Alleghiamo l’articolo di Pierluigi Zoccatelli, pubblicato sul periodico Il Timone (anno XII, n. 97, novembre 2010, pp. 22-24), sul monachesimo benedettino e l'abbazia di Le Barroux, che riproduciamo nella versione originale e integrale, più lunga di quella andata in stampa. Molte foto dell’abbazia potrete trovarle qui e qui.
«Ascolta, figlio, gli insegnamenti del tuo maestro, apri docile il tuo cuore, accogli volentieri i consigli del tuo padre». Con queste parole di sapore schiettamente biblico – che evocano immediatamente l’«Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore» (Dt 6,4) – si apriva quindici secoli fa la grande porta di santità della Regola dei Monasteri di san Benedetto (480 ca.-547 ca.); un libro di dimensioni tutto sommato ridotte – composto da un prologo e da 73 densi capitoli – che avrà tuttavia il destino e la gloria di contribuire grandemente a imprimere un carattere radicalmente cristiano al mondo occidentale, allora in una fase di grandi rivolgimenti e di cambiamenti epocali, per certi versi non del tutto dissimili da quelli che proprio oggi ci troviamo a vivere.
Della figura gigantesca di san Benedetto – non a caso proclamato, nel 1964, patrono d’Europa dal servo di Dio Paolo VI (1963-1978) – e della paternità spirituale della sua Regola – dalla quale occorre «ripartire», ebbe a dire il venerabile Giovanni Paolo II (1978-2005), «per la ricostruzione morale e religiosa che urgentemente ci sollecita» –, ci rimane certo il monumento letterario contenuto nel secondo libro dei Dialoghi di san Gregorio Magno (540 ca.-604), unica biografia contemporanea che sia stata realizzata del santo nato a Norcia e morto a Montecassino. Un ruolo, quello del patrono del monachesimo occidentale, ben messo in luce in un celebre panegirico del teologo Jacques Bénigne Bossuet (1627-1704), nel quale la sua Regola veniva descritta come «un condensato del cristianesimo, un dotto e misterioso sommario di tutta la dottrina del Vangelo, di tutte le istituzioni dei santi Padri, di tutti i consigli di perfezione».
«Sommario di tutta la dottrina del Vangelo», l’intera opera di san Benedetto realizza dunque pienamente il «per ducatum Evangelii» («sotto la guida del Vangelo»), ovvero l’appello che il santo lancia ai suoi discepoli a metà del prologo della sua Regola. Per fare questo, il santo patriarca si accinge – come scrive – a «istituire una scuola del servizio del Signore» («schola dominici servitii», RB prol. 45), per quel genere di monaci «cenobiti, ossia di coloro che vivono in un monastero e obbediscono a una Regola e a un abate» (RB 1,2).
Non è questa la sede per tracciare una storia del monachesimo – storia che avrebbe molto da insegnarci, e che ci offrirebbe l’opportunità di abbeverarci a fonti limpide di santità e spiritualità –, se non per annotare di sfuggita che la «scuola del servizio del Signore» istituita da san Benedetto si pone in diretta e consapevole continuità con un modello esemplare di vita cristiana – il monachesimo – che va dal padre del cenobitismo, san Pacomio (292-348), a san Giovanni Cassiano (360 ca.-435), che dopo un lungo soggiorno nei monasteri della Palestina e dell’Egitto, scrisse per i monaci d’Occidente delle opere pensate come progetto organico capace di trasmettere e di tradurre in un linguaggio accessibile l’esperienza e l’insegnamento dei Padri conosciuti in Oriente. Ma la linea è ancora precedente, se lo stesso Cassiano non esita a scrivere, nelle sue Conferenze ai monaci, che «la vita cenobitica ebbe il suo inizio al tempo della predicazione apostolica» (Conl. 18,5).
«Il monachesimo – scrive il più autorevole studioso vivente della letteratura monastica antica, dom Adalbert de Vogüé – è allo stesso tempo un movimento spirituale del passato e una via aperta nell’oggi all’anima che cerca Dio. Nato in un momento storico preciso, di cui porta l’impronta indelebile, risponde a un bisogno permanente e in qualche modo senza tempo».
Se quelle appena menzionate sono alcune delle coordinate storico-spirituali della figura di san Benedetto e del monachesimo di cui è patrono, trascorsi ormai quasi millecinquecento anni da quei felici esordi, quale attualità e quale richiamo dovrebbero trovare riverbero in noi, provenendo da quel mandato e lascito? Una felicissima risposta è contenuta in quello che, a vario titolo, possiamo considerare uno degli interventi magisteriali cardine del pontificato di Benedetto XVI, ovvero il discorso svolto in occasione dell’incontro con il mondo della cultura, a Parigi – al Collège des Bernardins –, del 12 settembre 2008, quando il Papa ha inteso parlare «delle origini della teologia occidentale e delle radici della cultura europea». Dopo essersi chiesto se la cultura monastica sia «un’esperienza che interessa ancora noi oggi, o vi incontriamo soltanto un mondo ormai passato», il Santo Padre ha ribadito la considerazione condivisa secondo la quale i monasteri sono stati i luoghi in cui venne «formata passo passo una nuova cultura». Benedetto XVI – profondamente legato alla figura di san Benedetto, com’è noto sin dal nome scelto una volta asceso al soglio pontificio – non si è però accontentato di prendere atto del fatto del «monachesimo creatore di civiltà», ma si è domandato più profondamente come ciò avvenne, qual era la motivazione delle persone, che intenzioni avevano, come hanno vissuto. La riflessione che Benedetto XVI ha svolto, a partire da tali quesiti, è del tutto cruciale, e solo apparentemente paradossale: «Innanzitutto e per prima cosa si deve dire, con molto realismo, che non era loro intenzione di creare una cultura e nemmeno di conservare una cultura del passato. La loro motivazione era molto più elementare. Il loro obiettivo era: quaerere Deum, cercare Dio. Nella confusione dei tempi in cui niente sembrava resistere, essi volevano fare la cosa essenziale: impegnarsi per trovare ciò che vale e permane sempre, trovare la Vita stessa. Erano alla ricerca di Dio».
Si potrebbe ritenere che il tempo attuale non consenta un’esperienza come quella sin qui tratteggiata, orientata in modo «escatologico», capace di costruire una realtà solida – e potenzialmente creatrice di civiltà – per mezzo di persone che dietro le cose provvisorie cercano il definitivo, animate da quel «désir de Dieu» («desiderio di Dio») reso celebre da un noto volume dell’erudito benedettino Jean Leclercq (1911-1993), che permette d’incontrare il Signore il quale ha «piantato delle segnalazioni di percorso, anzi, ha spianato una via, e il compito consiste nel trovarla e seguirla», come prosegue Benedetto XVI nel discorso al Collège des Bernardins.
Il viandante, il pellegrino, l’uomo e la donna, la famiglia, il gruppo giovanile, il religioso, il consacrato, l’inquieto – comunque l’essere umano nelle sue varie declinazioni, alla ricerca di Dio –, può invece incontrare ancora oggi tracce vive e feconde di questa avventura interiore, capace allo stesso tempo di collegare all’antico e nobile lignaggio delle tradizioni di quanti ci hanno preceduto, ma ultimamente e soprattutto al nostro vissuto dell’oggi, nell’orizzonte di Dio.
Se ne può fare l’esperienza molto concreta salendo la collina francese retrostante al villaggio provenzale di Le Barroux – non lontano da Avignone –, immersi in una natura rigogliosa di vigneti, albicocchi e oliveti. Qualche tornante fra gli alberi e una segnaletica via via rassicurante ci permettono infine di scorgere in leggera lontananza il profilo del campanile e della chiesa dell’abbazia benedettina Sainte-Madeleine, cui si arriva agilmente accompagnati dalle edicole votive e oratori che segnano il percorso, segno e anticipazione della devozione dei monaci che ancora non scorgiamo; anche i bambini in auto non mancheranno di riconoscere san Giuseppe con in braccio il piccolo Gesù mentre nasconde i ferri del mestiere dietro la schiena nella premura di non ferirlo, san Benedetto, o nel boschetto che delimita l’area dei posteggi – a modo suo enorme, segno loquace, per chi vi arriva la prima volta, del continuo afflusso di visitatori – la Madonna di Guadalupe, precisamente invocata dai monaci a guida e protezione delle famiglie, primo baluardo di ogni cristianità. Finalmente arrivati, un grande prato fiorito di lavanda ci anticipa il primo piano della grande abbazia, costruita in uno stile romanico che richiama l’austera solidità dei modelli architettonici cistercensi. Tutto ciò che ci circonda è allora un inseguirsi di sguardi, i quali suggeriscono e imprimono subito nell’anima una fortissima suggestione di spiritualità.
Ma non siamo giunti a un monumento storico da visitare in quanto turisti, tant’è vero che il luogo non prevede visite guidate di sorta. Siamo invece oggi, proprio noi, proprio qui, in una «schola dominici servitii», in un monastero abitato da una grande comunità di monaci benedettini, che ha deciso di sfidare il clima di secolarizzazione che attanaglia il mondo moderno, costruendo dal nulla – con la propria fatica e l’aiuto e il sostegno di numerosi fedeli e benefattori – un’abbazia, esattamente come fecero i nostri padri medievali, quale segno tangibile che un altro mondo è possibile.
Dell’abbazia Sainte-Madeleine di Le Barroux, le cui origini risalgono al 1970, quando l’esordio della fondazione aveva i suoi natali nel vicino villaggio di Bédoin, si può dire che sia il prolungamento della vita del suo fondatore e primo Padre Abate, il monaco benedettino dom Gérard Calvet (1927-2008), che così scriveva nel 1988, quasi anticipando alcuni degli argomenti espressi da Benedetto XVI nel discorso che abbiamo a più riprese menzionato: «I monaci hanno fatto l’Europa, ma non l’hanno fatta consapevolmente. La loro avventura è anzitutto, se non esclusivamente, un’avventura interiore, il cui unico movente è la sete. La sete d’assoluto. La sete di un altro mondo, di verità e di bellezza, che la liturgia alimenta, al punto da orientare lo sguardo verso le cose eterne; al punto da fare del monaco un uomo teso con tutto il suo essere verso la realtà che non passa. Prima di essere delle accademie di scienza e dei crocevia della civiltà, i monasteri sono delle dita silenziose puntate verso il cielo, il richiamo ostinato, non negoziabile, che esiste un altro mondo, di cui questo non è che l’immagine, che lo annuncia e lo prefigura».
L’irradiamento dell’abbazia Sainte-Madeleine non conosce sosta, si potrebbe dire da quarant’anni in qua. Lo testimonia il consistente numero di monaci – dal 2003 guidati dal successore di dom Gérard, l’attuale Padre Abate dom Louis-Marie Geyer d’Orth –, che nel 2002 hanno dato vita alla fondazione del priorato monastico Sainte-Marie de la Garde, nella diocesi di Agen; così, oltre alla cinquantina di cenobiti residenti a Le Barroux, una dozzina di loro fratelli hanno iniziato nel 2010 l’inizio dei lavori di costruzione di una nuova abbazia, replicando la sfida già intrapresa alcuni decenni prima in Provenza. E parimenti, proprio di fronte alla collina che ospita l’abbazia di Le Barroux, sulle orme di dom Gérard è venuta a installarsi la comunità monastica femminile Notre-Dame de l’Annonciation (nata nel 1979), che nel 1992 è stata eretta anch’essa in abbazia e oggi ospita una trentina di monache, guidate dalla Madre Abbadessa Placide Devillers.
Un irradiamento, quello di Le Barroux, che poggia sulle «tre colonne» concepite da dom Gérard come fondamento dell’avventura monastica da lui avviata nel lontano 1970, ovvero: una formazione intellettuale alla scuola della filosofia dell’essere d’impronta aristotelico-tomista; un’adesione senza riserve alla Regola di san Benedetto, intesa come elemento fondante stabile della nascente comunità, per la sua ricchezza, la sua universalità e la sua inesauribile capacità di adattamento; e la fedeltà alla preghiera liturgica nella forma straordinaria del Rito romano.
Quest’ultimo aspetto, in particolare – ossia il vincolo e la strenua difesa della Messa secondo il «rito antico», che da quarant’anni incanta le anime di quanti visitano questo monastero e alimenta la loro vita interiore –, ha permesso all’abbazia di Le Barroux di assumere un ruolo di rilievo nella riscoperta e diffusione della «liturgia gregoriana», come testimoniano i molti sacerdoti e membri di comunità di vita consacrata che si recano a Le Barroux per apprendere la corretta celebrazione di questa forma liturgica, con la quale il 24 settembre 1995 lo stesso cardinale Joseph Ratzinger celebrò nella chiesa abbaziale del monastero, presso il quale si era recato in visita.
