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mercoledì 5 novembre 2025

Pessimo Percorso Sinodale CEI: a che punto siamo?

E' stato approvato, purtroppo a larghissima maggioranza, dall'Assemblea dei Delegati,  il pessimo documento del Percorso Sinodale CEI.
QUI, QUI, QUIQUI, QUI, QUI, QUI e QUI MiL, che ha dato in esclusiva l'anteprina. sulla notizia e il testo della Bozza.
QUI il testo integrale approvato.
Molti di questi vescovi sono "ipocredenti": un esempio fra tutti, ascoltare la terribile intervista (QUI e sotto il video assurdo e raccapricciante) del Vice Presidente Cei mons. Francesco Savino. 
QUI il videoCorrado Gnerre: "Quali sono le radici filosofiche e teologiche di affermazioni come quelle di monsignor Savino?".
Ora dovrà passare attraverso la Plenaria CEI (poi tutto verrà inserito in un documento di "Orientamenti"), speriamo che qualcuno si opponga.
Pensiamo sia utile pubblicarte una breve serie di documenti sul tema, invitando soprattutto i Vescovi a ribellarsi alla lobby gay all'interno della CEI (addirittura con delegati civiluniti con un uomo, o vestiti da donna, QUI MiL).
Luigi C.


Mi sento tradito.
Non servono giri di parole. Il documento «Lievito di pace e di speranza», presentato come «sintesi del cammino sinodale» in Italia, contiene elementi non consoni al Magistero della Chiesa. E, come tale, è irricevibile ed inaccettabile.

Il Catechismo raccomanda «rispetto, compassione, delicatezza» verso le persone con tendenze omosessuali (n. 2358). Chiede quindi di accoglierle, evitando «ogni marchio di ingiusta discriminazione».

Ma presenta anche le relazioni omosessuali come «gravi depravazioni» ed «atti intrinsecamente disordinati» (n. 2357). Dice chiaramente che «sono contrari alla legge naturale» ed «in nessun caso possono essere approvati», indicando la via della «castità», «padronanza di sé» e «preghiera» (n. 2359).

Mai il Catechismo si è sognato di chiedere «il riconoscimento delle persone omoaffettive e transgender», come fa la sintesi del cammino sinodale al paragrafo «La cura delle relazioni».

Tanto meno ha mai chiesto che «la Cei sostenga le Giornate contro l’omofobia e transfobia», che, tradotte dall’ecclesialese, sono poi i cosiddetti “Pride”.

Tutto ciò va contro la Sacra Scrittura, il Magistero e la Tradizione.

Non conta nulla che il documento sia stato approvato con 781 voti favorevoli su 809 in una consultazione di fedeli, che non è formalmente un Sinodo, né un pronunciamento della Cei.

E trovo presuntuoso anche il tentativo di mons. Erio Castellucci, presidente del Comitato Nazionale del cammino sinodale, di scaricare ogni colpa sulle «fuorvianti ricostruzioni» dei media.

L’adesione piena ed incondizionata alle istanze Lgbt da parte della “sintesi” recepisce altri passaggi imbarazzanti del testo, di stampo più “hegeliano” che cattolico.

Così suonano, ad esempio, la definizione di “sinodalità” e la concezione di Spirito Santo, proposte nel documento, qualificabili come una mera rilettura dialettica della storia.

Il tutto aggravato dalle estemporanee uscite di alcuni Vescovi in piena contraddizione con la morale cattolica, come nel caso del vicepresidente della Cei, mons. Francesco Savino.

In una recente intervista, egli ha rivendicato alle persone Lgbtq+ il «diritto» di «essere amate e di amare, anche a livello sessuale». Il che si oppone apertamente al Catechismo sopra citato.

Diciamo basta! Non possiamo più accettare che nella Chiesa cattolica trovino diritto di cittadinanza questi errori, che si accetti ciò che contrasta con Bibbia, Magistero e Tradizione!

