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sabato 10 maggio 2025

Nuova uscita libraria "Il sigillo del Leone" #leonexiv

Riceviamo e pubblichiamo.
Il libro è uscito appena PRIMA dell'elezione di Leone XIV, bizzarra coincidenza.
Luigi C.

Qualche giorno prima dell'inizio del Conclave del 2025 il giornalista e docente Matteo Orlando ha pubblicato il suo primo romanzo, Il sigillo del Leone (Amazon, maggio 2025, 108 pagine, €16, link). Un’opera intensa, sorprendente e profondamente attuale, capace di coniugare la narrazione avvincente con un’acuta riflessione teologica e pastorale. Proprio mentre la Chiesa universale si trova a vivere uno dei momenti più delicati della sua storia recente, Orlando lancia una provocazione potente, sotto forma di racconto: cosa accadrebbe se venisse eletto un Papa profondamente diverso da quelli dell’ultimo secolo?
Il protagonista del romanzo è Papa Leone XIV, un pontefice immaginario ma straordinariamente verosimile, utopico ma radicato nella realtà del desiderio di milioni di cattolici. Controrivoluzionario, anti-mainstream, solido nella dottrina e sobrio nella comunicazione, Leone XIV rompe con la prassi recente del papato spettacolare e mediatico, per tornare a una figura ieratica, contemplativa, rigorosa e profondamente legata al magistero tradizionale della Chiesa. È un Papa che non cede ai compromessi con il pensiero secolarizzato, che non strizza l’occhio ai poteri del mondo, e che rifugge ogni forma di ambiguità dottrinale o morale.
Lontano anni luce dal protagonismo clericale di alcuni esponenti della gerarchia contemporanea, Leone XIV si presenta come un uomo di Dio, non di mondo. Un successore di Pietro che parla poco ma insegna con autorevolezza, che non cerca il plauso delle masse ma l’approvazione del Cielo. Un Papa che fa della liturgia, della penitenza e della difesa della Verità gli assi portanti del suo pontificato immaginario.

Il romanzo di Orlando – scritto con uno stile limpido, coinvolgente e asciutto – è impreziosito dalla prefazione del medico e scrittore Paolo Gulisano, uno dei più autorevoli interpreti della cultura cristiana contemporanea, e dalla postfazione del vaticanista Marco Tosatti, giornalista di lungo corso che conosce a fondo le dinamiche interne al Vaticano. Entrambi gli interventi offrono al lettore una chiave di lettura profonda del testo. Gulisano sottolinea come Il sigillo del Leone rappresenti un ritorno all’essenziale, un’esortazione a guardare in alto, verso Dio, la Verità e la Salvezza. Tosatti, invece, pone l’accento sull’importanza della figura sacerdotale come guida, come sentinella, come custode dell’ortodossia in tempi di confusione.

Non si tratta, però, soltanto di una narrazione suggestiva: Il sigillo del Leone è anche – e forse soprattutto – un manifesto spirituale, un appello narrativo a un rinnovamento profondo della Chiesa, non in senso modernizzante ma in chiave di conversione, purificazione e ritorno alla Tradizione. Il romanzo si muove come un sismografo che intercetta le tensioni latenti all’interno del mondo cattolico, dando voce a un desiderio diffuso ma spesso inascoltato: quello di una Chiesa che annunci il Vangelo senza sconti, che formi i fedeli alla santità e non alla tiepidezza, che parli chiaro sul peccato e sulla grazia.

Il libro ha già raccolto ampi consensi, anche tra lettori abituali di saggistica e teologia. Commenti come «Si legge tutto d’un fiato», «Un libro sublime», «Straordinario», non sono semplici complimenti, ma segnali di un’opera che tocca corde profonde, che provoca, che stimola il pensiero e la coscienza. È un romanzo che scuote, che apre domande: Che Chiesa desideriamo? Che tipo di pastore sogniamo per il gregge di Cristo? Siamo ancora capaci di sperare in un Papa santo, forte, limpido, radicato nella verità del Vangelo?

Con Il sigillo del Leone, Matteo Orlando firma un’opera prima sorprendente e matura, capace di parlare tanto al cuore quanto alla mente. È un romanzo che si colloca all’incrocio tra spiritualità, teologia e narrativa, offrendo uno sguardo nuovo – o forse antico – su ciò che davvero conta. Un libro da leggere, da meditare, da far circolare. Perché, come suggerisce l’autore tra le righe, sognare un Papa così non è evasione: è resistenza.