In quest’ottica, il fedele che scruta la lunga teoria di monaci fare ingresso nella chiesa abbaziale di Le Barroux al seguito del Padre Abate – che giustamente richiama alla mente la «fortissima stirpe» descritta da san Benedetto nella Regola (1,13) –, sia che vi entrino per l’Ufficio divino cantato in gregoriano, sia che si accingano a celebrare i divini misteri, percepisce bene e in maniera indelebile la definizione data dal celebre abate di Solesmes, dom Prosper Guéranger (1805-1875), secondo il quale «la liturgia è la Tradizione stessa nel suo più alto grado di potenza e di solennità». E così facendo, intuisce la verità di quanto affermato da Benedetto XVI nel discorso già citato, ovvero che «ciò che ha fondato la cultura dell’Europa, la ricerca di Dio e la disponibilità ad ascoltarLo, rimane anche oggi il fondamento di ogni vera cultura».
Della figura gigantesca di san Benedetto – non a caso proclamato, nel 1964, patrono d’Europa dal servo di Dio Paolo VI (1963-1978) – e della paternità spirituale della sua Regola – dalla quale occorre «ripartire», ebbe a dire il venerabile Giovanni Paolo II (1978-2005), «per la ricostruzione morale e religiosa che urgentemente ci sollecita» –, ci rimane certo il monumento letterario contenuto nel secondo libro dei Dialoghi di san Gregorio Magno (540 ca.-604), unica biografia contemporanea che sia stata realizzata del santo nato a Norcia e morto a Montecassino. Un ruolo, quello del patrono del monachesimo occidentale, ben messo in luce in un celebre panegirico del teologo Jacques Bénigne Bossuet (1627-1704), nel quale la sua Regola veniva descritta come «un condensato del cristianesimo, un dotto e misterioso sommario di tutta la dottrina del Vangelo, di tutte le istituzioni dei santi Padri, di tutti i consigli di perfezione».
«Sommario di tutta la dottrina del Vangelo», l’intera opera di san Benedetto realizza dunque pienamente il «per ducatum Evangelii» («sotto la guida del Vangelo»), ovvero l’appello che il santo lancia ai suoi discepoli a metà del prologo della sua Regola. Per fare questo, il santo patriarca si accinge – come scrive – a «istituire una scuola del servizio del Signore» («schola dominici servitii», RB prol. 45), per quel genere di monaci «cenobiti, ossia di coloro che vivono in un monastero e obbediscono a una Regola e a un abate» (RB 1,2).
Non è questa la sede per tracciare una storia del monachesimo – storia che avrebbe molto da insegnarci, e che ci offrirebbe l’opportunità di abbeverarci a fonti limpide di santità e spiritualità –, se non per annotare di sfuggita che la «scuola del servizio del Signore» istituita da san Benedetto si pone in diretta e consapevole continuità con un modello esemplare di vita cristiana – il monachesimo – che va dal padre del cenobitismo, san Pacomio (292-348), a san Giovanni Cassiano (360 ca.-435), che dopo un lungo soggiorno nei monasteri della Palestina e dell’Egitto, scrisse per i monaci d’Occidente delle opere pensate come progetto organico capace di trasmettere e di tradurre in un linguaggio accessibile l’esperienza e l’insegnamento dei Padri conosciuti in Oriente. Ma la linea è ancora precedente, se lo stesso Cassiano non esita a scrivere, nelle sue Conferenze ai monaci, che «la vita cenobitica ebbe il suo inizio al tempo della predicazione apostolica» (Conl. 18,5).
«Il monachesimo – scrive il più autorevole studioso vivente della letteratura monastica antica, dom Adalbert de Vogüé – è allo stesso tempo un movimento spirituale del passato e una via aperta nell’oggi all’anima che cerca Dio. Nato in un momento storico preciso, di cui porta l’impronta indelebile, risponde a un bisogno permanente e in qualche modo senza tempo».
Se quelle appena menzionate sono alcune delle coordinate storico-spirituali della figura di san Benedetto e del monachesimo di cui è patrono, trascorsi ormai quasi millecinquecento anni da quei felici esordi, quale attualità e quale richiamo dovrebbero trovare riverbero in noi, provenendo da quel mandato e lascito? Una felicissima risposta è contenuta in quello che, a vario titolo, possiamo considerare uno degli interventi magisteriali cardine del pontificato di Benedetto XVI, ovvero il discorso svolto in occasione dell’incontro con il mondo della cultura, a Parigi – al Collège des Bernardins –, del 12 settembre 2008, quando il Papa ha inteso parlare «delle origini della teologia occidentale e delle radici della cultura europea». Dopo essersi chiesto se la cultura monastica sia «un’esperienza che interessa ancora noi oggi, o vi incontriamo soltanto un mondo ormai passato», il Santo Padre ha ribadito la considerazione condivisa secondo la quale i monasteri sono stati i luoghi in cui venne «formata passo passo una nuova cultura». Benedetto XVI – profondamente legato alla figura di san Benedetto, com’è noto sin dal nome scelto una volta asceso al soglio pontificio – non si è però accontentato di prendere atto del fatto del «monachesimo creatore di civiltà», ma si è domandato più profondamente come ciò avvenne, qual era la motivazione delle persone, che intenzioni avevano, come hanno vissuto. La riflessione che Benedetto XVI ha svolto, a partire da tali quesiti, è del tutto cruciale, e solo apparentemente paradossale: «Innanzitutto e per prima cosa si deve dire, con molto realismo, che non era loro intenzione di creare una cultura e nemmeno di conservare una cultura del passato. La loro motivazione era molto più elementare. Il loro obiettivo era: quaerere Deum, cercare Dio. Nella confusione dei tempi in cui niente sembrava resistere, essi volevano fare la cosa essenziale: impegnarsi per trovare ciò che vale e permane sempre, trovare la Vita stessa. Erano alla ricerca di Dio».
Si potrebbe ritenere che il tempo attuale non consenta un’esperienza come quella sin qui tratteggiata, orientata in modo «escatologico», capace di costruire una realtà solida – e potenzialmente creatrice di civiltà – per mezzo di persone che dietro le cose provvisorie cercano il definitivo, animate da quel «désir de Dieu» («desiderio di Dio») reso celebre da un noto volume dell’erudito benedettino Jean Leclercq (1911-1993), che permette d’incontrare il Signore il quale ha «piantato delle segnalazioni di percorso, anzi, ha spianato una via, e il compito consiste nel trovarla e seguirla», come prosegue Benedetto XVI nel discorso al Collège des Bernardins.
Il viandante, il pellegrino, l’uomo e la donna, la famiglia, il gruppo giovanile, il religioso, il consacrato, l’inquieto – comunque l’essere umano nelle sue varie declinazioni, alla ricerca di Dio –, può invece incontrare ancora oggi tracce vive e feconde di questa avventura interiore, capace allo stesso tempo di collegare all’antico e nobile lignaggio delle tradizioni di quanti ci hanno preceduto, ma ultimamente e soprattutto al nostro vissuto dell’oggi, nell’orizzonte di Dio.
Se ne può fare l’esperienza molto concreta salendo la collina francese retrostante al villaggio provenzale di Le Barroux – non lontano da Avignone –, immersi in una natura rigogliosa di vigneti, albicocchi e oliveti. Qualche tornante fra gli alberi e una segnaletica via via rassicurante ci permettono infine di scorgere in leggera lontananza il profilo del campanile e della chiesa dell’abbazia benedettina Sainte-Madeleine, cui si arriva agilmente accompagnati dalle edicole votive e oratori che segnano il percorso, segno e anticipazione della devozione dei monaci che ancora non scorgiamo; anche i bambini in auto non mancheranno di riconoscere san Giuseppe con in braccio il piccolo Gesù mentre nasconde i ferri del mestiere dietro la schiena nella premura di non ferirlo, san Benedetto, o nel boschetto che delimita l’area dei posteggi – a modo suo enorme, segno loquace, per chi vi arriva la prima volta, del continuo afflusso di visitatori – la Madonna di Guadalupe, precisamente invocata dai monaci a guida e protezione delle famiglie, primo baluardo di ogni cristianità. Finalmente arrivati, un grande prato fiorito di lavanda ci anticipa il primo piano della grande abbazia, costruita in uno stile romanico che richiama l’austera solidità dei modelli architettonici cistercensi. Tutto ciò che ci circonda è allora un inseguirsi di sguardi, i quali suggeriscono e imprimono subito nell’anima una fortissima suggestione di spiritualità.
Ma non siamo giunti a un monumento storico da visitare in quanto turisti, tant’è vero che il luogo non prevede visite guidate di sorta. Siamo invece oggi, proprio noi, proprio qui, in una «schola dominici servitii», in un monastero abitato da una grande comunità di monaci benedettini, che ha deciso di sfidare il clima di secolarizzazione che attanaglia il mondo moderno, costruendo dal nulla – con la propria fatica e l’aiuto e il sostegno di numerosi fedeli e benefattori – un’abbazia, esattamente come fecero i nostri padri medievali, quale segno tangibile che un altro mondo è possibile.
Dell’abbazia Sainte-Madeleine di Le Barroux, le cui origini risalgono al 1970, quando l’esordio della fondazione aveva i suoi natali nel vicino villaggio di Bédoin, si può dire che sia il prolungamento della vita del suo fondatore e primo Padre Abate, il monaco benedettino dom Gérard Calvet (1927-2008), che così scriveva nel 1988, quasi anticipando alcuni degli argomenti espressi da Benedetto XVI nel discorso che abbiamo a più riprese menzionato: «I monaci hanno fatto l’Europa, ma non l’hanno fatta consapevolmente. La loro avventura è anzitutto, se non esclusivamente, un’avventura interiore, il cui unico movente è la sete. La sete d’assoluto. La sete di un altro mondo, di verità e di bellezza, che la liturgia alimenta, al punto da orientare lo sguardo verso le cose eterne; al punto da fare del monaco un uomo teso con tutto il suo essere verso la realtà che non passa. Prima di essere delle accademie di scienza e dei crocevia della civiltà, i monasteri sono delle dita silenziose puntate verso il cielo, il richiamo ostinato, non negoziabile, che esiste un altro mondo, di cui questo non è che l’immagine, che lo annuncia e lo prefigura».
L’irradiamento dell’abbazia Sainte-Madeleine non conosce sosta, si potrebbe dire da quarant’anni in qua. Lo testimonia il consistente numero di monaci – dal 2003 guidati dal successore di dom Gérard, l’attuale Padre Abate dom Louis-Marie Geyer d’Orth –, che nel 2002 hanno dato vita alla fondazione del priorato monastico Sainte-Marie de la Garde, nella diocesi di Agen; così, oltre alla cinquantina di cenobiti residenti a Le Barroux, una dozzina di loro fratelli hanno iniziato nel 2010 l’inizio dei lavori di costruzione di una nuova abbazia, replicando la sfida già intrapresa alcuni decenni prima in Provenza. E parimenti, proprio di fronte alla collina che ospita l’abbazia di Le Barroux, sulle orme di dom Gérard è venuta a installarsi la comunità monastica femminile Notre-Dame de l’Annonciation (nata nel 1979), che nel 1992 è stata eretta anch’essa in abbazia e oggi ospita una trentina di monache, guidate dalla Madre Abbadessa Placide Devillers.
Un irradiamento, quello di Le Barroux, che poggia sulle «tre colonne» concepite da dom Gérard come fondamento dell’avventura monastica da lui avviata nel lontano 1970, ovvero: una formazione intellettuale alla scuola della filosofia dell’essere d’impronta aristotelico-tomista; un’adesione senza riserve alla Regola di san Benedetto, intesa come elemento fondante stabile della nascente comunità, per la sua ricchezza, la sua universalità e la sua inesauribile capacità di adattamento; e la fedeltà alla preghiera liturgica nella forma straordinaria del Rito romano.
Quest’ultimo aspetto, in particolare – ossia il vincolo e la strenua difesa della Messa secondo il «rito antico», che da quarant’anni incanta le anime di quanti visitano questo monastero e alimenta la loro vita interiore –, ha permesso all’abbazia di Le Barroux di assumere un ruolo di rilievo nella riscoperta e diffusione della «liturgia gregoriana», come testimoniano i molti sacerdoti e membri di comunità di vita consacrata che si recano a Le Barroux per apprendere la corretta celebrazione di questa forma liturgica, con la quale il 24 settembre 1995 lo stesso cardinale Joseph Ratzinger celebrò nella chiesa abbaziale del monastero, presso il quale si era recato in visita.
