A Napoli San Charbel moltiplica l’olio dove la Messa in latino era stata cacciata per sempre. Don Lino Silvestri: «Il prodigio è avvenuto nelle mie mani, l’olio del santo non si esaurisce mai».
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Nel pomeriggio del 24 luglio 2025, nella chiesa di San
Ferdinando di Palazzo a Napoli — la stessa che ha custodito da sempre la
celebrazione della Messa in Rito Antico, sospesa col Covid e da lì proibita per
sempre —, durante la Messa in onore del monaco taumaturgo San Charbel Makhlouf,
il flacone dell’olio benedetto — usato per l’unzione di oltre 500 fedeli — si
sarebbe svuotato e poi riempito di nuovo. Il rettore, mons. Pasquale Silvestri,
ha messo per iscritto l’accaduto: «Il prodigio è avvenuto nelle mie mani.
L’olio del santo non si esaurisce mai. L’ampolla è sempre piena»; e ha
aggiunto: «Alla fine chiusi il flacone […] quando lo misi di nuovo nella
cassaforte, mi accorsi che era di nuovo pieno. Non potevo credere ai miei
occhi… non sono un fanatico di miracoli, ma in questo caso c’è stata produzione
di materia, è una cosa molto seria». Il sacerdote ha poi riferito di aver già
provveduto a segnalare l’evento alla postulazione del santo, come previsto dal
Diritto Canonico. (fonti: qui,
qui
e qui).
C’è una chiesa, a Napoli, che da secoli custodisce il cuore della
regalità dei sui antichi regnanti e della tradizione cattolica: San Ferdinando
di Palazzo. Per anni vi ha pulsato una vita liturgica profonda, segnata dalla
Messa in rito antico, celebrata da un coetus fidelium stabile, erede di
una tradizione ininterrotta che univa le pietre dell’edificio al respiro
millenario della Chiesa. Poi, improvvisamente, la porta si è chiusa: prima le
misure di prevenzione sanitaria imposte durante il Covid — volute e difese sotto
il pontificato di Francesco fino alla serrata delle chiese e alla negazione dei
sacramenti — poi la decisione del rettore, don Lino Silvestri, di cancellare la
celebrazione tridentina, “cacciando” quel gruppo di fedeli che lì aveva trovato
casa (cronaca dei fatti: qui).
Due ferite: la sospensione delle Messe nel momento di
maggior bisogno spirituale e l’allontanamento del rito più antico e sacro che
la Chiesa possieda, quello in cui il miracolo dell’eucaristia — il più grande
di tutti i prodigi — avviene coram Deo, nel silenzio adorante di un
popolo che sa ancora inginocchiarsi e non osa toccarlo con mani.
Eppure, proprio in quella stessa chiesa, con lo stesso
sacerdote, è accaduto un segno che rompe ogni logica di chiusura e paura: il
miracolo dell’olio di San Charbel. Il 24 luglio 2025, festa del taumaturgo
libanese, oltre cinquecento persone hanno ricevuto l’unzione con l’olio
benedetto alla sua tomba. L’ampolla, secondo la testimonianza prudente ma
chiara di mons. Silvestri, si è svuotata fino all’ultima goccia, per poi riempirsi
di nuovo, da sola, alla fine della distribuzione. Un fatto inspiegabile, avvenuto
davanti a centinaia di testimoni, che nessun comunicato ufficiale potrà mai
ridurre a suggestione.
Qui non c’è la logica dell’uomo, ma la potenza di Dio. Qui
non c’è la “prudenza sanitaria” che chiude le chiese, ma la carità
sovrabbondante di un santo che moltiplica l’olio come un tempo Cristo
moltiplicava i pani. Qui il Sacro torna a manifestarsi nonostante gli sforzi di
tenerlo ai margini, e lo fa in quel luogo stesso da cui era stata allontanata
la forma liturgica che più di ogni altra esprime la trascendenza: il Vetus
Ordo.
Questo miracolo è più che un segno di guarigione fisica: è
un monito. Ci ricorda che il Sacro non si può cancellare con un decreto, e che
l’olio che guarisce è lo stesso che unge i re, consacra i sacerdoti e prepara i
martiri. Ci dice che se abbiamo osato chiudere i tabernacoli e silenziare
l’altare, Dio può riaprirli con la forza disarmante di un prodigio. Un invito a
riaprire quelle porte, a rialzare coram Deo l’altare antico, a lasciare
che il mistero di Dio torni a splendere in tutta la sua potenza.
Roberto M.