Laudetur Iesus Christus!
Colgo l’opportunità della Sua squisita ospitalità per
rivolgermi ai lettori del blog da Lei diretto con tanta sollecitudine
apostolica per esprimere il mio pensiero sulla Nota dottrinale emanata dal
Dicastero per la Dottrina della fede il 4 nov. u.s. intitolata Mater populi fidelis,
attributo felicemente introdotto nella pietà mariana. Il documento, articolato
in 80 paragrafi e frutto, come ivi dichiarato, di un lungo periodo di
preparazione, merita attenzione e, per la rilevanza del suo contenuto, una riflessione
ben più approfondita delle essenziali considerazioni che condivido. Tuttavia,
la reazione suscitata immediatamente e, fino a ora incessantemente, da parte
dei fedeli, dei quali mi faccio interprete, e di autorevoli opinionisti e
teologi richiede una sia pur provvisoria valutazione da quanti hanno a cuore la
teologia mariana, il bene delle anime, l’unità della Chiesa, la devozione al
Sommo Pontefice.
1.
Anzitutto, mi sembra inconsueto, nella Tradizione della
Chiesa, pubblicare questi documenti esclusivamente nelle principali lingue
moderne con inevitabili oscillazioni di comprensione. L’uso della lingua latina
per l’editio typica ha sempre garantito una rigorosa precisione e
un’auspicabile sobrietà a questo genere letterario dei documenti della Santa
Sede. In un certo senso, già questa carenza ne sminuisce l’autorevolezza.
Faccio appello al Dicastero per la dottrina della fede perché si avvalga di
latinisti competenti.
2. La Nota è qualificata come “dottrinale” e conseguentemente si presta a un’interpretazione teologica.
In questo solco mi muovo nell’elaborazione dei pensieri suscitati dalla lettura di Mater populi fidelis. Adopererò, pertanto, talvolta, una terminologia un po’ tecnica, da “addetti ai lavori”, proprio per sostenere la reazione sgomenta dei fedeli alle affermazioni più discusse del documento.3.
Mi pare che una distinzione non introdotta nel documento
nuoccia alla chiarezza dell’insegnamento. Altro è una dottrina, altro è la sua
definizione dogmatica. La prima può assumere la qualifica teologica di dottrina
communis et probanda, senza che intervenga l’altra. Proprio la
storia dei dogmi mariani mostra che, prima della definizione dogmatica, la
dottrina dell’Immacolata Concezione di Maria Santissima e della Sua Assunzione
in Cielo erano parte della fede professata da parte della Chiesa. Anche il
titolo di Corredentrice e quello di Mediatrice di tutte le grazie,
e/o suoi equivalenti, sono molto radicati nel popolo di Dio senza che vi sia
stata proclamazione del dogma. Forse, sarebbe stato più conforme all’equilibrio
che ha sempre caratterizzato l’insegnamento dei dicasteri romani introdurre
questa distinzione, precisando, come già vollero i Padri del Concilio Vaticano
II, che, se presentemente non appaiono maturi i tempi per una definizione
dogmatica in tal senso, come pure richiesto da non pochi fedeli, la dottrina ha
però una sua consistenza molto solida. D’altra parte, la risposta negative
del Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede del 21.02.1996 alla
petizione del movimento Vox populi Mariae Mediatrici, menzionata nella
Nota, riguardava proprio la definizione del dogma della Corredenzione mariana e
richiedeva un successivo approfondimento della dottrina.
4.
Il punto vulnerabile della Nota consiste nell’aver ignorato
la compattezza e la forza della dottrina sulla Corredenzione di Maria
Santissima e sulla Sua Mediazione in ordine all’ottenimento di tutte le grazie,
esposta da un numero così imponente di Santi, Dottori, Pontefici, richiamata
dal dibattito sorto negli ultimi giorni, che indebolisce la posizione esposta
nella Nota fino al punto da renderla difficilmente ricevibile nelle parti più
critiche perché impedisce il rationabile obsequium fidei di cui
parla il Concilio Vaticano II. Il consensus in eandem sententiam da
parte di Santi, Dottori, Pontefici è sempre stato accolto come norma sicura per
dichiarare una proposizione teologica tenenda. Si rimane pertanto del
tutto basiti come la Nota abbia – mi si consenta il termine – sfidato
l’autorevolezza di tanti testimoni della fede, appena ricordati di sfuggita in
alcune delle note a piè di pagina e, comunque, senza che vi siano menzionati
dottori della statura di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori e Santi come Luigi
Grignion de Monfort e Massimiliano Maria Kolbe, Santa Brigida di Svezia,
compatrona d’Europa.
5.
Proprio per questo motivo, la Nota, che pure fa costante e
apprezzabile riferimento alla Sacra Scrittura e alla sua lettura in ecclesia,
con dei passaggi decisamente belli in relazione all’iconografia, appare
tuttavia estranea alla mens e alla littera del Concilio Vaticano
II perché contraddice i principi di una sana interpretazione biblica enunciati
al n. 12 della Costituzione dogmatica Dei Verbum: l’analogia della fede,
che conduce ragionevolmente alla Corredenzione di Maria e alla Sua mediazione
per il conseguimento di tutte le grazie, e l’esegesi attraverso tutta la
tradizione della Chiesa.
6.
Un’altra considerazione mi ha indotto a ritenere questa Nota incoerente
rispetto al Concilio Vaticano II. I Padri Conciliari, non senza ampia
discussione, vollero esporre la dottrina mariologica nella costituzione Lumen
Gentium preferendo l’approccio ecclesiotipico a quello cristotipico. La
Beatissima Vergine Maria, sulla linea tracciata sublimemente dai Padri,
soprattutto quelli latini, come Sant’Ambrogio e Sant’Agostino, tanto caro
all’attuale Sommo Pontefice, è considerata simultaneamente portio potior
e summum exemplar della Chiesa, secondo l’adagio poi formulato
concisamente, come solo la lingua latina permette, vel Maria vel Ecclesia.
