Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera 1215 bis pubblicata da Paix Liturgique il 31 maggio, in cui si riporta un articolo apparso inizialmente sulla rivista Zentromag (zentromag@gmail.com) e poi pubblicato il 20 maggio sul sito Le Nouveau Présent (QUI).
Su un argomento tristemente attuale, l’eccellente testo riassume molto bene la strategia adottata dai sostenitori della cultura della morte e mette in evidenza tutte le derive già osservate in altri Paesi.
L.V.
L’eutanasia sta per essere depenalizzata in Francia. Quest’estate, il Comité consultatif national d’éthique pour les sciences de la vie et de la santé [Comitato consultivo nazionale di etica per le scienze della vita e della salute: N.d.T.], che si era sempre opposto con fermezza all’eutanasia, ha espresso un parere favorevole, come se l’etica potesse cambiare nel tempo. Un comitato cittadino fittizio ratificherà la decisione. È in atto un cambiamento epocale.
Di cosa si parla esattamente quando si parla di eutanasia? I suoi sostenitori tengono tutti lo stesso discorso. Si tratterebbe di un suicidio assistito per persone anziane affette da una patologia incurabile che causa loro sofferenze atroci. L’eutanasia rispetterebbe quindi la libertà del malato e il suo diritto a morire con dignità. Di conseguenza, chi si oppone all’eutanasia è contrario alla libertà e al diritto di disporre del proprio corpo: si riconoscono subito l’estrema destra e i Cattolici integralisti. Segue inevitabilmente il reportage strappalacrime sulla signora Michelle, 95 anni, divorata da un cancro che la fa contorcere dal dolore e che implora i medici di porre fine alle sue inutili sofferenze.
Questo è il discorso, l’immagine, la propaganda. La realtà è molto diversa. Il quotidiano La Croix, favorevole all’eutanasia, ha pubblicato il 5 aprile un sondaggio secondo cui il 75 per cento dei Francesi è favorevole all’eutanasia. Tuttavia, nelle unità di cure palliative, i risultati sono ben diversi: l’85 per cento degli operatori sanitari e il 97 per cento dei malati sono contrari. In altre parole, nella realtà, sono le persone sane e quelle che non sono coinvolte a essere favorevoli all’eutanasia. La madre Michelle che chiede di morire non è l’immagine reale della richiesta di eutanasia; presentare l’eutanasia sotto questa luce è fuorviante.
Inoltre, considerare l’eutanasia come l’uccisione di una persona anziana affetta da una malattia incurabile e dolorosa non corrisponde alla realtà. Questo è solo il primo passo, la prima tappa, così come il matrimonio per tutti ha il suo logico seguito nella maternità surrogata. Per comprendere cosa si nasconde dietro l’attuale progetto di legge sull’eutanasia, non è necessario fare proiezioni dubbie e ipotetiche, basta attenersi ai fatti. Il Canada e il Belgio sono paesi paragonabili alla Francia che hanno legalizzato l’eutanasia da alcuni anni (2016 per il Canada, 2002 per il Belgio). Ogni anno pubblicano rapporti molto ufficiali e molto istruttivi su questo argomento. Il futuro dell’eutanasia in Francia è il presente dell’eutanasia in Belgio e in Canada: ecco come si può capire cosa ci aspetta una volta che avremo messo il piede nella trappola.
Prima lezione: il numero di casi di eutanasia è basso (3,3 per cento dei decessi in Canada) ma in rapida crescita (30 per cento all’anno). È in atto un processo. D’altra parte, l’eutanasia è stata molto rapidamente estesa a persone che non erano condannate. Ad esempio, sono stati sottoposti a eutanasia persone sorde e depresse. Dal 2014 in Belgio si pratica l’eutanasia sui bambini. Nel 2023 l’eutanasia sarà consentita anche ai malati mentali in Canada. Tra meno di dieci anni saremo almeno allo stesso punto in Francia, molto lontani da quella povera madre Michelle in fase terminale.
Qual è il futuro, sempre attenendosi ai fatti? Una società che si sta abituando all’eutanasia si è espressa nel 2019: il 40 per cento dei Belgi non vuole più curare i malati di età superiore agli 84 anni per risparmiare denaro.
