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venerdì 5 luglio 2019

Osservatorio Card. Van Thuan. "La protezione della vita umana e della famiglia: l’inseparabilità dei principi non negoziabili"

Un bell'escursus sul "principio non negoziabile" della difesa della vita.
Luigi

Osservatorio Internazionale  Card. Van Thuan

1.Vita, famiglia e Dottrina sociale della Chiesa (DSC).


Trattando della vita umana e della famiglia[1] alla luce della DSC occorre porre due questioni preliminari: a) protezione e promozione della vita e della famiglia costituiscono principi o valori della DSC? b) E, se sì, in che senso?

1.1. La risposta alla prima domanda è certo positiva, se solo si rammenta che, anzi, tali principi e valori sono radicati nella Rivelazione[2]. Quanto alla seconda domanda, essi sono da ritenersi “principi non negoziabili”[3] e, anche perciò, “gerarchicamente apicali” nel sistema della DSC. Il fatto che siano “non negoziabili” dice del tipo di rapporto che essi intrattengono con altri principi, che non presentano la stessa caratteristica di non negoziabilità; che siano “gerarchicamente apicali”, dice invece del rango che essi occupano nella scala dei valori della DSC.

1.1.1. E’ principio non negoziabile, dunque, la protezione/promozione della vita umana, essenzialmente per due ragioni:

a) perché non si può, per il principio di non contraddizione, favorire al contempo la vita e la morte di una persona: quando la vita non è tutelata, è minacciata o esposta alla minaccia; non è possibile, perciò, definirsi ad es. pro life e contestualmente ammettere una pur piccola apertura alla liceità morale e giuridica dell’aborto volontario;
b) perché, anche per il suo carattere apicale (v. infra), simile protezione non è barattabile con la protezione di altri principi di rango inferiore: non può dunque ritenersi conforme ai precetti della DSC, ad es., il comportamento di un politico che accetti di soprassedere su di una legislazione abortista in cambio del sostegno ad altri punti del programma elettorale (come in materia economica), per quanto praticamente rilevanti.
1.1.2. Costituisce principio non negoziabile anche la protezione/promozione della famiglia, pure per una duplice ragione:

a) perché la configurazione della vera famiglia è stabilita dalla legge naturale e nessuna altra forma di vita societaria può esserle equiparata[4]: come noto, le minacce odierne alla famiglia (v. par. 3) consistono essenzialmente nella sua falsificazione concettuale;
b) perché, parimenti, per il suo carattere apicale non può costituire oggetto di “scambio” con principi di rango inferiore: anzi, la sua integrale protezione, come si vedrà (cfr. par. 4), è strettamente connessa alla protezione della vita umana.
1.1.3. Gerarchicamente apicale, come detto, è il principio di protezione e promozione della vita umana, per più motivi:

a) perché, nell’ordine naturale, la vita è il bene che consente il godimento di ogni altro bene e, senza di essa, nessun altro bene può essere goduto: è pertanto logicamente insostenibile la tesi di chi pospone la vita (fosse anche la vita in fase di grave sofferenza) alla libertà, come i fautori dell’eutanasia, perché una libertà che sopprime la vita annulla se medesima;
b) perché, correlativamente, il diritto alla vita è il presupposto dell’esercizio di ogni altro diritto; ma anche perché
c) conservarsi in vita è dovere grave, verso Dio, che richiede di essere glorificato anche sulla terra; e, verso il prossimo, per i doveri che scaturiscono dalla giustizia e dalla carità.
1.1.4. Gerarchicamente apicale, altresì, è la protezione e promozione della vera famiglia:

a) perché ciò corrisponde al comandamento divino primario, enunciato in Genesi, del “crescete e moltiplicatevi” (Gn 9,1) e del “riempite la Terra” (Gn 1,28);
b) perché, nella famiglia, la vita è generata e la società è perpetuata;
c) perché in essa la prole è educata alle virtù religiose e civili, come anche ricorda il brocardo: familia seminarium rei publicae.
1.2. Chiarito il rango dei principi, la relativa protezione/promozione costituisce a ben vedere, pastoralmente e praticamente, una urgenza nell’impegno sociale dei cattolici:

