Molti di voi sanno che il Papa ha un profilo twitter in diverse lingue, tra cui anche in latino Papa Franciscus @pontifex_ln seguito da 337.000 "followers", tra cui anche noi di MiL_messainlatino.it (@messainlatino).
I twitt sono messaggi di al massimo 140 caratteri che vengono "lanciati" in rete con la possibilità di inserire delle "etichette" tematiche (chiamate hashtag il cui simbolo è il #, ad esempio #sumpont2015 -quello del pellegrinaggio internazionale a Roma il prossimo ottonre 2015- #messainlatino, #sinodo, ecc... ).
L'ultimo di questi (24 h fa) recita: "Sacramentum Poenitentiae est sacramentum Dei amoris eiusque modus nos amplectendi."
Ecco, e chi è a tradurre i twitter del Papa in latino? La risposta l'ha data Vatican Insider, ma riportiamo il testo uscito su Famiglia Cristiana che lo riporta.
Certo, parlando di latino in Vaticano non si deve dimenticare l' Academia Latinitatis e del segretario il Rev.do don Roberto Spataro s.d.B..
Roberto
Il prete americano che traduce il Papa in latino
di A. Bobbio, da Famiglia Cristiana del 30.03.2015
E' un sacerdote americano, Daniel Gallagher,
45 anni, l'uomo che confeziona i tweet del Pontefice nella lingua di
Cicerone. E ha 335mila followers. Perché il latino, dice, è tutt'altro
che lingua morta. Ecco perchè.
Sono sette e sono gli unici al mondo. E anche il loro ufficio è
altrettanto eccezionale, anzi esclusivo. In nessuna altra Cancelleria,
in nessun altra sede della Repubblica o dimora di sovrani c’è un “Ufficio di lettere latine”, dove gli impiegati parlano tra loro in latino.
Accade solo nella Segreteria di Stato in Vaticano. I sette magnifici
sono sacerdoti: tre polacchi, due italiani, uno spagnolo e un americano.
Li dirige padre Daniel Gallagher, 45 anni, americano del Michigan, che parla e soprattutto pensa in latino,
come i suoi colleghi. Fa un certo effetto sentirlo mentre ragiona del
disastro aereo della Germanwings: “Casus aeronavis factus est in franco
Gallia, dictum est discesum gradatim fuisse et ianua capsae erat clausa
cum clave”. Ma è così tutti i giorni su nella Terza Loggia del palazzo
Apostolico dove una manciata di sacerdoti tiene viva una lingua che
tutti dicono morta.
Padre Daniel e i suoi scrivono e traducono i documenti in latino e poi i tweet di papa Francesco, ma lui adesso ha anche tradotto “Diario di una schiappa”, il libro per ragazzi di Jeff Kinney, che ha venduto milioni di copie in tutto il mondo, la cui edizion in latino verrà presentata a Bologna la prossima settimana. Il titolo è “Commentarii de inepto puero”. Eppure non sono solo eccellenti traduttori e quando si definisce il latino una lingua morta Gallagher un poco s’adombra: “Sarebbe morta se noi non ci fossimo e se non ci fosse la Chiesa cattolica”. Non si può dire che non abbia ragione e quando lo spiega diventa irresistibile. Il suo maestro padre Reginals Foster, un carmelitano del Wisconsin che per 40 anni è stato il principe dei latinisti in Vaticano, quando gli lasciò il posto nel 2009 raccomandava sempre di far rivivere il latino ogni giorno: “Ci ha abituati a parlare e a pensare in latino traendo dall’ampio tesoro dei testi classici e cristiani parole, regole, strutture e quando non le trovavamo allora si poteva inventare”. Dice che una lingua deve acquisire “humanitas” e che non è vero che il latino è una “lingua sacra”, cioè “immutabile”: “E’ sacra perché la parlava la gente e non perché Dio l’ha fatta cadere dal cielo in una scatola. Piuttosto siamo noi ad averla sacralizzata nei secoli”.
