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venerdì 29 agosto 2025

Lettera dall’Argentina / I giovani accorrono al pellegrinaggio tradizionale, ma la Chiesa non li accoglie

Altre persecuzioni contro i pellegrinaggi tradizionalisti, questa volta in Argentina.
"Tuttavia, i giovani pellegrini sono stati banditi dalla basilica di Luján. Non appena i primi hanno iniziato a entrare in chiesa, un giovane sacerdote del clero locale ha recitato il rosario davanti al Santissimo Sacramento, poi una frettolosa benedizione e questo è stato tutto. Così, quando sono arrivati ​​gli altri (alla fine, più di tremila giovani), tutto era già finito. Ricordo che il vescovo Jorge Scheinig di Mercedes-Luján ha vietato la celebrazione della messa tradizionale nella basilica nazionale alcuni anni fa (probabilmente dovrà cambiare la sua decisione a causa di una chiamata da Roma, che dovrebbe ricevere presto, si spera). Voleva dare alla chiesa, disse, un “profilo latinoamericano”".
E, sempre in Argentina, la messa "clown".
Luigi C.


Nei giorni scorsi si è svolto il pellegrinaggio di Nostra Signora della Cristianità al santuario di Nostra Signora di Luján. Circa tremila persone, in gran parte giovani e adolescenti, hanno camminato per tre giorni, percorrendo più di cento chilometri e dimostrando così la loro fede in Dio, la loro appartenenza alla Chiesa cattolica e la loro preferenza e devozione per la messa romana celebrata secondo il rito tradizionale, lo stesso rito a proposito del quale papa Benedetto XVI affermò: “Ciò che per secoli è stato sacro alla Chiesa, e che rimane vivo nella tradizione della fede e della preghiera, non può essere improvvisamente considerato invalido o, in ogni caso, dannoso”.
L’episcopato argentino sembra ignorare le parole di Papa Benedetto e la realtà concreta che si trova ad affrontare. Sebbene Francesco sia morto e sepolto, i vescovi intendono proseguire con l’ecclesiologia che ha lasciato loro in eredità, rifiutandosi di accettare che la “continuità assoluta” di cui molti di loro parlavano sia diventata nient’altro che un pio desiderio. Di certo non si arrenderanno facilmente e hanno giurato di resistere ai cambiamenti che già cominciano a farsi sentire a Roma. Non sarei molto ottimista riguardo a questa impresa: la caratteristica principale della casta episcopale argentina è la mediocrità, che di solito si accompagna alla sottomissione. Non vedo un Mindszenty o un Wyszyński tra i vescovi argentini. Sono stati scelti dal loro defunto padrino tra i margini del clero, e la loro mancanza di sostanza e di neuroni (e di gonadi) diventerà inevitabilmente evidente.

La verità è che i vescovi sono molto preoccupati per il pellegrinaggio a Nostra Signora della Cristianità, oggetto di discussione nelle recenti riunioni plenarie. Hanno anche cercato di interferire dando la caccia ai sacerdoti che vi partecipano (sono così clericali da non riuscire a concepire che si tratti di un’iniziativa totalmente laica) ed esercitando pressioni a destra e a manca, persino sui provinciali di ordini e congregazioni religiose, per impedire a studenti e insegnanti delle scuole cattoliche di unirsi al pellegrinaggio, minacciandoli di licenziamento. E non sto esagerando.

I vescovi hanno ragione a preoccuparsi. Sanno bene che per loro sarebbe impossibile attrarre migliaia di giovani pienamente impegnati negli ideali della fede cattolica, giovani che restano fedeli ai comandamenti nonostante le pressioni mondane e non aderiscono alla religione fuorviante e diluita che la Chiesa argentina propone da diversi decenni. La “pastorale giovanile” dell’episcopato argentino è un clamoroso fallimento, e gli esempi non mancano: basta chiedere al vescovo Gabriel Barba quanti giovani è riuscito a radunare nella sua “Messa dei giovani” musicale che ha celebrato nella cattedrale di San Luis: solo chitarristi e una manciata di anziani. Oppure chiedete a qualsiasi diocesi del Paese, sia nella capitale sia all’interno, quanti giovani radunano nei loro incontri settimanali. Meno di una manciata a testa.

Il pellegrinaggio alla Madonna della Cristianità, in Argentina come in Francia e Spagna, non è più un fenomeno minoritario. E non solo per la sua inarrestabile crescita annuale, ma anche per il costante declino e la sterilità della pastorale progressista e bergogliana. Ma, come quegli irresponsabili che peccano contro lo Spirito Santo, i vescovi persistono nel chiudere gli occhi e nel negare la realtà. Parlo dei vescovi perché un buon numero di sacerdoti sta aprendo gli occhi e, con discrezione e prudenza, come consigliano il Vangelo e il buon senso, si sta unendo al movimento tradizionale. Non siamo più una minoranza. Loro lo sanno, e dobbiamo abbandonare il complesso con cui conviviamo da decenni.

Tuttavia, i giovani pellegrini sono stati banditi dalla basilica di Luján. Non appena i primi hanno iniziato a entrare in chiesa, un giovane sacerdote del clero locale ha recitato il rosario davanti al Santissimo Sacramento, poi una frettolosa benedizione e questo è stato tutto. Così, quando sono arrivati ​​gli altri (alla fine, più di tremila giovani), tutto era già finito. Ricordo che il vescovo Jorge Scheinig di Mercedes-Luján ha vietato la celebrazione della messa tradizionale nella basilica nazionale alcuni anni fa (probabilmente dovrà cambiare la sua decisione a causa di una chiamata da Roma, che dovrebbe ricevere presto, si spera). Voleva dare alla chiesa, disse, un “profilo latinoamericano”.


Quello stesso giorno, pochi chilometri più a Est, padre Adrián González, sacerdote salesiano e parroco del Sacro Cuore di Gesù in Alta Gracia, stava celebrando la messa, o qualunque cosa fosse, vestito come potete vedere nella fotografia qui accanto. Riceverà forse qualche rimprovero dall’arcivescovo di Córdoba, la vedova madre cardinale Ángel Rossi? Certamente no. Nella Chiesa argentina si può fare qualsiasi sciocchezza. Nella basilica di Luján si possono celebrare messe transgender e messe peroniste militanti; si possono celebrare messe con chitarre e grancasse, e anziane signore possono sfilare in mini-camici, distribuendo benedizioni con l’acqua santa ai poveri fedeli che vengono a farsi benedire le immagini e i santini. Ciò che non si può fare è accogliere tremila pellegrini come figli di Dio dopo tre giorni di cammino, e tanto meno esaudire il loro desiderio di celebrare la messa come facevano i nostri antenati. Per il vescovo Scheinig e i suoi colleghi mitrati, “ciò che per secoli è stato sacro per la Chiesa” non è più valido, anzi è dannoso.