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Si coglie l'occasione per ricordare la bontà del magistrale libro e dei suoi aspetti importantissimi.
Don Gagliardi ha avuto il pregio di proporre la visione della liturgia principalmente in prospettiva teologica. Egli, cioè, spiega autorevolmente ma con chiarezza come la liturgia sia anche espressione e comunicazione della dottrina; come attraverso i segni liturgici si integrhi la preghiera orale, e come la ritualità favorisca l'adorazione. E questo in perfetta adesione con il magistero di Benedetto XVI (e dei suoi scritti quan'era ancora Cardinale).
Don Gagliardi ha avuto il pregio di proporre la visione della liturgia principalmente in prospettiva teologica. Egli, cioè, spiega autorevolmente ma con chiarezza come la liturgia sia anche espressione e comunicazione della dottrina; come attraverso i segni liturgici si integrhi la preghiera orale, e come la ritualità favorisca l'adorazione. E questo in perfetta adesione con il magistero di Benedetto XVI (e dei suoi scritti quan'era ancora Cardinale).
Per alcuni questi sono argomenti ovvi, e già noti. Ma gli ideali destinatari di don Gagliardi sono i professori, i rettori di seminari, i parroci attualmente poco persuasi di questa più corretta conoscenza della liturgia-teologica.
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Nella prefazione al libro monsignor Mauro Piacenza, Segretario della Congregazione per il Clero, ha scritto che “l’autore offre ciò di cui oggi più si avverte l’esigenza: un consistente e al tempo stesso accessibile approccio teologico alla liturgia” anche perchè “il Concilio vaticano II ricorda che l’approccio alla liturgia è innanzitutto di tipo teologico”. L’Arcivescovo Segretario per il Clero ribadisce, inoltre, che uno degli elementi principali di qualificazione del sacerdozio è “il servizio liturgico e, in modo del tutto speciale il ministero dell’altare”.
Nella prefazione al libro monsignor Mauro Piacenza, Segretario della Congregazione per il Clero, ha scritto che “l’autore offre ciò di cui oggi più si avverte l’esigenza: un consistente e al tempo stesso accessibile approccio teologico alla liturgia” anche perchè “il Concilio vaticano II ricorda che l’approccio alla liturgia è innanzitutto di tipo teologico”. L’Arcivescovo Segretario per il Clero ribadisce, inoltre, che uno degli elementi principali di qualificazione del sacerdozio è “il servizio liturgico e, in modo del tutto speciale il ministero dell’altare”.
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L'accento fermo ed esplicito sul senso teologico della liturgia e del sacerdote (elementi inscindili) necessariamente mette in secondo piano i nuovi vari ruoli che nel post-concilio si son voluti attribuire - pur spesso in buona fede - al prete: quelli di sociologo, psicologo, sindacalista, bambinaio, pacifista, ecologista, manager, insomma, di tuttofare (a disscapito, quindi della sua missione sacra di ministro di Dio e causa dell'impoverimento della vita spirituale delle parrocchie).
.“E’ nostra convinzione - conclude monsignor Piacenza - che il presente volume possa realmente contribuire a questa necessaria riscoperta del fatto che il sacerdote è innanzitutto un uomo scelto dal Signore per stare davanti a Lui e per servirlo”.
Ed è quello che il libro di don Gagliardi si propone di ottenere, inserendosi magistralmente sulla scia indicata e praticata dal Santo Padre.
Ed è quello che il libro di don Gagliardi si propone di ottenere, inserendosi magistralmente sulla scia indicata e praticata dal Santo Padre.
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Riportiamo qui solo un brano della bella intervista condotta da Antonio Gaspari, ma merita di essere letta per intero al link indicato.
Riportiamo qui solo un brano della bella intervista condotta da Antonio Gaspari, ma merita di essere letta per intero al link indicato.
[Il sottolineato è nostro]
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Domanda - C’è ancora molta polemica sull’esito delle riforma liturgica post-conciliare. Può illustrarci i termini del dibattito e qual è il suo parere in proposito?