a) coerentemente, anzitutto, per il grado non negoziabile e gerarchicamente apicale;
b) per la singolare violenza con cui tali beni sono aggrediti, nella teoria e nella prassi;
c) per l’inedito oscuramento del loro valore nel consorzio sociale e persino nella Chiesa cattolica.
E’ pertanto inaccettabile che ad essi vengano anteposti principi e valori di rango inferiore, come quelli che presiedono all’ecologia, alle migrazioni, al sistema democratico[5]: simile slittamento è dovuto vuoi a errori dottrinali[6], vuoi a carenza di fortezza, richiedendo i principi non negoziabili, nel contesto odierno, la capacità di sopportare probabili persecuzioni sociali e professionali (si v. emblematicamente, per limitarci all’Italia, i casi di Silvana De Mari[7] e Giancarlo Ricci[8]).



Le minacce alla vita (e le risposte dei laici e del Magistero).


2.1. Consideriamo ora le principali minacce perpetrate contro la vita umana (aborto, fecondazione artificiale ed eutanasia) e, quindi, le reazioni dei laici, nonché gli atteggiamenti del Magistero in materia.

2.1.1. Quanto all’aborto, occorre osservare che, nonostante ogni evidenza scientifica palesi come sin dal concepimento ci si trovi dinanzi a una vita umana, il fronte abortista non recede. Esso tende anzi a occupare gli spazi ancora liberi da una legislazione abortista: emblematico, in tal senso, il caso dell’Irlanda[9]. Qualunque tentativo di reversione anche parziale (quanto al restringimento delle causali, alla abbreviazione dei termini o all’irrigidimento delle procedure per accedere all’interruzione di gravidanza) è fortemente osteggiato[10]. Si tenta inoltre di eliminare il dissenso, ad es. mirando a limitare il diritto di obiezione di coscienza per gli esercenti le professioni sanitarie od osteggiando campagne pubblicitarie pro life[11]. Si diffonde l’aborto “fai da te”, privatizzato e impalpabile, a mezzo di pillole abortive o potenzialmente abortive. Il numero mondiale di aborti resta elevato e sconcertante, superiore a cinquanta milioni annui.

2.1.2. Le risposte non possono porsi sulla mera difensiva, perché si tratta di una guerra della cultura della vita contro la cultura della morte, nella quale ciascuno è chiamato a scegliere da quale parte combattere, secondo il monito di Giovanni Paolo II in Evangelium Vitae. Non è infatti sufficiente, ad es., promuovere l’operato (encomiabile e oggi necessario) dei Centri di Aiuto alla Vita; né semplicemente esigere l’applicazione delle disposizioni della l. n. 194/1978 finalizzate a prevenire l’aborto; né limitarsi a presidiare l’obiezione di coscienza (peraltro, occorre ricordare che essa non vige per i farmacisti, costretti a erogare pure pillole abortive o potenzialmente abortive). Certo, sono positive le proposte di legge finalizzate a introdurre il principio di soggettività giuridica del concepito; così come ogni iniziativa per la promozione della natalità. L’obiettivo non può che essere, però, l’abrogazione delle leggi abortiste insieme all’affermazione del diritto alla vita del concepito. Costituiscono un segnale positivo le nomine di Neil Gorsuch e Brett Kavanaugh a giudici della Corte Suprema, da parte del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, così come l’operato della diplomazia USA in seno all’ONU sul tema dei c.d. diritti riproduttivi.