Per questo ti chiedo di firmare la petizione promossa da Pro Italia Cristiana.

È indirizzata a tutti i Vescovi italiani, affinché affermino la vera Dottrina cattolica e non appoggino il peccato! Questo soprattutto su temi come l’omosessualità, ma non solo.

Perché tale petizione abbia sempre più forza, però, è necessario appoggiarla con una vasta campagna di sensibilizzazione.

Dobbiamo spiegare alla gente come stiano realmente le cose, quale sia la posta in gioco e chiedere a tutti di unirsi a noi, di dare forza alla nostra protesta e di ribadire la vera Fede!

È molto importante, anche perché il documento «Lievito di pace e di speranza» non esprime affatto, né intercetta il sentire dei fedeli cattolici e nemmeno il consenso del popolo di Dio.

Al di là di arbitrarie pretese, è soltanto il frutto di una sparuta minoranza, che pretende di parlare a nome di tutti, senza averne né l’autorità, né il diritto.

I cattolici, quelli veri e concreti, che pregano e vanno a Messa, non hanno mai delegato nessuno a rappresentarli, tanto meno in questo modo!

Trovo oltre modo significativo, invece, il fatto che la “sintesi” del cammino sinodale sia stata votata proprio lo stesso giorno dell’imponente pellegrinaggio Summorum Pontificum, pellegrinaggio al quale, secondo il vaticanista Edward Pentin, avrebbero partecipato almeno 5.000 fedeli.

Da una parte un manipolo di ignoti confezionava errori e perfino eresie, dall’altra una folla di cattolici partecipava alla S. Messa antica, celebrata dal card. Leo Burke nella Basilica di San Pietro.

Dove stia la Chiesa di Cristo appare evidente! Nel primo caso, come qualcuno ha notato, “il Verbo si è fatto carta”, nel secondo caso il Verbo si è fatto carne (Gv 1, 14).

Ora quel documento di sintesi dovrà essere votato dall’Assemblea Generale della Cei a metà novembre e già due Vescovi hanno espresso parere contrario.

Si tratta di mons. Giovanni Paccosi, alla guida della Diocesi di San Miniato, e di mons. Antonio Suetta, alla guida della Diocesi di Sanremo e Ventimiglia.

Ma molti altri prelati potrebbero muovere rilievi e critiche, richiedendo modifiche di alcune parti del testo, specie di quelle che pretendono di ridisegnare la morale sessuale.

Diamo loro forza! Come? È molto semplice, basta un click! Sottoscrivi anche tu la petizione promossa da Pro Italia Cristiana.



COMUNICATO STAMPA

Sinodo. Pro Vita & Famiglia: CEI non confonda accoglienza con approvazione. Gravi riferimenti a identità di genere

Pro Vita & Famiglia esprime viva preoccupazione per le recenti posizioni emerse nel dibattito ecclesiale italiano, culminato nella Terza Assemblea Sinodale, in particolare sul tema dell’accoglienza dei fedeli che si identificano come Lgbt.
Nonostante il chiarimento di monsignor Erio Castellucci, presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale, che ha spiegato che il documento non avalla – come titolato da alcuni organi di stampa – nessun tipo di Gay Pride, è comunque egualmente grave che i vescovi italiani abbiano parlato nel documento di «sessualità» in riferimento a «preadolescenti, adolescenti e giovani» ed è grave che lo stesso Castellucci abbia specificato l’intenzione di appoggiare le Giornate contro l’omofobia del 17 maggio e le veglie contro l’omobitransfobia, che dietro la scusa della giusta lotta alle discriminazioni si sono già in passato, più volte, rivelate essere momenti per avanzare richieste intrinsecamente contrarie al Magistero della Chiesa e al Catechismo della Chiesa cattolica, e che rischiano di legittimare pratiche come sessualità libera e fluida, transgenderismo, unioni omosessuali, adozioni per coppie dello stesso sesso, matrimonio egualitario e addirittura la pratica dell’utero in affitto.