Gagliardi: Circa i termini della questione, detto in estrema sintesi: dopo il Vaticano II, una commissione a ciò deputata ha operato per condurre a termine la riforma generale della liturgia, chiesta dal Concilio. I risultati concreti di questa riforma, per ammissione dell’allora cardinale Ratzinger e di tanti altri studiosi, non corrispondono in tutti i concreti dettagli al testo della Sacrosanctum Concilium.
Gagliardi: Circa i termini della questione, detto in estrema sintesi: dopo il Vaticano II, una commissione a ciò deputata ha operato per condurre a termine la riforma generale della liturgia, chiesta dal Concilio. I risultati concreti di questa riforma, per ammissione dell’allora cardinale Ratzinger e di tanti altri studiosi, non corrispondono in tutti i concreti dettagli al testo della Sacrosanctum Concilium.
Qui le posizioni divergono: alcuni parlano di tradimento del Concilio e, ancor più, della Chiesa e della sua immemorabile tradizione liturgica e vorrebbero un annullamento completo della riforma, cui faccia seguito una restaurazione della liturgia alla situazione del 1962, se non prima. Altri, al contrario, tendono quasi ad operare una canonizzazione della riforma nel modo in cui è stata condotta e nei suoi risultati e si dimostrano a volte persino aggressivi quando qualcuno avanza l’ipotesi non certo di annullarla, ma anche solo di rivederla e correggerla.
Entrambi gli schieramenti, a mio avviso, sono in errore. E queste prospettive impediscono anche di valutare nel modo giusto alcune importanti decisioni che il Santo Padre ha operato. Tuttavia esiste una terza via, che è quella giusta, che consiste nel favorire lo sviluppo omogeneo della tradizione liturgica della Chiesa.
Entrambi gli schieramenti, a mio avviso, sono in errore. E queste prospettive impediscono anche di valutare nel modo giusto alcune importanti decisioni che il Santo Padre ha operato. Tuttavia esiste una terza via, che è quella giusta, che consiste nel favorire lo sviluppo omogeneo della tradizione liturgica della Chiesa.
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Domanda - Secondo un sondaggio recente, due praticanti su tre andrebbero alla Messa tridentina almeno una volta al mese se l’avessero in parrocchia, ma sembra che diversi Vescovi e parroci non abbiano in simpatia questo rito. È vero? Che cosa ne pensa?
Gagliardi: Ho letto di questo recente sondaggio, condotto dalla Doxa, una nota società che opera nel settore. I risultati dovrebbero quindi, in linea di massima, corrispondere alla situazione reale, per quanto possibile ad un sondaggio.
Dalla pubblicazione del Motu proprio Summorum Pontificum, ormai più di due anni fa, molte volte i giornali, le riviste e i siti web hanno riportato notizie di dichiarazioni e/o decisioni di membri del clero, che sembrano andare in una direzione diversa da quella auspicata dal documento pontificio. In questo senso, si può dire che una parte, che non saprei quantificare, di vescovi e sacerdoti pare non essere entusiasta all’idea di vedere un nuovo diffondersi della celebrazione della Messa secondo l’uso più antico. I motivi di questo atteggiamento possono essere diversi ed è chiaro che non possiamo fare qui un’analisi approfondita e puntuale.
Il mio parere personale è che, se il Santo Padre ha deciso di favorire, attraverso la sua decisione, quelli che desiderano celebrare o partecipare alla forma più antica del rito romano, coloro che non amano particolarmente tale forma – e quindi non desiderano personalmente avvalersi della facoltà concessa – non dovrebbero frapporre ostacoli all’attuazione di una normativa che, essendo stata emanata dalla Suprema Autorità, ha valore per tutta la Chiesa. Certo, ci possono essere dei casi particolari, in cui gli estimatori del rito di San Pio V avanzano pretese eccessive.