2.1.3. Papa Francesco è più volte intervenuto sul tema, vuoi denunciando l’aborto quale espressione di uno “cultura dello scarto”, vuoi paragonandolo alle politiche razziali naziste[12], vuoi definendo i medici abortisti come “sicari”[13]. Tuttavia, l’estensione del potere di assoluzione dal peccato di aborto a tutti i sacerdoti rischia di depotenziare la percezione della gravità del delitto da parte del penitente[14]. E il Magistero ha cessato di ricordare come tale delitto “grida vendetta al cospetto di Dio”. Inoltre, il Magistero è purtroppo spesso contraddetto dalla prassi: sono inopportune, ad es., le lodi profuse a politici notoriamente abortisti, come Emma Bonino[15]; la nomina alla PAV di personalità favorevoli in varia misura all’aborto[16]; il conferimento di onorificenze a personalità pubbliche abortiste[17].



2.2. Trattiamo ora della fecondazione artificiale.

2.2.1. La tendenza alla pratica è ovunque espansiva. Dalla fecondazione omologa si è in breve passati al riconoscimento del diritto all’eterologa (se non per via legale, per via giurisprudenziale[18]). Questa implica un inevitabile commercio di gameti e possibili, conseguenti scelte eugenetiche. La tendenza espansiva si manifesta poi, generalmente, nella previsione del diritto in favore, non solo delle coppie coniugate, ma pure dei conviventi; non solo delle coppie eterosessuali, ma pure di quelle omosessuali. Sempre per via giurisprudenziale, l’ordinamento italiano è poi transitato da un regime limitativo del numero di embrioni producibili alla eliminazione di ogni limite[19]. Si riconosce il diritto al rifiuto dell’impianto in utero e all’aborto selettivo post impianto. Il numero di embrioni crioconservati – destinati a morte pressoché certa – è elevatissimo, mentre la tentazione di utilizzarli a fini sperimentali è irresistibile. Simile tendenza espansiva della PMA non può che provocare, poi, una crescente spinta, di diritto e di fatto, alla pratica dell’utero in affitto.

2.2.2. Sul punto, la controffensiva sociale è più debole che sull’aborto: la PMA omologa è stata ormai pressoché assimilata nella coscienza morale collettiva anche dei cattolici. Non si percepisce più la gravità della pratica in sé, in quanto sostitutiva del legame diretto tra atto coniugale e procreazione: va ricordato, a tal proposito, che sul piano dottrinale non è sufficiente denunciare l’alto tasso di insuccesso della tecnica, pur clamoroso (circa il 90% degli embrioni non giunge alla nascita). Sporadiche resistenze sociali (si pensi al caso francese) si registrano a proposito della estensione della fecondazione eterologa a coppie dello stesso sesso.

2.2.3. E’ poco confortante constatare come il Magistero ecclesiastico in materia, negli ultimi anni, sia risultato praticamente assente[20].




2.3. Passando al tema del fine vita, consideriamo parimenti gli attacchi, le risposte possibili, gli atteggiamenti del Magistero.

2.3.1. Gli ordinamenti giuridici sono transitati dal dogma dell’intangibilità del diritto alla vita (fondamentale, indisponibile) alla cultura della soppressione del sofferente, con il suo consenso o in alcuni casi anche senza il suo consenso. L’eutanasia è in espansione sia legale, sia pratica e quella legale conduce a quella pratica (come dimostra il crescendo di Belgio e Olanda). Il grimaldello dell’eutanasia è stato il diritto del paziente al consenso informato: per esso si è pervenuti a giustificare il diritto di rifiuto di terapie salvavita; il diritto di rifiuto di trattamenti di sostegno vitale (idratazione, alimentazione, ventilazione artificiali); l’equiparazione dei trattamenti di sostegno vitale alle terapie mediche. Ma il diritto al consenso, a sua volta, è stato poi sensibilmente sminuito, e ciò non deve sorprendere: se si riconosce il diritto del soggetto a sopprimersi, è perché si ammette che vi siano esistenze non degne di essere vissute. Perciò, si riterranno legittimamente sopprimibili le vite che, secondo un certo “senso comune”, siano considerabili non più soddisfacenti. Il consenso necessario, così, da attuale diventa remoto (mediante le disposizioni anticipate di trattamento; la delega della manifestazione di volontà a rappresentanti legali; la nomina di fiduciari); da effettivo, presunto (si pensi al caso di Eluana Englaro, la cui presunta volontà è stata ricostruita in giudizio sulla base di convincimenti e stili di vita riferiti da testimoni); da necessario, non necessario (alla luce del c.d. best interest, applicato nei noti casi di Alfie, Isaiah, Charlie Gard e, di recente, in gioco nella vicenda di Vincent Lambert). Di qui, si perviene facilmente al diritto all’eutanasia commissiva (ad es. mediante iniezione letale), con graduale estensione delle causali (dagli stati terminali al semplice turbamento psichico). L’obiezione di coscienza per il personale medico non è usualmente prevista.

