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sabato 23 gennaio 2010

Messa oggi pomeriggio a Potenza Picena

Oggi, sabato 23 gennaio 2010 alle ore 15,45 nella Chiesa Monumentale di San Francesco a Potenza Picena (Alta) il Parroco Don Andrea Bezzini, con il benevolo permesso dell’Arcivescovo Metropolita di Fermo, SER Mons. Luigi Conti, Presidente della Conferenza Episcopale Marchigiana, farà celebrare una Santa Messa cantata nell’antico rito su proposta di un gruppo di fedeli che sta raccogliendo le firme per avere una celebrazione “ stabile” .

Il Parroco don Andrea ha, molto gentilmente, da tempo, informato tutti i parrocchiani dell’iniziativa che sarà arricchita dal Coro dei giovani del "Cenacolo della Santissima Trinità" di Rimini, un' associazione religiosa nata negli anni ‘70 che fa parte della Consulta Diocesana per le aggregazioni laicali con un assistente ecclesiastico nominato dal Vescovo di Rimini Mons. Francesco Lambiasi .

Parteciperanno anche alcuni ministranti e cantori del Santuario di Campocavallo, dove si svolge regolarmente la Messa in latino.

Terminata la Santa Messa si potranno anche ammirare alcuni dei recenti restauri promossi da don Andrea fra cui quello il grande Organo dell’Insigne Collegiata di Santo Stefano.

Si spera che possa essere la prima delle celebrazioni “stabili” di Potenza Picena che, grazie alla bellezza e alla posizione assai comoda e vicina alla costa, potrà convogliare nella Città d’Arte numerosi fedeli .

18 commenti:

  1. vedetta centro-adriatica23 gennaio 2010 alle ore 08:02

    <span><span>"Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi, che annunzia la pace"!</span></span>
    <span><span>(Is 52, 7)</span></span>

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  2. Quanto è bello e piacevole che i fratelli stiano assieme.
    "Nel “Motu proprio” Summorum Pontificum sono stato portato a precisare le condizioni di esercizio di tale compito, in ciò che concerne la possibilità di usare tanto il Messale del Beato Giovanni XXIII (1962) quanto quello del Papa Paolo VI (1970). Alcuni frutti di queste nuove disposizioni si sono già manifestati, e io spero che l’indispensabile pacificazione degli spiriti sia, per grazia di Dio, in via di realizzarsi. Misuro le difficoltà che voi incontrate, ma non dubito che potrete giungere, in tempi ragionevoli, a soluzioni soddisfacenti per tutti, così che la tunica senza cuciture del Cristo non si strappi ulteriormente. Nessuno è di troppo nella Chiesa. Ciascuno, senza eccezioni, in essa deve potersi sentire “a casa sua”, e mai rifiutato" Benedetto XVI 21 settembre 2008 ai Vescovi della Francia

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  3. Ottima iniziativa, ma vorrei precisare che il parroco non ha bisogno di alcun permesso da parte del vescovo per celebrare le Messa tradizionale. Lo stabilisce il Motu Proprio.

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  4. Sta di fatto che tantissimi Vescovi si sentono in diritto di ostacolare parroci e fedeli, terrorizzando e scoraggiando le richieste con un'attiva "prevenzione", imponendo il silenzio a tutti.
    Lei non lo sapeva?
    "Contro la forza la ragion non vale".
    Abbiamo visto in tante diocesi che è inutile volersi appellare a ciò che stabilisce il MP, poichè il Potere ha detto: "Qui il Papa non conta: comando io!"
    (varie testimonianze, che sono la punta dell'iceberg di una consegna del silenzio, imposta dall'alto,  che il Papa lo voglia o no....).
    Qui sul blog vengono offerte liete notizie, ma per ora rarissime, dopo 3 anni !

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  5. Pazienza disilluso. Ci vuole pazienza. E' noto che per distruggere basta un attimo, cosa che ha fatto benissimo il CVII o chi lo ha interpretato (non me ne intendo, lascio giudicare a voi). Per ricostruire sarà più dura e più lunga, purtroppo. Ma, come si dice, gutta cavat lapidem.