Questi casi vanno valutati singolarmente da parte dei vescovi, che restano, nelle loro diocesi, i responsabili principali della vita liturgica (e si ricordi che agli stessi vescovi compete vigilare non solo su questi casi, ma anche sull’attenta osservanza delle norme fissate nei libri liturgici post-conciliari). Mi pare, tuttavia, che i casi di eccesso da parte degli estimatori del rito più antico siano stati, da due anni a questa parte, meno frequenti di dichiarazioni o azioni volti a scoraggiare la celebrazione di quel rito. In breve, direi che è essenziale che nessuno anteponga la sua autorità particolare o la sua visione personale alle decisioni del Santo Padre, che è il centro di unità visibile della Chiesa.
Domanda - Secondo un sondaggio recente, due praticanti su tre andrebbero alla Messa tridentina almeno una volta al mese se l’avessero in parrocchia, ma sembra che diversi Vescovi e parroci non abbiano in simpatia questo rito. È vero? Che cosa ne pensa?
Gagliardi: Ho letto di questo recente sondaggio, condotto dalla Doxa, una nota società che opera nel settore. I risultati dovrebbero quindi, in linea di massima, corrispondere alla situazione reale, per quanto possibile ad un sondaggio.
Dalla pubblicazione del Motu proprio Summorum Pontificum, ormai più di due anni fa, molte volte i giornali, le riviste e i siti web hanno riportato notizie di dichiarazioni e/o decisioni di membri del clero, che sembrano andare in una direzione diversa da quella auspicata dal documento pontificio. In questo senso, si può dire che una parte, che non saprei quantificare, di vescovi e sacerdoti pare non essere entusiasta all’idea di vedere un nuovo diffondersi della celebrazione della Messa secondo l’uso più antico. I motivi di questo atteggiamento possono essere diversi ed è chiaro che non possiamo fare qui un’analisi approfondita e puntuale.
Il mio parere personale è che, se il Santo Padre ha deciso di favorire, attraverso la sua decisione, quelli che desiderano celebrare o partecipare alla forma più antica del rito romano, coloro che non amano particolarmente tale forma – e quindi non desiderano personalmente avvalersi della facoltà concessa – non dovrebbero frapporre ostacoli all’attuazione di una normativa che, essendo stata emanata dalla Suprema Autorità, ha valore per tutta la Chiesa. Certo, ci possono essere dei casi particolari, in cui gli estimatori del rito di San Pio V avanzano pretese eccessive.
Questi casi vanno valutati singolarmente da parte dei vescovi, che restano, nelle loro diocesi, i responsabili principali della vita liturgica (e si ricordi che agli stessi vescovi compete vigilare non solo su questi casi, ma anche sull’attenta osservanza delle norme fissate nei libri liturgici post-conciliari). Mi pare, tuttavia, che i casi di eccesso da parte degli estimatori del rito più antico siano stati, da due anni a questa parte, meno frequenti di dichiarazioni o azioni volti a scoraggiare la celebrazione di quel rito. In breve, direi che è essenziale che nessuno anteponga la sua autorità particolare o la sua visione personale alle decisioni del Santo Padre, che è il centro di unità visibile della Chiesa.
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Domanda - Perché un docente di teologia, quale lei è, ha deciso di scrivere un libro sulla liturgia?
Gagliardi: [...] Inizialmente, i miei studi erano rivolti quasi esclusivamente alla teologia dogmatica, che è il mio campo principale di specializzazione e di insegnamento. Un giorno, durante il mio ultimo anno di dottorato in teologia, mi capitarono tra le mani alcuni libri che mi incuriosirono: essi presentavano il tema della liturgia in un modo diverso da quello cui ero abituato: [...]
Domanda - Perché un docente di teologia, quale lei è, ha deciso di scrivere un libro sulla liturgia?
Gagliardi: [...] Inizialmente, i miei studi erano rivolti quasi esclusivamente alla teologia dogmatica, che è il mio campo principale di specializzazione e di insegnamento. Un giorno, durante il mio ultimo anno di dottorato in teologia, mi capitarono tra le mani alcuni libri che mi incuriosirono: essi presentavano il tema della liturgia in un modo diverso da quello cui ero abituato: [...]