2.3.2. Le risposte sociali sono purtroppo deboli: il criterio della qualità della vita, opposto alla accettazione della sofferenza quale dato ineliminabile del vissuto terreno, si è imposto nella mentalità comune, specie sul punto del rifiuto dei trattamenti di sostegno vitale. Positiva – al momento – è invece la mancata iniziativa del governo a fronte della minaccia, paventata dalla Consulta italiana, di dichiarare altrimenti incostituzionale il reato di aiuto al suicidio. Positivo è poi, naturalmente, il contributo di alcune associazioni pro life nel diffondere una cultura della dignità della vita in ogni fase e condizione. Sono eroiche, infine, le testimonianze di cura della vita sofferente in molte famiglie[21].

2.3.3. Quanto al magistero e alla gerarchia ecclesiastica, non sono mancate le prese di posizione del Pontefice, anche in tal caso, contro la “cultura dello scarto”. Come non è mancato l’impegno della Santa Sede, insieme al governo italiano, nel caso di Alfie Evans. Per contro, purtroppo, alcuni prelati fanno erroneamente ricorso al concetto di accanimento terapeutico, considerandolo sussistente per il sol fatto della sottoposizione all’idratazione, alimentazione e ventilazione artificiale, dimenticando il Magistero pontificio sul punto[22].



Le minacce alla famiglia (e le risposte dei laici e del Magistero).


3.1. Iniziando dall’istituto del matrimonio, consideriamo in sintesi gli attacchi cui è soggetto, le possibili risposte, gli atteggiamenti del Magistero.

3.1.1. La Dottrina cattolica insegna, sulla base della Rivelazione, il carattere indissolubile del matrimonio, già nella sua dimensione naturale. Tale carattere è, notoriamente, crescentemente misconosciuto dalla legislazione civile degli ultimi secoli. Il diritto alla separazione e al divorzio è garantito pressoché senza causali giustificative. Il divorzio si ottiene con procedure sempre più rapide e formalmente semplificate. E’ sostanzialmente disapplicato l’istituto dell’addebito della separazione o del divorzio, anche in caso di infedeltà coniugale (del resto, il divorzio stesso costituisce la giuridificazione dell’infedeltà coniugale o almeno della sua possibilità). Si diffondono discipline finalizzate a consentire patti prematrimoniali già in previsione del possibile divorzio. I diritti del matrimonio sono estesi a fattispecie non matrimoniali, come le convivenze more uxorio e le unioni civili. Si utilizza il nomen di matrimonio anche per unioni tra persone dello stesso sesso. Si afferma la piena applicabilità della disciplina divorzista anche agli effetti civili del matrimonio concordatario. Da ultimo, va rilevata l’assenza del diritto di obiezione di coscienza per gli ufficiali dello stato civile, che si rifiutino ad es. di trascrivere unioni tra persone dello stesso.

3.1.2. Quanto alle reazioni della società civile, non sono mancate resistenze, in alcuni Stati, contro l’approvazione delle unioni civili e del matrimonio omosessuale. In qualche caso – si pensi alla Croazia e all’Ungheria – si è costituzionalizzato il matrimonio naturale.