La missione della Chiesa non è adattarsi alle mode culturali o politiche del momento, soprattutto quando mettono in pericolo la famiglia, il matrimonio e i giovani, ma accogliere, con misericordia, rimanendo fedele al proprio Magistero e alle Scritture. Lo stesso Papa Francesco disse più volte che «la teoria del gender è uno sbaglio della mente umana che crea tanta confusione» e che «c’è un grande nemico del matrimonio: la teoria del gender». Anche Papa Leone XIV, recentemente, ha affermato che la famiglia è solo quella formata da un uomo e da una donna e che «i contro-modelli di famiglia sono effimeri e deludenti».

Pro Vita & Famiglia invita dunque con rispetto ma con fermezza i Pastori della Chiesa italiana a rimanere saldi nel Magistero e nel Catechismo della Chiesa Cattolica, che insegnano ad accogliere ogni persona con amore e dignità, ma senza confondere la compassione con la legittimazione di comportamenti contrari alla legge morale naturale.

Così, in una nota, Antonio Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia onlus.


“Marginali”
26-10-25

Ho sentito che siamo stati definiti, noi che non approviamo il documento sinodale, “marginali”. Credo che non sia un criterio evangelico. Anche Gesù è stato parecchio marginale.
La questione della fede è una questione di salvezza per la vita eterna, la posta in gioco è terribile, è un mysterium tremendum et fascinans, essere nella maggioranza o nella minoranza è del tutto irrilevante. Anzi, il Vangelo parla di sale, lievito, un pizzico dentro una massa, quindi quando cominciamo a essere maggioranza ci dobbiamo iniziare a preoccupare.

Il criterio è solo la Verità. In questa ottica anche il concetto di sinodale mi lascia piuttosto perplessa. Io nella Chiesa cerco una guida per la mia vita e non qualcuno che mi accompagni per la via larga, quella riesco a prenderla anche da sola.
La critica di essere “marginali” rivela quella che è l’unica preoccupazione di chi ha scritto quella marea di pagine: essere al passo con il mondo, non indicare la via per la salvezza.


L’idea di famiglia di Leone XIV e del percorso sinodale italiano

Oct 27, 2025

Louis Martin (1823-1894) e Zélie Guérin (1831-1877), genitori di santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, sono stati canonizzati insieme nel 2015.
Nel decimo anniversario della loro elevazione agli altari, lo scorso 1° ottobre, papa Leone XIV ha inviato a mons. Bruno Feillet, vescovo di Séez, un ampio messaggio di cui vale la pena leggere i passi salienti.

«Delle vocazioni alle quali gli uomini e le donne sono chiamati da Dio, il matrimonio – dice il Papa – è una tra le più nobili e più alte. (…) Louis e Zélie hanno compreso che potevano santificarsi non malgrado il matrimonio, bensì attraverso, nel e con il matrimonio, e che le loro nozze dovevano essere considerate come il punto di partenza di un’ascesa a due.
La coppia santa di Alençon è quindi un modello luminoso ed entusiasmante per le anime generose che hanno intrapreso questo cammino o che hanno intenzione di percorrerlo, con il desiderio sincero di condurre una vita bella e buona sotto lo sguardo del Signore, nella gioia come nella prova.
Hanno assunto il loro dovere di stato nella normalità della vita quotidiana (…). Tuttavia, non bisogna farsi trarre in inganno: questa vita in apparenza “comune” era abitata dalla presenza a dir poco “straordinaria” di Dio, che ne era il centro assoluto. “Dio al primo posto” è il motto sul quale hanno costruito la loro intera esistenza».