Quali insegnamenti trarre da questi fatti? L’eutanasia non ha nulla a che vedere con il suicidio. Non è una richiesta di un malato sofferente e condannato, è una proposta dello Stato. Dalla proposta all’incitamento il passo è breve. Anche in questo caso non si tratta di ipotesi dubbie, ma di fatti.
In realtà, in Francia, le persone in fin di vita dovrebbero essere ricoverate in unità mediche adeguate, le cure palliative. Secondo l’Inspection générale des affaires sociales [Ispettorato generale degli affari sociali: N.d.T.], in Francia ci sono 311.000 persone che necessitano di cure palliative, per 7.500 posti letto in strutture specializzate. Il 26 per cento dei Dipartimenti francesi, un ospedale su quattro, non ne è dotato. Per il 75 per cento dei Francesi, la fine della vita è quindi la seguente: prima maltrattati in una casa di riposo che lo Stato lascia andare in rovina, poi sofferenza e morte in un ospedale inadeguato che lo Stato lascia andare in rovina. Questo degrado della sanità pubblica è di fatto un incentivo all’eutanasia. Questo incentivo è ulteriormente accentuato dalle crisi successive e dalle carenze. Il primo rapporto annuale del Canada sull’eutanasia sottolinea che un numero sempre crescente di candidati all’eutanasia «cita il fatto di essere un peso per la famiglia o i propri cari come motivo della richiesta». Siamo decisamente molto lontani da nostra madre Michelle e dalla sua malattia incurabile e insopportabile.
L’eutanasia è in realtà un calcolo economico, il modo più efficace per affrontare il problema dell’invecchiamento della popolazione, dei costi della sanità pubblica e delle pensioni. Il Canada non ha alcuno scrupolo nel calcolare pubblicamente i risparmi realizzati, sottolineando che «1.200 eutanasie in più significano 149 milioni di dollari in meno di spese sanitarie». L’eutanasia è presentata come un dispositivo medico che accompagna i morenti, ma in realtà è un dispositivo statale per affrontare il costo dell’invecchiamento della popolazione.
Infine, nei fatti, l’eutanasia è caratterizzata da disuguaglianze sociali. Sono i poveri che sono rovinati da lavori pesanti e condizioni di vita degradate, che vivono in deserti medici e non hanno i mezzi per pagarsi una bella casa di riposo o una buona clinica privata. L’eutanasia è per i poveri: chi ha una vita da cane finirà ucciso come un cane. Essere favorevoli all’eutanasia significa in realtà essere favorevoli all’eutanasia dei poveri.
Si vede quindi che, nei fatti, l’eutanasia non è un suicidio assistito di persone condannate e sofferenti. Si tratta in realtà di proporre la morte a persone innocenti, o più esattamente di indurle a acconsentire alla loro uccisione. Ormai lo Stato e la società affermano che ci sono vite che non valgono più la pena di essere vissute. Chi non merita più di vivere? I poveri, quando non sono più in grado di produrre e consumare, quando costano più di quanto rendono. In un mondo capitalista dove il denaro è dio, ci sono bocche inutili e uomini in esubero. La legalizzazione dell’eutanasia è la soluzione efficace che permette di eliminarli, rinchiudendoli in una situazione in cui è difficile rifiutare la morte.
L’eutanasia rappresenta quindi un importante cambiamento antropologico. Ora ci sono «le persone che hanno successo e le persone che non sono nulla». Questo cambiamento di civiltà è esplicitamente rivendicato da alcuni sostenitori dell’eutanasia, come l’Association pour le droit de mourir dans la dignité [Associazione per il diritto a morire con dignità: N.d.T.], che chiede di porre fine alla morale biblica («non uccidere») e all’etica greca («giuro… di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente», recita il Giuramento di Ippocrate). L’eutanasia è quindi l’uccisione delle bocche inutili e la morte della civiltà greco-cristiana europea, per sostituirla con una società eugenetica in cui il denaro decide chi può vivere e chi è indegno di farlo.
Le sofferenze della madre Michelle sono molto tristi, ma non sono il vero volto dell’eutanasia.
Nessun commento:
Posta un commento