3.1.3. Purtroppo, va constatato con amarezza come il diritto e la prassi ecclesiali degli ultimi tempi non stiano contribuendo a promuovere il carattere indissolubile del matrimonio. Così per la semplificazione delle procedure canoniche di riconoscimento della nullità del matrimonio[23]; così anche per l’accessibilità ai Sacramenti dei divorziati risposati[24].

3.2. Consideriamo ora, sinteticamente, talune problematiche legate alla dimensione procreativa della famiglia.

3.2.1. Di recente, in Italia l’attenzione si è concentrata sul problema dell’affidamento, sostanzialmente esclusivo a un solo genitore, dei figli di separati e divorziati[25]: si tratta di un problema insolubile, perché la rottura della comunione familiare determina inevitabilmente il venir meno dell’unico luogo adatto alla crescita dei figli.

Per il resto, la fenomenologia della violazione della legge naturale, in materia, è nota. Si va dalla stepchild adoption alle adozioni piene per le coppie omosessuali. Addirittura, si pretende il riconoscimento della doppia genitorialità omosessuale, come fosse biologica, cioè senza passare attraverso l’istituto dell’adozione[26]. Si mira alla abolizione dei termini di “padre” e di “madre”. Si tenta di sortire la legittimazione, quantomeno, degli effetti dell’utero in affitto[27].

3.2.2. Su questa materia, si registra una maggiore attenzione politica e sociale, da parte del laicato e delle gerarchie cattoliche, a una corretta applicazione del principio dell’interesse del minore ad avere un padre e una madre. Gli sforzi, tuttavia, dovrebbero essere più intensi e costanti.




Vita e famiglia: simul stabunt, simul cadent.


Pare di notare una tendenza dei cattolici a essere meno combattivi sui temi della famiglia, rispetto a quelli della vita: il che si spiega, probabilmente, per l’azione virulenta dei movimenti “lgbt” e per le relative conseguenze massmediatiche, se non anche professionali, che i pro family rischiano di incontrare. Il fronte dell’impegno, infatti, è ormai arretrato perlopiù alla problematica dell’utero in affitto, mentre è raro imbattersi in battaglie, ad es., per l’abrogazione dell’istituto del matrimonio omosessuale o delle unioni civili.

Tuttavia, i valori della vita e della famiglia o si difendono insieme o insieme cadono. Non è un caso che, storicamente, strategia dei regimi, totalitari o meno, per isolare l’individuo e renderlo più fragile e manipolabile è separarlo dalla famiglia: basti pensare all’educazione dei fanciulli, preferibilmente avocata a istituzioni pubbliche, con la maggiore emarginazione possibile del ruolo educativo naturale dei genitori[28].

Possono osservarsi diversi fenomeni di questa strategia congiunta contro la vita e la famiglia:

– convivenze, divorzio e, più in generale, le fragilità dei legami di coppia determinano inevitabilmente una minore propensione alla generatività: l’educazione della prole richiede infatti un impegno duraturo di vita comune, cosicché la promozione della natalità non può che passare anche attraverso la promozione del matrimonio stabile;

– sessualità prematrimoniale, mentalità contraccettiva e aborto sono fenomeni concorrenti: giova alla lotta contro l’aborto un’educazione culturale a una sessualità vissuta nel matrimonio, quale unico luogo di donazione totale reciproca tra i coniugi e ambiente idoneo all’accoglienza della vita;

– la fecondazione assistita, purtroppo trascurata, come detto, nella lotta sui principi non negoziabili, è poi emblema della separazione tra vita umana e coniugalità e famiglia: l’embrione prodotto in provetta, isolato dalla madre, è facilmente manipolabile, scartabile e, comunque, ha poche probabilità di venire alla luce; diviene oggetto passibile di commercio; rende possibile la pratica dell’utero in affitto, dove la genitorialità è polverizzata nelle diverse figure dei “committenti”, dei “donatori” di gameti e della gestante;

– l’impoverimento dei legami familiari, e la conseguente solitudine delle persone, costituisce la più grave tentazione all’esercizio dell’eutanasia nei confronti dei soggetti anziani o comunque più deboli.

