Papa Leone nel suo primo viaggio internazionale traccia una modalità diversa di interazione con i media e con i giornalisti
Queste parole di Papa Leone XIV, pronunciate all'Aeroporto di Beirut lo
scorso martedì 2 dicembre nel momento del congedo, incorniciano perfettamente
le esortazioni principali di questo suo primo Pellegrinaggio.Dal suo arrivo ad
Ankara in Turchia fino alla capitale del Libano, il Pontefice ha sottolineato
l'urgente bisogno di intraprendere il percorso della pace, “come scopo e come
metodo”, così come l'ecumenismo e il dialogo interreligioso. Sullo sfondo di
questo orizzonte, in ogni intervento Papa Leone ha fatto brillare sempre come
verità sostanziale l’unità fondamentale del genere umano e la paternità di Dio
che tocca ogni essere umano ribadendo, a più riprese, il totale e
incondizionato servizio della Chiesa per costruire ponti di unità, ovunque e
sempre.
In parole semplici, si può dire e sottolineare che questo primo
Pellegrinaggio fuori dall’Italia, undici mesi dopo l’ultimo di Francesco, è
stato un percorso pastorale bello e convincente. Programmato, allestito e
realizzato con grande senso del garbo e del limite, della fede e della
spiritualità, il viaggio dal primo all'ultimo giorno si è sviluppato senza
enfatizzazioni e colpi di scena mediatici.
La stampa di una
volta e quella di oggi
Forse questa è una delle spiegazioni sul
perché la stampa in generale ha fornito informazioni contenute e incomplete del
viaggio. Certo, la situazione mondiale del momento, in particolare nel caso
della guerra di aggressione russa contro l’Ucraina e le velleità della
singolare leadership statunitense in quei giorni, non lasciava molto spazio ad
altri eventi. Eppure Papa Leone in numerose occasioni si è pronunciato su
questioni che potevano essere lette come messaggi indirizzati anche ai
protagonisti della vicenda russo-statunitense-ucraina in corso. Al riguardo,
tra l’altro, il Santo Padre in alcuni momenti ha anche spiegato
retroattivamente alcune condotte della diplomazia vaticana in questi quasi
quattro anni di guerra tra Mosca e Kyiv e al tempo stesso ha rivendicato con
fermezza l’agire discreto e riservato della Sede Apostolica.
La freddezza, a volte una sorta di indifferenza spocchiosa, con cui una
parte importante della stampa ha reagito di fronte al viaggio di Leone in
Turchia e Libano sorprende anche perché essendo la prima trasferta
internazionale del nuovo Pontefice, a tanti osservatori e analisti è venuto
subito in mente il ricordo del primo Pellegrinaggio internazionale di Papa
Francesco, che ancora è vivo e presente in ambienti mediatici, in particolare
per la famosa frase sul “chi sono io per giudicare una persona gay?” (28 luglio
2013). A questo ricordo ne va associato un altro memorabile, vale a dire
l’esortazione indirizzata da Papa Bergoglio ai giovani della GMG “a fare
casino!”.
“L’ultimo
socialista”
E’ stato l’inizio di un curioso meccanismo alimentato a vicenda: la
stampa che plaude e inneggia al riformismo progressista di Papa Francesco, e
Papa Francesco che si attrezza per rispondere nella medesima linea alle
sollecitazioni mediatiche. E tutto ciò a prescindere dalla realtà riformatrice
inesistente. La frase “chi sono io per giudicare una persona gay?” non si
trasformò mai in cambiamenti veri, ma la stampa ha sempre ignorato la verità
sulla questione. Il Catechismo della Chiesa alla morte di Francesco diceva lo
stesso che era scritto quando Bergoglio venne eletto Vescovo di Roma. E ciò è
un solo piccolo esempio. Se ne potrebbero fare decine. Casomai la questione è
un’altra: molti annunci e parole e pochi fatti e successi.
A Papa Leone la
stampa ha riservato ovviamente un trattamento rispettoso ma superficiale
perché, usando una parola tipica del magistero di Papa Francesco, in questo
primo viaggio del Pontefice essa si è scoperta “decentrata”. Abituata alla
lettura bergogliana dei viaggi, con Papa Prevost la maggioranza degli operatori
mediatici si è trovata smarrita e a disagio. Troppa religione, troppe citazioni
bibliche, troppe materie complesse. Pur essendo giornalisti al seguito del Papa
di Roma, non pochi operatori sembrerebbero realizzare cosa sia il Vescovo di
Roma e a chi si rivolge, e soprattutto quale sia il messaggio che annuncia.
Forse questo
spiega la scarsità d’informazione sul viaggio di Papa Leone nonostante che con
lui c’erano 81 giornalisti e le 5 principali agenzie internazionali del mondo.