In quest’ottica, il fedele che scruta la lunga teoria di monaci fare ingresso nella chiesa abbaziale di Le Barroux al seguito del Padre Abate – che giustamente richiama alla mente la «fortissima stirpe» descritta da san Benedetto nella Regola (1,13) –, sia che vi entrino per l’Ufficio divino cantato in gregoriano, sia che si accingano a celebrare i divini misteri, percepisce bene e in maniera indelebile la definizione data dal celebre abate di Solesmes, dom Prosper Guéranger (1805-1875), secondo il quale «la liturgia è la Tradizione stessa nel suo più alto grado di potenza e di solennità». E così facendo, intuisce la verità di quanto affermato da Benedetto XVI nel discorso già citato, ovvero che «ciò che ha fondato la cultura dell’Europa, la ricerca di Dio e la disponibilità ad ascoltarLo, rimane anche oggi il fondamento di ogni vera cultura».
Invece per tornare a casa nostra, qualcuno di voi e' mai stato a Camaldoli? Benedettini entrambi...
RispondiEliminaHo visitato Le Barroux e conosciuto l'abate fondatore, Dom Gerard Calvet. Il mio rammarico è di vedere che nella nostra Italia non ci sono monasteri benedettini che seguono l'antico rito monastico. Eccezion fatta per i Benedettini dell'Immacolata, provenienti da Le Barroux ma del tutto indipendenti da quell'Abbazia, non si capisce perchè in Francia o in altre zone del nord Europa si moltiplicano le fondazioni monastiche tradizionaliste ma queste non pensano minimamente di aprire una casa in Italia.
RispondiEliminaSe qualcuno di quei monaci segue questo blog, sappia che nel sud Italia una fondazione tradizionalista sarebbe accolta come una grande benedizione di Dio.
Comunque oltre Le Barroux c'è anche l'Abbazia di San Giuseppe di Flavigny che segue il rito antico...ma sempre in Francia purtroppo.
Forse ho letto in fretta: c'è da qualche parte nell'articolo qualche accenno all'importanza che ha avuto mons. Lefebvre nella costituzione di questo Monastero? Generosissime elargizioni per la costruzione dell'abbazia, le ordinazioni sino all'88?
RispondiEliminaDopo l'allontanamento dal movimento lefebvriano il rito della messa del Barroux non è più quello del '62, ma un fritto misto per la contaminazione coi messali seguenti, al quale mons. Perl consigliò la Misericordia di Torino di adeguarsi.
Il Barroux, inoltre, ha subito una scissione. Alcuni anni fa un membro dei questa congregazione che incontrai presso il monastero olivetano di S. Miniato a Firenze mi parlò di grosse divisioni interne ancor sussistenti.
Speriamo che questi monaci almeno sappiano mantenere in futuro un'unità, ché le divisioni fan male a tutti.
Un luminoso esempio di come la tradizione autentica possa rimanere sé stessa, obbedire al Papa e accogliere il Vaticano II in continuità con il Magistero di sempre.
RispondiEliminaInoltre attorno a Le Barroux c'è un intero mondo laicale (giovani del capitolo Sainte-Madeleine, gruppi scout, famiglie, centinaia di oblati) capace di seguire la Tradizione in perfetta armonia con Roma. L'asfittico gruppetto di tignosi anti-conciliaristi che frequenta questo blog avrebbe tutto da guadagnare da un bel pellegrinaggio in Provenza.
Anche se non è il sud d'Italia ma il centro Italia, ricordo che a Norcia è presente un monastero benedettino di sensibilità tradizionale, il Monastero San Benedetto: www.osbnorcia.org/?lang=it
RispondiEliminaMons. Lefebvre ha contribuito a Le Barroux almeno tanto quanto Le Barroux ha contribuito all'impresa di Mons. Lefebvre... tanto che anche dopo l'88 il monastero ha continuato a vivere e a prosperare, ha una fondazione, c'è un ramo femminile, le vocazioni sono numerosissime...
RispondiEliminaLa differenza è che Dom Gérard ha capito subito che la tradizione e la fedeltà al Papa sono la stessa cosa... altri sono di dura cervice.
Per quanto riguarda il rito... lei non sa cosa dice. Si tratta di un rito monastico, che ha alcune caratteristiche (minime) variazioni proprie dell'Abbazia, certamente non un "fritto misto". Vada a Le Barroux... vedrà un anticipo di Paradiso!
<span>L'asfittico gruppetto di tignosi anti-conciliaristi</span>
RispondiEliminaTi riferisci a chi non riconosce alcuna validità ai 20 concili precedenti 21°?
Non mi risulta che a Le Barroux mischino i riti. O no?
RispondiEliminaSi è sicuri? Altrimenti diventa calunnia.
<span><span>L'asfittico gruppetto di tignosi anti-conciliaristi</span>
RispondiEliminaTi riferisci a chi non riconosce e quindi non tiene in nessun conto i 20 concili precedenti il 21° ?</span>
E' calunnia, non mischiano proprio nulla. Anzi, pubblicano messali tradizionali e breviari, centinaia di sacerdoti passano ogni anno di lì per imparare a celebrare con il Vetus...
RispondiEliminaL'Abbazia ha qualche minima particolarità liturgica, dovuta proprio al fatto che si tratta di liturgia monastica. In Abbazia non si dicono MAI Messe Novus Ordo, né i monaci le dicono quando sono in viaggio, mentre in segno di unità con il proprio Vescovo, viene mandato UN monaco in rappresentanza del monastero alle concelebrazioni pasquali della diocesi e francamente mi sembra molto corretto.
NO: mi riferisco a chi vorrebbe cancellare un pezzo del Magistero della Chiesa (qualunque pezzo, i primi venti Concili, come il 21).
RispondiEliminaTe l'ho chiesto per capire se non intendessi per tali i contrari al fatto che un concilio ecumenico abbia un'autorità superiore a quella dl Papa.
RispondiEliminaPastorelli, mi spiace dirle che ha ragione Bessarione: riguardo il rito praticato a Le Barroux sembra proprio che lei non sappia cosa dice, e si sarebbe tentati di pensare che il suo ragionamento sia infarcito di fiele e zelo amaro. Pare che ad alcuni faccia specie che esperienze di vita religiosa improntate al rispetto e alla promozione della Tradizione nella piena sottomissione alla cattedra di Pietro e al Magistero, trovino spazio nella Chiesa. Forse ci si dovrà rassegnare a prendere atto che invece così accade.
RispondiEliminaPiù in piccolo direi che a Minucciano ( MS) vicino ad Aulla c'è l'Eremo della Beata Vergine del Soccorso movimentato da tre eremiti che hanno creato intorno a loro un bellissimo gruppo di eprsone laiche e non.
RispondiEliminatutto nel solco della tradizione e nell'amore per la Chiesa e nell'obbedienza al Papa.
MD
Confermo la bellissima realtà dei Benedettini di Norcia, guidati da un Priore che è in grande sintonia con l'attuale Sommo Pontefice. Direi che questa realtà merita di essere conosciuta ed incoraggiata, anche se qualcuno ha da dire perché la domenica celebrano anche una Messa Novus Ordo...
RispondiEliminaForse davvero il grande limite dei "tradizionalisti" è quello di non riuscire ad ammettere che, sebbene la Fraternità Sacerdotale San Pio X sia una forza provvidenziale a servizio della Chiesa, non è l'unica. Il risentimento può nascere dal fatto che si debba in qualche modo dimostrare che Mons. Lefebvre, con le ordinazioni dell'88, abbia fatto l'unica scelta possibile per conservare la fede. Io credo fortemente alla buona fede di Monsignore, e sarà il buon Dio a giudicarne la prudenza ed il coraggio, ma mi sembra che per alcuni quella continui a costituire l'unica posizione ritenuta in grado di fare del bene nella Chiesa. Tutte le altre vengono viste come compromessi, cedimenti, tradimenti. E questo - ahimé - rischia di mettere dei freni all'opera che la Divina Provvidenza sta attuando...
Vede, caro Loquor, parrebbe che tanto più si diffondono le realtà tradizionali in perfetta comunione con Roma, tanto più si dimostri che la scelta di Mons. Lefebvre non solo non fu l'unica possibile, ma probabilmente neppure la migliore. Le ordinazioni episcopali illecite dell'88 si basarono sul fatto che l'accordo appena siglato e poi ritrattato da Mons. Lefebvre fosse una trappola... invece altri sono rientrati in comunione e non sono stati intrappolati. Chi ha il coraggio di dire che Monsignore fu probabilmente mal consigliato?
RispondiEliminaNon solo: la situazione oggi è molto cambiata, trovare OGGI delle motivazioni per continuare a non obbedire al Papa diventa sempre più difficile, allora bisogna atteggiarsi a unici puri e duri, gli altri sono tutti contaminati... e in questo modo la mano tesa non basta mai (Motu Proprio, documento sul "subsistit in", rimozione delle scomuniche): si punta talmente in alto che si è sicuri di poter mancare il segno (si chiede la sconfessione del CVII), in questo modo si potrà poi dare al ALTRI la colpa della propria situazione irregolare. E vorrei chiarire subito: se il Papa ci chiede generosità e avvia i colloqui, io sono disponibile a concedere un credito di benevolenza, ma non per poter sentire (come capita spesso in certi ambianti e segnatamente nei commenti a questo blog) che le altre realtà sono tutte spurie, che Giovanni Paolo II ha sbagliato tutto, che Benedetto XVI è vittima di ambienti che gli impedirebbero di dire ciò che pensa veramente... stendo un velo pietoso sui commenti che si devono leggere sul servo di Dio Paolo VI.
Pronto per la lapidazione?
RispondiEliminaMD
bravo Bessarione! bisogna approndire il ruolo dei consiglieri di mons. Lefebvre nella questione del'88 . consiglieri preti e laici (ricchi o nobili ?)
RispondiEliminamagari Le Barroux aprisse un monastero qui in Italia!
RispondiElimina<span>stendo un velo pietoso sui commenti che si devono leggere sul servo di Dio Paolo VI</span>
RispondiEliminaStendi pure. Ma recita anche tante preghiere per la sua anima chiedendo a Dio che lo perdoni per l'incommensurabile dolore che ha procurato in centinaia di milioni di persone, fino alla loro morte, privandole della S.Messa di sempre oltre che per la protestantizzazione che il rito da lui imposto ha causato nella Chiesa fondata da Gesù Cristo.
E lascia pur grattar dov'è la rogna!
RispondiEliminaMinima? Ho scritto quel che risulta dalla lettera di mons. Perl!
RispondiEliminaE mi dicon che son molto bravi e buoni.
RispondiEliminaE per fortuna che non erano miliardi di persone!
RispondiEliminaMD
Vero! Lei che non è molto lontano potrebbe andarci!
RispondiEliminaDalla rocca sarranno si e no una 40 di kilometri!
MD
Ergo, beh!
RispondiEliminaDM
Bessarione, abbi almeno l'onestà di riconoscere di aver formulato un giudizio temerario nei confronti del prof. Pastorelli, tu gli dicevi che non sapeva quel che diceva sul rito di Le Barroux, egli invece ti ha dimostrato che sa bene quel che accade laggiù. E non son cose belle.