In definitiva, i principi non negoziabili, proprio per il loro carattere gerarchico apicale e per l’organicità del sistema delle verità morali, richiedono di essere difesi congiuntamente.



Marco Ferraresi

Presidente Unione Giuristi Cattolici di Pavia

“Beato Contardo Ferrini”



[1] Consideriamo, ovviamente, la famiglia che taluni preferiscono definire “naturale” e altri “tradizionale”, cioè la società fondata sul matrimonio monogamico stabile tra un uomo e una donna, aperta alla vita.

[2] Si pensi ad es. al quarto, quinto, sesto e nono comandamento del Decalogo, che impongono il rispetto della vita, del patto nuziale, della sessualità, delle relazioni familiari.

[3] Simile espressione è adottata, come noto, nel Magistero di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

[4] Cfr. Papa Francesco, Discorso al Forum delle Associazioni Familiari, 16.6.2018, www.vatican.va: “oggi – fa male dirlo – si parla di famiglie “diversificate”: diversi tipi di famiglia. Sì, è vero che la parola «famiglia» è una parola analogica, perché si parla della «famiglia» delle stelle, delle «famiglie» degli alberi, delle «famiglie» degli animali… è una parola analogica. Ma la famiglia umana come immagine di Dio, uomo e donna, è una sola. È una sola”.

[5] Simili valori non possono fregiarsi del carattere non negoziabile. Infatti, l’ambiente, rectius, i beni creati sono pur sempre destinati allo sfruttamento umano, seppure secondo la virtù della temperanza; la migrazione in qualsivoglia zona del pianeta non costituisce un diritto naturale o fondamentale e, in ogni caso, l’esigenza del migrante va contemperata con la difesa del bene comune dei popoli ospitanti; la democrazia non rappresenta un bene assoluto, perché la volontà della maggioranza non determina perciò solo la liceità morale dell’oggetto voluto.

[6] V., a tal proposito, l’impostazione della Lettera di Papa Francesco a mons. Vincenzo Paglia, sulla missione della Pontificia Academia Pro Vita, 6.1.2019, www.vatican.va: rispetto ai temi bioetici in senso classico, sopravanza una c.d. bioetica globale, che sembra porre sul medesimo piano le problematiche ambientali e migratorie. Il che non può non generare una confusione rispetto alla corretta gerarchia dei valori.

[7] Oltre a un processo penale conclusosi con una condanna per diffamazione a mezzo della stampa, Silvana De Mari ha subìto un deferimento disciplinare presso l’Ordine dei Medici di appartenenza per aver argomentato i rischi sanitari derivanti dai rapporti carnali tra uomini.

[8] Ricci, psicoterapeuta, ha subìto un deferimento disciplinare presso l’Ordine degli Psicologi della Lombardia, per aver sostenuto, durante una trasmissione televisiva, la necessità della contestuale presenza paterna/materna per lo sviluppo psichico equilibrato dei bambini. E’ stato prosciolto, dopo un tempo considerevolmente lungo, sostanzialmente per insufficienza di prove (per la ricostruzione della vicenda, cfr. www.iostocongiancarloricci.it).

[9] Passata dal divieto di aborto, di rango costituzionale, a una legislazione ampiamente permissiva, attraverso uno schiacciante esito referendario popolare.

[10] Basti pensare alle linee guida del 2008 della Giunta Formigoni in Lombardia, emanate semplicemente per accertare più rigorosamente i requisiti di accesso all’aborto dopo i primi novanta giorni, ma dichiarate illegittime dal Tar Lombardia, con sentenza n. 7735/2010, per contrasto con la l. n. 194/1978. Controesempi significativi sono costituiti dalla riforma della normativa abortista negli Stati del Michigan e dell’Alabama.

