Grazie a Sandro Magister per queste interesssanti riflessioni.
Luigi C.
3-7-25
A quasi due mesi dalla sua elezione è ormai certo che il primo obiettivo che papa Leone affida alla Chiesa è “tornare alle fondamenta della nostra fede”, al “kerigma” originario, all’annuncio di Gesù Cristo agli uomini, “rinnovando e condividendo” la missione degli apostoli: “Ciò che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi” (1 Giovanni 1,3).
“Questo è il primo grande impegno che motiva tutti gli altri”, ha detto Leone ai vescovi della conferenza episcopale italiana, da lui ricevuti in udienza il 17 giugno.
Ma con una seconda priorità irrinunciabile, così da lui formulata:
“Ci sono poi le sfide che interpellano il rispetto per la dignità della persona umana. L’intelligenza artificiale, le biotecnologie, l’economia dei dati e i social media stanno trasformando profondamente la nostra percezione e la nostra esperienza della vita. In questo scenario, la dignità dell’umano rischia di venire appiattita o dimenticata, sostituita da funzioni, automatismi, simulazioni. Ma la persona non è un sistema di algoritmi: è creatura, relazione, mistero. Mi permetto allora di esprimere un auspicio: che il cammino delle Chiese in Italia includa, in coerente simbiosi con la centralità di Gesù, la visione antropologica come strumento essenziale del discernimento pastorale. Senza una riflessione viva sull’umano – nella sua corporeità, nella sua vulnerabilità, nella sua sete d’infinito e capacità di legame – l’etica si riduce a codice e la fede rischia di diventare disincarnata”.
Occorre tornare al magistero di Benedetto XVI e Giovanni Paolo II – e alla conferenza episcopale italiana di quegli anni, retta dal cardinale Camillo Ruini – per ritrovare una pari centralità data alla “visione antropologica“.
Ma non è tutto. Ricevendo in udienza pochi giorni dopo, il 21 giugno, una folta rappresentanza di uomini politici di tutto il mondo, in occasione del Giubileo dei governanti, papa Leone ha chiesto loro di “non escludere a priori, nei processi decisionali, la considerazione del trascendente” e, anzi, di “cercare in esso ciò che accomuna tutti”, ossia quella “legge naturale, non scritta da mani d’uomo ma riconosciuta come valida universalmente e in ogni tempo, che trova nella stessa natura la sua forma più plausibile e convincente”.
Di questa “legge naturale”, ha aggiunto il papa, “già nell’antichità si faceva autorevole interprete Cicerone”, che così ne scriveva nel “De re publica” (III, 22):
“La legge naturale è la diritta ragione, conforme a natura, universale, costante ed eterna, la quale con i suoi ordini invita al dovere, con i suoi divieti distoglie dal male […]. A questa legge non è lecito fare alcuna modifica né sottrarre qualche parte, né è possibile abolirla del tutto; né per mezzo del Senato o del popolo possiamo affrancarci da essa né occorre cercarne il chiosatore o l’interprete. E non vi sarà una legge a Roma, una ad Atene, una ora, una in seguito; ma una sola legge eterna e immutabile governerà tutti i popoli in tutti i tempi”.
Anche qui occorre tornare e Benedetto XVI e ai predecessori per ritrovare un pari “riferimento imprescindibile” alla “legge naturale” come alla “bussola con cui orientarsi nel legiferare e nell’agire, in particolare su delicate questioni etiche che oggi si pongono in maniera molto più cogente che in passato, toccando la sfera dell’intimità personale”.
La Dichiarazione universale dei diritti umani approvata dalle Nazioni unite nel 1948, ha aggiunto Leone, è stata anch’essa un riflesso di questo “patrimonio culturale dell’umanità”, in difesa della “persona umana nella sua inviolabile integralità” e “a fondamento della ricerca della verità”.
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“Visione antropologica” e “legge naturale” tornano dunque ad essere con tutta evidenza, con papa Leone, elementi chiave della missione della Chiesa nel mondo.
Quello che è meno noto è che entrambi questi capisaldi sono stati oggetto di due recenti e importanti documenti di studio emessi dalla Santa Sede: il primo pubblicato nel 2009 dalla Commissione Teologica Internazionale col titolo: “Alla ricerca di un’etica universale: nuovo sguardo sulla legge naturale”; e il secondo pubblicato nel 2019 dalla Pontificia Commissione Biblica col titolo: “Che cosa è l’uomo? Un itinerario di antropologia biblica”.
Il primo di questi due documenti è stato progettato e scritto nei primi anni del pontificato di Joseph Ratzinger e corrisponde in pieno alla sua visione teologica, filosofica e storica, con una ricostruzione attenta della nascita, dello sviluppo e delle controversie che hanno accompagnato il cammino della “legge naturale” nella vicenda dell’umanità e nei diversi contesti religioni e culturali, dalle origini oggi.
Il secondo è invece stato prodotto durante il pontificato di papa Francesco da una commissione di valenti biblisti coordinata dal gesuita Pietro Bovati, ma curiosamente è stato di fatto ignorato da Jorge Mario Bergoglio e ancor meno offerto al grande pubblico. Ancor oggi esso è disponibile nell’archivio web vaticano nelle sole lingue italiana, spagnola, polacca e coreana, nonostante si tratti di un testo di avvincente lettura, che per definire che cosa è l’uomo secondo le Sacre Scritture prende come fondamento il meraviglioso racconto della creazione di Genesi 2–3 e ne ripercorre le riprese e gli sviluppi tematici prima nei libri della Torah e poi nei profeti e negli scritti sapienziali, con una particolare attenzione ai Salmi, per arrivare infine al loro compimento nei Vangeli e negli scritti degli apostoli.
Leone XIV non ha finora citato né l’uno né l’altro documento, ma sicuramente li conosce e li apprezza entrambi, vista la centralità che accorda ai temi cui sono dedicati.
Quello sulla legge naturale è leggibile nel sito web della Santa Sede nelle principali lingue. Mentre di quello sull’antropologia biblica – di dimensioni imponenti, pari a un libro di oltre 350 pagine – sono riprodotti qui di seguito tre brevi ma illuminanti passaggi.
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