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  6. <p><span><span>Osservazioni riguardo il Motu Proprio “Summorum Ponticum” di Papa Benedetto XVI</span></span>
    </p><p><span><span>Personalmente parto dal premettere </span><span><span>che il senso profondo della liturgia, in comunione con i padri conciliari, non consiste semplicemente nella fissazione di alcune regole, senza l’osservanza delle quali i riti perdono il loro valore. La liturgia cristiana è la misteriosa azione di Cristo, presente alla sua Chiesa, sia nel riunirsi dei fedeli, sia nel ministero dei sacerdoti, sia nella lettura della Bibbia, sia nelle azioni sacramentali e, infine, nel pane e nel vino dell’eucarestia. La riforma liturgica deve essere vista e interpretata non in termini di pura discontinuità o rottura, ma del rinnovamento e della riforma. Il Motu Proprio sostiene tre linee importanti: la riforma liturgica</span></span></span><span><span> </span></span><span><span>non è e non deve essere “messa in dubbio”. </span><span>Benedetto XVI, sostiene la differenza sostanziale tra un “rito romano in forma ordinaria” e un “rito romano in forma extra-ordinaria”. Entrambe le “forme” appaiono come l'esercizio di un “diritto”, ma quella ordinaria non ha alcun bisogno di specifiche condizioni, mentre quella extraordinaria può essere celebrata solo in presenza di determinate condizioni. Non si vuole e non si deve creare divisione. Le preoccupazioni pastorali espresse da Benedetto XVI mostrano che la “actuosa participatio” viene considerata un criterio di discernimento per l’ammissibilità del “rito preconciliare” in un contesto liturgico comunitario. Questo criterio di discernimento fondamentale, che risulta evidente dalle condizioni elencate dal Papa per la celebrazione liturgica in forma extraordinaria, risulterà senz’altro utile per orientare la decisione di fronte alle richieste di alcuni membri del popolo di Dio. </span><span></span></span></p>

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  7. Don Sandro (Continua)26 gennaio 2010 alle ore 14:53

    <p><span><span>Il Motu Proprio definisce accuratamente le condizioni oggettive in cui poter procedere alla celebrazione liturgica secondo l’“uso extraordinario”: essa è limitata alle “parrocchie in cui esiste stabilmente un gruppo di fedeli aderenti alla precedente tradizione liturgica” (Art. 5 §. 1). Da questa affermazione si può comprendere ciò che risulta escluso: si esclude un gruppo pur numeroso, ma occasionale (ad esempio un elenco di firme non costituisce di per sé un “gruppo stabile” e “motivato”); si esclude una richiesta pur stabile, ma di un singolo; si esclude un gruppo di persone, pur cospicuo e stabile, i cui membri non siano appartenenti alla medesima parrocchia al cui parroco viene rivolta la domanda; si esclude anche una richiesta dell’“uso extraordinario” dovuta non ad una “aderenza strutturale” alla precedente tradizione, ma ad un caso o ad una circostanza particolari. </span></span>
    </p><p><span><span>Accanto alla condizione oggettiva appena esaminata, i richiedenti debbono possedere anche una duplice condizione soggettiva, legata alla propria formazione. Nella Lettera ai Vescovi Benedetto XVI afferma: “L’uso del Messale antico presuppone una certa misura di formazione liturgica e un accesso alla lingua latina; sia l’una che l’altra non si trovano tanto di frequente”. </span></span>
    </p><p><span><span>Sul piano della efficacia pastorale, queste condizioni (oggettive e soggettive) richiedono di essere tutte contemporaneamente presenti.</span></span></p>

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  8. Don Sandro (Continua)26 gennaio 2010 alle ore 22:35

    <span><span></span></span><span><span></span></span><span><span></span></span><span><span></span></span>

    <span>

    Conclusioni

    Una forma rituale, anche se a precise condizioni viene dichiarata "non proibita", va considerata
    </span>


