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mercoledì 24 settembre 2025

Luis Badilla. "Papa Leone e due vicende dirimenti per il suo pontificato: il caso Becciu e il caso Rupnik"

Grazie a Luis Badilla per questa analisi sulle vicende Becciu e Rupnik.
QUI il post di MiL di ieri sull'istanza di ricusazione per il processo Becciu.
QUI i molti post di MiL sulla vicenda Rupnik.
Luigi C.

Papa Leone e due vicende dirimenti per il suo pontificato:

il caso Becciu e il caso Rupnik

▅▅▅ Sarà monsignor Alejandro Arellano Cedillo a presiedere, dal lunedì 22 settembre prossimo il collegio giudicante in appello - appunto, Corte d'Appello del Tribunale Vaticano - nel caso della condanna inflitta al cardinale Giovanni Angelo Becciu e altri 8 condannati nel primo grado del processo. Mons. Arellano Cedillo, Decano dal 2021 della Rota Romana, presbitero spagnolo, 63 anni (scheda Wikipedia) sarà assistito da altri giudici ecclesiastici e laici. (Motu proprio sull’ordinamento giudiziario del Vaticano – Papa Francesco 2020).

Il processo avrà luogo nella nuova Aula del Tribunale Vaticano ricavata negli ambienti della antica Aula del Sinodo nel Palazzo Apostolico. Papa Leone lo scorso 18 visitò questi locali.

Il porporato è stato condannato il 16 dicembre 2023 a 5 anni e 6 mesi di reclusione e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici (per peculato e truffa aggravata relativi alla gestione dei fondi della Segreteria di Stato (compravendita di un immobile a Londra). Ora è arrivato il giudizio definitivo e sarà la Corte d’Appello a pronunciare una tale sentenza con il consenso del Papa.

          Sono note ampiamente le oscure e complesse irregolarità di questo processo che si possono elencare, come decine di gravissime irregolarità messe in essere da Papa Francesco al Procuratore del Tribunale passando per altre istanze e persone. La vera questione di questo processo è lineare e lampante: non può essere accettato in nessun modo da chiunque abbia a cuore sinceramente i diritti umani, lo stato di diritto e la verità massima possibile oltre ogni ragionevole dubbio.

          Questo processo imbastito contro il cardinale Becciu, in modo occulto, da prima che il Papa dell’epoca, con uno studiato colpo di scena mediatico, fece scrivere che il porporato aveva presentato la sua rinuncia (24 settembre 2020). Falso. Il cardinale sardo allora fu defenestrato per “peculato”, secondo l’accusa, e “l’ira funesta” di Papa Bergoglio. Alcuni media italiani, e un folto gruppo di giornalisti, presero parte attiva nel complotto così come altri alti prelati collaboratori del Pontefice.

          Dopo poco più di cinque anni, durante i quali uno dei più intelligenti, preparati e fedeli uomini di Chiesa dell’ultimo quarto di secolo è stato colpito da calunnie e menzogne, manipolazioni e discredito, senza un vero diritto alla difesa, tocca ora a Papa Leone XIV prendere la decisione finale sapendo che la scorciatoia della grazia non è utilizzabile perché lo stesso “condannato” ha già detto che non la chiederà mai. Si spera, e si augura, che il Pontefice prenda atto - e forse lo ha già fatto - che quella del cardinale Becciu è una ferita sanguinante nel corpo della Chiesa poiché la maggioranza dei cattolici ha percepito questa vicenda come frutto di manovre di potere, ambizioni papali e corruzione. Questa stessa maggioranza di fedeli ha chiara coscienza che il cardinale Becciu in quanto Sostituto della Segreteria di Stato non ha mai mosso un foglio o firmato una ricevuta senza l’autorizzazione di Papa Bergoglio, il quale con documenti insoliti, manipolazioni del Tribunale, negazioni di autorizzazioni e amicizie sospette, si è tirato fuori da momenti dove avrebbe dovuto lui, personalmente, chiarire la verità e diradare le ombre.

          È certo che Papa Leone sa molto bene che in questa vicenda non è in gioco il prestigio o la credibilità di Papa Francesco. Questa questione la giudicherà la storia guardando indietro la vita della Chiesa negli ultimi 20 anni. In questo caso è in gioco la credibilità della Chiesa quando parla di dignità umana, di diritto alla difesa, di presunzione d’innocenza, di sistema giudiziario, insomma di essere un luogo dove la giustizia è veramente convinta che “i diritti dell’uomo sono i diritti di Dio”, come insegnava s. Giovanni Paolo II.

