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domenica 11 ottobre 2009

Echi trindentini, Pirandello e le campane in "Primo rintocco"

In appendice al brano pirandelliano proposto recentemente da Giuseppe vorrei proporne un altro dello stesso autore, una riflessione sui rapporti con la messa che non si trova in una delle opere più note del drammaturgo di Girgenti, ma in una poesia pubblicata in rivista nel 1902. In effetti Pirandello fu anche un prolifico poeta, soprattutto in età giovanile ma senza interrompere del tutto la produzione fino agli ultimi anni. Poeta sommo, in effetti, non era, e se ne accorse egli stesso indirizzandosi verso altri generi, ma se non altro questa poesia vale come documento esistenziale, una sorta di esame di coscienza piuttosto pignolo:


Raccolta: Poesie Sparse, 28

Primo rintocco
(da La Riviera Ligure, febbraio 1902, 36)


Levo ogni tanto dal guancial la testa
a spiar tra le imposte. È bujo ancora.

Ma invan gli occhi richiudo, ché, già desta,
l'anima intorno tutto mi colora

della sua luce tediosa e mesta.
Chi per il pan sei stanchi dì lavora

oggi può ben chiuder gli orecchi a questa
sveglia del gallo che ha cantato or ora.

Ma per il mio lavorar mai non è festa.

Quantunque irto mi sia di smanie il letto,
non vienmi alcuno dalla vita impulso

a levarmi sì presto, e l'alba aspetto.
Libri di là m'attendono: compulso

da vane forze, il mio pensier dispetto
vi smania, sì, ma fuor d'essi più insulso

spettacol m'offre oggi la vita; in petto
cresce lo sdegno che da lei m'ha espulso,

né alcuna più m'attira esca d'affetto.

Don. - nel silenzio batte una campana,
e il suon nel bujo spandesi, ronzando.

Balzo ora e sento un'angosciosa e strana
voglia d'accorrer, come ad un comando;

ma non a questa: a una chiesa lontana.
Ah, la rivedo! mi chiamava quando

andavo anch'io, fanciullo, a messa: arcana
voce profonda, che destava, ondando,

quell'oscura viuzza suburbana.

Tremar mi sento in petto quella mia
fede ingenua d'allora accesa ai ceri

che, nella chiesa buia, una malìa
diffondevan insiem con gli incensieri

fumanti e i rombi della cantoria.
O donne avvolte negli scialli neri

che andate in fretta a la chiesuola pia,
attossicato da negri pensieri

è morto il bimbo che con voi venìa.

Mi rendo conto che si rischia di essere monotoni, ma solo perché siamo di fronte a una realtà incontrovertibile che solo spiriti malati di ideologia possono negare: ciò che colpisce profondamente un'anima, nella liturgia, ciò che resta a dispetto di tutto, sono anche i tanto spregiati e tradizionali "segni del sacro", i candelieri accesi, i turiboli fumanti, la musica dell'organo eccetera, che nelle chiese odierne sono spariti o appaiono in rarissime occasioni, e non sono stati sostituiti da altro. Oltretutto, coloro che si ingegnano a escogitare trovate come il Gloria con battimani e l'Alleluja con le lampadine svitate, nell'improbabile speranza di "coinvolgere" i bambini nella messa, farebbero bene a considerare questi ricordi di ex bambini cresciuti che pur non credendo più in nulla (e questo aumenta il valore della loro testimonianza: non parlano certo per piaggeria.) conservavano da adulti il ricordo della messa come qualcosa di serio e di importante, e si rammaricavano di averlo perduto.
Jacopo

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