RispondiElimina<span><span>"Nessun fiele e nessun amaro zelo: il Barroux, come la S. Pietro, e come altri istituti sorti dopo l'88 ha fatto la sua scelta sulla quale io niente ho a che ridire..."</span></span>
RispondiElimina<span><span>E' molto generoso da parte sua... </span></span>
<span><span>
"Però quanto alla sbandierata mai inficiata fedeltà non vi dice niente che gli ordini sacri erano amministrati da un Lefebvre sospeso a divinis sino all'88 e che i seminaristi studiavano coi professori della Fraternità? "</span></span>
<span><span>Nessuno ha negato che la storia di Le Barroux si sia incrociata per qualche tempo con quella della FSSPX, il punto della fedeltà deriva proprio dal fatto che un conto fu una lotta, anche dura, per poter difendere una liturgia e il patrimonio tradizionale della fede, altra cosa fu l'incapacità di comprendere che l'atto delle ordinazioni illecite contraddiceva proprio tale patrimonio e che un modo per restare in comunione con Roma senza diventare altro da sé stessi c'era. Non bastano 22 anni di comunione con Roma per essere fedeli? Non è bastato fare la scelta giusta nel momento più importante? Non è bastato che ci siano state famiglie divise, lacerate, che dom Gérard sia stato trattato da alcuni da traditore? Non basta che attorno a Le Barroux gravitino centinaia di famiglie di orientamento fortemente tradizionale, che migliaia di giovani vi ricevano formazione, che sacerdoti e monaci arrivino da tutto il mondo per imparare a celebrare nella Forma Straordinaria del Rito Latino? Quando si parla di dom Gérard si parla di un uomo santo che ha dato frutti santi, non lo dimentichi.</span></span>
<span><span>
"Per il rito Leggete (...)"</span></span>
<span><span>Appunto, lievi modifiche, in un ambiente monastico che ha diritto a proprie particolarità. O vuole dirmi che il Messale del 1962 riporta parola per parola la prima Messa detta da un apostolo? Il vostro sogno non è una liturgia tradizionale, che abbia alla base una teologia tradizionale... il vostro sogno è una fissità mai esistita nella storia della Chiesa.</span></span>
<span><span>"Quale vantaggio abbia tratto la S. Pio X dal Barroux non so: la grana al Barroux veniva da Lefebvre. E questo lo so per certo"</span></span>
<span>Grazie per la raffinata espressione. Comunque: dom Gérard e Mons. Lefebvre avevano attorno a sé molte persone, semplici famiglie che si auto-tassavano e anche alcuni grandi finanziatori. Le Barroux però ha saputo dimostrare di essere indipendente economicamente, tanto da poter sostenere lo sforzo di edificare il monastero femminile di Notre-Dame de l'Annonciation e della fondazione di La Garde. Sono un paio di decenni che si regga sulle proprie gambe, cosa deve dimostrare ancora? Di più: se fosse vero quello che lei dice, onore al merito di aver fatto la scelta giusta, senza badare al portafogli.</span>
Non son cose belle?
RispondiEliminaMa siete tutti impazziti? Stiamo parlando di una comunità di santi monaci, davvero ammirevoli nella liturgia, come nella spiritualità, nell'orientamento dottrinale... il signor Pastorelli avrà letto una lettera, invece io ho pregato con quei monaci, ho partecipato alla Messa, alla liturgia delle ore, li ho incontrati in colloqui privati, nella confessione... se non vanno bene neppure loro, allora mi faccio neocat.
Recentissimo su Le Barroux. Più a sinistra di Benedetto XVI sul Concilio.
RispondiEliminaQui potete leggere la protervia arroganta del teologo di Le Barroux, che tratta Mons. Gherardini da sciocco studentello perchè non ha capito l'importanza del Vaticano II.
http://www.lanef.net/t_article/debat-autour-du-concile-vatican-ii-pere-basile-valuet.asp
Quante ne fanno certi tradizionalisti per farsi accettare.....peggio di Mons. Rifan in Brasile
Direi che ci siamo...
RispondiEliminaNon hai risposto a don Gianluigi.
RispondiEliminaE' vero o non è vero quanto scritto dal PROF. Pastorelli riguardo al rito?
Non ho capito se qui si raccolgono alcuni cattolici amanti della liturgia tradizionale o un nido di vipere.
RispondiEliminaComunque, nel merito, ha ragione p. Basile.
Grazie per il suo pronunciamento infallibile, senza argomentazioni, cui sottomettiamo devotamente la nostra intelligenza.
RispondiEliminaCosa c'entri poi il nido di vipere lo sa solo lei. Qui si cerca di capire meglio, con occhio alla verità., non si gioca a celebrare il rito antico senza porsi domande sulla dottrina. Se poi lei cerca il "volemose bbbene" tradizionalista, allora guardi, preferisco l'ecumanismo di Paolo VI
Gente santa sta dappertutto, pure il mio parroco che dice la Messa nuova è un sant'uomo e da ottimi consigli spirituali, ma cosa c'entra ?
RispondiEliminaScusi Dante, ma delle differenze di rito non mi curerei più di tanto; c'è chi ha cominciato a dire '65....in questo gran ballar di carnevale conta poco. O meglio conta, ma tocca tollerare. Quanto invece alle esternazioni sul Concilio è molto, molto peggio. Ma ci può essere gente buona, non lo nego.
RispondiEliminaSu questo punto mi trovo d'accordo con lei, con la precisazione che, secondo me, è ora passata che la Fraternità faccia un accordo canonico, ma non per questo le "sviolinate" al Concilio che fa Le Barroux sono utili alla Chiesa. Anzi un tradizionalista che asseconda degli errori è più dannoso di un modernista. E' più credibile.
RispondiElimina<span><span>Pastorelli, dev'essere vero che lei non ha nulla "a che ridire", come scrive; rimane il fatto che siamo qui a disquisire del nulla precisamente perché lei ha iniziato ad avere qualcosa "a che ridire".</span></span>
RispondiElimina<span><span>Detto questo, a Le Barroux non hanno mai nascosto il legame che li ha uniti fino al 1988 a mons. Lefebvre, e ancora oggi lo precisano (per esempio) sul loro sito Internet, dove non si vergognano di pubblicare fotografie del fondatore dom Gérard con mons. Lefebvre e P. Guérard des Lauriers. Nessuno ha parlato qui di "mai inficiata fedeltà" e quindi passiamo oltre.</span></span>
<span><span>Circa il rito in uso a Le Barroux, qui non si pretende che lei comprenda che è tipico nei monasteri adottare consuetudini tipiche e proprie (dom Gérard introdusse nella liturgia della sua abbazia usanze e consuetudini risalenti all'abbazia dalla quale proveniva prima di fondare la comunità di Bédoin e poi di Le Barroux), come il fatto di usare un breviario proprio (quello monastico del 1963, nella fattispecie). Si chiederebbe solo che lei non pretendesse di insegnare l'ortodossia liturgica a un insieme di abbazie (visto che estende il discorso ad altre realtà monastiche) che apparentemente è più autorevole di lei.</span></span>
<span><span>Si capisce benissimo che lei e i suoi "amici assai competenti" siate rimasti sconcertati, anche se, come lei precisa, "non (è) mai stato al Barroux". Bontà sua questa di parlare senza sapere di cosa parla. A noi che siamo meno competenti e cui è toccato in sorte di esserci stati, basta testimoniare che ivi è praticata la forma straordinaria del Rito Romano. E ci basta leggere sul sito dell'abbazia (www.barroux.org) quanto segue: "</span></span><span><span>Toutes les messes sont célébrées dans la forme extraordinaire du rite latin, dit de saint Pie V".</span></span>
Vede, anacoreta, pare che alcuni ritengano che il Regnante Pontefice non desidererebbe di meglio che buttare a mare il CVII, ma non saprebbe come farlo senza sconfessare i suoi predecessori e sé stesso.
RispondiEliminaLeggendo con attenzione invece gli interventi di Benedetto XVI, risulta evidente come la mens sia quella di buttare a mare alcune interpretazioni del Concilio (quelle di rottura, dunque quella modernista e quella tradizionalista), per indicare con ogni mezzo la corretta interpretazione della "continuità nella riforma". Cioè il Concilio va difeso, proprio per non avvallarne interpretazioni di rottura. Va difeso nei testi e non nello "spirito", va difeso leggendolo in continuità con il Magistero precedente e non come nuovo inizio, va difeso. Se si ammette che il Concilio (e non le sue cattive interpretazioni) è la causa diretta dell'attuale crisi della Chiesa, si sta dicendo che ci fu una rottura con la Tradizione precedente, quindi si dà ragione ai modernisti, che di questa rottura sono vissuti. Questo l'hanno capito anche (ovviamente non solo) a Le Barroux, che di fatto è invece attestata sull'interpretazione più tradizionale del Concilio, che è comunque e deve essere una ricezione e non un rifiuto.
<span>"Gente santa sta dappertutto, pure il mio parroco che dice la Messa nuova è un sant'uomo e da ottimi consigli spirituali "</span>
RispondiEliminaMi congratulo per il suo parroco, questa invece è gente santa che dice la Messa di san Pio V.
Bessarione! Non nominare il nome dei neocat invano!
RispondiEliminaAdesso arrivano i duri/e puri/e
Auguri!
MD
Oggi va così... voglio farmi del male!
RispondiEliminaAttendo dai soloni una confutazione a queste fantastiche parole di Bessarione!!!
RispondiEliminaAvanti sotto la solita banda. dai muoversi!
MD
Io credo, Bessarione, che tu o ci sei o ci fai. Ma propendo, e molto per la prima, perché hai perso la trebisonda (è il caso di dirlo vista la tua provenienza) davanti a fatti oggettivi e ti rifugi in un sarcasmo dozzinale ch'è solo degl'ignoranti.
RispondiEliminaE non sai neppure quel che dici. Il Messale del 62: che senso ha domandare come si celebrava la Messa da parte degli Apostoli? Qui si sta parlando del Messale del 62, il messale classico, il rito che anche quei monaci volevano mantenere, vivo Lefebvre, e che, secondo gl'indulti e poi il Motu Proprio, per volere del Papa, di due Papi, doveva e dev'esser quello e senza contaminazioni con altri messali. Lo capisci o no? Se poi il Messale del 62 non fu celebrato da Pietro o Giacomo è un altro paio di maniche. Per me i monaci francesi posson anche celebrar il Novus Ordo se loro aggrada o un bel rito orientale: tu svicoli nelle sterili polemiche dei modernisti più presuntuosi e cretini, sul fissismo ecc. nel più nefasto archeologismo.
E quanto alla mia generosità, il tuo sarcasmo su di te ricade in faccia, perché a chi sputa in alto lo sputo in faccia: l'opera di certi istituti io molto l'apprezzo, anche se su alcuni punti è doveroso metter i puntini sulle i, quando, chi ignora tante cose si mette a sbraitar senza costrutto.
Non farò l'analisi del tuo testo perché non voglio perder tempo, ché lavar la testa alòl'asino si perde ranno e sapone mi soffermo solo su di un punto.
Scrivi ancora, senza saper quel che scrivi:
<span><span><span>..."il punto della fedeltà deriva proprio dal fatto che un conto fu una lotta, anche dura, per poter difendere una liturgia e il patrimonio tradizionale della fede, altra cosa fu l'incapacità di comprendere che l'atto delle ordinazioni illecite contraddiceva proprio tale patrimonio e che un modo per restare in comunione con Roma senza diventare altro da sé stessi c'era."</span></span></span>
Hai capito tutto, credi. E invece non hai capito niente. Tutte le ordinazioni amministrate da mons. Lefebvre presso quei monasteri dal 76 all'88 erano illecite: quei monaci caddero, come i preti di Econe, nella sospensione a divinis.
Gli ex pro domo sua, a seconda del vento che soffia, alla Rifan : tradisocono una volta tradiscono sempre.
RispondiElimina<span>Gli ex pro domo sua, a seconda del vento che soffia, alla Rifan : tradiscono una volta e tradiscono sempre. Rifan è arrivato, alcuni anni fa in Francia, dopo esser stato sino alla fine il braccio destro di mons. Castro Mayer e poi di mons. Rangel fino al giorno della conciliazione, a dichiarar che lui e gli altri preti di Campos avevano seguito il primo de Castro, non il de Castro delle Consacrazioni. Strano: queste sono dell'88 la conciliazione avvenne nel 2002. In quel lasso di tempo intercorso erano sempre legati mani e èpiedi alla Fraternità e a de Castro mayer come loro faro. La memoria corta dei bugiardi.
RispondiElimina</span>
L'unico per ora che ha sparso veleno sei tu. Ma sei innocuo.
RispondiEliminaIo non ho mai da ridire sulle scelte fatte in buona fede. E credo che il Barroux, ed altri, allontandosi da mons. Lefebvre, siano stati in buona fede. Come in buona fede credo che sia stata la scelta di chi è rimasto nella S.Pio X.
RispondiEliminaLascio cadere ele poco intelligenti provocazioni. Trovo solo da ridire sul fatto - e mi sembra d'averlo chiarito - che questi monasteri celebrano un rito che non è quello di S. Pio V, ma un ibrido. Tutto qui. Lo fanno. facciano. A me non ne viene nulla. Ma non parlate, voi che ci siete stati di Rito di S. Pio V secondo il Messale di Giovanni XXIII del 62: è una menzogna, spero frutto soltanto di ignoranza.
Se quello da me descritto, come da lettera al Salvarino di mons. Perl che descrive appunto il rito del Barroux, evidentemente usiamo messali diversi.