Gallagher disinnesca polemiche e sbaraglia scontri tra progressisti e tradizionalisti: “Era solo una lingua franca e averla sacralizzata è stata un grande errore”. Eppure è la lingua ufficiale della Chiesa. Qui il latinista del Michigan s’illumina: “E sa perché? Perché la Chiesa non è di nessuno, non è di Barnaba, non è di Pietro, e il latino rappresenta l’essenza dell’universalità, il latino non è la madre lingua di alcuno”. La sua preoccupazione è tenerla viva, anche se oggi nella Chiesa la pratica del latino si assottiglia sempre di più. In tutto il mondo sono cinque mila le persone che lo parlano correntemente. Tutti preti? Gallagher scoppia a ridere: “Vuole scherzare? I preti non sono più di duecento, i vescovi e i cardinali pochissimi. Il più bravo? Papa Benedetto, conversatore amabile e perfetto”. E Papa Francesco? “E’ una leggenda che non gli piaccia, anzi lo conosce benissimo e corregge anche, ma lo parla poco”. Benedetto XVI in latino fece la rinuncia al ministero petrino e commise un errore sul quale ancora oggi c’è chi s’accapiglia, giustificando con quell’errore l’invalidità della sua decisione e quindi la successiva elezione di Bergoglio. Gallangher sorride e spiega: “Ha sbagliato una concordanza del dativo “declaro me ministerio…commissum rinuntiare”, mentre doveva dire commisso, errore da matita rossa e non blu, capita anche ai grandi”.
E il profilo twitter di papa Francesco in latino è più seguito di quello dell’arabo, del polacco e del tedesco con quasi 335 mila followers e sta insidiando il francese. Gallagher ammette che per molti può essere una scelta un po’ snob, ma poi diventa serio: “Abbiamo riscontri da tutto il mondo che molti docenti di latino delle scuole li utilizzano per ragioni didattiche. Costruire una frase di 140 caratteri è un bel esercizio. Anche per noi”. In realtà più che un esercizio è una sfida, perché prima bisogna scegliere quale sintassi e struttura linguistica utilizzare. Padre Gallagher adesso s’appassiona: “Il latino non è tutto uguale e noi possiamo utilizzare il latino di Cicerone o quello di Virgilio, oppure il latino di Plauto o Terenzio, più popolare e più adatto alle frasi brevi, oppure quello più legalistico. Per i tweet ci ispiriamo a Terenzio, qualche volta rubiamo da Marziale i cui epigrammi erano al suo tempo tweet efficacissimi”.
Se devono inventare perifrasi, e con papa Francesco il cimento è quotidiano, non si sottraggono: “Un mattino ci arriva la frase ‘non esiste un cristianesimo low cost’, cioè a basso prezzo. Impegnativa. Ce la siamo cavata con ‘nulla pretii parvi cristiana reperitur religio’, dove reperitur sta per immaginarsi e quindi la religione cristiana non si può immaginare per nulla a poco prezzo”. E prima o poi toccherà anche a “mafiarsi”, a “giocattolizzare la religione” e alla corruzione che “spuzza”. Tutto sta a decidere, osserva Gallangher, “se iPer esempio se dobbiamo tradurre in latino telefono possiamo inventare ‘telephonum’ oppure, per farci capire da Cicerone possiamo dire instrumentum cum aliis colloquiendis a longinque, cioè strumento per parlare con quelli che non stanno di fronte a te”. E’la passione che governa i magnifici sette dell’ “Ufficio lettere latine” e Gallagher ammette che “ci divertiamo molto anche a sperimentare”. Papa Francesco con la sua lingua ricca di neologismi aiuta, ma la partita con il latino non si chiude mai, anche se in Vaticano si tende ad attenuare l’impatto.
Padre Daniel e i suoi scrivono e traducono i documenti in latino e poi i tweet di papa Francesco, ma lui adesso ha anche tradotto “Diario di una schiappa”, il libro per ragazzi di Jeff Kinney, che ha venduto milioni di copie in tutto il mondo, la cui edizion in latino verrà presentata a Bologna la prossima settimana. Il titolo è “Commentarii de inepto puero”. Eppure non sono solo eccellenti traduttori e quando si definisce il latino una lingua morta Gallagher un poco s’adombra: “Sarebbe morta se noi non ci fossimo e se non ci fosse la Chiesa cattolica”. Non si può dire che non abbia ragione e quando lo spiega diventa irresistibile. Il suo maestro padre Reginals Foster, un carmelitano del Wisconsin che per 40 anni è stato il principe dei latinisti in Vaticano, quando gli lasciò il posto nel 2009 raccomandava sempre di far rivivere il latino ogni giorno: “Ci ha abituati a parlare e a pensare in latino traendo dall’ampio tesoro dei testi classici e cristiani parole, regole, strutture e quando non le trovavamo allora si poteva inventare”. Dice che una lingua deve acquisire “humanitas” e che non è vero che il latino è una “lingua sacra”, cioè “immutabile”: “E’ sacra perché la parlava la gente e non perché Dio l’ha fatta cadere dal cielo in una scatola. Piuttosto siamo noi ad averla sacralizzata nei secoli”.
