Papa
Leone e due vicende dirimenti per il suo pontificato:
il
caso Becciu e il caso Rupnik
▅▅▅ Sarà monsignor Alejandro Arellano Cedillo a presiedere, dal lunedì 22 settembre prossimo il collegio giudicante in appello - appunto, Corte d'Appello del Tribunale Vaticano - nel caso della condanna inflitta al cardinale Giovanni Angelo Becciu e altri 8 condannati nel primo grado del processo. Mons. Arellano Cedillo, Decano dal 2021 della Rota Romana, presbitero spagnolo, 63 anni (scheda Wikipedia) sarà assistito da altri giudici ecclesiastici e laici. (Motu proprio sull’ordinamento giudiziario del Vaticano – Papa Francesco 2020).
Il processo avrà luogo nella
nuova Aula del Tribunale Vaticano ricavata negli ambienti della antica Aula del
Sinodo nel Palazzo Apostolico. Papa Leone lo scorso 18 visitò questi locali.
Il
porporato è stato condannato il 16 dicembre 2023 a 5 anni e 6 mesi di
reclusione e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici (per peculato e
truffa aggravata relativi alla gestione dei fondi della Segreteria di Stato (compravendita
di un immobile a Londra). Ora è arrivato il giudizio definitivo e sarà la Corte
d’Appello a pronunciare una tale sentenza con il consenso del Papa.
Sono note ampiamente le oscure e complesse
irregolarità di questo processo che si possono elencare, come decine di
gravissime irregolarità messe in essere da Papa Francesco al Procuratore del
Tribunale passando per altre istanze e persone. La vera questione di questo
processo è lineare e lampante: non può essere accettato in nessun modo da
chiunque abbia a cuore sinceramente i diritti umani, lo stato di diritto e la
verità massima possibile oltre ogni ragionevole dubbio.
Questo processo imbastito contro il cardinale Becciu, in modo occulto,
da prima che il Papa dell’epoca, con uno studiato colpo di scena mediatico,
fece scrivere che il porporato aveva presentato la sua rinuncia (24 settembre
2020). Falso. Il cardinale sardo allora fu defenestrato per “peculato”, secondo
l’accusa, e “l’ira funesta” di Papa Bergoglio. Alcuni media italiani, e un
folto gruppo di giornalisti, presero parte attiva nel complotto così come altri
alti prelati collaboratori del Pontefice.
Dopo poco più di cinque anni, durante i quali uno dei più intelligenti,
preparati e fedeli uomini di Chiesa dell’ultimo quarto di secolo è stato
colpito da calunnie e menzogne, manipolazioni e discredito, senza un vero
diritto alla difesa, tocca ora a Papa Leone XIV prendere la decisione finale
sapendo che la scorciatoia della grazia non è utilizzabile perché lo stesso
“condannato” ha già detto che non la chiederà mai. Si spera, e si augura, che
il Pontefice prenda atto - e forse lo ha già fatto - che quella del cardinale
Becciu è una ferita sanguinante nel corpo della Chiesa poiché la maggioranza
dei cattolici ha percepito questa vicenda come frutto di manovre di potere,
ambizioni papali e corruzione. Questa stessa maggioranza di fedeli ha chiara
coscienza che il cardinale Becciu in quanto Sostituto della Segreteria di Stato
non ha mai mosso un foglio o firmato una ricevuta senza l’autorizzazione di
Papa Bergoglio, il quale con documenti insoliti, manipolazioni del Tribunale,
negazioni di autorizzazioni e amicizie sospette, si è tirato fuori da momenti
dove avrebbe dovuto lui, personalmente, chiarire la verità e diradare le ombre.
È
certo che Papa Leone sa molto bene che in questa vicenda non è in gioco il
prestigio o la credibilità di Papa Francesco. Questa questione la giudicherà la
storia guardando indietro la vita della Chiesa negli ultimi 20 anni. In questo
caso è in gioco la credibilità della Chiesa quando parla di dignità umana, di
diritto alla difesa, di presunzione d’innocenza, di sistema giudiziario,
insomma di essere un luogo dove la giustizia è veramente convinta che “i diritti dell’uomo sono i diritti di Dio”,
come insegnava s. Giovanni Paolo II.