Pastorelli, ti prego di leggere l'intervento di Ospite proprio qui sotto (o sopra, non so come verrà impaginato il mio intervento): a Le Barroux difendevano, semmai , il Messale monastico del '63. Tutti i monasteri citati nella lettera di Mons. Pearl fanno lo stesso, ognuno immagino che particolari consuetudini proprie (il ramo proveniente da Solesmes è infatti diverso da quello della Pierre-qui-vire, da cui deriva Le Barroux)...
RispondiEliminaPer quanto riguarda l'ironia, è certamente di qualità migliore la tua, così abilmente unita a tanta prosopopea, non sum dignus.
Evidentemente non conosci il rito romano antico.
RispondiEliminaPrima o poi ci andrò: per ora mettermi su quella strade m'era diffi ile eper problemi di vista. Se entro la metà del prossimo anno anche l'altro occhio sarà a posto, potrò andarci.
RispondiEliminaUn parola buona per tutti, eh?
RispondiEliminaForse bisognerebbe incominciare a seguire la linea del Santo Padre: smetterla di continuare a vedere chi ha avuto ragione e chi torto (sembriamo i discepoli che, mentre N. Signore parlava della sua immolazione, discutevano su chi di loro fosse il primo...) e mettersi al proprio posto per pregare, soffrire e lavorare. In tempi come questi non serve altro.
RispondiElimina<span>Che a Le Barroux ci sia un imbastardimento del rito romano straordinario è cosa risaputa. Non si tratta di calunnia ma di un dato di fatto. Le osservazioni sopra riportate dal prof. Pastorelli riguardanti la Messa conventuale sono tutte vere. Sono stato presso il Monastero per 3 volte e, complessivamente, per oltre 15 giorni, sono testimone diretto e ... qualcosina di lturgia capisco. </span>
RispondiElimina<span> </span>
<span>Detto ciò, dico sinceramente che questi aggiustamenti liturgici, per quanto in sé inopportuni, mi indispettiscono ma non turbano la mia coscienza.</span>
<span>Una cosa invece debbo notare - correggetemi se sbaglio - la quale mi fa molto più male: il fatto che, pur con qualche rara eccezione, le comunità "Ecclesia Dei" sono piuttosto sterili per quanto concerne lo sforzo teologico di analisi del Vaticano II...in altre parole, bene la liturgia (o quasi), ma poca dottrina.</span>
<span>Mi chiedo come mai i contributi più solidi giungano o dalla Fraternità San Pio X o da teologi "liberi battitori" (Mons. Gherardini, ma anche altri, vedi Francescani dell'Immacolata).</span>
<span>Non credo che sacerdoti di dottrina tradizionale che celebrino quotidianamente il Rito antico non avvertano il problema della Libertà religiosa (per citare una bomba atomica)... però tacciono.</span>
<span>A riprova di ciò, tanto per non scatenare fiumi di reazioni, noto semplicemente il fatto che la Santa Sede ha intrapreso colloqui dottrinali non con Le Barroux, non con la San Pietro, non con Cristo Re, non con.... ma con la San Pio X.</span>
<span> </span>
<span>Come mai questa situazione? Forse il silenzio è il prezzo del quieto vivere?</span>
Evidentemente hai tu l'esclusiva...
RispondiEliminaNo, la conoscenza sì. Torna in Bessarabia, lì almeno un rito realmente e nettamente orientale lo celebrano.
RispondiEliminaCalunniatore è chi dà del menzognero a chi riporta documenti dell' Ecclesia Dei. Smentisci documenti alla mano. Quel che tu hai visto o capito non conta niente. Tu puoi anche veder volar gl'ippopotami verso Trebisonda su di un tappeto, o su di una scopa.
RispondiEliminaAnche per te: avrei dovuto trattarti secondo i tuoi meriti.
RispondiEliminaPadre Basilio di Le Barroux ha fatto una tesi di alcune migliaia di pagine sulla libertà religiosa nel CVII, un altro monaco ha fatto un'analisi del Catechismo del 1992, don Piero Cantoni dell'Opus Mariae Matris Ecclesiae ha pubblicato libri e articoli pregevoli, sul Novus Ordo e sul Vaticano II... non direi che non c'è proprio nulla.
RispondiEliminaPer quanto riguarda i colloqui: che c'entrano? Vengono fatti con la Fraternità perché è una delle condizioni che questa ha posto per poter tornare in comunione con Roma... gli altri citati in comunione ci sono già.
caro don Luca scommetto che il Papa non condivide del tutto le tesi di mons. Gherardini... ma staremo a vedere... Contributi solidi dalla FSSPX ? Dunque ermeneutica della discontinuità ? Vat.II nella pattumiera? No , grazie.
RispondiEliminaBartimeo, non ti sembra di esagerare un tantino?
RispondiEliminaFrancesco
Caro don Luca,
RispondiEliminanon so chi tu sia - e mi viene spontaneo il tu che in genere neppure nel blog do ai sacerdoti - ti posso assicurare che la mia coscienza non è affatto turbata dalle modifiche del Barroux e di altre realtà cosiddette tradizionaliste (aggettivo che, lo ripeterò sino alla noia, non mi piace affatto). Però quando qualche presuntuosetto ignorantello mi vuole insegnar quel che so perché mi son a suo tempo documentato - e non importa esser stato in loco: non sono neppure stato sui campi di Marengo ma so qual battaglia ivi si combatté - porto argomentazioni supportate da prove tangibili. In questi monasteri si celebra un rito ibrido: punto e basta. E' bello? Va benissimo. E' deludente? peggio per chi tale lo abbia trovato. Vada altrove. Non mi fa né caldo né freddo. Ma non mi si dica che è il rito del 62.
Sul silenzio siamo d'accordo: però pensiamo anche al bene che fanno certe asociazioni religiose che insegnano la vera dottrina e la santa liturgia senza entrar in polemiche. Ecco perché io verso queste realtà nutro stima e rispetto.
Purtroppo certi soggetti coraggiosamente anonimi per screditare i loro contradittori calunnian loro: son voltteriani di risulta, modernisti espliciti o mascherati: calunnia calunnia, qualcosa resterà. Ma adddosso a me non resta proprio niente. La mia fede è una doccia che tutto pulisce.
Ergo, non più bah! Si dev'esser arrabbiato: ha scritto beh!
RispondiEliminaNon sono affatto d'accordo. Il verme è nel frutto. Il verme è anche nei testi del Concilio.
RispondiEliminaPS, don Luca: condivido quanto scrivi sui contributi alla dottrina. Senza escludere altri nomi che via via vengon fuori.
RispondiElimina<span>Prima o poi ci andrò: per ora mettermi su quelle strade m'era difficile per problemi di vista. Se entro la metà del prossimo anno anche l'altro occhio sarà a posto, potrò recarmici.</span>
RispondiEliminaIl verme è anche nei testi del Concilio. Dignitatis Humanae 2 per esempio, lo legga e poi ci dica come si concilia col passato.
RispondiEliminaAppunto. I santi possono fiorire dovunque.
RispondiEliminaHai ragione : guardiamo ciò che ci unisce e non ciò che ci divide. Non è nuovo come motto.....
RispondiEliminaHo ricordato il mio colloquio di alcuni anni fa on un monaco del Barroux, alloggiato presso il monastero dei miei amici olivetani di S. Miniato, di cui non ricordo il nome, né vecchio né giovane: il Barroux, mi disse, è diviso internamente. E aggiunse che ci sarebbero stati abbandoni. Se poi ciò si sia verificato non so e non m'interesa neppure. Ho già auspicato che, quale che sia il loro rito, che operino uniti per il bene della Chiesa.
RispondiEliminaPer te basta il vocabolario della Crusca? O quello Cateriniano?
RispondiElimina<span>Io non ho mai da ridire sulle scelte fatte in buona fede. E credo che il Barroux, ed altri, allontandosi da mons. Lefebvre, siano stati in buona fede. Come in buona fede credo che sia stata la scelta di chi è rimasto nella S.Pio X.
RispondiEliminaLascio cadere ele poco intelligenti provocazioni. Trovo solo da ridire sul fatto - e mi sembra d'averlo chiarito - che questi monasteri celebrano un rito che non è quello di S. Pio V, ma un ibrido. Tutto qui. Lo fanno. facciano. A me non ne viene nulla. Ma non parlate, voi che ci siete stati di Rito di S. Pio V secondo il Messale di Giovanni XXIII del 62: è una menzogna, spero frutto soltanto di ignoranza.
Se quello da me descritto, come da lettera al Salvarino di mons. Perl che descrive appunto il rito del Barroux, è il rito di S. Pio V - 62, evidentemente usiamo messali diversi.</span>
A Fierenze, purtroppo, i benedettini di Fontgombault non ebbero alcuna entrata se non una breve esperienza, e poi lasciarono il posto all'Istituto di Cristo Re.
RispondiElimina<span>A Firenze, purtroppo, i benedettini di Fontgombault non ebbero alcuna entrata, se non una breve esperienza, e poi lasciarono il posto all'Istituto di Cristo Re.</span>
RispondiEliminaSanti propositi: ma nopn basta dire: leggiamo uil concilio in continuità con la Tradizione. Si dimostri che i punti contestati lo sosno veramente. E che altro s'è chiesto per 50 anni?
RispondiEliminaNessuno, credo, qui vuole affermare l'inesistenza del concilio e nessuno lo rigetta in blocco: ci son punti più o meno importanti o fondamentaLI da chiarire, in modo fermo e definitivo. Se i Papi precedenti l'avessero fatto, i problemi non si sarebbero incancreniti.
neanche un po'! E' nello stile dei supporter/ultrà del sito coalizzarsi e lapidare chi non la pensa come loro.
RispondiEliminaA proposito di esagerare ... non è che ultimamente hai letto qualche altro post ... magari di Cesare?
Stai bene?
MD
Francesco! Non trovi che nessuno abbia offeso nessuno mentre qualcuno incomincia ad offendere?
RispondiEliminaMD
risale esattamente al 1962.
RispondiElimina...e quando arriverà il giorno che un Papa si deciderà a dare a tutta la Chiesa quei chiarimenti così importanti ?
RispondiEliminaForse finora nessun papa ha potuto fornire chiarimenti sui punti ambigui perchè è acquisito da tutti che i testi del concilio sono non-discutibili, e il Concilio stesso è ritenuto e presentato un quid di intoccabile, come un pacchetto chiuso e sigillato da NON poter aprire, svolgere ed analizzare NE' tantomeno sottoporre a DISCERNIMENTO: di fronte ad esso si dice solo "prendere o lasciare".
RispondiEliminaLa "scatola deve rimanere chiusa: proibito guardarvi dentro per <span>separare oggetti buoni dai cattivi !</span>
E anche i gruppi stabili che chiedono la Messa antica si danno essi stessi (come visto in più casi....) regolamenti in cui sottoscrivono di ACCETTARE A SCATOLA CHIUSA il Concilio, come conditio sin qua non per ottenere la celebrazione (!).
Si può ritenere con alta probabilità che nessun Papa neanche in futuro potrà mai sciogliere quei nodi o punti oscuri.
Il Concilio 21.mo resterà il grande tabù della Chiesa del 20.mo e 21.mo sec.
<span>Forse finora nessun Papa ha potuto fornire chiarimenti sui punti ambigui perchè è acquisito da tutti che i testi del concilio sono non-discutibili, e il Concilio stesso è ritenuto e presentato (alle masse ignare e sottomesse) come un quid di intoccabile, quasi un pacchetto chiuso e sigillato da NON poter aprire, svolgere ed analizzare NE' tantomeno sottoporre a DISCERNIMENTO; di fronte ad esso si dice solo:</span>
RispondiElimina<span><span> "prendere o lasciare". </span>
La "scatola deve rimanere chiusa: proibito guardarvi dentro per <span>separare oggetti buoni dai cattivi !</span>
E anche i gruppi stabili che chiedono la Messa antica si danno essi stessi (come visto in più casi....) regolamenti in cui sottoscrivono di ACCETTARE A SCATOLA CHIUSA il Concilio, come conditio sin qua non per ottenere la celebrazione (!).
Si può ritenere con alta probabilità che nessun Papa neanche in futuro potrà mai sciogliere quei nodi o punti oscuri.
Il Concilio 21.mo resterà il grande tabù della Chiesa del 20.mo e 21.mo sec.</span>
<span><span>Forse finora nessun Papa ha potuto fornire chiarimenti sui punti ambigui perchè è acquisito da tutti che i testi del concilio sono non-discutibili, e il Concilio stesso è ritenuto e presentato (alle masse ignare e sottomesse) come un quid di intoccabile, quasi un pacchetto chiuso e sigillato da NON poter aprire, svolgere ed analizzare NE' tantomeno sottoporre a DISCERNIMENTO; di fronte ad esso si dice solo:</span>
RispondiElimina<span><span> "prendere o lasciare". </span>
La "scatola" deve rimanere chiusa: proibito guardarvi dentro per <span>separare oggetti buoni dai cattivi !</span>
E anche i gruppi stabili che chiedono la Messa antica si danno essi stessi (come visto in più casi....) regolamenti in cui sottoscrivono di ACCETTARE A SCATOLA CHIUSA il Concilio, come conditio sin qua non per ottenere la celebrazione (!).