Gallagher disinnesca polemiche e sbaraglia scontri tra progressisti e tradizionalisti: “Era solo una lingua franca e averla sacralizzata è stata un grande errore”. Eppure è la lingua ufficiale della Chiesa. Qui il latinista del Michigan s’illumina: “E sa perché? Perché la Chiesa non è di nessuno, non è di Barnaba, non è di Pietro, e il latino rappresenta l’essenza dell’universalità, il latino non è la madre lingua di alcuno”. La sua preoccupazione è tenerla viva, anche se oggi nella Chiesa la pratica del latino si assottiglia sempre di più. In tutto il mondo sono cinque mila le persone che lo parlano correntemente. Tutti preti? Gallagher scoppia a ridere: “Vuole scherzare? I preti non sono più di duecento, i vescovi e i cardinali pochissimi. Il più bravo? Papa Benedetto, conversatore amabile e perfetto”. E Papa Francesco? “E’ una leggenda che non gli piaccia, anzi lo conosce benissimo e corregge anche, ma lo parla poco”. Benedetto XVI in latino fece la rinuncia al ministero petrino e commise un errore sul quale ancora oggi c’è chi s’accapiglia, giustificando con quell’errore l’invalidità della sua decisione e quindi la successiva elezione di Bergoglio. Gallangher sorride e spiega: “Ha sbagliato una concordanza del dativo “declaro me ministerio…commissum rinuntiare”, mentre doveva dire commisso, errore da matita rossa e non blu, capita anche ai grandi”.
E il profilo twitter di papa Francesco in latino è più seguito di quello dell’arabo, del polacco e del tedesco con quasi 335 mila followers e sta insidiando il francese. Gallagher ammette che per molti può essere una scelta un po’ snob, ma poi diventa serio: “Abbiamo riscontri da tutto il mondo che molti docenti di latino delle scuole li utilizzano per ragioni didattiche. Costruire una frase di 140 caratteri è un bel esercizio. Anche per noi”. In realtà più che un esercizio è una sfida, perché prima bisogna scegliere quale sintassi e struttura linguistica utilizzare. Padre Gallagher adesso s’appassiona: “Il latino non è tutto uguale e noi possiamo utilizzare il latino di Cicerone o quello di Virgilio, oppure il latino di Plauto o Terenzio, più popolare e più adatto alle frasi brevi, oppure quello più legalistico. Per i tweet ci ispiriamo a Terenzio, qualche volta rubiamo da Marziale i cui epigrammi erano al suo tempo tweet efficacissimi”.
Se devono inventare perifrasi, e con papa Francesco il cimento è quotidiano, non si sottraggono: “Un mattino ci arriva la frase ‘non esiste un cristianesimo low cost’, cioè a basso prezzo. Impegnativa. Ce la siamo cavata con ‘nulla pretii parvi cristiana reperitur religio’, dove reperitur sta per immaginarsi e quindi la religione cristiana non si può immaginare per nulla a poco prezzo”. E prima o poi toccherà anche a “mafiarsi”, a “giocattolizzare la religione” e alla corruzione che “spuzza”. Tutto sta a decidere, osserva Gallangher, “se iPer esempio se dobbiamo tradurre in latino telefono possiamo inventare ‘telephonum’ oppure, per farci capire da Cicerone possiamo dire instrumentum cum aliis colloquiendis a longinque, cioè strumento per parlare con quelli che non stanno di fronte a te”. E’la passione che governa i magnifici sette dell’ “Ufficio lettere latine” e Gallagher ammette che “ci divertiamo molto anche a sperimentare”. Papa Francesco con la sua lingua ricca di neologismi aiuta, ma la partita con il latino non si chiude mai, anche se in Vaticano si tende ad attenuare l’impatto.