[11] Si ricordi ad es. il provvedimento di rimozione dei manifesti di Pro Vita Onlus nel Comune di Roma ad opera del Sindaco Virgina Raggi.

[12] “Con i guanti bianchi”: cfr. Papa Francesco, Discorso al Forum delle Associazioni Familiari, 16.6.2018, www.vatican.va.

[13] Cfr. Papa Francesco, Udienza generale, 10 ottobre 2018: “Un approccio contraddittorio consente anche la soppressione della vita umana nel grembo materno in nome della salvaguardia di altri diritti. Ma come può essere terapeutico, civile, o semplicemente umano un atto che sopprime la vita innocente e inerme nel suo sbocciare? Io vi domando: è giusto «fare fuori» una vita umana per risolvere un problema? E’ giusto affittare un sicario per risolvere un problema? Non si può, non è giusto «fare fuori» un essere umano, benché piccolo, per risolvere un problema. E’ come affittare un sicario per risolvere un problema”. Negli stessi termini v. anche, di recente, Papa Francesco, Discorso ai partecipanti al Convegno internazionale promosso dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita sul tema “Yes to Life! – Prendersi cura del prezioso dono della vita nella fragilità”, 25.5.2019, www.vatican.va.

[14] Cfr. Papa Francesco, Lettera apostolica “Misericordia et misera”, 20.11.2016, www.vatican.va, n. 12.

[15] Considerata tra i “grandi dell’Italia”: v. www.corriere.it, 8.2.2016.

[16] Si tratta del Rabbino Fernando Szlajen: cfr. www.corrispondezaromana.it, 13.2.2018; e del Prof. Nigel Biggar: cfr. www.notizieprovita.it, 15.6.2017.

[17] V. a tal proposito l’articolo di T. Scandroglio, Abortista premiata in Vaticano. A che gioco giochiamo?, www.lanuovabq.it, 15.1.2018: “La Santa Sede ha conferito l’onorificenza pontificia dell’Ordine equestre di San Gregorio Magno – fondato da papa Gregorio XVI nel 1831 – all’ex ministro olandese per il commercio estero e la cooperazione allo sviluppo Lilianne Ploumen […] nota per le sue iniziative a favore di aborto e delle rivendicazioni del mondo LGBT”.

[18] Cfr., per l’Italia, la sentenza della Corte costituzionale n. 162/2014.

[19] Cfr. la sentenza della Corte costituzionale n. 151/2009.

[20] L’ultimo intervento significativo è l’istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede, Dignitas Personae, 8.9.2008, www.vatican.va.

[21] Penso al caso di Massimiliano Tresoldi e alla sua famiglia, cui il Comune di Pavia ha conferito la cittadinanza onoraria.

[22] Si v. l’intervista di mons. Vincenzo Paglia a tempi.it, 9.3.2018.

[23] Cfr. Papa Francesco, Motu proprio “Mitis Judex Dominus Iesus”, 15.8.2015, ww.vatican.va.

[24] Secondo la famosa nota a piè di pagina n. 351 del cap. VIII di Amoris Laetitia, di Papa Francesco, e la susseguente prassi ecclesiale.

[25] Sul punto, v. il dibattito sul d.d.l. n. 735 dell’1.8.2018, presentato dall’on. Simone Pillon.

[26] Come nei casi di trascrizione avvenute ad es. nei Comuni di Torino e Roma.

[27] Come emerge dalla recente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, ma anche dalla sentenza della Corte costituzionale italiana, n. 272/2017.

[28] Si pensi, per limitarci all’Italia, alle vicende dell’inserimento della tematica del gender nella didattica scolastica, talora avvenuta contro o senza il consenso della famiglia dell’alunno.

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