Grazie a Francesco Capozza de Il Tempo per questa analisi su pessimo Documento sul Cammino Sinodale CEI.
QUI il testo integrale CEI.
Votino bene, i Vescovi e i delegati, il prossimo 25 ottobre.
Luigi C.
Francesco Capozza, Il Tempo, 21-10-25
«Errare humanum
est, perseverare autem diabolicum». Questa locuzione latina, peraltro da molti
attribuita a Sant’Agostino, si attaglia perfettamente a quanto sta accadendo in
questi giorni nella Conferenza Episcopale italiana, la quale si appresta, sabato
prossimo 25 ottobre, a (ri)votare un documento fortemente criticato da molti
vescovi e già bocciato in occasione del precedente Sinodo della Cei svoltosi
poche settimane prima della morte di Papa Francesco. Nei prossimi giorni
l’Assemblea sinodale dei Vescovi italiani presieduta dal cardinale Matteo Zuppi
persevererà nell’errore, discutendo e votando un testo pressoché identico a
quello che pochi mesi fa nella votazione finale del 3 aprile non era stato
approvato con una larghissima maggioranza di voti negativi (835 no su 854
votanti) facendo infuriare Bergoglio proprio negli ultimi giorni del suo
cammino terreno. Quella che si è verificata in aprile è stata una «rivolta
democratica» senza precedenti in seno alla Cei; mai, infatti, era accaduto che
un documento ufficiale predisposto dagli uffici della Conferenza Episcopale
italiana fosse bocciato con una così ferma e quasi totale levata di scudi. Dopo
la batosta monsignor Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Carpi e vicepresidente
Cei per l’Italia settentrionale che aveva presieduto i lavori di
quell’assemblea sinodale, cercò di sdrammatizzare sottolineando che «le
moltissime proposte di emendamento avanzate dai 28 gruppi di lavoro richiedono
un ripensamento globale del testo». In realtà, dopo la lavata di capo fattagli
da Papa Francesco, lo stesso Castellucci aveva fatto dietrofront facendo
filtrare l’intenzione di «non voler cambiare una virgola» di quel documento. Moltissimi
vescovi avevano criticato le parti del documento riguardanti donne, persone
omosessuali e transgender ritenendole «poco chiare e necessitanti di
un’elaborazione più approfondita». Proprio gli articoli 30 e 31 del testo, riguardanti
una «maggiore inclusività nella gestione dell’accompagnamento delle persone in
situazioni affettive particolari» come separati, divorziati e omosessuali e nel
«riconoscimento del ruolo delle donne» anche nella leadership della Chiesa erano
stati oggetto di feroci critiche mosse da gran parte dell’episcopato italiano. Eppure,
come riportato dal sempre informatissimo blog “Messa in Latino”, quando lo
scorso 15 ottobre i 220 vescovi “operativi” dell’assemblea sinodale hanno
ricevuto la bozza del nuovo documento che andrà in discussione questo sabato,
molte eccellenze sono saltate sulla sedia notando che il testo è praticamente
uguale al precedente e in particolare gli articoli 30 e 31 sono rimasti di
fatto inalterati. Il paragrafo 30 della nuova bozza esalta l’accoglienza di
«tutti, tutti, tutti», come voluto da Bergoglio, e suggerisce percorsi di «integrazione
per chi vive in unioni diverse dal sacramento del matrimonio, come le seconde
unioni o le convivenze». Come molti vescovi avevano già fatto notare
precedentemente, questa proposta si pone in aperta contraddizione con
l'insegnamento del Catechismo della Chiesa cattolica. Nondimeno, il paragrafo
31 dedicato alla «dimensione affettiva» spoglia la sessualità della sua natura
teologica e morale per ridurla a un mero campo di analisi psicologica e
sociologica. Di fatto, quindi, la dirigenza Cei a trazione zuppiana propone di
accogliere «todos, todos, todos» accantonando la radicata dottrina della Chiesa
e affidando eventuali «problematiche personali» a delle “realtà civili”, che è
in pratica come dire: accogliamo divorziati, risposati, gay e trans, al resto
ci penseranno gli psicologi. Non è chiaro perché il vertice della Cei si stia
ponendo così in contrasto con la nuova rotta tracciata da Papa Leone XIV ma è fuor
di dubbio che i rapporti personali tra Zuppi e Prevost - come Il Tempo ha
evidenziato precedentemente in altri articoli – siano ormai ai minimi storici. Voler
forzare la mano su un testo del genere proprio ora che Leone ha ripristinato
per sé stesso il titolo di «Primate d’Italia» abolito da Bergoglio nel 2020 è
un azzardo che potrebbe portare il pontefice a rivalutare l’idea di tenere
Zuppi a capo della Cei fino alla fine del mandato prevista nel 2027.

