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mercoledì 24 febbraio 2016

Il Triduo Sacro nel rito antico e in quello nuovo. Quale è il più coerente alla fede cattolica?

 Un amico di MiL ci ha inviato questo commento sul Sacro Triduo e pubblichiamo volentieri ringraziandolo. 
Roberto 


Il Triduo Sacro secondo il rito antico e quello nuovo
– quale è più coerente alla fede cattolica?

Un commento liturgico di don M. G.

 Senza dubbio il triduum sacrum rappresenta il culmine incontestato di tutto l’anno liturgico. Sono innanzitutto ragioni dommatiche che ci portano a questa conclusione: le particolarità liturgiche di questi giorni sono “solo” la loro conseguenza. L’importanza sta nell’opera redentrice del Figlio, che poi si esprime necessariamente anche nella Sacra Liturgia. La risurrezione dà testimonianza della vittoria di Cristo che ci ha acquistato sulla croce, però la redenzione dell’uomo non consiste in essa. È piuttosto una conseguenza che segue alla redenzione, ma non è la redenzione stessa.

Questa vittoria redentrice sulla Croce è stata anticipata già durante l’Ultima Cena, nel corso della quale il Signore ha instaurato il sacramento dell’Eucaristia, che non è altro che il sacrificio incruento sulla Santa Croce. Mediante il Sacramento dell’Eucaristia prosegue il Sacrificio di Cristo sulla Croce fino ai nostri tempi. Per questi motivi la Santa Chiesa celebra il Sacro Triduo proprio come una sola unità. Perciò, la Liturgia del Giovedì Santo non ha una vera e proprio chiusura, bensì continua direttamente il Venerdì Santo, il quale di nuovo non si conclude, ma prosegue nei primi riti della Veglia Pasquale. Liturgicamente parlando, il Sacro Triduo trova la sua apertura il Giovedì Santo e non si conclude prima della Messa della Veglia Pasquale. Questo percorso della Liturgia è più che coerente, visto che non si riferisce a tre eventi distinti, ma ad uno solo.

Detto questo, possiamo procedere a paragonare (indipendentemente dalle varie cerimonie) i due messali di Giovanni XXIII e quello di Paolo VI, e constateremo che vi esiste una netta differenza riguardo la duratura del Sacro Triduo: troveremo uno spostamento addirittura di quasi un giorno!

Numero 27 di Paschalis sollemnitatis del 16 Gennaio 1988 afferma, che il Triduo (secondo il calendario riformato nel messale di Paolo VI) incomincia con la Missa in Coena Domini, perdura per tutto il Venerdì Santo ed il Sabato Santo, e si conclude solo la Domenica di Pasqua con i Vespri: “Dalla messa vespertina «nella cena del Signore» inizia il triduo pasquale, che continua il venerdì santo «nella passione del Signore» e il sabato santo, ha il suo centro nella veglia pasquale e termina ai vespri della domenica di risurrezione.” Secondo questo concetto, il “Triduo” s’intende aritmeticamente come tre giorni, cioè 3 x 24 = 72 ore, cominciando da Giovedì sera fino a Domenica sera.

A differenza di questo, le Rubricae generales del Messale del 1962 indicano nei numeri 74-76 una tempistica diversa per il Sacro Triduo (No. 75): Hebdomada a dominica II nuovo titolo proprio in questo punto della liturgia: Tempus paschatis – de Missa solemni Vigliae Paschalis. E solo a partire da questo momento anche l’intestazione dice “Missa Vigiliae paschalis”, mentre finora stava scritto “Sabato Sancto”.

Ovviamente tutte le celebrazioni della Vigilia Pasquale costituiscono una sola celebrazione indivisibile. Questo si deduce anche dal severo dettato, che la Messa delle Veglia non va celebrata senza i riti precedenti che sono previsti dalla Sacra Liturgia della Chiesa: “Celebratio solius Missae Vigiliae paschalis sine caeremoniis praecedentibus interdicitur.

Per questo motivo le prime tre componenti delle Veglia Pasquale fanno ancora parte del Triduo Sacro, e quindi anche del Tempo di Passione nonché del Sabato Santo, e solo con la quarte parte iniziata, cioè la Santa Messa della Veglia Pasquale, termina questo tempo liturgico e comincia quello nuovo, che è il Tempo Pasquale.

Questa strutturazione del rito tradizionale è più che giustificata e ha il suo senso, perché con la celebrazione liturgica della redenzione dell’uomo si è conclusa un’unità dommatica, mentre con la risurrezione si apre un altro elemento che segue a quella, ma non va confusa con essa. Contenutisticamente dobbiamo parlare di una conseguenza, ma non dobbiamo mai confondere la redenzione con la risurrezione. Il rischio della nuova liturgia secondo il Messale di Paolo VI però è proprio quello. La redenzione è una cosa, la risurrezione un’altra: mentre la redenzione consiste nella morte redentrice sulla Croce del Figlio e venne anticipata sacramentalmente e incruentemente durante l’Ultima Cena, la risurrezione segue ad essa e rappresenta il primo momento dopo la redenzione, ma non fa più parte della redenzione. È la morte di Gesù Cristo che ci ha liberato, non la sua risurrezione. Perciò, è il periodo fra Giovedì Santo e la Veglia Pasquale che forma un’unità dommatica, espressa poi anche liturgicamente, ma non la risurrezione. Con questa affermazione non vogliamo ridurre l’importanza della risurrezione del Signore o la gioia pasquale, ma non possiamo nemmeno confondere queste due realtà dommatiche.