Si può ritenere con alta probabilità che nessun Papa neanche in futuro potrà mai sciogliere quei nodi o punti oscuri.
Il Concilio 21.mo resterà il grande tabù della Chiesa del 20.mo e 21.mo sec.</span></span>
Sul fatto che non sei degno di partecipare ad una motivata discussione son d'accordo.
RispondiElimina<span>Santi propositi: ma non basta dire: leggiamo il concilio in continuità con la Tradizione. Si dimostri che i punti contestati lo sono veramente. E che altro s'è chiesto per 50 anni?
RispondiEliminaNessuno, credo, qui vuole affermare l'inesistenza del concilio e nessuno lo rigetta in blocco: ci son punti più o meno importanti o fondamentali da chiarire, in modo fermo e definitivo. Se i Papi precedenti l'avessero fatto, i problemi non si sarebbero incancreniti.</span>
Non è così. Il fatto che ci sian discussioni sull'interpretazione dei testi equivoci, e che gl'istituti che han raggiunto la riconciliazione con Roma si son impegnati a discuter con la S. Sede i problemi che nascon da quei testi, la dice lunga sul fatto che Benedetto XVI - e già il card. Rattzinger - sa ben che qualcosa e più di qualcosa da chiarire c'è. E uno spiraglino qua e là sembra essersi aperto.
RispondiElimina<span><span>Forse finora nessun Papa ha potuto fornire chiarimenti sui punti ambigui perchè è acquisito da tutti che i testi del concilio sono non-discutibili, e il Concilio stesso è ritenuto e presentato (alle masse ignare e sottomesse) come un quid di intoccabile, quasi un pacchetto chiuso e sigillato da NON poter aprire, svolgere ed analizzare NE' tantomeno sottoporre a DISCERNIMENTO; di fronte ad esso si dice solo:</span>
RispondiElimina<span><span> "prendere o lasciare". </span>
La "scatola" deve rimanere chiusa: proibito guardarvi dentro per <span>separare oggetti buoni dai cattivi !</span>
E anche i gruppi stabili che chiedono la Messa antica si danno essi stessi (come visto in più casi....) regolamenti in cui sottoscrivono di ACCETTARE A SCATOLA CHIUSA il Concilio, come conditio sine qua non per ottenere la celebrazione (!).
Si può ritenere con alta probabilità che nessun Papa neanche in futuro potrà mai sciogliere quei nodi o punti oscuri.
Il Concilio 21.mo resterà il grande tabù della Chiesa del 20.mo e 21.mo secolo.</span></span>
In comunione con riserva di discutere i testi conciliari e post-conciliari ch'essi non condividevano. Ma mai hanno voluto iniziar colloqui che sarebbero stati utili a tutti. Quieto vivere.
RispondiEliminaI colloqui in corso con la fraternità S. Pio X serviranno anche a loro, e allora comincerà a sciogliersi qualche lingua anche fuor d'essa e dei pochi coraggiosi che non han taciuto le loro perplessità, i forti dubbi e le critiche argomentate con la sana teologia.
Padre Basilio ha scritto alcune migliaia di pagine sul Vaticano II? Le hai lette tutte?
Sai quante sciocchezze si posson scrivere in migliaia di pagine? Meglio 10 o 100: gli errori saran meno numerosi.
<span>Caro don Luca,
RispondiEliminanon so chi tu sia - e mi viene spontaneo il tu che in genere neppure nel blog do ai sacerdoti - ti posso assicurare che la mia coscienza non è affatto turbata dalle modifiche del Barroux e di altre realtà cosiddette tradizionaliste (aggettivo che, lo ripeterò sino alla noia, non mi piace affatto). Però quando qualche presuntuosetto ignorantello mi vuole insegnar quel che so perché mi son a suo tempo documentato - e non importa esser stato in loco: non sono neppure stato sui campi di Marengo ma so qual battaglia ivi si combatté - porto argomentazioni supportate da prove tangibili. In questi monasteri si celebra un rito ibrido: punto e basta. E' bello? Va benissimo. E' deludente? peggio per chi tale lo abbia trovato. Vada altrove. Non mi fa né caldo né freddo. Ma non mi si dica che è il rito del 62.
Sul silenzio siamo d'accordo: però pensiamo anche al bene che fanno certe associazioni religiose che insegnano la vera dottrina e la santa liturgia senza entrar in polemiche. Ecco perché io verso queste realtà nutro stima e rispetto.
Purtroppo certi soggetti coraggiosamente anonimi per screditare i loro contraddittori calunnian loro: son volterriani di risulta, modernisti espliciti o mascherati: calunnia calunnia, qualcosa resterà. Ma adddosso a me non resta proprio niente. La mia fede è una doccia che tutto pulisce.</span>
<span><span> – </span>Flag</span><span><span> – </span></span>
Intanto sul significato di "subsistit in" la S. Sede ha fatto propria la lezione di don Brunero.
RispondiEliminaSe mi obbligano a creder che son venerande il buddismo, l'induismo, l'islamismo ecc. apro sì la pattumiera. L'Osservatore Romano del 17 sett. 1986, in Elementi per una fondazione teologica della giornata mondiale di preghiera per la pace, si legge che son venerande anche le religioni politeiste. La stessa cosa si legge in "La Civiltà cattolica" del 20 aprile 1985 in Il Cristianesimo e le religioni non cristiane.
RispondiEliminaQui la patumiera è troppo pulita: bisogna aprir alto contenitore.
Ma nessuno ci obbligherà mai a dichiarar l'adesione a queste scempiaggini.
Ci sarebbe la ressa!
RispondiEliminasperiamo bene.....
RispondiElimina<span>
RispondiElimina@ 'Bessarione' che scrive: "Vede, caro Loquor, parrebbe che tanto più si diffondono le realtà tradizionali in perfetta comunione con Roma, tanto più si dimostri che la scelta di Mons. Lefebvre non solo non fu l'unica possibile, ma probabilmente neppure la migliore. Le ordinazioni episcopali illecite dell'88 si basarono sul fatto che l'accordo appena siglato e poi ritrattato da Mons. Lefebvre fosse una trappola... invece altri sono rientrati in comunione e non sono stati intrappolati. Chi ha il coraggio di dire che Monsignore fu probabilmente mal consigliato?"
</span>
<span></span>
<span>Qui giochiamo a non capirci: la trappola consiste appunto nel far accettare l'ecumenismo, il liberalismo e la collegialità episcopale ai 'tradizionalisti', adescandoli con la possibilità di celebrare col Vetus Ordo. E in questa trappola sono cadute, finora, tutte le comunità 'Ecclesia Dei', ad eccezione, per ora del 'Buon Pastore'. Se la Chiesa è ridotta nello stato pietoso in cui è oggi, lo si deve appunto all'opera di quelle famose 'novità', che come cellule cancerose la stanno uccidendo. Ti sfido a dimostrarmi che il liberalismo non è un'ideologia massonica; così come anche l'ecumenismo ed il dialogo interreligioso (anzi, il concetto stesso di 'dialogo'). Il card. Ratzinger stesso ammise - ma fu l'ammissione di un'evidenza - che il programma del Vaticano II era stato quello di immettere nella Chiesa "i valori migliori espressi da due secoli di cultura liberale" (intervista a Jesus, novembre 1984). Gli apprendisti stregoni del Vaticano II si sono divertiti un mondo a sperimentare le loro ideologie gnostiche anticattoliche nel corpo della Chiesa, e la Chiesa è entrata in coma. E continuerà a restare in coma, nonostante tutta l'attività dei 'tradizionalisti Ecclesia Dei', perché la battaglia da combattere è anzitutto dottrinale, e solo in secondo luogo liturgica. Bisogna a qualunque costo distruggere i virus massonici penetrati nella Chiesa tramite il Vaticano II. Se non si è capito questo, non si è capito nulla.</span>
O don Brunnero ha fatta sua la lezione del VII?
RispondiEliminaMD
il n° 2 di DH è profetico!
RispondiEliminaGuarda un po' cosa succede oggi nel mondo?
Anticipa le persecuzioni in Medio oriente ed il taglio della lingua in occidente.
Mamma mia ... ma in che mondo vivete?
MD
Oggi a qualcuno duol qualcosa.
RispondiEliminaOggi a qualcuno duol qualcosa.
RispondiEliminaVirus massonici entrati nella Chiesa tramite il VII ... se questo non è sedevacantismo ( e per i più puri, blasfemia) cosa lo è?
RispondiEliminaredazione! Attendo chiarimenti a questo proposito!
MD
<span>Io credo, Bessarione, che tu <span>o ci sei o ci fai</span>. Ma propendo, e <span>molto per la prima</span>, perché <span>hai perso la trebisonda</span> (è il caso di dirlo vista la tua provenienza) davanti a fatti oggettivi e ti rifugi <span>in un sarcasmo dozzinale ch'è solo degl'ignoranti</span>.
RispondiElimina</span>
<span>Redazione! chi esagera un tantino?</span>
<span>MD</span>
Dovete sempre leggere ogni dichiarazione come se fosse infetta di modernismo... Mah! Ammesso che abbiate voglia di comprendere anche il pensiero altrui, sto semplicemente dicendo che la situazione è talmente grave che è possibile che più soluzioni pratiche siano state e siano possibili. Pratiche, capito? Qui entra la virtù di prudenza che aiuta nell'elezione dei mezzi e non del fine! Lo si poteva capire dal contesto nela quale era calato l'intervento, cioè quello delle Consacrazioni episcopali dell'88. Assolto?
RispondiEliminaAssolto?
RispondiEliminaSemmai scomunicato senza possibilità di abiurare!
Lapidazione! Altro non meriti!
MD
@ Bartimeo: il liberalismo (libertà di coscienza in foro esterno, laicità dello Stato) è un'ideologia portata avanti dalla Massoneria fin dalla sua fondazione ufficiale, nel 1717. L'ecumenismo e il dialogo interreligioso sono anch'essi una logica conseguenza dell'indifferentismo filosofico che è alla base del pensiero massonico (non per nulla il Grande Oriente italiano ha esultato in occasione del'ammucchiata di 'Assisi 1986'). Visto che il Vaticano II ha 'adottato' queste ideologie immettendole in alcuni documenti del Vaticano II, ne consegue che questi 'virus' sono penetrati nella Chiesa tramite quel Concilio. E' così complicato capirlo (o si fa finta di non comprendere)? Cosa c'entra la constatazione di questa evidenza col sedevacantismo o con la blasfemia?
RispondiElimina<span>
RispondiElimina@ Bartimeo: il liberalismo (libertà di coscienza in foro esterno, laicità dello Stato) è un'ideologia portata avanti dalla Massoneria fin dalla sua fondazione ufficiale, nel 1717. L'ecumenismo e il dialogo interreligioso sono anch'essi una logica conseguenza dell'indifferentismo filosofico che è alla base del pensiero massonico (non per nulla il Grande Oriente italiano ha esultato in occasione del'ammucchiata di 'Assisi 1986'). Visto che il Vaticano II ha 'adottato' queste ideologie immettendole in alcuni suoi documenti, ne consegue che questi 'virus' sono penetrati nella Chiesa tramite quel Concilio. E' così complicato capirlo (o si fa finta di non comprendere)? Cosa c'entra la constatazione di questa evidenza col sedevacantismo o con la blasfemia?
</span>
Bartimeo, la settimana non è ancora finita, domani si lavora.
RispondiEliminaPerchè non vai a nanna (dopo aver recitato ginocchioni le preghiere della sera, s'intende)?
Redazione!
RispondiEliminanon trovi un tantino esagerato questo pizzino di cesare?
Chiedo chiarificazioni sul metodo con cui considerate esagerati i post. Grazie!
Matteo Dellanoce
semplice: indicare nel Concilio Vaticano II il tramite attraverso cui certa roba è entrata in Chiesa è o sedevacantismo o blasfemia.
RispondiEliminaSe non lo vuoi capire non distingui le colpe degli uomini di Chiesa e la Chiesa stessa!
Fai tu!