La Nota fa propria questa prospettiva ecclesiologica al n. 36. Ora, è la Chiesa
in primo luogo Corredentrice: chi potrà negare che, per volontà divina, essa,
mediatrice, amministra la grazia sacramentale che applica i frutti della
Redenzione? Ebbene, questa proprietà ecclesiale, proprio per effetto della communicatio
idiomatum tra la Chiesa, Vergine e Madre, e Maria Santissima, Vergine e
Madre, rende ancora più convincente il duplice titolo di Corredentrice e
di Mediatrice di tutte le grazie.
7.
Stabilita la “stonatura” di questo documento rispetto al
Concilio Vaticano II, vorrei prendere in esame i rapidi passaggi in cui la
Nota, senza entrare in tecnicismi linguistici evidentemente estranei al genere
letterario, fa riferimento al vocabolario greco del Nuovo Testamento. La parola
kecharitoméne, tradotta in italiano “piena di grazia”, è troppo rapidamente
evocata, pur avendo correttamente annotato, come già Origene e Tommaso d’Aquino
fecero, che tale titolo è nelle Sacre Scritture riservato solo a Maria
Santissima . Sarebbe stato meglio, a mio modesto avviso, tralasciare di
menzionarlo piuttosto che omettere di spiegarne tutte le conseguenze teologiche
che la filologia mostra e di analizzare l’eccedenza di senso di questo
participio perfetto medio-passivo di un verbo causativo, che, in nuce, contiene
tutte le meravigliose perfezioni mariane esplicitate dalla Chiesa, sotto
l’azione dello Spirito Santo, nel corso dei secoli. Anche “benedetta tu fra le
donne” n’è quasi un equivalente, anche se la Nota, pur citando le parole di
Santa Elisabetta, non lo spiega. La Graecitas biblica insegna che si
tratta di una forma superlativa del greco della koiné, dunque di quello
dell’epoca della formazione dei Santi Vangeli, che non esclude, dunque, ma
quasi postula un ruolo unico di Maria Santissima nell’opera della Redenzione. E
quale se non quello di Corredentrice?
8.
Già altri commentatori hanno annotato la inconsistenza di uno
degli argomenti adoperati dagli estensori della Nota, quello dell’opportunità
di evitare titoli teologici che abbisognano di spiegazione. Ora, tale argomento
andrebbe esteso ad altre espressioni de fide divina, a cominciare da Incarnazione
o a porzioni non irrilevanti di documenti del Magistero recente, come Fiducia
Supplicans. Eppure esse sono adoperate in ogni ambito del vissuto
ecclesiale, da quello liturgico a quello catechistico. Pertanto, salva
reverentia, non si può non ricavare l’impressione che gli estensori, nello
sforzo di cercare argomenti adversus, siano incorsi in uno svarione – e
questo può accadere a tutti – che potranno correggere nelle forme più
appropriate.
9.
Sono stato molto colpito dalla reazione dei fedeli a questa
Nota. E il sensus fidelium, secondo il Concilio Vaticano II, è dotato di
un “fiuto” finissimo per precedere il Magistero nell’esplicitazione delle
verità della fede. Sembra che si sia ripetuto quanto avvenuto nel V secolo,
quando i fedeli, scandalizzati dalla predicazione di un presbitero
constantinopolitano, sostenuto dal Patriarca Nestorio, che negava il titolo di Theotókos,
“Genitrice/Madre di Dio”, riferirono il fatto al Patriarca alessandrino
Cirillo. Di lì a pochi anni, nel 431, il III Concilio Ecumenico avrebbe
proclamato solennemente il dogma della Maternità divina, tra l’entusiasmo
incontenibile dei fedeli. Il Papa Giovanni XXIII, a distanza di secoli, volle
inaugurare il Concilio Vaticano II proprio l’11 ottobre, il giorno in cui,
secondo il calendario liturgico del 1962, si celebra la Maternità divina di
Maria Santissima. Chi sa che Dio, che sa riscrivere la storia, non permetterà
che nel prossimo 1600° anniversario di quel Concilio (431-2031) i dogmi della
Corredenzione di Maria Santissima e della Sua Mediazione universale di tutte le
grazie siano proclamati a gloria di Dio e della Sua Santissima Madre per il
bene e la salvezza delle anime?
10.
Auspico, dunque, che la Nota apra un rinnovato
approfondimento teologico e pastorale perché il duplice titolo di Corredentrice
e di Mediatrice di tutte le grazie sia mostrato in tutta la sua
bellezza e soprattutto in tutta la sua convenienza a una corretta cristologia,
purtroppo incrinata, nonostante le intenzioni degli estensori, proprio dalla
scelta infelice di bandirlo dalla predicazione e dalla catechesi. D’altra parte
va riconosciuto con grande apprezzamento che la cristologia sottesa alla Nota,
riecheggiando la mens della Dichiarazione Dominus Iesus del 2000,
ribadisca l’unicità della mediazione di Nostro Signore Gesù Cristo in ordine
alla Redenzione. La teologia delle religioni ne riceverà beneficio.
De aliis potius tacendum.
In Iesu et Maria obb.mo Sac. Prof. Roberto Spataro,
sdb – SThD, LittD
Past President “Salesian Theological
Institute Saints Peter and Paul” Ratisbonne – Jerusalem
Pontificia Academia Latinitatis
Autore del libro Appunti per una storia della mariologia
(Udine, 2014).
