Chiesa parrocchiale di Santa Maria Regina della Valle dell’arch. Guglielmo Carpentieri (anno 2019).
Dopo aver guardato con raccapriccio i risultati degli investimenti economici anche della Sede suburbicaria di Palestrina, ribadiamo la domanda: se lo meritano l’otto per mille?
L.V.
Descrizione del progetto: La riconoscibilità dell’edificio è affidata sia alle volumetrie compatte e monolitiche, che rendono il complesso autonomo rispetto al contesto rurale, sia alla posizione sopraelevata rispetto alla strada di accesso (circa 90 centimetri di dislivello). Il volume dell’edificio di culto, cruciforme, e il volume dei locali di ministero pastorale, a L, si dispongono attorno a un cortile interno, più riservato, luogo di incontro per gli abitanti della frazione. Sebbene non ci siano rimandi diretti al contesto, le linee semplici che generano tale matrice planimetrica rigorosa richiamano le direttrici ortogonali dell’insediamento. L’intero edificio è rivestito con intonaco bianco, posto unicamente in contrasto con il color antracite degli infissi: tale finitura ne accentua la presenza all’interno di un paesaggio urbano la cui edilizia risulta priva di forte carattere.
Seppur sintetizzato in un linguaggio semplice, il progetto del complesso – e, in particolare, dell’edificio di culto – tra richiami alla tradizione e forme più legate alla contemporaneità, presenta diverse contrapposizioni. All’austera facciata, infatti, si contrappone il segno accogliente dell’ingresso, caratterizzato da un deciso angolo stondato, che segnala l’invito a entrare nell’aula, attraverso un primo spazio di sosta che sottolinea il valore della “soglia”. Il portale, il cui rivestimento metallico contrasta in maniera netta con le superfici esterne, accompagna la verticalità della facciata. Tale verticalità è ulteriormente sottolineata dal campanile, che raggiunge un’altezza di circa 23 metri, inglobato nell’edificio di culto e generato dall’estrusione delle pareti che convergono nel vertice nord. Lineare e slanciato, si pone come simbolo per l’intera vallata. Un intaglio che richiama una croce svuota l’angolo nella parte sommitale, lasciando intravedere il castello campanario.
L’aula liturgica riflette, nella planimetria, la pulizia degli esterni. La tradizionale pianta a croce commissa è associata a un’abside appena accennata. L’ampiezza del transetto predomina rispetto a quella della navata principale: la larghezza dell’edificio in corrispondenza del transetto (24,50 m) quasi eguaglia la lunghezza della navata (23,90 m).
L’invaso dell’assemblea, che si sviluppa unicamente nel transetto, è illuminato da due ampie vetrate, a nord e a sud, laddove l’ingresso e il presbiterio sono illuminati da tagli stretti. L’illuminazione naturale è integrata con faretti posti in corrispondenza dell’orditura trasversale della copertura.
In adiacenza all’estremità destra del transetto è collocata la cappella feriale – un semplice volume a pianta rettangolare – separata dall’aula da un’ampia porta scorrevole, ma dotata anche di un accesso diretto dall’esterno. Dalla parte opposta dell’abside è collocata la sacrestia.
I parallelepipedi bianchi dell’edificio di culto nascondono una copertura inclinata in legno lamellare che da un’altezza minima di circa 7,50 metri in corrispondenza dell’ingresso principale, raggiunge, con andamento ascendente e profilo curvilineo, un’altezza massima di 12,10 metri in prossimità del presbiterio. Il manto della copertura è in tegole canadesi.
Gli intonaci bianchi delle pareti interne e il pavimento in gres porcellanato beige riflettono la luce proveniente dalle ampie aperture e dai numerosi tagli posti sulle pareti conferendo all’ambiente grande luminosità. In un interno quasi freddo e privo di essenza materica, il colore e la dimensione accogliente sono evocati alle vetrate policrome che illuminano l’area di ingresso e il luogo del Battesimo, nonché dalle essenze e dalla matericità del legno delle coperture e dei banchi, le cui tonalità sono richiamate anche dal Crocifisso e dalle formelle della Via Crucis.
L’aula liturgica è dotata di un impianto a pannelli radianti a pavimento, così da evitare l’installazione di apparecchi invadenti rispetto al contesto.
Le fondazioni e la struttura portante sono in calcestruzzo armato, con tamponature in blocchi di laterizio e finitura in intonaco bianco tinteggiato.