Matteo Dellanoce
PS il VII ha purificato la modernità! se non lo vuoi capire o non lo volete capire liberi di non farlo. Ma non ergetevi a giudici di un Concilio della Chiesa Cattolica ...
Nei commenti a questo post si sono superati più volte i limiti, da più parti. Chiedo di proseguire la discussione abbassando i toni, concentrandosi sugli argomenti e astenendosi da attacchi personali. Grazie.
RispondiEliminaFrancesco
A chi ti rivolgi?
RispondiEliminaMD
Mi pare però che qui manchi un tassello: è evidente che l'applicazione della liturgia del Barroux alla Misericordia di Torino è un abuso, perchè sicuramente non era Mons. Perl a poter autorizzare legittimamente quelli che egli stesso chiama "adattamenti" della liturgia, e che, tradotto nel linguaggio del Papa, sono abusi liturgici.
RispondiEliminaHo invece i miei dubbi sul fatto che il Barroux non fruisca di un titolo giuridico legittimo (tipo privilegio, o anche solo lunga consuetudine secundum legem) che gli consenta di celebrare in quella forma. Sono molto attenti e, ad esempio, hanno procurato di farsi approvare dalla Santa Sede il proprio del Monastero per la festa patronale. Se dunque il Barroux aveva questo diritto di celebrazione, che probabilmente gli derivava da modifiche alla liturgia del monastero da cui proveniva dom Gerard, e che sono state mantenute all'atto del suo riconscimento canonico, la celebrazione che lì si efettua potrebbe essere pienamente legittima: non dimentichiamo che il Barroux è una realtà pre Ecclesia Dei e pre Summorum Pontificum. CHi ha visto gli atti che disciplinano il suo stato canonico? cosa dicono questi atti sul rito da seguire?
Quello che ho capito del dibattito e' che da una parte si afferma, anche documentatamente e col sostegno di chi ha visto, che a Le Barroux si celebra col messale 1962 "con variazioni " e dall'altra , per aver visto , che no, pero' varianti ci sono dovute a facolta' conventuali. Allora mi sembra che sul fatto ci sia poco da discutere : Potra' piacere o non, ed e' stata rilevata pure l'irrilevanza personale per tale varianti, e dunque la discussione dovrebbe rimanere , mi sembra , su aspetti come la regolarita' delle varianti e su cio' sono state portati argomenti...resto perplesso
RispondiEliminaLe 'novità conciliari' non sono state solennemente definite (né avrebbero potuto esserlo), per cui la Chiesa non ne è affatto impegnata. I responsabili del disastro sono invece gli uomini di Chiesa, gli apprendisti stregoni neomodernisti. Nessuna 'blasfemia', dunque. Dal fatto, poi, che i Papi 'conciliari' abbiano avallato il tutto, non ne consegue che, per questo, non siano Papi: dunque anche l'accusa di 'sedevacantismo' è campata in aria.
RispondiEliminaQuanto alla supposta 'purificazione' dei "valori migliori espressi da due secoli di cultura liberale" , non è poi così difficile capire che un errore filosofico-religioso non può essere "purificato" in alcun modo. Per questo la Chiesa 'preconciliare' gli errori e le eresie li ha sempre condannati, non certo 'purificati'.
A proposito, come mi spieghi l'exsultet massonico del Grande oriente italiano (ma anche della Gran loggia di Francia) per 'Assisi 1986' ?
Ecco appunto! Hanno svenduto la Tradizione, si sono arresi alla libertà religiosa (o "ecumemismo" con le false religioni) agli orrori del V2, hanno profanato il Venerabile Rito Monastico Benedettino per il "bollino" di Ecclesia Dei... "mirabile" commercio! Hanno rubato i soldi dei benefattori e tradito lo San Benedetto e lo spirito monastico... i pochi monaci SANI e CATTOLICI sono andati Notre-Dame de Bellaigue http://www.bellaigue.com/HTML/originescommunaute.html
RispondiEliminaDirei proprio di no, tant'è vaero che ha scritto - oh se leggeste un po' !- che s'è arrampicato sugli specchi per cercar di interpretar cattolicamente quel verbo, ma che i dubbi sussistono. Io prendo la spiegazione come positiva.
RispondiEliminaLeggi le date della lettera di mons. Perl: s'è trattato di adattamenti del Barroux post-lefebvriano sulla base grosso modo del messale del 65 e non solo quello. Su questo argomento ho scritto due articoli confutando Perl. Ripeto: per me faccian quello che vogliono, posson esser i più santi monaci, ma non mi si venga a dire che quello è il messale di S. Pio V. Tutto qui.
RispondiEliminaFRANCESCO, leggi il mio primo intervento e mettilo a confronto con gl'insulti riservatimi. Quando si permette che si dican certe cose non si può poi rimproverar chi risponde per le rime.
RispondiEliminaLe varianti del Barroux furono approvate dall'Ecclesia Dei. Ma i due indulti di G.P.II riguardavano solo ed esclusivamente il messale del 62. Dunque l'Ecclesia Dei - che non è la Congregazione dei Riti - ha autorizzato un rito che non è quello del 62 ma un rito nuovo contro quanto stabilito dal Papa. Non credo che mons. Perl questo potesse autorizzare, comunque l'autorizzazione fu data e io la voglio prender per buona. Inoltre salvo la buona fede.
RispondiEliminaResta il fatto incontestabile che non si tratta del messale di S. Pio V ma di un suo adattamento e stravolgimento in più parti ad libitum, una contaminatio coi messali successivi. A me solo questo interessava dire: questo ho sostenuto confutando, documenti alla mano, chi si stracciava le vesti ad urlar che al Barroux si celebra col messale di S. Pio V.
Strano destino il mio. In altro thread ieri, se non erro, consigliavo ad alcuni collaboratori di recarsi a Messa alla Misericordia di Torino, avvisandoli però che la celebrazione presenta determinati limiti e modifiche, ma sempre meglio quel rito ibrido di certe sceneggiate NO. Questi blogger mi rispondono, ma in modo molto civile, in pacata discussione, che lì non si celebra una Messa secondo il rito di S. Pio V e quindi manifestano la loro meraviglia ch'io li voglia lì indirizzare. Io ho ripetuto l'invito, a cui l'alternativa è: o si dan da fare per creare un alto gruppo stabile o vanno altrove.
Insomma di là mi si risponde - con rispetto , ribadisoco - che non si può andare ad una messa di S. Pio V adulterata, qui mi si dà sulla voce perché spiego perché il rito della Misericordia e del Barroux non rispettano le rubriche del messale di S. Pio V e con tagli ed aggiunte creano un terzo rito accanto ai due in vigore (messale 62 e NO).
Fatti di lor signori.
A me certo di no: pensa che sono stato a cena fuori, evento che mi capita alquanto di rado.
RispondiElimina<span>Direi proprio di no, tant'è vero che ha scritto - oh se leggeste un po'! - che s'è arrampicato sugli specchi per anni per cercar di interpretar cattolicamente quel verbo, ma che i dubbi permangono. Io prendo la spiegazione come positiva.</span>
RispondiElimina<span>Le varianti del Barroux furono approvate dall'Ecclesia Dei. Ma i due indulti di G.P.II riguardavano solo ed esclusivamente il messale del 62. Dunque l'Ecclesia Dei - che non è la Congregazione dei Riti - ha autorizzato un rito che non è quello del 62 ma un rito nuovo contro quanto stabilito dal Papa. Non credo che mons. Perl questo potesse autorizzare, comunque l'autorizzazione fu data e io la voglio prender per buona. Inoltre salvo la buona fede.
RispondiEliminaResta il fatto incontestabile che non si tratta del messale di S. Pio V ma di un suo adattamento e stravolgimento in più parti ad libitum, una contaminatio coi messali successivi. A me solo questo interessava dire: questo ho sostenuto confutando, documenti alla mano, chi si stracciava le vesti ad urlar che al Barroux si celebra col messale di S. Pio V.
Strano destino il mio. In altro thread ieri, se non erro, consigliavo ad alcuni collaboratori di recarsi a Messa alla Misericordia di Torino, avvisandoli però che la celebrazione presenta determinati limiti e modifiche, ma sempre meglio quel rito ibrido di certe sceneggiate NO. Questi blogger mi rispondono, ma in modo molto civile, in pacata discussione, che lì non si celebra una Messa secondo il rito di S. Pio V e quindi manifestano la loro meraviglia ch'io li voglia lì indirizzare. Io ho ripetuto l'invito, a cui l'alternativa è: o si dan da fare per creare un alto gruppo stabile o vanno altrove.
Insomma di là mi si risponde - con rispetto , ribadisco - che non si può andare ad una messa di S. Pio V adulterata, qui mi si dà sulla voce perché spiego perché il rito della Misericordia e del Barroux non rispetta le rubriche del messale di S. Pio V e con tagli ed aggiunte creano un terzo rito accanto ai due in vigore (messale 62 e NO).
Fatti di lor signori.</span>
Sig. Pastorelli, lei mica si chiama qualcuno! Io non ho fatto il suo nome!
RispondiEliminaDebbo pensare allora che se ha risposto lei, davvero le duol qualcosa.
Come si dice: Excusatio non petita, accusatio manifesta
Mi spiace prenderne atto.
caro Dante, preghiamo che la FSSPX rientri in comunione giuridica con Roma, al più presto, e poi dopo prosegua serenamente la sua analisi critica ai testi conciliari
RispondiEliminaDante anche lei sconfina...
RispondiEliminadon Camillo, se lei è davvero un prete, un pò di dialogo con Ecclesia Dei farebbe bene anche a Lei.
RispondiEliminaun prete anonimo
semmai nella pattumiera bisogna buttare quegli articoli dell'Osserv.Rom. (ed io l'aiuterei caro Dante).
RispondiEliminaMa chi era l'autore di quell'articolo? Mons. Pietro Rossano ? in odor di massoneria...
ahi! C'è qualcosa che non mi quadra.
RispondiEliminaSi condanna chi ha atteggiamenti villani e gli si risponde con la stessa villania?
E la differenza quale sarebbe?
MD
ed ecco il purista ...
RispondiEliminaMD
il GOI h esultato per quell'occasione ? coraggio citi la fonte.
RispondiEliminaAmicus: il GOI ha esultato per l'incontro ad Assisi '86 ? Dove l'ha letto ?
RispondiEliminasussistere vuol dire esistere e cammninare non stare ferma! Arricchirsi e non idolatrare ed idolatrarsi. La Chiesa daà sempre sussiste!
RispondiEliminaAltrimenti di 2000 anni di storia che ce ne faccimao?
oh! Almeno si leggessero i Papi!
MD
I Massoni esultano tutte le volte che i tradizinalisti si stracciano le vesti dando loro modo di dire :"visto che è come diciamo noi?". Se invece i tradizionalisti stessero al loro posto belli tranquilli i massoni non potrebbero dire nulla perchè la tradizione presente e vivente ( non assente. Vero FSSPPX) non permetterebbe loro nessuna interpretazione al di fuori dell'ermeneutica della continuità!
RispondiEliminaSe poi si vuol essere maliziosi si potrebbe dire che lo "stracciavestismo" è complice della massoneria molto di più dei riformatori!
Buona giornata
MD
<span>Resta il fatto incontestabile che non si tratta del messale di S. Pio V ma di un suo adattamento e stravolgimento in più parti ad libitum, una contaminatio coi messali successivi.</span>
RispondiElimina-----------------------
il (para)concilio continua il suo assalto alla Messa di sempre.
E' anche il mio più vivo desiderio, così come seguo con trepidazione il ritorno degli anglicani. Però non facciamoci illusioni: continuo a ripetere che nella Fraternità, in caso di riconciliazione, che prima o poi avverrà senza dubbio, una secessione ci sarà senz'altro, per cui una parte rimarrà sulle posizioni più estremiste e inconcludenti e si auto-emarginerà per isterilirsi.
RispondiEliminaSolo quando mi si offende, e le offese provengano da ignoranti saccenti.
RispondiEliminaNon la stessa villanìa, ma il rimettere a posto le cose. T u, poi, sei un maestro.
RispondiEliminaE avessero mai il coraggio di firmarsi questi preti!
RispondiEliminaOsservatore Romano e Civiltà Cattolica sotto quale supervisione si trovano? La tua, la mia?
RispondiEliminaLeggiti l'interpretazione di Gherardini sul significato tomistico di subsisto. La Chiesa certo cammina, ma eodem sensu eademque sententia. Poi scrivi un saggio contro il testo sul Vaticano II del noto teologo.