Per dirla in breve, l’approccio di quei volumi presentava la liturgia non solo dal punto di vista storico – che pure non veniva trascurato – ma anche da quello teologico. Ciò che non avevo mai conosciuto bene era una teologia della liturgia e, quando questa mi venne incontro, la accolsi con gioia, quasi in modo connaturale. In seguito, ho letto e riletto tante volte l’eccezionale libro del cardinale Ratzinger Introduzione allo spirito della liturgia e gli altri suoi saggi in materia liturgica. Penso di averli letti tutti e ognuno più volte. [...].
In effetti, il mio approccio restava teologico-dogmatico, ma ora, grazie ai nuovi studi, potevo vedere meglio il fecondo legame tra dottrina, liturgia e devozione. [...].
Esponendo queste circostanze, credo di aver spiegato anche come mai un dogmatico si interessi di liturgia: eventi concreti mi ci hanno portato, ma questi eventi non facevano altro che stimolare in me l’interesse per aspetti non ancora sviluppati e che sono strettamente connessi al dogma stesso. [...].
Due oservazioni.
RispondiElimina1) se la riforma di Paolo VI ha bisogno d'esser corretta vuol dire che molta parte d'essa è da correggere, il che significa ch'è risultata negativa per le anime. E ciò perché la parte più carente è proprio la sacralità del rito.
Quindi se risulta eccessivo il dispregio di coloro che vorrebbero annullarla, è eccessivo anche il voler salvarla con qualche ritocchino che non incida nella struttura intera. Un light lifting.
2) Non so dove e quando le richieste avanzate dai seguaci dell'antico rito sian risultate spropositate. Aver la possibilità di usufruire di una chiesa - quante chiese vengon offerte ad eretici, scismatici, islamici ecc? -, di un sacerdote, di una celebrazione magari in parrocchia e ad orari non proibitivi, son richieste eccessive?
A me sembra che l'ostilità della stragrande maggioranza dei preti e dei vesovi sia eccessiva come la loro arroganza.
Insomma l'intevista m'appare cerchiobottista e superficiale, senza neppur lo sforzo d'un'adeguata esemplificazione.
sottoscrivo e condivido
RispondiEliminaLa riforma della riforma non può consistere in qualche restauro formale o di stile: non si andrebbe da nessuna parte; ma nel recupero 'sostanziale' di quanto selvaggiamente e arbitrariamente tagliato via dal rito Romano
in cosa precisamente consisterebbero le pretese 'eccessive' degli amanti della Tradizione..
RispondiEliminaInoltre riconoscere che ad un docente di dogmativa 'mancava' l'approccio teologico con la Liturgia, mi sembra già rivelatore.
Abbiamo qui il caso di un sacerdote che si è lasciato interpellare dai testi e dai contenuti che ha avuto l'opportunità di incontrare (sembra più per ricerca personale che per modelli formativi!) e allora vien fuori: "ho scoperto"!...
Si tratta di un caso certamente provvidenziale che sembra aver dato i suoi frutti, ma nella Chiesa si può continuare a lasciar affidata al caso la formazione dei sacerdoti agganciata alla Tradizione?
Sono daccordo con gli interventi precedenti. Dal Prof. don Mauro Gagliardi mi sarei aspettato qualcosa di più...
RispondiEliminaA mio parere la riforma di Paolo VI rimane un fallimento e si salva solo in quelle parti dove si riprende la liturgia precedente.
Ancora oggi mi domando: non sarebbe bastato tradurre semplicemente il Messale di San Pio V con qualche lieve ritocco e mantenere in latino il canone?....
Che bisogno c'era di tutti quei cambiamenti affrettati???
don Bernardo
...già, che bisogno c'era?