▅▅▅ Intanto, il prossimo 27 ottobre saranno passati due anni da quando Papa Francesco fece sapere di aver derogato alla prescrizione di gravi reati sessuali dell'ex gesuita P. Marko Rupnik
affinché il Dicastero per la Dottrina della Fede esaminasse il caso per consentire lo svolgimento di un processo canonico. È il secondo processo canonico. Nel primo, alla fine, nel maggio 202o Rupnik fu scomunicato per aver concesso il perdono ad una sua complice insieme alla quale violarono il sesto comandamento. Poi, nel giro di pochi giorni, sempre nel mese di maggio, questa scomunica fu derogata, cosa che poteva fare solo il Papa.L’intera faccenda Rupnik,
cominciata trent’anni fa e che ha seguito da allora percorsi oscuri e occulti
grazie al potere e alla fama del mosaicista oggi espulso dai Gesuiti, artista
ricco e influencer anche nelle decisioni di alcuni Papi, a questo punto finale
è dirimente non solo per capire le condotte di Francesco ma anche per avere una
lettura precisa e chiara del pensiero di Papa Leone XIV in materia di abusi
sessuali, di potere e di coscienza. Sino a questo momento, Papa Prevost ha
parlato sulla questione e ha trasmesso il suo pensiero usando un linguaggio
puntuale e molto misurato al punto di aver richiamato su di sé alcune critiche.
In particolare quando si è detto che metteva sullo stesso piano vittime e
carnefici per i quali Leone ha chiesto misericordia e giustizia. Qui il
problema è questo: questo pensiero appare in una trascrizione della Sala stampa
vaticana della conversazione del Pontefice con i vescovi di nomina recente,
“vescovi in Paesi di missione” (giovedì 11 settembre). In questa stessa trascrizione
si attribuiscono al Papa queste parole: “Non possono essere messi in un
cassetto, vanno affrontati, con senso di misericordia e vera giustizia, verso
le vittime e verso gli accusati”.
Questa trascrizione di una
conversazione a braccio tra il Pontefice e i vescovi, che hanno fatto delle
domande, è una nota stampa vaticana ma che non si trova nel sito ufficiale che
riporta il magistero del Santo Padre. (Testo
del discorso pubblicato). Noi abbiamo pubblicato nella precedente Newsletter N° 84 la
nota ufficiale che trascrive la conversazione. Adesso in questa Newsletter N°
85 pubblichiamo integralmente quanto il Papa ha detto sugli abusi lo scorso 15
settembre nella Veglia di preghiera per la Consolazione.
Tra l'altro si sottolinea
che non abbia mai usato l'espressione di Benedetto XVI "crimine e
peccato" e che da “crimine abominevole” (di Francesco) Papa Leone sia
passato a parlare di “comportamento inappropriato”. Qualcuno considera che il
cambio di linguaggio possa essere anche un cambio di "percezione".
A molti attenti osservatori
però non inquieta lo stile, il linguaggio, il modo di esporre la problematica
che usa Leone XIV, molto diverso da Francesco che spesso in questa materia
faceva molta notizia più per le parole che per il contenuto seppure fermo e
definitivo. Le domande sulla questione pedofilia, così come la sta affrontando
pubblicamente il Papa, si pongono perché per alcuni sembrerebbe - dicono - di non
voler alimentare la doverosa denuncia accrescendo mediaticamente l’impatto
degli scandali. Secondo questi opinionisti c’è il rischio del malinteso e anche
della mala fede di coloro che in partenza non credono nella lotta contro la
pedofilia nel clero ritenuta impossibile di sradicare.
Papa Prevost, almeno fino
ad oggi, sembra avere un’ottica e una narrazione degli abusi di potere,
coscienza e sessuali più mite riguardo a quanto ci ha abituato Papa Bergoglio,
ma ciò appare rischioso per lui nel senso che può portare facilmente a letture
o interpretazioni errate e infondate.
Non pochi, in particolare
tra esperti e osservatori avveduti, ritengono che la conclusione del processo
canonico a Rupnik, inserito nel contesto di quanto abbiamo detto sopra, sarà
letto oltre ai suoi limiti naturali (le vicende di un prete famoso ritenuto
integerrimo) come una sorta di metro che indicherà come il Papa statunitense
pensa di affrontare la materia in modo complesso. Da ricordare che il
Pontefice, che guida la Chiesa da quasi cinque mesi, non ha avuto l’occasione e
i tempi per elaborare un suo modo di seguire e approfondire il magistero del
Papa precedente. Ad ogni modo le aspettative sono molte e decisive.