«Ecco dunque – aggiunge Leone XIV – il modello di coppia che la Santa Chiesa presenta ai giovani che desiderano, forse con esitazione, lanciarsi in un’avventura così bella: un modello di fedeltà e di attenzione all’altro; un modello di fervore e di perseveranza nella fede, di educazione cristiana dei figli, di generosità nell’esercizio della carità e della giustizia sociale; un modello anche di fiducia nella prova…
Ma soprattutto, questa coppia esemplare testimonia l’ineffabile felicità e la gioia profonda che Dio concede, già qui sulla terra e per l’eternità, a coloro che si impegnano su questo cammino di fedeltà e di fecondità.
In questi tempi difficili e confusi, nei quali ai giovani vengono presentati tanti contro-modelli di unioni, spesso passeggere, individualiste ed egoistiche, dai frutti amari e deludenti, la famiglia così come l’ha voluta il Creatore potrebbe sembrare superata e noiosa. Louis e Zélie Martin testimoniano che non è così (…).
Che felicità riunirsi la domenica, dopo la messa, intorno al tavolo dove Gesù è il primo ospite e condivide le gioie, le pene, i progetti e le speranze di ognuno!
Che felicità questi momenti di preghiera comune, questi giorni di festa, questi eventi familiari che segnano il tempo!
Ma anche che conforto stare insieme nelle prove, uniti alla Croce di Cristo quando questa si presenta; e infine, che speranza quella di ritrovarsi un giorno riuniti nella gloria del cielo!
Care coppie, vi invito a perseverare con coraggio sul cammino, talvolta difficile e complicato ma luminoso, che avete intrapreso.
Prima di tutto, mettete Gesù al centro delle vostre famiglie, delle vostre attività e delle vostre scelte.
Fate scoprire ai vostri figli il suo amore e la sua tenerezza senza limiti, e sforzatevi di farlo amare a sua volta come merita: ecco la grande lezione che Louis e Zélie ci insegnano per il presente, e di cui la Chiesa e il mondo hanno tanto bisogno.
Come avrebbe potuto Teresa amare tanto Gesù e Maria – e poi trasmetterci una dottrina così bella – se non l’avesse imparato dai suoi genitori sin dalla più tenera età?».

Poche settimane dopo questo messaggio, il 25 ottobre, è stato approvato – con 781 “placet” su 809 votanti – dalla Terza assemblea sinodale, il Documento di sintesi della Conferenza Episcopale Italiana, dal titolo “Lievito di Pace e di Speranza”.
Il documento si presenta non come dottrinale ma come pastorale, e va giudicato soprattutto per il suo stile e il suo linguaggio, che dovrebbero essere chiari ed evangelici, ma risultano invece contorti e intrisi di spirito mondano.

Colpisce innanzitutto l’assenza di modelli positivi proposti ai giovani e alle famiglie.
Eppure, anche a non voler citare i coniugi Martin ricordati dal Papa, e limitandosi solo all’Italia, si sarebbero potuti ricordare come modelli i beati Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi, i venerabili Sergio Bernardini e Domenica Bedonni, i servi di Dio Ulisse Amendolagine e Lelia Cossidente, tutti vissuti nel XX secolo (cfr. La santità nelle famiglie del mondo, Libreria Editrice Vaticana, 2022).

Inoltre, si sarebbe potuta definire la famiglia cristiana – formata da un uomo e da una donna indissolubilmente legati per costruire una famiglia – come un luminoso modello per i giovani.
Non solo ciò non accade, ma nel paragrafo La cura delle relazioni della Parte I, i vescovi italiani propongono percorsi di «accompagnamento, discernimento e integrazione» per le «situazioni affettive e familiari stabili diverse dal sacramento del matrimonio», specificando che si tratta di «seconde unioni, convivenze di fatto, matrimoni e unioni civili, ecc.» (n. 30): ovvero quelle che Leone XIV chiama giustamente «contro-modelli», dai «frutti amari e deludenti».

Nel punto successivo si auspica che «le Chiese locali, superando l’atteggiamento discriminatorio a volte diffuso negli ambienti ecclesiali e nella società, si impegnino a promuovere il riconoscimento e l’accompagnamento delle persone omoaffettive».
Va sottolineata la sostituzione del termine “omosessuale” con “omoaffettivo” e l’applicazione del termine positivo “riconoscimento” a situazioni oggettivamente peccaminose.