RispondiEliminaE torniamo sempre allo stesso punto: l'evento inaudito fino ad allora, che - dai vertici della Chiesa - si attuasse con una rapidità degna di miglior causa un vero e proprio
SEPPELLIMENTO dell'antico Messale e della Messa di S. Pio V, in modo tale da far credere a tutto l'orbe cattolico che essa fosse non solo obsoleta, ma... proibita, per non dire anti-cattolica!
solita domanda:
Cui prodest?
(che risuona da 41 anni nelle coscienze dei fedeli sconcertati e disorientati...)
prodest per avvicinarci ai "fratelli separati" e, per non essere più separati da loro, diventare come loro: il che significa 'sposare' le loro eresie (mensa e non altare, Cena e non sacrificio, ecc. ecc.)
RispondiEliminaGagliardo di nome e di fatto...ma si vede che è giovane, ha ancora molta strada da fare e...volendo dire una civetteria (non cattiveria su!) è probabile che monsignor Mauro Piacenza, Segretario della Congregazione per il Clero... non gli avrebbe fatto alcuna prefazione che equivale alla presentazione referente, se magari il giovane sacerdote avesse scritto qualcosa di diverso...
RispondiElimina^__^
Comprendo ciò che dice Dante Pastorelli, ma non si può pretendere neppure che il Papa si affacci dalla finestra e dica: "Ora basta, abbiamo scherzato, il Concilio è da oggi cancellato, ergo non c'è nessuna riforma liturgica, si ritorni alla Messa di sempre...."
^__^
Il problema non è neppure nel restauro come appunto dice Mic...perchè la devastazione delle Chiese NON si sta fermando, ergo l'intenzione è quella proprio di CANCELLARE LA TRADIZIONE LITURGICA DELLA CHIESA....
La stessa risposta "personale" del giovane sacerdote sulla forma antica dove dice:
Il mio parere personale è che, se il Santo Padre ha deciso di favorire, attraverso la sua decisione, quelli che desiderano celebrare o partecipare alla forma più antica del rito romano, coloro che non amano particolarmente tale forma – e quindi non desiderano personalmente avvalersi della facoltà concessa – non dovrebbero frapporre ostacoli all’attuazione di una normativa che, essendo stata emanata dalla Suprema Autorità, ha valore per tutta la Chiesa.
la trovo un pò grave perchè qui non si è capito che non si deve difendere semplicemente LA NORMATIVA DELLA SUPREMA AUTORITA' dal momento che lo stesso MP dice che NESSUNA AUTORITA' L'AVEVA ABROGATA...
quanto il fatto che il NOM, il quale senza il VOM NON ESISTEREBBE, non ha proprio alcun diritto sul VOM, ossia direbbero in tribunale civile: PERCHE' IL FATTO NON SUSSISTE...
IL NOM senza il VOM non esiste ^__^
Se si iniziasse a dire le cose come stanno forse si comprenderebbe che l'ospite (gradito o meno poco importa) NON è il VOM ma il NOM anche se il Papa l'ha dichiarato ORDINARIO...
Il VOM infatti seppur degradato per alcuni nella forma Straordinaria è di fatto quello che da vita e legalità al NOM, altrimenti si dovrà riconoscere che il NOM nasce dal nulla dopo il Concilio...
coerenza per coerenza, ciò che manca è il coraggio di dire dai tetti LA VERITA'...
Questo Prof Gagliari mi sembra affetto da cerchiobottismo. Dice e non dice, fa un passo avanti e uno e mezzo indietro. Inoltre ,almeno dalla intervista pubblicata, non mi sembra che dica niente di nuovo. Rimane quello che è: un prete del concilio, secondo me e non mi sembra che dica qualcosa di nuovo. Tutta roba risaputa espressa in curialese. Per il resto ottimo intervento di Pastorelli. Peter
RispondiEliminaal solito equlibrata e attenta e completa, Caterina.
RispondiEliminaGrazie, mi ha fatto bene quello che hai detto :)
e se ne dovrebbe tenere maggior conto
RispondiEliminaScrive CATERINA
RispondiEliminaComprendo ciò che dice Dante Pastorelli, ma non si può pretendere neppure che il Papa si affacci dalla finestra e dica: "Ora basta, abbiamo scherzato, il Concilio è da oggi cancellato, ergo non c'è nessuna riforma liturgica, si ritorni alla Messa di sempre...."