    <span><span>"extra-ordinem", </span></span><span>in quanto non viene necessariamente ritenuta per principio né consigliabile né raccomandabile. Le deliberazioni e le raccomandazioni che la Chiesa ha assunto, prima a partire dal Concilio Vaticano II e poi attraverso la Riforma Liturgica, hanno riguardato solo ed esclusivamente la "forma ordinaria" del rito. Negli ultimi 45 anni nessun aggiornamento del calendario, del santorale, del lezionario o dell’eucologia ha riguardato la "forma extraordinaria", che per questo risulta incomparabilmente più povera del </span><span><span>Novus Ordo </span></span><span>(cfr. allegato, tab. B). Dunque la forma ordinaria del rito romano rimane la via principe della pastorale, della cura d'anime, della spiritualità e della formazione. La presenza di una "forma extraordinaria" può essere compresa senza conflitto e in una logica di autentica riconciliazione soltanto nella misura in cui essa rimane strettamente limitata a condizioni oggettive e soggettive "non ordinarie": condizioni che - come dice lo stesso Benedetto XVI - "non si trovano tanto di frequente". Solo un accurato discernimento di queste condizioni potrà permettere al cammino liturgico delle comunità ecclesiali di trarre profitto pastorale e spirituale da questo passaggio disciplinare, recuperando l’uso della partecipazione attiva di tutto il popolo di Dio al mistero celebrato, e così purificando – grazie a questo nuovo uso – le proprie celebrazioni da ogni possibile abuso. Ci auguriamo che questo iniziale tentativo di lettura congiunta del </span><span><span>Motu Proprio </span></span><span>e della </span><span><span>Lettera ai Vescovi </span></span>

    <span>possa costituire un contributo idoneo a realizzare le intenzioni di pacificazione e di riconciliazione del provvedimento. </span>

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  9. Caro don Sandro, il Motu Proprio dice anche altre stupende cose, come, ad esempio : "<span>

    Tuttavia il Messale Romano promulgato da San Pio V e nuovamente edito dal B. Giovanni XXIII deve essere considerato come espressione straordinaria della stessa "lex orandi" e deve essere tenuto nel debito onore per il suo uso venerabile e antico. Queste due espressioni della "lex orandi" della Chiesa non porteranno in alcun modo a una divisione nella "lex credendi" ("legge della fede") della Chiesa; sono infatti due usi dell’unico rito romano" e nella lettera ai Vescovi il Papa si è espresso in questo modo : "<span>

    Nella storia della Liturgia c’è crescita e progresso, ma nessuna rottura. Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso. Ci fa bene a tutti conservare le ricchezze che sono cresciute nella fede e nella preghiera della Chiesa, e di dar loro il giusto posto" .
    Nel discorso ai Vescovi della Francia il Sommo Pontefice ha così detto " Nel “Motu proprio” Summorum Pontificum sono stato portato a precisare le condizioni di esercizio di tale compito, in ciò che concerne la possibilità di usare tanto il Messale del Beato Giovanni XXIII (1962) quanto quello del Papa Paolo VI (1970). Alcuni frutti di queste nuove disposizioni si sono già manifestati, e io spero che l’indispensabile pacificazione degli spiriti sia, per grazia di Dio, in via di realizzarsi. Misuro le difficoltà che voi incontrate, ma non dubito che potrete giungere, in tempi ragionevoli, a soluzioni soddisfacenti per tutti, così che la tunica senza cuciture del Cristo non si strappi ulteriormente. Nessuno è di troppo nella Chiesa. Ciascuno, senza eccezioni, in essa deve potersi sentire “a casa sua”, e mai rifiutato" ( 14 settembre 2008).
    Io apprezzo il suo ragionamento ma non lo condivido nel nome dell'obbedienza al Papa, al Magistero della Chiesa ,della Tradizione e del buon senso umano.
    Se il MP in così poco tempo è riuscito a risvegliare l'interesse dei GIOVANI per la Liturgia, per la comunione ecclesiale e ha fatto fiorire le VOCAZIONI per quale motivo la celebrazione nella forma straordinaria ci dovrebbe essere rifiutata ?
    In nome di cosa ? Dei cavilli giuridici ? Suvvia cerchiamo di essere più cristiani e meno burocrati !
    Con deferenti saluti in Cristo. Andrea Carradori
    www.missaleromanum.it