RispondiEliminaAnche se scrivi in grassetto, spero non per motivi di vista com'è capitato a me, voleovo solo risponder ironicamente alla tua battuta. No, non mi duol nulla: però evita allusioni e fai i nomi, magari anche il tuo.
RispondiElimina<span>Anche se scrivi in grassetto, spero non per motivi di vista com'è capitato a me, non mi tangi: volovo solo risponder ironicamente alla tua battuta. No, non mi duol nulla: però evita allusioni e fa' i nomi, magari anche il tuo. Sarai più credibile.
RispondiElimina</span>
A me sembra che sono i complici dei massoni son quelli che aprono a tutto e tutto, anche il falso, ritengon verità.
RispondiEliminadue cose che aborro risolutamente "il dialogo" e quell'ufficio iniquo.
RispondiEliminaUna sua libera interpretazione!
RispondiEliminaMD
Mons. Gherardini non è Magistero infallibile ...
RispondiEliminaSe Lei leggesse il significato di Sussistere nel Beato Rosmini forse comprendeebbe come il mondo, fermo restando San Tommaso, è nel frattempo andato avanti.
Lo trova in Spiritualità Rosminiana, A cura di Remo Bessero Belti, Edizioni Paoline 1964 ....
Se Lei usa il verbo essere rende statico un qualcosa che invece è dinamico. Sussistere invece fermo restando l'origine ( E') garantisce e permette una continua perfezione! Un cammino verso quell' ideale ( spirituale) che parte dal reale!
MD
Ma nessuno può negarle la cattedra di Professore!
RispondiEliminaLe auguro una buona giornata!
MD
Praticamente da tutti quelli che non la incensano!
RispondiEliminaMD
Qui il verbo sussistere non ha nessun carattere dinamico: significa semplicemente che la Chiesa di Cristo è realmente. essenzialmente, esclusivamente, in assoluto ed inscindibilmente vivente nell'unica Chiesa, la Chiesa Cattolica: quindi il subsistit più forte di è. Il discorso sul dinamismo porta lontano ma riguarda altro oggetto.
RispondiElimina<span><span>Anche se scrivi in grassetto, spero non per motivi di vista com'è capitato a me, non mi tangi: volevo solo risponder ironicamente alla tua battuta. No, non mi duol nulla: ad altri forse duol qualcosa e spero che non sia quel che penso. Però evita allusioni e fa' i nomi, magari anche il tuo. Sarai più credibile, anche se vendi solo trippa.
RispondiElimina</span></span>
Tu invece insegni infallibilmente. Me n'ero accorto da tempo.
RispondiEliminaMai toglierle il lavoro ...
RispondiEliminaMD
Certo che subsistit è più forte di è! Perchè permette all'è di arricchirsi sempre più! Dinamizza l'essere Cattolica rendendola capace di accogliere ciò l'uomo riesce ad illuminare sempre più del Mistero!
RispondiEliminaMD
MD
Facciamo basta?
RispondiEliminaFrancesco
Sono anch'io per il protocollo dell'88, soluzioni pratiche, onorevoli e soprattutto moralmente accettabili.
RispondiEliminaProtocollo dell' '88 e Ordinariato personale. Per precisare il Concilio punto per punto ci vuole tempo.
Non dire scemenze. E non ripeter le scempiaggini di Rosmini. Scusa ma la Chiesa "subsistit" anche quando condanna Rosmini? oltre quaranta proposizioni condannate !!!
RispondiEliminaRosmini e i suoi seguaci hanno proprio le idee confuse
<span>due cose che aborro risolutamente "il dialogo" e quell'ufficio iniquo.</span>
RispondiEliminadon Camillo
ps. non so cosa è successo ma è cambiato ID.
No, basta che sappiano quel che dicono e lo dican civilmente. E poi vieni a far lezioni di buon comportamento: ogni tuo post è un'offesa gratuita: sintomo di complessi.
RispondiEliminaA te han fatto male a darla: un errore della commissione.
RispondiEliminaConfondi piani e problemi.
RispondiEliminaQuello lo lascio alla Chiesa, non a te.
RispondiEliminaQuando espongo le Verità della Fede le traggo dall'insegnamento della Chiesa e le espongo come la Chiesa le ha sempre esposte. Non le modifico o stravolgo con interpretazioni di qualche personaggio anche autorevole mal digerito come fai tu, con argomentar filosofico senza capo né coda.
RispondiEliminaGherardini parla di sussistenza secondo S. Tommaso che, sino a prova contraria, è il teologo fondamentale della Chiesa.
RispondiElimina<span>A me sembra che i complici dei massoni son quelli che aprono a tutto e tutto, anche il falso, ritengon verità.</span>
RispondiEliminaSe per Lei qualche personaggio autorevole è Papa ...
RispondiEliminaRedazione vedo con piacere che, se non altro, hai incominciato a censurare anche il prof. della legge del taglione!
non un gran chè a livello "storico" ma se non altro simpatico!
MD
Confonde problemi e piani.
RispondiEliminaMD
@ Ospite delle 9.07 che chiede : "<span>Amicus: il GOI ha esultato per l'incontro ad Assisi '86 ? Dove l'ha letto ?".</span>
RispondiElimina<span></span>
<span>Si può leggere in Hiram, rivista del Grande Oriente Massonico d'Italia, aprile 1987, alle pagg. 104-105, in un articolo del recentemente defunto gran maestro Armando Corona, che riporto qui di seguito:</span>
<span><span>
“La saggezza massonica ha stabilito che nessuno può essere iniziato se non crede nel G.A.D.U. , ma che nessuno può essere escluso dalla nostra Famiglia a causa del Dio nel quale crede e del modo in cui Lo onora. A questo nostro interconfessionalismo si deve la scomunica da noi subita nel 1738 ad opera di Clemente XII. Ma la chiesa era certamente in errore, se è vero che il 27 di ottobre del 1986 l’attuale Pontefice ha riunito ad Assisi uomini di tutte le confessioni religiose per pregare assieme per la pace. E che altro andavano cercando i nostri Fratelli se non l’amore fra gli uomini, la tolleranza, la solidarietà, la difesa della dignità della persona umana quando si riunivano nei Templi, considerandosi eguali, al di sopra delle fedi politiche, delle fedi religiose e del vario colore della pelle?”.
</span></span>
<span></span>
<span>A buon intenditore, poche parole...</span>
<span></span>
<span>ahi! C'è qualcosa che non mi quadra.
RispondiEliminaSi condanna chi ha atteggiamenti villani e gli si risponde con la stessa villania?
E la differenza quale sarebbe?
MD</span>
<span></span>
<span>E questo perchè lo avete censurato?</span>
Dovrei accettar la tua?
RispondiEliminaIo a livello storico non sono un gran che (senza accento se lo scrivi staccato, inoltre l'accento dovrebbe esser acuto) ma esisto.
RispondiEliminaPerché sei villano.
RispondiEliminaPerché pensano che tu esisti e sbagliano.
RispondiEliminaC'è una differenza: la Messa del Barroux è una Messa per una comunità monastica, la Messa della Misericordia una Messa per il popolo. E molto più grave che il mancato rispetto delle rubriche sia effettuato un una Messa per il popolo. In più,ammesso che l'Ecclesia Dei avesse la Facoltà di approvare variazioni di rito per il Barroux, non credo che potesse legittimare per relationem quelle della Misericordia.
RispondiEliminaRImango poi nel dubbio che le celebrazioni del Barroux si svolgessero con quelle varianti già prima dell'indulto e che esse siano state confermate all'atto dell'erezione canonica della comunità. Ripeto: che sa come celebrava dom Gerard a Bedoin? Si sa se il Monastero da cui proveniva stava legittimamente sperimentando le varianti del '65? Non è quella forma di celebrazione che poi si è mantenuta al Barroux? Citare la lettera di Perl non mi sembra risolutivo.
Fossero solo le varianti del Barroux quelle che si verificano alla MIsericordia!
RispondiEliminaSegnalo le altre: le letture vengono sempre proclamate in lingua volgare e mai in canto
La Messa è in parte cantata in parte letta
Il celebrante non intona gli incipit del gloria e del credo
Alle genuflessioni sono nella maggior parte dei casi sostituti gli inchini profoni
Il celbrante non viene incensato dopo la proclamazione del vangelo
di norma l'incenso entra in scena solo al vangelo, saltandosi l'incensazione dell'altare
Il sacerdote omette la purificazione
Il sacerdote non procede e non recede a capo coperto
A lungo il sedile del celebrante è stato in cornu >Evangelii
Il sedile del celebrante è una specie di tronetto e non una panca
Confratelli laici della Confraternita assistono alla celebrazione in presbiterio, con inginocchiatoio. Molte volete ho visto che viene lorto portata alla loro sede la S. Comunione.
La S. Comunione viene distribuita anche da un laico.
Molto spesso il coro omette parti dle tratto o del graduale o non ripete gli alleluja.
Non vengono mai cantati i secondi e terzi oremus previsti dal messale.
Non è rispettato nel canto la variante fra tono feriale e tono festivo.
Tutto questo al Barroux non si verifica
aggiungo che l'anno scorso si è celebrata la Messa dei morti di domenica...
RispondiEliminaDante, leggi, se lo vuoi, questo articolo di Golias che parla della controversa fra Dom Basile Valuet, monaco del Barroux e Monsignor Gherardini, il monaco benedettino criticando aspramente mons. Gherardini colpevole, secondo lui, di suscitare confusione nei fedeli...
RispondiEliminahttp://www.golias-editions.fr/spip.php?article4583
E, il monaco benedettino , tutto preso dal voler conciliare Tradizione e Vaticano II, ne esce steso al suolo da Golias che....ha parole di lode per Mons. Gherardini.
Tu hai la mente confusa. Cos'è la sussistenza nel tomismo?
RispondiEliminaOSPITE E F. MARIE. IL problema fondamentale è che al Barroux si celebra un terzo rito dopo 62 e 69-70. I Messali del 65 e 67 non vengono citati dagl'indulti. Quindi non son considerati più messali da utilizzare e infatti non vengono utilizzati perché sostanzialmente abrogati. Ma a me importava dire che quella del Barroux non è la messa di S. Pio V. E ammesso e non concesso - non risulta - che si tratti d'un esperimento precedente agl'indulti, l'ho già scritto, ridomando: è il messale di S. Pio V nell'ed. tipica del 62 come sostengono i sapienti che ci sono stati e che m'han dato sulla voce? Anche don Luca c'è stato e conferma le mie osservazioni.
RispondiEliminaQuanto ai vari abusi nella Messa della Misericordia, una volta ch si dà la stura alle innovazioni questo è il risultato.
Vi chiamavo in causa non per contraddirvi ma per sottolineare come con voi la discussioene era stata civiele
Veramente parlavi del Rosmini.
RispondiEliminaDom Basilio dice parecchie sciocchezze. Non comprende l'insieme dell'argomentazione di don Brunero. Fra l'altro pone, nella sua ottusità, sullo stesso piano la DH e la condanna del controllo delle nascite di Pio XII. Li definisce ambedue magistero autentico. Ma non si rende conto che la DH propone una dottrina nuova in tutto o in parte, mentre il discorso alle ostetriche di Pio XII si pone sulla scia del magistero perenne per cui diventa infallibile.
RispondiEliminaMoscerini di tal genere, come qualche sedevacantista, pensano di poter gareggiare con la sapienza dell'ultimo grande teologo della scuola romana.
Domani leggerò Golias. Grazie e buona notte Luisa. Vo a letto perché l'Olter mi dà noia.
Giuridicamente potrebbe essere un rito proprio, garantito da un privilegio.
RispondiEliminaApprovato dall'Eclesia Dei come quello della Misericordia.
RispondiEliminami piacerebbe vedere le carte...
RispondiEliminaEsiste solo ciò di cui la redazione lascia traccia ... una sbianchettata direi ad una persona acidamente colta!
RispondiEliminaMD
Potrebbe confutarla se ci riesce!
RispondiEliminaMD
Anacoreta le scemenze le dice chi non sa che la Chiesa che sussiste ha tolto qualalsiasi condanna a Rosmini e lo ha beatificato.
RispondiEliminaSiamo nel XXI secolo, internet, stampa televisione ecc ecc ecc ottimi strumenti per aggiornarsi!
MD
Ma non l'unico ...
RispondiEliminaMD
Perché tu hai opinioni argomentate?
RispondiEliminaSempre!
RispondiElimina1) Contesto
2) Conoscenza punti di forza e debolezza
3) Monacce ed opportunità
Attendo le sue di argomentazioni. Senza la solita acidità!
MD
In effetti per Lei esiste solo Lei!
RispondiEliminamd