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venerdì 8 agosto 2025

Dio non è politicamente corretto. Per questo lo censurano. La Lettura di Domenica 3 Agosto 2025: Col 3,1-5.9-11

Grazie ad Investigatore Biblico per le sue analisi sulla Letture Novus Ordo.
Luigi C.

31-7-25

La seconda Lettura di Domenica 3 agosto 2025 ci propone un brano della Lettera ai Colossesi, precisamente Colossesi 3,1-5.9-11. È un testo denso, attraversato da quell’urgenza apostolica che non grida ma persuade, che non si impone ma invita ad alzare lo sguardo, a cercare “le cose di lassù”, là dove è Cristo, nostra vita, nostra speranza, nostra verità.
È una lettura che ci mette davanti all’essenziale: siamo chiamati a spogliarci dell’uomo vecchio per rivestirci dell’uomo nuovo, secondo l’immagine del Creatore. È un cammino di conversione che inizia con lo sguardo e finisce con le scelte concrete. San Paolo, in questa pagina, non lascia spazio a equivoci: vivere secondo Cristo significa anche dire dei no, assumere una vigilanza interiore, discernere ciò che, come dice, “è della terra” — la fornicazione, l’impurità, le passioni, i desideri cattivi e la cupidigia, che è idolatria.
A questo proposito, ho avuto modo di scrivere altrove — e rimando volentieri a quell’articolo — circa un errore di traduzione (o omissione) che si trova nella Bibbia CEI del 2008 proprio su questo versetto 5, dove l’elenco dei peccati soffre di una resa ambigua, che rischia di oscurare la forza e la chiarezza del testo originale greco qui (Indizio n.69 Bibbia CEI 2008: “La strategia del depistaggio dei traduttori: cambiare il nome ai peccati. Lettera ai Colossesi – parte II” di INVESTIGATORE BIBLICO – Investigatore Biblico). Non si tratta di pignoleria filologica, ma del rispetto dovuto alla Parola, perché ciò che Paolo nomina con precisione non può essere sfumato da traduzioni troppo accomodanti. Nominare correttamente il male è il primo passo per vincerlo.

Ma più ancora colpisce un’altra assenza, più grave e più difficile da giustificare: la Liturgia di questa domenica, infatti, omette il versetto 6. È un versetto breve, ma affilato come una spada: “A motivo di queste cose l’ira di Dio viene su coloro che gli disobbediscono”. Non si leggerà, non si ascolterà. Resterà escluso, come se si volesse attenuare qualcosa che, invece, va compreso con serietà e profondità.

Perché si è scelta questa omissione? Forse per non turbare, forse per non urtare una sensibilità contemporanea che mal sopporta il linguaggio dell’“ira di Dio”. Si vuole evitare ogni riferimento a un Dio che giudica, che si oppone, che punisce. Ma questo silenzio non è senza conseguenze. Tagliare un versetto è tagliare una parte della rivelazione. E quando si taglia la Parola, si taglia anche qualcosa nella coscienza del credente. Si finisce per proporre un Vangelo mutilato, rassicurante ma privo della sua forza profetica.

San Paolo non parla dell’ira di Dio come se si trattasse di un accesso d’ira umana, capricciosa o vendicativa. L’ira di Dio, nella Scrittura, è la sua radicale opposizione al male, al peccato che distrugge l’uomo, che lo rende schiavo, che lo separa dalla comunione con Lui e con gli altri. L’ira di Dio è, per così dire, la forma che assume il suo amore quando si trova di fronte alla ribellione e all’indurimento. Tacerlo non è un atto di misericordia, ma una forma di censura spirituale.

Il credente adulto, che ascolta la Parola nella verità e nella libertà, ha diritto a riceverla intera. Anche quando ferisce. Anche quando inquieta. Perché solo una Parola che ci mette in crisi è una Parola che salva. La liturgia, luogo privilegiato dell’incontro con Cristo, non può diventare luogo della selezione o dell’attenuazione. Come il medico che non nomina la malattia per non spaventare il paziente, si finirebbe per impedirne la guarigione.

San Paolo non ci parla per condannare, ma per scuotere. Il suo tono non è mai quello dell’imprecazione, ma della passione per l’uomo redento da Cristo. Lasciamo che la Parola ci raggiunga così com’è, senza riduzioni. È lì, in tutta la sua interezza, che si cela la forza dello Spirito che converte i cuori e rinnova la vita.