Il linguaggio e lo spirito del documento sono ben diversi da quelli di Leone XIV.
Se il Papa, nel suo messaggio, esorta a mettere «Gesù al centro» e «Dio al primo posto», Gesù Cristo e Dio sono invece rigorosamente assenti dalla prospettiva sociologica e antropocentrica del testo approvato dai vescovi.

Lo sguardo non è rivolto a Cristo, ma al mondo, per benedirlo.

Nell’introduzione al documento, mons. Erio Castellucci, presidente del Cammino sinodale, sottolinea che in esso si trova «la storia e il senso del Cammino sinodale delle Chiese in Italia».
«In questi quattro anni – scrive il Vescovo – ci siamo ispirati al magistero di papa Francesco che, fin dall’inizio del percorso sinodale universale, ci esortò – richiamando Yves Congar – a fare non un’altra Chiesa, ma una Chiesa diversa, aperta alla novità che Dio le vuole suggerire».
Castellucci aggiunge che il documento «riporta la realtà di oltre duecento Chiese locali, con tutte le loro articolazioni», «comunità cristiane» che «non sono allo sbando».
Il riferimento alle duecento Chiese locali sembra una larvata minaccia di possibile ribellione al Papa, qualora contrastasse questo cammino.

Questa è la realtà che Leone XIV ha ereditato dal suo predecessore.

Ma cosa può fare oggi il Papa per arrestare un processo di auto-dissoluzione della Chiesa – che non è solo italiano ma planetario – iniziato non sotto papa Francesco, ma negli anni del post-Concilio?
Chi sono oggi i presidenti e i segretari delle Conferenze episcopali nel mondo? Chi sono gli oltre cinquemila vescovi residenziali? Chi sono gli oltre 400.000 sacerdoti che da questi vescovi dipendono, se non, in larga parte, uomini di Chiesa formati in seminari e università ecclesiastiche infette da relativismo e neo-modernismo, promossi in coerenza con queste dottrine, e che fanno parte di una catena di comando dalla quale, fino ad oggi, sono stati estromessi e marginalizzati i sacerdoti e i vescovi più fedeli all’insegnamento immutabile della Chiesa?

La domanda è accorata e va posta con il Rosario in mano, perché ciò che umanamente pare impossibile, può diventare possibile con l’aiuto di Dio che tutto può (Mt. 19, 26).


Nel forno del Sinodo, il rischio di bruciare il lievito

Dal “Lievito di pace e di speranza” alle decisioni concrete: la Chiesa italiana chiude il suo Sinodo tra entusiasmi, dubbi e la responsabilità di far crescere davvero la massa


27 Ottobre 2025

Centoventiquattro proposte per rinnovare la Chiesa italiana. Tutte approvate, con oltre il 95% dei consensi, insieme al Documento di sintesi Lievito di pace e di speranza, che raccoglie quattro anni di Cammino sinodale. È il risultato della terza e ultima Assemblea nazionale, riunita a Roma con più di ottocento delegati delle diocesi: un traguardo che segna la fine del percorso iniziato nel 2021 per volontà di papa Francesco e che ora passa nelle mani dei vescovi italiani.

Il documento, che sarà discusso ad Assisi dal 17 al 20 novembre nella prossima Assemblea generale della Cei, indica linee per una Chiesa più partecipata, attenta ai processi di ascolto, dialogo e corresponsabilità. Rafforzati gli organismi di partecipazione – in particolare i Consigli pastorali, che potranno diventare obbligatori – e confermato l’obiettivo di superare la logica del “si è sempre fatto così”, come ha ricordato il cardinale Matteo Zuppi nelle conclusioni dei lavori.

