di don Alfredo Morselli
Su Avvenire del 24 Dicembre 1998 è stato pubblicato un ottimo articolo di Roberto Berretta, che ha spiegato, in modo facile per i non addetti ai lavori, il risultato delle ricerche degli studiosi Shemaryahu Talmon e Antonio Ammassari: costoro avevano dimostrato come la data della nascita di Gesù Cristo il 25 dicembre non è una sorta di battezzo dell'antica festa romana del sol invictus - come ormai è luogo comune, ripetuto da esegeti cattolici (?) e Testimoni di Geova - ma è verosimile che questa data corrisponda alla realtà storica.
Tuttavia l'articolo ha un neo: l'autore afferma che nel Vangelo di Luca (Lc 2, 1-20) ci sarebbero alcune "controindicazioni (per esempio: l"l'attività dei pastori, presenti a Betlemme, in Palestina si svolgeva solo dalla primavera all'autunno)".
Se approfondiamo lo studio della questione, in realtà possiamo constatare che, nella zona di Betlemme, era verosimile la presenza di pastori anche a dicembre: infatti il clima senza neve proprio di quella regione, permetteva che i pastori vi scendessero in inverno, e potessero trovare siti e pascoli con erba, cresciuta dopo le piogge autunnali: al contrario, in zone più settentrionali e montagnose, il freddo impediva la crescita del fieno. I pastori che "vegliavano nella notte" (Lc 2,8) potrebbero essere proprio questi pastori transumanti che bivaccavano.
Questa ipotesi collima anche con una distinzione del Talmud di tre tipi di greggi: 1) i greggi che ritornano ogni giorno all'ovile (BAYETOT) 2) quelli che vi erano in tempo invernale (cf. Besa 40 a), e 3) i greggi permanentemente al pascolo nel deserto (MIDBARIYYOT LE`OLAM) (Sabb. 45 b)
Questi greggi "permanentemente al pascolo nel deserto" si trovavano proprio nella regione di Betlemme!
Anche Partenio, (cf Erotici Scriptores, 29, ed. Firm. Didot p. 20) attesta questi pascoli invernali anche in Sicilia (clima simile).
Fatta questa premessa, che avvalora ulteriormente la tesi del 25 dicembre come data storica della nascita di Gesù, possiamo ora leggere l'articolo del nostro bravo Roberto Beretta.
Uno studio basato sul calendario di Qumran depone per la storicità della data tradizionale
«E se Gesù fosse nato davvero il 25 dicembre?» di Roberto Beretta
Drin. "Ma lei lo sa che Gesù non è nato il 25 dicembre?".
L'approccio è classico per i Testimoni di Geova, quando suonano alla porta nelle loro peregrinazioni missionarie. E poi giù a dimostrare - accomodati nel salotto dell'interlocutore - come la data del Natale, in realtà, sia quella convenzionale della festa romana (e pagana) del sol invictus e che quindi la Chiesa cattolica spacci falsità ai suoi aderenti: fin dall'anagrafe del suo stesso Dio.Ma è davvero così? Il 25 dicembre è veramente una data solo simbolica, scippata al paganesimo e - secondo una prassi per la verità piuttosto abituale per i credenti dei primi secoli - reinterpretata in base alla teologia cristiana? Sostenere il contrario sembrerebbe opera da fondamentalisti, ormai, tanta è la sicurezza che studiosi (anche di provata fede cattolica) ostentano in materia. La cadenza decembrina, così prossima al solstizio d'inverno, sarebbe stata fissata nel IV secolo per sovrapporsi al culto indo-iranico di Mithra, importato a Roma dall'imperatore Aureliano (270 e dintorni) e così adatto per tanti suoi simboli (la stella, la nascita in una grotta, i pastori, i Magi-sacerdoti mazdei...) a significare l'evento di Betlemme. Già in un calendario liturgico risalente al 326, infatti, la data del 25 dicembre è segnata come quella della nascita di Gesù.Ma, in un saggio pubblicato pochi anni fa sulla rivista della Pontificia Università Urbaniana Euntes docete, lo studioso Antonio Ammassari ha rimescolato le carte a tanta certezza. Riprendendo un lavoro firmato nel 1958 dal professore israeliano Shemaryahu Talmon, che ricostruiva secondo il calendario solare biblico trovato a Qumran i turni di servizio dei sacerdoti al tempio di Gerusalemme, Ammassari giungeva a scoperte interessanti. Secondo l'evange lista Luca, infatti, Zaccaria (padre di Giovanni Battista) apparteneva alla classe sacerdotale di Abìa ed era in servizio a Gerusalemme quando l'arcangelo gli preannunciò la nascita del figlio. Ora, il gruppo di Abìa esercitava al Tempio di Salomone due volte l'anno: dall'8 al 14 del terzo mese (Sivan, corrispondente a maggio-giugno) e tra il 24 e il 30 dell'ottavo mese (Heshvan, ovvero ottobre-novembre).Prendendo per buona questa seconda ipotesi, l'annuncio a Zaccaria sarebbe avvenuto abbastanza vicino al 23 settembre, festa liturgica della "concezione di Giovanni" secondo il calendario bizantino; e la nascita del Battista verrebbe conseguentemente a cadere circa 8 mesi più tardi: cioè verso il 24 giugno, tradizionale memoria di san Giovanni.Non solo: giacché Luca colloca la visitazione angelica a Maria nel sesto mese di gravidanza della cugina Elisabetta, si può risalire alla data dell'annunciazione; che andrebbe collocata pertanto verso aprile (la festa liturgica dell'evento è il 25 marzo). Quindi la collocazione del Natale di Cristo intorno al 25 dicembre non sarebbe poi così simbolica e - per dirla con le parole stesse di Ammassari - "risalirebbe ad una tradizione giudaico-cristiana registrata implicitamente da Luca".A rafforzare la sua tesi, lo studioso indica che essa coincide con il calendario di lettura continua dei salmi rispettato dagli ebrei ortodossi dei tempi di Gesù; in sostanza: la natività del Battista cadrebbe nei giorni in cui si recitava anche il salmo 85, nel quale ricorre la medesima radice del nome Giovanni; l'annunciazione a Maria avverrebbe invece intorno al periodo dedicato alla lettura del salmo 18, in cui ritorna con insistenza lo stesso radicale "salvare" presente pure in "Gesù"; e infine il Magnificat sarebbe stato pronunciato in corrispondenza con i giorni riservati dal "breviario giudaico" al salmo 33 (quello che fa: "Celebrate il Signore con me perché è grande...).Insomma, le coincidenza fanno pensare. E, nonostante non manchino certe stiracchiature di calendario e alcune controindicazioni (per esempio: l'attività dei pastori, presenti a Betlemme, in Palestina si svolgeva solo dalla primavera all'autunno [cf. le nostra introduzione], l'anno scorso il professor Tommaso Federici dell'Urbaniana ha preso posizione a favore della tesi di Ammassari dalle pagine dell'Osservatore Romano, lamentando anzi che "tale studio capitale non sia stato rilevato dal grande circuito degli studiosi". È vero che già nel II secolo Clemente Alessandrino scriveva di non conoscere la vera data di nascita di Cristo, e che il Natale dei primi secoli fu celebrato prima il 25 aprile, poi il 24 giugno e infine il 6 gennaio; ma non sarebbe male approfondire scientificamente la questione. Se non altro per avere di che discutere con i Testimoni di Geova.