È curioso, e per certi versi stupefacente, che la stampa al seguito del Papa,
con alle loro spalle il sostegno degli editori e proprietari di questi mezzi
d'informazione, sia rimasta impigliata nell’area del l'“arianesimo di ritorno”
che filtra la parola del Pontefice con griglie di letture politiche e
sociologiche. Spesso le narrazioni di Papa Francesco venivano fatte coincidere
con una lettura o visione puramente laiche che finirono per profilare Jorge
Mario Bergoglio come incarnazione di una leadership mancante nel mondo intero,
il così chiamato “ultimo socialista”.
Riscrivere il
rapporto tra media e il Papa
Il 28 novembre,
rivolgendosi ai cattolici in Turchia, Leone ha fatto questa riflessione molto
calzante e opportuna: “Ma c’è anche un’altra sfida, che definirei come un
“arianesimo di ritorno”, presente nella cultura odierna e a volte tra gli
stessi credenti: quando si guarda a Gesù con ammirazione umana, magari anche
con spirito religioso, ma senza considerarlo davvero come il Dio vivo e vero
presente in mezzo a noi. Il suo essere Dio, Signore della storia, viene in
qualche modo oscurato e ci si limita a considerarlo un grande personaggio
storico, un maestro sapiente, un profeta che ha lottato per la giustizia, ma
niente di più. Nicea ce lo ricorda: Cristo Gesù non è un personaggio del
passato, è il Figlio di Dio presente in mezzo a noi, che guida la storia verso
il futuro che Dio ci ha promesso.”
Leone XIV, che sembra da numerosi indizi consapevole di questo dinamismo
tra Chiesa e media e anche delle difficoltà che bloccano una riscrittura o
riformulazione, ha agito imperterrito, con metodo e sincerità, nella sua
missione di fare il Papa. Anche in questo primo viaggio all’estero lo si è
visto comportarsi con sicurezza e decisione, persuaso del suo ruolo a
prescindere dalle reazioni mediatiche. È chiaro che non teme la stampa ma vuole
essere lui, personalmente, a stabilire le distanze e vicinanze. Con grande e
lucida sagacia evita tutto ciò che può essere presentato come “giornalisti più
vicini al Pontefice” o “giornalisti biografi”, e naturalmente non ha rubriche
telefoniche da usare per far circolare notizie ufficiose o molto attendibili.
Come si è visto, e come è già stato detto,
Papa Leone non desidera cedere alle esigenze dei media, legittime se oneste, e
dunque preferisce decidere lui stesso gli argomenti e tracciare la via
privilegiando le sue priorità e urgenze all’interno della propria visione della
Chiesa nel mondo attuale. Il Pontefice ha assoluta consapevolezza della
rilevanza dei media anche per la Chiesa e per il suo pontificato ma vuole
essere lui a dettare i tempi e le modalità.
Il suo magistero
in questo primo Pellegrinaggio internazionale, così come i suoi primi sette
mesi dall’inaugurazione del papato, confermano questa opzione.
Un nuovo stile e
un nuovo approccio
Infine, si
potrebbero fare altre numerose osservazioni sullo svolgimento del viaggio, sul
programma e sui messaggi indirizzati al popolo turco e al popolo libanese. Per
questioni di sintesi ne vogliamo sottolineare una sola, non piccola e sempre
attuale: il linguaggio.
Papa Leone XIV ha
usato frasi e parole puntuali e precise e così non ha mai lasciato spazio alle
interpretazioni o alle suggestioni che in passato sono state spesso motivi di
speculazioni giornalistiche prolungate e moltissime delle quali si sono rivelate
fantasiose come nel caso del “riformismo progressista”.
Due esempi di linguaggio cristallino e univoco
che il Papa ha usato parlando del Medio Oriente, prima su Israele e poi sul
Libano, e che hanno molto sorpreso il mondo diplomatico e non pochi governi:
** La Santa Sede già da diversi anni pubblicamente
appoggia la proposta di una soluzione dei due Stati. Sappiamo tutti che in
questo momento ancora Israele non accetta questa soluzione, ma la vediamo come
unica soluzione che potrebbe offrire – diciamo – una soluzione al conflitto che
continuamente vivono.
** Un accorato appello: cessino gli attacchi e le
ostilità. Nessuno creda più che la lotta armata porti qualche beneficio. Le
armi uccidono, la trattativa, la mediazione e il dialogo edificano. Scegliamo
tutti la pace come via, non soltanto come meta!”
Questo stile e approccio in diplomazia e politica internazionale sono un servizio alla verità e alla pace, alla trasparenza e all’amicizia. E così nessuno può appropriarsi della voce e delle parole del Papa per manipolare la sua autorità morale.
