Monaci tra le rovine:
a colloquio con il priore del monastero di San Benedetto di Norcia |
Il 30 ottobre scorso, in circostanze tragiche, il monastero di S. Benedetto a Norcia è diventato il più conosciuto d’Italia, quando tutti i telegiornali ne hanno mostrato la chiesa ridotta in macerie, solo la facciata ancora in piedi. In tanti sono allora rimasti colpiti dall’immagine di alcuni monaci che, subito dopo il terremoto, correvano tra le rovine con la stola viola sulle spalle, per aiutare i concittadini in difficoltà e per confessare chi si trovasse in pericolo di vita (caso che poi non si è verificato). Sempre loro, in seguito, si sono messi a pregare nella piazza principale di Norcia, proprio davanti alla chiesa distrutta: in una società in cui solo il dubbio e l’assenza di significato sembrano essere di casa, questa ferma e serena testimonianza di uno sguardo spirituale sul mondo e sull’uomo non ha mancato di stupire.
Il primo nucleo di questa comunità benedettina giovane e internazionale, con una marcata componente statunitense, è arrivato a Norcia nel 2000 guidato da Padre Cassian Folsom, sotto il quale il rinato monastero di S. Benedetto – i monaci mancavano da Norcia da quasi duecento anni – ha messo radici e ha cominciato a dare buoni frutti nello spirituale e nel temporale: giovani vocazioni attratte da una vita rigorosamente ascetica e contemplativa al ritmo della liturgia cattolica nella sua forma tradizionale, ma anche attenti lavori di restauro, dischi di canto gregoriano, un sito internet, un laboratorio che produce l'apprezzata birra Nursia, visitatori, amici e pellegrini provenienti da ogni parte del mondo.
Questo fino allo scorso 30 ottobre. Ora tutto si è fermato, tranne la preghiera dei monaci benedettini, che tra molte difficoltà hanno dovuto spostarsi in una sede provvisoria tra i monti circostanti alla città.
Il sisma ha inferto una grave ferita anche alla biblioteca del monastero, patrimonio spirituale e culturale arricchito da molti libri donati da Benedetto XVI, che è stata in gran parte travolta dal crollo della chiesa adiacente. La Biblioteca dell'Università Cattolica ha voluto perciò raccogliere la testimonianza di Padre Benedetto Nivakoff, trentasettenne originario di New York recentemente succeduto a Padre Cassian nella guida della comunità.
D - Padre Benedetto, per chi ha conosciuto da vicino la vostra comunità, vedere in televisione e sui giornali la chiesa in macerie è stato un duro colpo. Come prosegue la vita monastica dopo il disastro? Quali sono stati i problemi più grandi e quali sono le prospettive per il futuro?
R - Grazie a Dio e all’appoggio di molti amici, la vita monastica a Norcia è proseguita anche dopo il disastro del terremoto, non però senza qualche difficoltà. La prima sfida era semplicemente quella di sopravvivere, cioè di trovare un posto sicuro per ogni monaco. Inizialmente questo significava vivere in tenda, dove il caldo della giornata era seguito subito dal freddo della notte, e dove a stento si trovavano comodità come acqua calda e pane fresco. Con l’arrivo del tardo autunno e l’aumentare del freddo, non volendo affrontare l’inverno in tenda (un inverno che, guardando indietro, è stato più freddo di quanto allora potevamo immaginare!), abbiamo costruito due piccole case di legno, una come dormitorio comune e l’altra come cappella e refettorio. Grazie a questi edifici abbiamo potuto mantenere il ritmo di preghiera e lavoro richiesto dalla regola e affrontare la neve invernale, che quest’anno è stata straordinariamente abbondante. Oltre alla questione più immediata e pratica di trovare una dimora sicura per i monaci, bisognava far fronte alla mancanza di tante cose: dovevamo recuperare almeno gli oggetti indispensabili alla vita quotidiana tra quelli che si potevano ancora salvare dagli edifici danneggiati – e molto pericolosi – a Norcia. C’era anche la necessità di mantenere i contatti con le tante persone che hanno un vincolo spirituale con il monastero e, infine, di pensare al futuro, cioè alla costruzione di una struttura monastica provvisoria dove poter trascorrere i prossimi anni di ricostruzione senza mancare troppo ai doveri dell’osservanza monastica, e riprendere anche l’accoglienza degli ospiti, che purtroppo in questo momento è assai limitata.
D - San Benedetto è patrono d’Europa: il crollo della sua basilica a Norcia può essere interpretato a livello simbolico come il collasso spirituale dell’Europa contemporanea? Sarà possibile non essere travolti dalla "dittatura del relativismo" – per usare la celebre espressione di Benedetto XVI – che pervade il vecchio continente?
R - Questa interpretazione è senza dubbio giusta. Papa Benedetto ha trovato parole precise per descrivere una schiavitù molto antica, conosciuta e combattuta pure da san Benedetto: la "dittatura del relativismo" è quella tirannia che nega la verità che ci fa liberi, cioè la verità di Dio, e nasconde alla conoscenza dell’uomo il fondamento innato e indelebile della sua dignità, il suo essere stato creato da Dio e nell'immagine di Dio. Quando questo fondamento viene messo in discussione, le concezioni ideologiche possono imporsi e la dignità dell’essere umano rischia di essere calpestata in modi molto diversi: dove Dio viene negato, si dissolve anche la dignità dell’uomo, mentre chi difende Dio, difende l’uomo. Oggi come ieri san Benedetto ci indica la via: nella sua Regola incontriamo una visione della vita umana in cui Dio ha il primato, ed è proprio questo, il primato di Dio nella vita umana, che permette e garantisce la fioritura di una vera e autentica umanità.