    </span>
    </span>

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  10. Andrea Carradori per Don Sandro27 gennaio 2010 alle ore 21:55

    Don Sandro ha scritto " Da questa affermazione si può comprendere ciò che risulta escluso: si esclude un gruppo pur numeroso, ma occasionale (ad esempio un elenco di firme non costituisce di per sé un “gruppo stabile” e “motivato&rdquo ;) ; si esclude una richiesta pur stabile, ma di un singolo; si esclude un gruppo di persone, pur cospicuo e stabile, i cui membri non siano appartenenti alla medesima parrocchia al cui parroco viene rivolta la domanda; si esclude anche una richiesta dell’“uso extraordinario” dovuta non ad una “aderenza strutturale” alla precedente tradizione, ma ad un caso o ad una circostanza particolari"
    W il senso di carità e W il senso di comunione con coloro che desiderano la forma liturgica espressa dal Magistero della Chiesa ( Motu Proprio).
    La Sua  è dittatura !!!
    Sono sicuro che Lei è marchigiano .... le stesse elucubrazioni di altri nostri pastori.
    Non riuscirà tuttavia a fermare l'entuasiasmo di tanti nostri fratelli !

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  11. Caro don Sandro, mi perdoni la battuta " lei è marchigiano ecc " : io sono un povero ignorante maestrucolo , di musica, di provincia e sono anche impulsivo nei miei scritti.
    La prego di considerare, però, che mi accomuna a Lei il medesimo amore per la Chiesa, che io difenderei usque ad effusionem sanguinis, e conseguentemente per la Santa Liturgia Cattolica.
    Noi, derelitti e poveracci, amanti della Tradizione desideriamo solo pregare come lo Spirito, che soffia dove vuole, in maniera arcana ha infuso nei nostri cuori, noi sappiamo che facendo così seguiamo il Magistero della Chiesa e sappiamo pure che il nostro modo di pregare è santificante, come lo è stato per due millenni.
    Il nostro status attuale, mi perdoni l'accostamento, è molto simile a quello dei miei fratelli neocatecumenali.
    All'inizio del loro cammino erano bersagliati , erano avversati ed erano guardati con diffidenza.
    Poi il fiorire delle vocazioni e la constatazione che quello che facevano era veramente straordinario ha indotto molti a ripensare sulla loro condizione ecclesiale.
    Noi tradizionalisti, in questa prima fase, siamo esattamente come le prime comunità del cammino NC.
    Anche noi possiamo esibire le nostre prime vocazioni, i nostri atti di dedizione alla Chiesa e le nostre opere buone rivolte al medesimo Altare ( unico ed insostituibile ).
    Anche a noi vengono rivolti i cavilli giuridici, con una furbizia che raggela il sangue di tanti devoti e zelanti fedeli.
    Non cadiamo perciò nella sterile polemica : noi continueremo a pregare come il Magistrero ci permette e quando ci sono i presupposti canonici, come nel caso di Potenza Picena, la nostra preghiera diventa zelo operoso.
    Io mi aspetto che Lei, dall'alto della sua condizione Sacerdotale, scriva " bravi " al Parroco, giovane, di Potenza Picena, ai parrocchiani che desiderano un supplemento di preghiera santificante ed a tutti coloro che, del posto o di fuori, si sono impegnati nella riuscita della prima celebrazione, a cui ne seguiranno altre a scadenza mensile ( a meno che ...)
    Quando i miei alunni mi dicono " professore da domani inizio il corso musicale pomeridiano " io mi rallegro con loro e faccio le mie congratulazioni ai genitori.
    Perchè Lei, reverendo Padre, non si rallegra con coloro che organizzano, a spese loro e con tanto dispendio di tempo, dei supplementi sprituali ?
    Non mi racconti poi la storiella degli richiedenti locali ... se così fosse dovrebbero anche essere controllati i fedeli che seguono altri carismi, come i NC, rinnovamento nello Spirito ecc ecc
    Cerchiamo di portare più gente possibile a Cristo e alla Chiesa senza troppi cavilli giuridici ...
    Siamo un po' tutti francescani !
    Nella stessa unione di preghiera
    Andrea Carradori

