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lunedì 13 giugno 2016

S. Messa in antico rito domenicano a Trieste. Quali differenze con il rito romano?

Lo scorso 24 maggio a Trieste nella parrocchia della B.V. del Soccorso (vulgo S. Antonio vecchio) si è celebrata una S. Messa in antico rito domenicano. 
Per alcune notizie sull'ordine dei Predicatori, e sull'800° anniversario della bolla di papa Onorio III –  Gratiarum omnium largitori con la quale veniva confermata e ratificata l’approvazione dell’Ordine domenicano, e sulla ricorrenza triestina, si può vedere qui sul sito Rerum Liturgicarum da cui abbiamo tratto la notizia, le informaizoni e le foto seguenti, su segnalazione di un lettore. 

Qui vogliamo riprendere alcune notizie sulle peculiarità del rito domenicano, che lo differiscono dal rito romano. 

INTROITO
il padre domenicano celebrante, procede a capo coperto dal cappuccio dell’abito ricoperto dall’amitto secondo il costume dei religiosi, e i ministri indossano il camice che, secondo il rito domenicano, si usa per servire all’altare. 


PREGHIERE AI PIEDI DELL'ALTARE
Durante il canto dell’Officium (In medio Ecclesiae) – eseguito secondo i libri di canto gregoriano delle edizioni domenicane – il celebrante ha alternato le brevi preghiere ai piedi dell’altare con i ministranti che lo assistevano e i due ceroferari che reggevano i candelieri accesi ai lati. 

SALITA ALL'ALTARE
Salito all’altare NON ha incensato l’altare come nel rito romano ma ha letto immediatamente l’Officium, anche questa caratteristica omissione dell’incensazione in questo momento della celebrazione testimonia l’arcaicità della struttura della liturgia domenicana.

GLORIA e ORAZIONE
Dopo il Gloria (letto al messale) e l’Orazione di Colletta (da notare che nel rito domenicano il celebrante per salutare i fedeli con  il Dominus vobiscum si volge, più sobriamente, stando presso il messale e senza baciare prima la mensa come avviene nel romano)




LETTURA EPISTLA, RESPONSORIUM, PREPARAZIONE CALICE E VANGELO
Dopo la lettura dell'Epistola e delle preghiere interlezionali (Responsorium – che corrisponde al Graduale romano - Alleluja e Sequenza), il celebrante ha tolto il velo dal calice preparato all’altare e vi ha infuso il vino e l’acqua che prima ha benedetto dicendo semplicemente: In nomine Patris, et Filii et Spiritus Sancti. Dopo aver ricoperto nuovamente il calice e infuso l’incenso, una volta spostato il messale, il celebrante ha proclamato in canto  Vangelo. Caratteristico il gesto all'inizio e alla fine della pericope evangelica di farsi il segno di croce.

CREDO
 Dopo aver intonato il Credo, il celebrante lo ha letto dal messale, anche questa è particolarità del rito. Durante la lettura del Credo il celebrante – con i suoi assistenti – si porta in mezzo all’altare per recitare l’ Et incarnatus

OFFERTORIO E PREFAZIO
L’offertorio domenicano si distingue per la sobria brevità ed essenzialità: l’ostia posta sulla patena viene presentata sovrapposta al calice, l’incensazione delle oblate prevede di tracciare solamente la forma di croce con il turibolo, l’altare viene incensato allo stesso modo del rito romano. Il celebrante – una volta lavatosi le mani e recitato l’Orate fratres (con una formula diversa da quella romana che non prevede risposta), recita la segreta e canta il Prefazio cui il coro acclama con il Sanctus

SANCTUS E CANONE
Proprio all’inizio del Sanctus viene portato un piccolo candeliere con un cero acceso all’altare, presso il corporale, per indicare che su quell’altare si sta svolgendo la parte più importante della celebrazione durante la quale Cristo si fa realmente presente nelle specie eucaristiche. Alla consacrazione il celebrante – secondo le prescrizioni del suo rito – si china solo leggermente; 




Unde et memores: si nota uno dei gesti più caratteristici (che si ritrova anche in altri riti latini come l’ambrosiano e il certosino) ossia il celebrante per qualche istante allarga e stende le braccia imitando la postura di Cristo sulla croce.
 


 Supplices te rogamus. In questo momento il sacerdote domenicano si china incrociando le braccia al petto, diversamente dall’uso romano che vuole il celebrante chinato con le mani giunte. 
Poco dopo l’Agnus Dei il celebrante bacia il labbro del calice e quindi bacia l’instrumentum pacis
Il celebrante si comunica con l’ostia tenuta nella mano sinistra, ossia la mano del cuore. 
Il resto del rito della messa differisce per pochi dettagli da quello romano.

4 commenti:

  1. Sarebbe bello e giusto che gli organizzatori delle SS Messe celebrate saltuariamente in questa chiesa di Trieste (credo si tratti di Unavoce) pubblicizzassero per bene queste celebrazioni su vari siti con qualche giorno di anticipo. Altrimenti il popolo come sa che esse vengono celebrate? E come può parteciparvi? Grazie.

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  2. Una piccola correzione sull'uso del camice da parte degli accoliti: l'uso del camice non era obbligatorio nel rito domenicano, come dicono le rubriche del messale OP si poteva usare sia il camice che la cotta. il camice veniva utilizzato solo in quelle provincie domenicane o a volte nei singoli conventi dove vi era tale tradizione. per esempio in Francia dove vi sono due provincie domenicane vigevano due consuetudini diverse, in una si usava il camice mentre in un'altra la cotta con sopra il cappuccio.

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  3. Per il signor Francesco: la messa era stata pubblicizzata su alcuni siti nonchè sul settimanale diocesano e la stampa locale. Se desidera essere informato mi contatti e con immenso piacere le farò pervenire per tempo la segnalazione. Per quanto riguarda la segnalazione di "Anonimo" confermo, è così. Il cerimoniale dei predicatori (ed. Jandel) afferma che l'uso della cotta esisteva e lo vede come avvicinamento all'uso romano.

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  4. Nel rito domenicano, come nel rito carmelitano, il calice è preparato prima delle preghiere ai piedi dell'altare e non subito prima del Vangelo. O almeno è così nelle Messe basse.

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