Padre Gallagher racconta che anni fa il primo bancomat aperto allo Ior aveva la schermata iniziale solo in latino, poi sono arrivate le traduzioni nelle altre lingue: “Quasi nessuno capiva, ma tutti ugualmente inserivano la tessera. Era scritto ‘Inserito’, che è imperativo legale e non ‘insere’ che sarebbe stato più normale e poi scidulam, quaeso (per favore), ut faciundam conosca rationem’, cioè inserisci la scheda affinché possa conoscere quello che vuoi fare e poi si poteva digitare prelievo o altre operazioni. Ci furono contestazioni, perché, orrore orrore, avevamo preso in prestito da Plauto il ‘faciundam’, linguaggio parlato popolare, rispetto al più latinically correct dunque ciceroniano ‘faciendam’”. Eccome si divertono.
L'allievo Gallagher è assai inferiore al maestro Foster, che il latino lo sapeva davvero. Tradurre "Diario di una schiappa" con "Commentari de inepto puero" è errato e forviante. Un diario è un testo scritto in prima persona da chi ne è anche il protagonista, mentre la preposizione "de" indica argomento esterno allo scrivente. Il concetto di "diario di una schiappa" in latino si rende con "inepti pueri commentarii". E anche dire "ianua erat clausa cum clave" non è latino, è italiano travestito. Si dice "ianua obserata erat". "Discessus" (con due s) poi non vuol dire "discesa" ma "partenza, separazione"; per dire "discesa" si dice "descensus". Infine "in franco Gallia" è un errore di battitura per "in Francogallia". Così come l'insensato "colloquiendis a longinque", che starà per "colloquendi a longe". Il bancomat latino fu fatto ancora da p. Foster, probabilmente la dicitura sarà stata "ut faciundam cognoscam rationem".
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EliminaAmmiro la sua conoscenza del latino
EliminaSe il latino scende a questo livello, meglio uno spontaneo dialetto di qualsiasi regione d'Italia.
Eliminainteressante editoriale in risposta alle "liturgie della parola" IL PROTESTANTESIMO A META' E' PROTESTANTESIMO su www.radicatinellafede.blogspot.it
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RispondiEliminaL'unico ad aver capito subito le parole della rinuncia di Benedetto XVI era Mons. Guido Pozzo..lo si evince dalle sue espressioni facciali riguardando il video.
RispondiEliminaBello questo thread!
RispondiEliminaVeramente bello!
Mi riccordero sempre quando durante un sinodo sulla vita sacerdotale nel 1991, il vescovo ungarese di Timişoara (Romania) volendo conversare coi suoi confratelli vescovi si avvicino del cardinale Lustiger di Parigi ed cominciò a parlargli nell'unica lingua possibile che conosceva. Il marano di Parii non fu capace di capirlo e di rispondergli. Il vescovo di Timişoara sorpreso guardo il suo giovane secretario e li disse." Ma non sa il latino. Come ha fatto per diventare cardinale?" - E non fu l'unica sorpresa per i vescovi dell'Europa dell'este appena liberati dal comunismo. L'aggiornamento iniziava solo ed erano solo all'inizio delle loro sorprese. Poverini ! Sopravissuti al comunismo sarano mangiati dal modernismo per ragioni finanziarie. Obbligati a mandicare soldi alla chiesa tedesca che imponeva loro il suo stile e la sua teologia alla Tubingen & Co
RispondiEliminaTradizionalista anonimo= alcolista anonimo!!! Disintossicati!!!!!!
EliminaBattuta divertente, ha ha...
EliminaRidi,ridi...demente !
EliminaChe solo a un acefalo
come te puo` far ridere...
Ah, ora si spiegano tante cose...
RispondiEliminaCompletamente d'accordo con Tergesticulus, tranne che non direi né "a longinque" né "a longe", ma "ex longinquo".
Finché questi innesteranno sulla grammatica di Folengo le forme di Plauto e Terenzio avranno un bel dire che il latino è vivo. "Faciundam" linguaggio parlato popolare... sì del III sec. a. C. Viva la gioventudine de lo latino ydioma!