Per questo motivo la struttura liturgica, che troviamo nel Messale di Giovanni XXIII del 1962, è quella più coerente alla fede cattolica, e perciò alla dogmatica. La concezione del Triduo Pasquale, che troviamo nel Messale di Paolo VI invece non bada più a questa differenza dommatica e sembra d’ignorarla. Pare che mescoli la redenzione con le loro conseguenze. Dunque dobbiamo constatare, che l’ordinamento del rito antico è più coerente alla dogmatica, mentre il Messale di Paolo VI ci risulta più superficiale dal punto di visto dommatico.

Qualora vi fosse mai una “riforma della riforma”, sarebbe un desiderio vivace che questa riforma ripristinasse quella naturale unità dommatica, che il Messale del 1975 ha rotto.

13 commenti:

  1. Non mi pare che l'illustre lettore abbia le idee chiare ssull'argomento.
    Gli consiglio di leggere l'ottimo saggio storico/litugico di Don Stefano Carusi dell'IBP qui : http://blog.messainlatino.it/2010/04/la-riforma-della-settimana-santa-negli.html

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    1. Oltretutto, obbiettivamente, la veglia pasquale del '69 ( rito Paolo VI ) è più ricca di quella bugniniana del '54. Tutto un dire

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    2. "Per questo motivo la struttura liturgica, che troviamo nel Messale di Giovanni XXIII del 1962, è quella più coerente alla fede cattolica, e perciò alla dogmatica"
      Ma ha la febbre??? vaneggia?

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  2. La Redenzione non può essere data solo con la morte di Cristo. La morte di NS senza la Sua Risurrezione non avrebbe alcun senso (1Cor15). Forse sbaglierò io, ma a me questo "commento liturgico" puzza di cristologica eretica del I secoli d. C. È una sorta di pelagianesimo riadattato...
    No, se il Triduo Sacro in rito antico è più coerente alla fede cattolica rispetto a quello in rito nuovo, non è assolutamente per queste ragioni. Non si può staccare Croce e Risurrezione. Mi spiace, ma questo signore ha le idee più confuse del Vescovo di Roma

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    1. Non solo quello che ha scritto l'anonimo di poco fa ... ma di quale Triduo parla l'autore dell'articolo ???
      Gli consiglio di leggere l'ottimo saggio storico/litugico di Don Stefano Carusi dell'IBP qui : http://blog.messainlatino.it/2010/04/la-riforma-della-settimana-santa-negli.html

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    2. Che vada a studiare... "la struttura liturgica, che troviamo nel Messale di Giovanni XXIII del 1962, è quella più coerente alla fede cattolica, e perciò alla dogmatica." Il Triduo pasquale del messale 62 è lo STESSO IDENTICO del messale riformato di Paolo VI, che, anzi, lo anche arricchito ...

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  3. scusate l'ot,ma questa notizia è vera o è una bufala?

    http://www.ilgiornale.it/news/mondo/educano-i-figli-troppo-cristianamente-i-servizi-sociali-tolg-1228572.html

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  4. Purtroppo è vero.

    http://www.matchman-news.com/norvegia-liberta-religiosa-attacco/

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  5. L'autore ha perfettamente ragione, basta sapere un minimo di Latino e confrontare i due calendari. Il Missale di Paolo VI segue una teologia che cambia molte cose, a volte sembrano solo dettagli, ma tutto sommato ha perso parecchio di precisione.

    Io concordo con l'autore: anche a me sembra più che evidente, che la duratura del triduo come è previsto nel rito antico è più congruente alla dogmatica cattolica.

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  6. Ho consultato un mio ex professore di Liturgia (non è un grande amante del rito tridentino), e pure lui mi ha affermato che il nuovo calendario del rito è basato su un'altra teologia (il mio professore ne è anche contento...)
    quindi credo che abbia ragione Dott. Gurtner

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  7. Cari lettori che dietro il velo dell'anonimato vi improvvisate esimi liturgisti, un minimo di elasticità mentale vi permetterebbe di capire che il Mag. Gurtner non sta facendo l'apoteosi della sfortunata riforma piana (che nemmeno nomina), ma sottolineando come l'impianto tradizionale del triduo sui 3 giorni giovedì-sabato santo (NON VARIATO nel 1955) sia dogmaticamente più corrispondente alla scansione redenzione-frutti della redenzione (tra cui la resurrezione, ma penso si potrebbe aggiungere anche l'ascensione) rispetto alla pasticcio confuso del Messale paolino. I riti del '55 sono sicuramente scadenti rispetto a quelli precedenti, ma non fatevi accecare dal sacrosanto disprezzo del Bugnini tanto da non capire pensieri così chiari e ben spiegati come quelli espressi dal Mag. Gurtner.

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