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  12. <p><span><span><span><span>Non capisco perché il sig. Andrea, che prima apprezza le mie osservazioni anche se non le condivide, faccia scadere poi il tutto sul piano personale, cosa vuol dire: "Sono sicuro che lei è marchigiano...le stesse elucubrazioni di altri nostri pastori anche del Papa stesso quando all'articolo 1 del </span></span><span>Motu proprio </span><span><span>scrive e lei stesso mi ricorda:</span></span><span></span></span></span>
    </p><p><span><span><span><span>Art. 1. Il Messale Romano promulgato da Paolo VI è la espressione <span>ordinaria </span>della “<span>lex orandi</span>” (“legge della preghiera) della Chiesa cattolica di rito latino. Tuttavia il Messale Romano promulgato da S. Pio V e nuovamente edito dal B. Giovanni XXIII deve venir considerato come espressione <span>straordinaria</span> della stessa “<span>lex orandi</span>” e deve essere tenuto nel debito onore per il suo uso venerabile e antico. Queste due espressioni della “<span>lex orandi</span>” della Chiesa non porteranno in alcun modo a una divisione nella “<span>lex credendi</span>” (“legge della fede) della Chiesa; <span>sono infatti due usi dell’unico rito romano. </span></span></span></span></span>
    </p><p><span><span><span><span>Il Messale Romano di Paolo VI è <span>l'espressione ordinaria</span> , ripeto la via principe della pastorale odierna, della cura d'anime, della spiritualità e della formazione del popolo di Dio .Il Messale Romano promulgato da Pio V è e resterà sempre <span>espressione straordinaria (</span>lo dice il termine stesso) dell'unica </span></span><span>lex orandi </span><span><span>della Chiesa Cattolica di rito latino. Concordo pienamente che nella Liturgia, ma anche in altri ambiti della vita della Chiesa, ci deve essere progresso e mai rottura, mai discontinuità ma continuità e rispetto di quello che hanno fatto i nostri padri che ci hanno preceduti nella guida della Chiesa. </span></span></span></span></p>

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  13. Don Sandro (continua)28 gennaio 2010 alle ore 16:53

    <span><span><span>Mi sembra che questo sia lo spirito che ha ispirato e animato la grande stagione del Concilio Vaticano II, a riguardo mi sembra opportuno citarle la nota che sta in calce alla Costituzione Pastorale <span>Gaudium et spes, </span></span><span>tale</span><span> </span><span><span>Costituzione "vien detta pastorale appunto perché sulla base di principi dottrinali intende esporre l'atteggiamento della Chiesa in rapporto al mondo e agli uomini di oggi. Pertanto né la prima parte manca l'intenzione pastorale, né alla seconda l'intenzione dottrinale". Anche la liturgia ha dovuto tener conto di questo cambiamento di paradigma che non è solo ed esclusivamente dottrinale ma anche pastorale e i due termini vanno intesi intimamente connessi. Il "celebrare" è un dono per tutti i cristiani e l'<span>ars celebrandi </span><span>è intimamente connessa con </span><span>l’actuosa partecipatio </span><span>perché celebrare </span><span><span>non è tanto il diritto di ogni soggetto ad essere titolare di un compito o di un ufficio, quanto esprimere la natura radicalmente comunitaria dell’unica azione rituale, che libera tutti dal diritto e dal dovere: come dice S. Tommaso d’Aquino dell’eucaristia, “non est officium, sed finis omnium officiorum” </span></span><span><span>evitando la confusione dei ruoli e gli abusi da correggere, riguarda tutto il popolo di Dio. Non penso nello svolgimento del mio ministero di essere un dittatore e non capisco perché mi accusa di mancanza di carità?(dato che lei non mi conosce) La sua è carità quando mi risponde così? Se mi deve rispondere si attenga alle argomentazioni e non mi scada sul terreno della polemica. Mi scusi, il mio vuole essere un richiamo fraterno. Io quando celebro l'Eucaristia mi attengo alle rubriche ed esigo che i fedeli rispettino ciò che a loro compete, senza ripeto confusioni, sottolineando che è la forma rituale, ordinaria o straordinaria che sia ad assicurare la piena efficacia del sacrificio eucaristico di Cristo.</span></span></span></span></span></span>