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Scusa, Caterina, ma quando mai ho detto cose del genere?
Se mi trovi un solo commento in questo blog o in fora in cui ho scritto e ai quali portavi il tuo contributo, prometto che non parteciperò più a nessun'altra discussione.
Mi sembra d'aver sempre sostenuto che il Papa non possa, per motivi di credibilità della Chiesa, dire: abbiamo sbagliato tutto. In una intervista a 30Giorni di qualche anno fa lo disse persino mons. Fellay.
Io ho solo detto, quando sono stato particolarmente severo, che il Papa avrebbe già dovuto, anche data la sua età, iniziare la riforma della riforma che ormai è diventato uno slogan come quello dell'ermeneutica della continuità.
Poi ho sempre affermato che la Messa NO dev'esser cattolicamente riformata, e devon esser chiariti i nodi, anche grossi, di certi testi conciliari e la lettura d'essi nel post-concilio, e che l'occasione in questo momento più propiazia sono i colloqui con la S. Pio X.
Ottimo Mons. Gagliardi! Vero interprete della ermeneutica della continuità applicata alla Sacra Liturgia, senza gli estremismi tipici dei progressisti e degli ultra-tradizionalisti. Mons. Guido Marini ha scelto davvero un ottimo collaboratore per il suo Ufficio.
RispondiEliminaE lo slogan continua. Si potrà parlar di continuità quando il NO sarà rinnovato e ristrutturato sulla traccia dell'antico.
RispondiEliminaIo preferisco i libri di Maldonado, Falsini e Farnes.
RispondiEliminaE quelli di LIALA no?
RispondiEliminaIl cerchiobottismo è imperante e questo don Mauro mi sembra un bonaccione poco pragmatico, per uscire dal cerchiobottismo bisogna seguire il percorso tracciato dal papa: il FEDERALISMO ecclesiale, E PLURIBUS una, sancta, catholica et apostolica!
RispondiEliminaCari saluti
Pippo
Caspita, ogni volta leggo commenti “autorevoli” e “qualificati”. Tutti sempre prodighi di indicazioni e di giudizi sul come risolvere i problemi. Ho notato che molti se ergono a maestri e maestrine detentori della verità assoluta; a giudici di questo o di quello e con le soluzioni sempre pronte in tasca…
RispondiEliminaMi sorge un dubbio: quanti dei commentatori ha studiato e conosce a fondo i testi e documenti pre e post conciliari per ergersi a maestri, talvolta perfino delle direttive del Papa? Infatti se il Papa afferma una cosa a favore della propria teoria è un Papa ottimo se invece ne dice una che non va a genio allora il Papa non ha il coraggio di dire la verità. Ricordo che il Papa non è il Papa di questo o di quel gruppo ma è il Papa di tutta la Chiesa. Sono convinto che in quanto a riforme o contro riforme, epurazioni di Concilii o no ne sappia più di me e più di noi tutti che commentiamo qui.
La mania di agire avventatamente a volte causa più danni che benefici. Il bisturi che si vuole mettere in mano al Papa bisogna usarlo con cautela e delicatezza quando si vuole operare con intelligenza per il bene di TUTTI! E il Papa questo lo sa molto bene. Mi fido di quello che fa e come lo fa.
Punto secondo: dare del “cerchiobottista” ad una persona che si è impegnata seriamente nello studio e che propone alla nostra attenzione il suo lavoro, mi sembra quanto meno un pregiudizio avventato e inqualificabile e privo di obiettività. Mi chiedo e chiedo a chi ha fatto critiche negative da quali gradini di quale facoltà è caduto per poter definire il lavoro di Gagliardi in questi termini?
Perché non provare invece a prenderle il testo e a leggerlo venti o trenta volte, studiarlo alla luce dei documenti della Chiesa e poi esprimere un giudizio più ponderato?
Giovanni