Non tutto però è passato senza dibattito. La proposta con il maggior numero di voti contrari (23%) è quella sul diaconato femminile, seguita da quella che invita la Cei ad aderire alle Giornate contro ogni forma di discriminazione, comprese quelle legate all’orientamento sessuale (20% di voti contrari). Dissensi anche sull’“equa remunerazione” dei laici impegnati stabilmente nei ministeri e sul nuovo ministero istituito della cura e dell’accompagnamento. Ma il clima, nel complesso, è stato di consenso e di soddisfazione.

Fin qui la cronaca. Ma resta una domanda di fondo: tutta questa mole di lavoro, questi incontri, queste parole – sapranno davvero diventare “lievito” capace di far fermentare la massa? (viene anche da chiedersi, a margine di questo, come siano stati selezionati i 900 delegati, sperando che rappresentino davvero tutta la Chiesa italiana e non criteri di autoreferenzialità, che sarebbero il contrario della sinodalità).

Colpiscono al proposito le parole di commento di monsignor Giovanni Paccosi, vescovo di San Miniato:

«Ho sentito in più punti la forzatura di far diventare richiesta di tutti ciò che era solo di pochi e la difficoltà di chi doveva votare, senza ormai poter più far distinzioni, articoli in cui c’erano, tutte insieme, proposte non omogenee e – è una mia valutazione – tendenziose».

Nel documento la parola “salvezza” compare quattro volte. Meno male: piuttosto che niente è meglio piuttosto. Ma il rischio che un aggiornamento pastorale perda di vista la salvezza delle anime – la suprema lex della Chiesa – non è mai del tutto scongiurato.

Tra “affiancamenti” e “accompagnamenti”, nelle pieghe di un “annuncio incarnato”, il Vangelo di ieri nella celebrazione domenicale ci riportava al cuore di tutto: il pubblicano che, consapevole del proprio limite, dice semplicemente “abbi pietà di me peccatore”. Ecco la domanda vera che viene spontanea di fronte alle pieghe del dibattito sinodale: come si può chiedere perdono se non si sa più cosa è il peccato?

Nel discusso numero 30 del documento, dove in varie proposte si parla di “riconoscere”, “accogliere” e “integrare” le persone in situazioni di unione diverse dal matrimonio, nonché le persone omoaffettive e transessuali, qualcuno intravede il rischio di uno slalom tra il peccato e la pacca sulla spalla, tra l’amore per tutti e l’inseguimento di un’agenda che poco ha a che vedere con la salvezza.

Adesso la palla passa ai vescovi. Toccherà a loro trasformare il lievito in pane buono: ci attendono altre assemblee, riunioni e commissioni. Speriamo che, nel farlo, non si finisca per bruciare l’impasto generale – perché dal forno esce già un po’ di fumo.


Sinodo: accoglienza o resa culturale? Riflessioni sui paragrafi 30 e 31 del Documento di Sintesi

Giancarlo Cerrelli Ott 26, 2025

Il Documento di sintesi del Cammino Sinodale della Chiesa italiana, recentemente pubblicato dalla CEI, rappresenta un passo importante nel percorso di ascolto e rinnovamento che la Chiesa si è data. È un testo ampio, che affronta molti temi cruciali per la vita ecclesiale. Tuttavia, nei paragrafi 30 e 31, dedicati all’accoglienza delle persone LGBTQ+, emergono alcune criticità che meritano di essere discusse con chiarezza.

Accogliere sì, ma non assorbire l’ideologia

Nel documento si parla di “riconoscere e accompagnare le persone omoaffettive e transgender” e di formare operatori pastorali e comunità affinché sappiano accogliere con sensibilità e rispetto.

Un’intenzione buona e evangelica, certo. La Chiesa deve essere casa per tutti e non può permettere che nessuno si senta escluso.

Ma l’accoglienza cristiana non è sinonimo di adesione acritica a visioni antropologiche e culturali che contraddicono il Vangelo.

Nella galassia LGBTQ+ convivono persone che vivono sinceramente un cammino umano e spirituale, ma anche agenti ideologici che mirano a spostare il sentire sociale — e, purtroppo, anche quello ecclesiale — verso la normalizzazione dei comportamenti omosessuali e transgender come se fossero pienamente compatibili con la visione cristiana dell’uomo e della famiglia.