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  14. Che strano il "commento" in due parti di don Sandro : pare che non abbia letto il mio ... delle 15,09.
    Don Sandro mi risponda in termini "umani e pastorali " la pastorale che viene dal cuore e non con i soliti ritornelli .
    Noi amiamo il Concilio : per questo amiamo anche la Messa dei Padri Conciliari e della Costituzione Sacrosantum Concilium.
    Lei pensa che il nostro amatissimo Papa, nel ridare il giusto onore alla Messa nel rito antico, mai abrograta, non abbia dimostrato  amore per il Concililio ?

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  15. Don Sandro (continua)28 gennaio 2010 alle ore 20:04

    <p><span><span><span>Io non penso assolutamente che il nostro amatissimo Santo Padre non abbia dimostrato amore per il Concilio ridando gusto e onore alla Messa nel rito antico e personalmente sono contento che espressamente sottolinei che le due messe, “</span><span>sono infatti due usi dell’unico rito romano</span><span>”. </span></span></span>
    </p><p><span><span><span>Detto questo, sono fermamente convinto </span>che <span>la messa nel rito ordinario </span><span>ci permette di </span>riscoprire nell’eucaristia che celebriamo tutta una serie di ricchezze: la Parola di Dio, l’omelia, la preghiera dei fedeli, la lingua volgare, la dimensione del sacrificio e la dimensione conviviale, l’unità delle due mense, la comunione sotto le due specie, la concelebrazione, considerando che neppure uno di questi elementi si trova nel rito tridentino e che per renderlo nuovamente presente è stato necessario procedere alla sua riforma, per consentire al rito romano di ritrovare solo così una ricchezza altrimenti perduta. Queste non sono affermazioni di principio, e mi perdoni quella di Pio V non è né la Chiesa né la liturgia di oggi, nella quale ho imparato a credere, a vivere e a pregare, e nella quale è nata la mia vocazione. Io come la stragrande maggioranza dei sacerdoti della Chiesa di oggi, siamo stati formati dopo il Concilio Vaticano II , siamo i figli di questo Concilio, mi ritengo personalmente non “contro la messa di Pio V” ma “oltre Pio V”, chi desidera celebrarla e parteciparvi, perché la ritiene più idonea alla propria spiritualità e al proprio sentire la Chiesa deve essere messo in condizioni di poterlo fare e non deve essere considerato un cristiano, come si dice di serie B, il problema e lo sottolineo è di <span>natura pastorale</span>, e nella pastorale ordinaria, non si dà più alcun “uso antico” realisticamente praticabile. La “tradizione” ha bisogno non solo della difesa ad oltranza di un passato acquisito, ma anche della insostituibile ricchezza di un presente complesso e di un futuro aperto.<span></span></span></span>
    </p><p><span><span><span>Ho dovuto dividere in due parti il mio commento perché il numero dei caratteri era troppo elevato. Mi dispiace ma non ho letto il suo commento delle 15,09.</span></span></span>
    </p>

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  16. Carissimo don  Sandro, i giovani stanno dando testimonianza, da ogni parte del mondo, alla Messa di sempre !
    Anch'io sono figlio, anagraficamente, del Concilio ma questo non mi impedisce di abbeverarmi alla fresca e rigenerante sorgente della Liturgia antica !
    Ho ritrovato tutto l'entusiasmo della mia infanzia grazie alla feconda ricchezza della Liturgia antica.
    Lei che riesce a congiungere il cielo con la terra, grazie alla potenza della sua ordinazione, che La rende "alter Christus" potrà molto meglio di me essere inebriato dalla Liturgia dei nostri padri nella fede.
    Glielo auguro con tutto il cuore !
    Confido nelle Sue preghiere e nel Suo affetto !
    In unitate orationis
    Andrea Carradori

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  17. Don Sandro (continua)28 gennaio 2010 alle ore 23:30

    Grazie e ricambio di cuore. Siamo tutti figli dell'unica santa cattolica e apostolica Chiesa di sempre.

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