▅▅▅ Intanto, il prossimo 27 ottobre saranno passati due anni da quando Papa Francesco fece sapere di  aver derogato alla prescrizione di gravi reati sessuali dell'ex gesuita P. Marko Rupnik

affinché il  Dicastero per la Dottrina della Fede esaminasse il caso per consentire lo svolgimento di un processo canonico. È il secondo processo canonico. Nel primo, alla fine, nel maggio 202o Rupnik fu scomunicato per aver concesso il perdono ad una sua complice insieme alla quale violarono il sesto comandamento. Poi, nel giro di pochi giorni, sempre nel mese di maggio, questa scomunica fu derogata, cosa che poteva fare solo il Papa.

L’intera faccenda Rupnik, cominciata trent’anni fa e che ha seguito da allora percorsi oscuri e occulti grazie al potere e alla fama del mosaicista oggi espulso dai Gesuiti, artista ricco e influencer anche nelle decisioni di alcuni Papi, a questo punto finale è dirimente non solo per capire le condotte di Francesco ma anche per avere una lettura precisa e chiara del pensiero di Papa Leone XIV in materia di abusi sessuali, di potere e di coscienza. Sino a questo momento, Papa Prevost ha parlato sulla questione e ha trasmesso il suo pensiero usando un linguaggio puntuale e molto misurato al punto di aver richiamato su di sé alcune critiche. In particolare quando si è detto che metteva sullo stesso piano vittime e carnefici per i quali Leone ha chiesto misericordia e giustizia. Qui il problema è questo: questo pensiero appare in una trascrizione della Sala stampa vaticana della conversazione del Pontefice con i vescovi di nomina recente, “vescovi in Paesi di missione” (giovedì 11 settembre). In questa stessa trascrizione si attribuiscono al Papa queste parole: “Non possono essere messi in un cassetto, vanno affrontati, con senso di misericordia e vera giustizia, verso le vittime e verso gli accusati”.

Questa trascrizione di una conversazione a braccio tra il Pontefice e i vescovi, che hanno fatto delle domande, è una nota stampa vaticana ma che non si trova nel sito ufficiale che riporta il magistero del Santo Padre. (Testo del discorso pubblicato). Noi abbiamo pubblicato nella precedente Newsletter N° 84 la nota ufficiale che trascrive la conversazione. Adesso in questa Newsletter N° 85 pubblichiamo integralmente quanto il Papa ha detto sugli abusi lo scorso 15 settembre nella Veglia di preghiera per la Consolazione.

Tra l'altro si sottolinea che non abbia mai usato l'espressione di Benedetto XVI "crimine e peccato" e che da “crimine abominevole” (di Francesco) Papa Leone sia passato a parlare di “comportamento inappropriato”. Qualcuno considera che il cambio di linguaggio possa essere anche un cambio di "percezione".

A molti attenti osservatori però non inquieta lo stile, il linguaggio, il modo di esporre la problematica che usa Leone XIV, molto diverso da Francesco che spesso in questa materia faceva molta notizia più per le parole che per il contenuto seppure fermo e definitivo. Le domande sulla questione pedofilia, così come la sta affrontando pubblicamente il Papa, si pongono perché per alcuni sembrerebbe - dicono - di non voler alimentare la doverosa denuncia accrescendo mediaticamente l’impatto degli scandali. Secondo questi opinionisti c’è il rischio del malinteso e anche della mala fede di coloro che in partenza non credono nella lotta contro la pedofilia nel clero ritenuta impossibile di sradicare.

Papa Prevost, almeno fino ad oggi, sembra avere un’ottica e una narrazione degli abusi di potere, coscienza e sessuali più mite riguardo a quanto ci ha abituato Papa Bergoglio, ma ciò appare rischioso per lui nel senso che può portare facilmente a letture o interpretazioni errate e infondate.

Non pochi, in particolare tra esperti e osservatori avveduti, ritengono che la conclusione del processo canonico a Rupnik, inserito nel contesto di quanto abbiamo detto sopra, sarà letto oltre ai suoi limiti naturali (le vicende di un prete famoso ritenuto integerrimo) come una sorta di metro che indicherà come il Papa statunitense pensa di affrontare la materia in modo complesso. Da ricordare che il Pontefice, che guida la Chiesa da quasi cinque mesi, non ha avuto l’occasione e i tempi per elaborare un suo modo di seguire e approfondire il magistero del Papa precedente. Ad ogni modo le aspettative sono molte e decisive.