Accogliere le persone non significa quindi normalizzare le pratiche o le ideologie. La Chiesa deve rimanere luogo di misericordia, non di confusione dottrinale.

Il rischio di un linguaggio ambiguo

Il documento insiste molto sull’“accompagnamento” ma tace quasi del tutto sul discernimento.

Si parla di ascolto, ma non si specifica che la Chiesa ascolta per annunciare, non semplicemente per assecondare.

Senza una chiara distinzione tra accoglienza e approvazione, si rischia di scivolare verso una pastorale senza verità, dove ogni esperienza viene automaticamente legittimata.

Questo silenzio non è neutro.

In un contesto culturale in cui la pressione per cambiare la dottrina della Chiesa su sessualità, matrimonio e famiglia è fortissima, un linguaggio ambiguo rischia di essere interpretato come una resa culturale.

Una Chiesa che accoglie, ma che guida

Il Vangelo mostra una Chiesa che accoglie, ma sempre per condurre all’incontro con Cristo e alla conversione del cuore.

Gesù accoglie i peccatori, ma dice anche: “Va’ e non peccare più.”

Se l’accoglienza diventa un fine a sé, slegata dalla verità, essa perde la sua forza salvifica e diventa soltanto un gesto umano, ma non cristiano.

È bene quindi che la Chiesa italiana, nel suo cammino sinodale, rifletta su un punto essenziale: come accogliere senza rinunciare a evangelizzare, e come testimoniare la carità senza oscurare la verità.

Conclusione

L’apertura verso chi si sente lontano è un segno di speranza. Ma l’accoglienza, per essere autenticamente evangelica, deve essere libera dall’ideologia e radicata nella verità dell’uomo.

Non si tratta di chiudere le porte, ma di aprirle in modo tale che chi entra incontri Cristo, non un adattamento culturale del cristianesimo.

Il Sinodo può essere un’occasione di rinnovamento spirituale, non un pretesto per ridefinire la fede secondo le mode del tempo.

La vera accoglienza è quella che ama la persona, ma non rinuncia a proporle la verità che salva.



Corriere della Sera – G.G.Vecchi: Apertura al mondo gay. Il passo della Chiesa

Domenica 26 Ottobre 2025 

Il sinodo, il documento

Apertura al mondo gay, il passo della Chiesa

di Gian Guido Vecchi

La Chiesa italiana apre al mondo gay. Il Sinodo della Conferenza episcopale italiana vota un documento per sostenere le giornate contro ogni forma di violenza, l’omofobia, il bullismo, il femminicidio.

Roma. All’inizio di aprile, il testo finale del Sinodo della Chiesa italiana era stato sepolto da una pioggia di emendamenti e interventi critici sia tra i conservatori sia tra i progressisti, vescovi e laici, e si era deciso di rinviare la votazione di sei mesi e nel frattempo riformularlo. Sei mesi più tardi il documento, intitolato «Lievito di pace e di speranza», è passato ieri con un voto quasi unanime, 781 sì su 809 votanti, il 96,5 per cento. E soprattutto sono passati a larga maggioranza i punti più controversi, nelle votazioni sui singoli paragrafi che hanno preceduto quella complessiva. A cominciare dalla proposta «che la Cei sostenga con la preghiera e la riflessione le “giornate” promosse dalla società civile per contrastare ogni forma di violenza e manifestare prossimità verso chi è ferito e discriminato (Giornate contro la violenza e discriminazione di genere, la pedofilia, il bullismo, il femminicidio, l’omofobia e transfobia, eccetera)», una delle proposizioni con più voti contrari ma passata comunque con 637 sì, il 77,5 per cento, contro 185 no.