Il percorso verso il centro dell’azione liturgica si sviluppa attraverso una sequenza di spazi contraddistinti da intensità diverse, che trova origine all’esterno dell’edificio. Il passaggio attraverso tali spazi è infatti mediato da “filtri”, che convogliano i flussi delle azioni rituali tramite compressioni e dilatazioni, generando emotività molteplici.
Il primo, costituito dalla gradinata di accesso al sagrato, delle stesse dimensioni del portale e posta in asse rispetto alla facciata, permette di elevare il complesso dalla quota urbana: il superamento del limite ambientale consente di individuare una prima “soglia” che determina il confine tra lo “spazio sacro” e l’intorno, benché il primo faccia ancora parte del secondo. Tale limite definisce lo spazio di “protezione” e di “rifugio”, che diventa, in questo caso, anche uno spazio di relazione. Ulteriore filtro è il raccordo tra l’ampio sagrato e l’ingresso – o seconda “soglia” – resa plastica dallo smusso d’angolo del portale, che segnala l’invito ad entrare nell’atrio, mediando il passaggio tra esterno e interno, “significativo dell’accoglienza materna della Chiesa”. Il terzo, costituito dall’ampia area che precede il transetto, ancora libera dai banchi, è un ambito di attesa e preparazione alla celebrazione dei riti. A seguire il raccordo tra il transetto – vera e propria aula liturgica abitata dal popolo di Dio – e l’area presbiteriale, luogo del sacrificio eucaristico, che unisce gli spazi dove il “sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale partecipano dell’unico sacerdozio di Cristo” (Lumen Gentium 10). Infine l’ultimo, l’abside, di raccordo tra l’altare e “l’oltre”, a simboleggiare e ricercare la presenza di Dio.
Attraverso tali spazi, la tensione è gradualmente rivolta verso il luogo del sacrificio, convogliata dal movimento ascendente della copertura, che, con andamento curvilineo, raggiunge la quota più alta in corrispondenza del presbiterio, e, in particolare, dell’abside, a completare il collegamento dinamico che fa dell’edificio-chiesa una “icona escatologica”.
Descrizione tratta dalla pagina beweb.chiesacattolica.it.
Fotografie degli esterni:
Fotografie degli interni:

















C’è di peggio. Se non altro la croce è al centro. L’ambone andrebbe messo sulla stessa linea dell’altare, sul lato opposto della sede.
RispondiEliminaArchitetti e liturgisti sinistri ci provano gusto a dare il voltastomaco alle persone normali.
RispondiEliminaL'arte, gli stili artistici, l'architettura cambiano nel tempo, romanico, gotico, neoclassico, etc. etc. Ma cosa c'entra l'8 per mille?
RispondiEliminaA cosa serve la sez. "posta un commento" se poi scegliete quali pubblicare?
RispondiEliminaEvidentemente, la cosa più importante è non disturbare il manovratore. Se noti, vengono pubblicati commenti agghiaccianti, ma solo se sono a favore di tradizionalisti.
EliminaAnonimo 7.49
EliminaForse perché il sito non è suo, e chi lo gestisce evita di far circolare marea di idiozie.
Anonimo 13.13
Può indicare qual'è il 'commento agghiacciante'?
Non pensa forse pubblicate perché hanno 'più occhio' e sensibilità nei luoghi di Dio?
I miei qui si soffermano alla immagine nel tabernacolo. La mamma che alimenta, in modo diretto, i suoi piccoli... Sa dirmi perché questa immagine sul tabernacolo? Stessa modalità nel ricevere la comunione nella messa di rito antico, la Santa 'Madre' Chiesa che, amorevolmente nutre direttamente, fa crescere e custodisce così i suoi piccoli. Sa dirmi perché nella 'messa/chiesa moderna' ciò si è spezzato e non si è continuato a procedere come sempre e quanto viene rappresentata in questa immagine?
Per esempio, non mancano commenti di dileggio ai vescovi o al
EliminaPapa, altri in cui si incita alla violenza invitando ad andare sotto casa dei vescovi con i forconi, altri ancora in cui si dice che certe persone meritano delle martellate in testa. L’ultima perla è augurare la morte a uno che ha detto “ci manca Papa Francesco”.
Per me, questi fanno parte della “marea di idiozie” che la moderazione dovrebbe prevenire, ma, visto che sono stati pubblicati, immagino che i criteri di approvazione siano altri.