caso, il primo ad aver travisato l’islam è stato Muhammad stesso, il quale ha ordinato che ai ladri venga amputata la mano. La Vita di Muhammad, che, dopo il Corano e gli Hadith, è considerata la fonte più importante delle verità islamiche, consiste essenzialmente in un resoconto delle sue gesta jihadiste. All’incirca due terzi delle ottocento pagine raccontano dettagli delle sue incursioni, di come abbia decapitato i prigionieri catturati, il suo commercio degli schiavi, la sua approvazione dello stupro e della schiavitù sessuale, e di come ricorreva alla tortura. 

Dunque Muhammad ha travisato l’islam? E che dire del Grande Imam di Al-Azhar Amhad Al-Tayeb? Certo, ha sottoscritto il Documento sulla Fraternità Umana, ma Muhammad non aveva anche lui firmato il Trattato di Hudaybiyya con gli abitanti della Mecca? Si trattò di una mossa strategica grandiosa, ma il suo valore era inferiore a quello della carta su cui fu stilato. 

Al-Tayeb non travisa l’islam. Francesco, invece, sembra proprio di sì. È impossibile che non sia informato sugli aspetti più oscuri dell’islam, e tuttavia egli sembra sicuro che questi aspetti oscuri non abbiamo nulla a che fare con il «vero» islam. 

* * * 
Un approccio del genere certamente aiuta a migliorare l’immagine pubblica dell’islam. Ma qual è il suo effetto sui cattolici? In primo luogo, li disinforma. Ai lettori del Documento sulla Fraternità Umana viene trasmessa un’immagine falsa della fede islamica. Alla fine della lettura, chi legge potrebbe convincersi che l’islam sia un degno membro della fratellanza delle grandi religioni umanitarie e, dunque, per farla breve, che non ci sia nulla per cui essere preoccupati. 

Che questo effetto ci sia o meno non sarà lasciato al caso. Una commissione inter-religiosa è stata istituita per assicurarsi che i principi del documento siano diffusi in tutto il mondo. In pratica, ciò significa che i leader arabi organizzeranno qualche singolo centro dove, nella forma più plateale possibile, si studierà la fratellanza umana in modo da compiacere il resto nel mondo. La Chiesa Cattolica, invece, si precipiterà a inoculare versioni opportunamente adattate di questo umanesimo religioso universale in ogni seminario cattolico, università, college o asilo del pianeta. 

I cattolici sono già abbastanza male informati sull’islam. La dichiarazione di Abu Dhabi, quando si sarà ampiamente sedimentata, servirà solamente a rafforzare questo atteggiamento naïf. Il che li renderà impreparati al passo successivo di un processo ampiamente prevedibile. 

Il prossimo passo si chiama «islamizzazione». Tale parola non risuona spesso nei circoli cattolici garbati e rispettabili. Ma ci sono cattolici che non si possono permettere il lusso di essere garbati. Padre Valentine Obinna ha raccontato al quotidiano online Crux che, in Nigeria, musulmani dell’etnia fulani hanno ucciso 9.000 cristiani e un numero imprecisato di altri non musulmani negli ultimi tre anni. Questi omicidi rientrano in un programma di «islamizzazione della Nigeria». Il presidente Buhari e coloro che governano la Nigeria chiudono un occhio dinanzi alle attività degli estremisti fulani e di Boko Haram, poiché essi «vogliono assicurarsi che l’intero Paese diventi islamico». 

A quanto pare, al presidente Buhari – che è un membro dell’etnia fulani – il messaggio di Abu Dhabi non è arrivato. Altrimenti, capirebbe che l’islam è una religione di pace, amore e fraternità. Ma un’altra interpretazione è possibile: forse l’anziano presidente ha una concezione dell’islam più aderente alla realtà rispetto a quella di Papa Francesco e dei suoi consiglieri. Papa Francesco dovrebbe capire che l’islamizzazione della Nigeria non è una deviazione dagli insegnamenti dell’islam; ma è pressoché il primo dei suoi principi. Come Muhammad ha detto: «Mi è stato ordinato di combattere i popoli fino a quando non testimonieranno che non c’è alcun Dio se non Allah» (hadith «Sahih Muslim» 1,33). Infatti, lo scopo dell’islam sulla terra consiste nell’assoggettare l’intera «casa della guerra» – cioè i popoli non musulmani – alla «casa dell’islam» [lo spazio territoriale e politico già soggetto alla legge islamica e abitato dalla comunità dei credenti in Allah]. 

La dottrina islamica non solo impone che sia islamizzata la Nigeria, ma anche l’Europa, il Canada, gli Stati Uniti e il mondo intero. Solo allora, da un punto di vista islamico, si potrà raggiungere la pace e la fraternità umana. Buhari lo capisce. Al-Tayeb lo capisce. I cattolici non possono permettersi di rimanere disinformati su questo punto. 

La stupefacente ignoranza di questi aspetti dottrinali di base dell’islam da parte di Papa Francesco e dei suoi consulenti non renderà il mondo più armonioso, ma più pericoloso. Quelli che prenderanno per buona questa loro visione fantasiosa dell’islam sono destinati ad andare incontro a una brusca sorpresa quando verranno a contatto con la cosa reale. 

[1] Articolo dal titolo Pope Francis doesn’t understand Islam pubblicato sul portale CRISIS MAGAZINE il 25-9-2019. 

[2] Dal contesto dell’intervista a Repubblica è chiaro che, con la parola «proselitismo», il Papa non intendeva riferirsi al sempre deprecabile tentativo di fare dell’ingresso nella Chiesa la condizione sine qua non per accedere ad aiuti materiali, ma al mero sforzo di convertire il prossimo.

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