Stesso discorso (672 favorevoli, 81,3 per cento, e 154 contrari) per il proposito di «superare l’atteggiamento discriminatorio a volte diffuso negli ambienti ecclesiali e nella società», e l’impegno «a promuovere il riconoscimento e l’accompagnamento delle persone omoaffettive e transgender, così come dei loro genitori, che già appartengono alla comunità cristiana».

I numeri sono tanto può significativi se si considera che il documento di sintesi è il frutto di un lavoro di ascolto che in quattro anni, a partire da parrocchie e gruppi, ha coinvolto 500 mila persone, e che all’Assemblea sinodale avevano diritto di voto, a scrutinio segreto, un migliaio tra laici e consacrati, uomini e donne in rappresentanza delle 226 diocesi italiane. L’arcivescovo Erio Castellucci, presidente del comitato sinodale, ha spiegato tra l’altro che la frase sulle «giornate» contro l’omofobia è stata «fraintesa» come fosse un «sostegno dei vescovi al Gay Pride», un’interpretazione «che alcuni nel votare possono avere assunto», mentre invece «si parla di giornate cui in buona parte la Chiesa italiana già aderisce con la preghiera e la riflessione».

Del resto i temi del documento, in 124 punti, spaziano su vari argomenti. Il punto più controverso, ma approvato con 625 sì e 188 contrari, è la proposta di approfondimento del diaconato femminile. Il documento chiede comunque di «garantire la presenza delle donne in ruoli di autorità e di guida» nelle strutture ecclesiali. Quanto agli abusi, si legge, «le Chiese locali collaborino con istituzioni e società civile per il sostegno delle vittime e dei familiari e per assicurare il corretto svolgimento di ogni fase dell’accertamento della verità dei fatti». In tema di pace, si parla anche di «una riflessione» sulla «natura» del servizio degli ordinari militari.

È la prima volta che la Chiesa italiana compie un percorso simile. «Ora compito dei Pastori è assumere tutto, individuare priorità», ha spiegato il cardinale Matteo Zuppi, presidente dei vescovi: «La prossima assemblea generale della Cei avrà proprio la discussione su questo documento come tema portante».



Dal Sinodo por gay solo sulla carta, il popolo sceglie la tradizione: “La simbolica coincidenza temporale del documento sinodale pro gay votato contemporaneamente al pellegrinaggio dei fedeli in Vetus ordo non svela due Chiese, ma semmai due frutti nella Chiesa da due alberi diversi. “(…) “No, il documento, per quanto presentato pomposamente come frutto della riflessione, del cammino, delle istanze della Chiesa italiana non è rappresentativo di nulla, salvo di una piccola e rumorosa ridotta di “addetti” ai lavori che non possono pretendere di parlare a nome dei cattolici per il semplice motivo che i cattolici che frequentano ancora la Messa domenicale non hanno chiesto di essere rappresentati in quel modo.” (…) E lo si è visto contemporaneamente al voto, proprio in San Pietro dove aveva termine con la Messa del Cardinal Leo Burke, il pellegrinaggio dei fedeli legati al Summorum Pontificum. Anche qui, i giornali non hanno potuto ignorare che, mentre i delegati dei vescovi erano rinchiusi sotto le luci al neon alle prese con le scartoffie solipsistiche dei documenti ecclesiali, figli della stagione dura a morire del “verbo che si è fatto carta”, i fedeli partecipavano a Messe e Vespri in rito antico, che la stagione di Papa Bergoglio ha confinato nel pregiudizio e nell’oscurantismo, ma che sabato si sono svelati in un momento di Chiesa che ha dato i suoi frutti durante la traversata nel deserto di questi anni. Giovani, famiglie, sacerdoti da tutt’Europa, legati non a istanze o paradigmi sociologici, ma animati solo da un ardore di vivere una fede piena nei sacramenti e nella dottrina di sempre, che si è simbolicamente contrapposto alle elucubrazioni nelle chiuse stanze del clericalismo alle prese con aperture alle ideologie come è quella Lgtbt+ che alcuni vescovi vogliono a tutti i costi imporre ai fedeli.