D - Un libro ormai classico, L’amour des lettres et le desir de Dieu di Jean Leclercq, evidenzia l’amore per gli studi e per la cultura dei monaci medievali. Anche Paolo VI, nel proclamare san Benedetto patrono d’Europa, sottolineò che lui e i suoi figli costruirono una nuova civiltà per i popoli europei «con la croce, con il libro e con l’aratro». Ritiene che si tratti di un fenomeno legato alle contingenze di secoli passati o piuttosto di un carattere congenito al carisma benedettino?
R - Questo fenomeno è sicuramente congenito al carisma benedettino, dal momento che quest’ultimo è ispirato al Vangelo di Gesù Cristo, al quale è indissolubilmente legato. Il "libro" di cui parla il beato Paolo VI, grazie al quale i monaci benedettini hanno portato avanti il progresso cristiano, è innanzitutto il Vangelo. La "lectio divina" è parte integrante della vita del monaco, e di conseguenza sono necessari i libri della Sacra Scrittura e tutte le opere della nostra Tradizione plurisecolare che ci aiutano a comprendere i testi sacri nel modo corretto, come gli scritti dei Padri della Chiesa. Inoltre, ogni tipo di erudizione che aiuta il monaco ad arrivare a una fede matura, che non antepone nulla all’amore di Cristo, ha un posto privilegiato nella vita benedettina. Perciò, lo studio della teologia, intesa come "fides quaerens intellectum" e sostenuta da una filosofia sana e realistica come quella di san Tommaso d’Aquino, ben si addice alla vita monastica. D’altra parte il cristianesimo, per sua natura, afferma l’importanza e la nobiltà dell’intelletto umano grazie proprio alla sua perenne, e mai esausta, capacità di andare incontro a Dio rivelato in Cristo, nel Verbo Incarnato che, quale Sapienza del Padre e Logos eterno, abbraccia e contiene tutta la realtà da Lui creata, sostenuta e redenta.
D – "Claustrum sine armario est quasi castrum sine armamentario": il vecchio adagio monastico è ben noto. Che ne è della vostra biblioteca? Siete riusciti a salvare una parte dei libri?
R - Grazie a Dio, sì, siamo riusciti a recuperare una parte della biblioteca, ma purtroppo solo all’incirca un terzo dei libri. Il resto è crollato, e ancora sta crollando, tra le macerie della basilica. Per noi è un grande dispiacere, anche perché, come dicevamo, un libro buono, che ci aiuta a crescere nella conoscenza di Dio e di noi stessi, è davvero un’arma potente per il monaco. Dato che nelle nostre condizioni, dopo il terremoto, non abbiamo lo spazio per un vero e adeguato "armarium librorum" e siccome l’operazione di recupero nella biblioteca distrutta ha dovuto essere rapida a causa dello stato precario degli edifici, abbiamo cercato di scegliere le armi più potenti: la Bibbia, in particolare le edizioni in latino e greco; gli scritti dei Padri della Chiesa; i commenti alla Regola di san Benedetto e le opere spirituali della tradizione monastica; da ultimo, un po’ di letteratura. Negli anni speriamo di ricostruire non solo la basilica ma anche la nostra bella biblioteca, tanto apprezzata da Benedetto XVI, che da cardinale l’aveva benedetta di persona.
D - Per concludere, vorrebbe ricordare qualche libro che ha segnato il suo percorso umano, intellettuale e spirituale in modo particolare? Quali letture consiglierebbe a chi oggi, soprattutto tra i giovani, fosse alla ricerca di un buon testo per la sua vita interiore, nel solco della tradizione monastica?
R - Un libro al quale sono molto legato è Il diario di un parroco di campagna di Georges Bernanos. Ritorno spesso alla lettura di questo libro perché, come altri libri dello stesso autore, è molto concreto e pieno di saggezza cristiana. Per quel che riguarda le letture spirituali, vorrei naturalmente consigliare la Regola di san Benedetto, come pure la sua Vita, scritta da san Gregorio Magno. Per il resto, trovo che nel nostro bagaglio non dovrebbe mancare la letteratura, la buona letteratura, sia classica sia recente. Considerato il fatto che Cristo parla quasi sempre in parabole, mi sembra che anche la buona letteratura possa offrirci degli spunti su temi che magari, ai nostri giorni, faremmo fatica a comprendere solo attraverso le Scritture o i libri di teologia: penso senz’altro ai grandi romanzi di Fëdor Dostoevskij, ma a me che sono americano vengono alla mente anche autori di lingua inglese più vicini a noi, come Evelyn Waugh, Graham Greene, J.R.R. Tolkien e Flannery O’Connor.
Ivo Musajo Somma
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Chi desiderasse sostenere la ricostruzione della vita monastica a Norcia può inviare il proprio contributo secondo le modalità indicate in https://it.nursia.org/donazioni/.
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per il rinnovamento liturgico della Chiesa, nel solco della Tradizione - a.D. 2008 . - “Multa renascentur quae iam cecidere”
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venerdì 3 marzo 2017
Parla Padre Benedetto Nivakoff, priore del Monastero di Norcia
Riprendiamo dal n. 2 di "Cattolica Library", la newsletter della Biblioteca d'Ateneo dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, questa bella intervista a Padre Benedetto Nivakoff, da pochi mesi nuovo Priore del Monastero di Norcia.