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venerdì 31 maggio 2019

Rodolfo Papa, Aurelio Porfiri. "Ascoltare i colori. Dialoghi fra musica e pittura"

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Luigi

Arte per l'arte o arte per Dio?

Aurelio Porfiri - Dobbiamo anche toccare il tema, certamente a noi molto caro, dell'arte per l'arte e dell'arte per Dio. Ora possiamo dire che non tutta l'arte è degna di un uso liturgico e anzi si deve distinguere fra arte religiosa che si richiama vagamente a espressioni di contatto con un divino a volte indefinito ed una arte liturgica che ha invece una sua connotazione ben definita e che aderisce ad un sistema di pensiero ben codificato. Oggi si pensa in alcuni settori che la vaga religiosità ben possa sostituirsi all'arte propriamente liturgica, ma questo è un errore con conseguenze capitali. Sarebbe come dire che il Calendario di Frate Indovino possa sostituirsi ad un parere medico in quanto in esso ci sono proverbi che vagamente si riferiscono alla salute e ai rimedi per possibili malattie. Non che alcuni di questi suggerimenti non siano validi, ma essi sono vagamente riferiti alla medicina, non sono dentro a quella tradizione e prassi medica che può garantire, almeno auspichiamo, l'opinione di un professionista del settore.

Rodolfo Papa – Il documento conciliare Sacrosanctum Concilium indica chiaramente come poter definire ciò che correttamente serve la Liturgia. Offre una sorta di struttura ascensionale, o se vogliamo a scatole cinesi. Infatti, si parla più genericamente delle “belle arti” che sono il frutto del lavoro dell’uomo nei secoli, poi si sale ad un livello più alto che viene indicato con il nome di “arte religiosa”, che è il frutto individuale della riflessione personale su temi religiosi. Su questo livello potremmo collocare, per esempio, una bella poesia, che mette in bella forma pensieri personali dell’autore su temi religiosi, come potrebbe essere una poesia di Ungaretti o di Pascoli o anche di Leopardi, poesie che anche se parlano di infinito o di senso della vita, evidentemente non possono essere scambiate per una preghiera liturgica. Infatti, la Sacrosanctum Conciliumcontinua nella descrizione ascensionale, passando dalla generica arte religiosa al suo culmine che è l’ “arte sacra”. Arte religiosa e arte sacra sono dunque due livelli diversi. S. Paolo VI, conoscendo bene l’indole degli artisti del Novecento, e volendo in qualche modo riconciliare la separazione avvenuta almeno un secolo prima, tra le varie correnti artistiche, che avevano scelto altre forme di religione o l’ateismo, e la Chiesa Cattolica, costituì nei Musei Vaticani una nuova collezione di opere d’arte dedicata all’Arte Religiosa Contemporanea. Molti hanno frainteso il senso di quell’apertura, scambiandola per una abdicazione delle regole e principi millenari dell’arte sacra. Ma l’arte sacra è un culmine, una vetta. Con arte sacra s’intende quella forma d’arte che è tutta per la liturgia, dove la dimensione oggettiva della nostra fede è chiaramente espressa, senza alcun cedimento, dove la forma dottrinale è la struttura stessa del dipingere, tutto viene convogliato alla Gloria di Dio e ogni segno è perfettamente coerente con le espressioni liturgiche. La finalità dell’arte sacra non è l’arte, ma dare gloria a Dio, rappresentare l’Eterno ed innalzare le menti degli uomini verso il Signore. In altre parole, l’arte sacra ha una vera e propria dimensione ancillare, che molti artisti a partire dalla fine del Settecento rifiutano come inammissibile, mentre questa dimensione ancillare costituisce proprio l’identità nobile dell’arte sacra. 

AP - Certamente, c'è questa struttura ascensionale. Nella musica parliamo di musica religiosa, sacra, liturgica, cultuale, di Chiesa. Non c'è accordo su tutta la terminologia, ma certamente la musica religiosa non è di per se sacra. Ci possono essere dei testi che esprimono un contenuto vagamente religioso, ma questo non li trasforma in liturgici. Il religioso è il grande continente, in cui c'è poi il paese che chiamiamo sacro e liturgico (qui si litiga fra chi definisce la musica "sacra" e che la vuole definita come "liturgica" - personalmente ho recuperato la definizione "musica sacra" del resto usata anche dal magistero, dopo un periodo in cui preferivo essere più specifico). Ma credo un esempio importante di questo è proprio nel constatare come si fa musica e arte per la liturgia nei paesi di missione, pensiamo al Cardinale Celso Costantini o al Cardinale José da Costa Nunes. In quello che ho letto di loro a volte non ho potuto fare a meno di notare qualche confusione ma va lodato lo sforzo di cercare un incontro fra la cultura cattolica e culture completamente non cristiane. Io penso lì si possa vedere con più chiarezza cosa il cattolicesimo e la sua grande tradizione potrebbe portare. Ma non oggi, in cui ci si arrende completamente alle culture che si dovrebbe evangelizzare.

RP - Qui si aprono molteplici questioni che riguardano la pittura quanto la musica, ovvero la relazione che intercorre tra espressione della Rivelazione e culture particolari. Di fatto, se noi chiamiamo cristianizzazione o evangelizzazione una azione missionaria, intendiamo un movimento che procede nel rintracciare gli elementi utili per poter rendere comprensibile la Rivelazione nella sua interezza. Utilizzare la struttura della cultura da evangelizzare è, fin dai tempi di san Paolo il metodo efficace. Purtroppo una certa cultura europea negli ultimi tre secoli circa, soprattutto in nome del cosiddetto “politicamente corretto” e di una equivoca idea di libertà, ha descritto la cristianizzazione come una devastazione delle culture. Questo è falso, ma nell’immaginario collettivo contemporaneo si è affermato come “vero” con una serie di conseguenze paradossali. Infatti, assistiamo a una terribile omologazione che sta rendendo il pianeta completamente piatto: stessi cibi, stessi vestiti e stessi oggetti di consumo ovunque nel globo. Le culture sono così veramente annientate ed omologate. Non è l’annuncio del Vangelo a minacciare le diversità, ma la globalizzazione economica, l’omologazione consumistica. Però, molti hanno iniziato ad immaginare una missione “politicamente corretta”, anzi una missione che cessi di essere se stessa. Il termine “inculturazione” viene talvolta opposto a “cristianizzazione”, ma ben inteso è il medesimo significato: evangelizzare le culture, annunciare il Vangelo alle culture. Talvolta invece viene inteso come un movimento opposto, come l’annuncio delle culture al Vangelo. Ma il Cristianesimo non è una cultura, è una Rivelazione che penetra la cultura di un popolo, la vivifica e la porta a maturazione. Così del resto è accaduto anche in Europa. Molti equivoci, volontari o involontari occorsi in Occidente ultimamente, portano nel pantano anche la pittura e la musica.