13 maggio 2025. Il conclave elegge Leone XIV. Papa di transizione o salvezza per la Chiesa?


Leone XIV, come scopriranno i lettori, è un pontefice coraggioso, fermo nella dottrina, ma amabile nello stile. Avremo un papa così? Sognare non è proibito, e così possiamo porre le nostre speranze in un papa che si ponga al di sopra della suddivisione conservatori/modernisti. Vorrei proprio un papa così: un contemplativo, un papa che non fa gesti spettacolari, che si esprime solo attraverso il magistero ufficiale e relativi documenti ufficiali. Un papa che non fa conferenze stampa a braccio né sugli aerei né altrove. Un papa che non va alle trasmissioni televisive, un papa che non cerca l’applauso facile della gente. Un papa, che tenga sotto controllo la situazione della Chiesa e intervenga a correggere stranezze, esibizionismi, errori. Sogno un papa coraggioso, che non ha paura di giudicare il mondo, di denunciare il peccato, di chiamare il male con il suo nome. Perché silenzioso? Perché siamo stanchi di una Chiesa sbracata e chiassosa, di un chiasso che non porta nulla, che suscita solo il sorriso di compatimento del mondo. Quindi una Chiesa seria, austera, e di conseguenza affascinante, perché non metterebbe in mostra se stessa, ma il Mistero della Salvezza di Cristo di cui da duemila anni è portatrice. Un papa che rifugga dai modelli di vita secolarizzati, e dalle teologie all’ultima moda, e che invece si rifaccia ad Agostino e a Tommaso d’Aquino. Un papa che abbia ben presente le parole di Cristo: "siete nel mondo, ma non siete del mondo". Un papa che vorrei è un uomo profondamente appassionato alla Verità, che la testimoni, che la ami, che la proclami, che faccia in modo che il Cattolicesimo sia ancora rilevante e non venga assorbito nella società liquida post moderna. Un papa che non rinunci alla Fede sul modello dei santi e dei martiri. Matteo Orlando, docente, giornalista, penna vivace e interessante, che con questo romanzo fa il suo esordio nella narrativa, ci regala uno spaccato appassionante della Chiesa di oggi e di quale potrebbe essere l’uomo chiamato a raddrizzare la barca di Pietro. (Paolo Gulisano, dalla Prefazione).

Il bel libro di Matteo Orlando, lieve nel tono quanto serio nell’intenzione di fondo e nel contenuto, offre numerose chiavi preziose per la nostra riflessione; e, speriamo, per l’azione di un futuro pontefice. Solitudine, disperazione, sono pane quotidiano nella nostra società; e dove trovare sollievo, e speranza, e forza per continuare a camminare, se non davanti a Dio? Le anime, il loro conforto, la loro salvezza, l’aiuto a ritrovare un sentiero forse perso sono il leit motiv di tutto il libro; e noi, immersi e dispersi nella quotidianità di mille problemi e pensieri, dobbiamo veramente essere grati all’autore per ricordarcelo, per riportarci all’essenziale. E per l’affermazione che il cuore del sacerdozio è appunto questo; non essere docenti, giornalisti, manager, ma prendersi cura delle anime, fare di ciò il campo di lavoro se non unico certamente principale. Matteo Orlando espone, in maniera breve e accattivante, una serie di verità che dovrebbero essere evidenti, ma che purtroppo appaiono distorte e mutilate dai filtri della mentalità del Mondo, quello che la Chiesa dovrebbe combattere. Il rispetto del sacro, sia nella messa antica che in quella nuova; il fatto che abbassare le asticelle della morale è un inganno, e in ultima analisi non crea fedeli, li perde, e li danna. Le persone sanno nel profondo del cuore, quello che è giusto, e quello cercano. Anche se magari in un primo momento accolgono con favore qualche sconto. Ma solo ciò che è difficile da raggiungere ha un valore. E questo è il messaggio centrale di questa opera; ed il messaggio che Leone XIV ci lascia... (Marco Tosatti, dalla Postfazione)


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6 commenti:

  1. Penso che eravamo talmente sconvolti da questi ultimi 12 anni che, il nostro inconscio, un papa Leone XIV ce lo sognavamo di notte a tal punto da farci un libro!

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  2. Passo, grazie. Un Papa col viso torvo come quello in copertina lo lascio volentieri ai tradizionalisti che sembrano amare così tanto l’articolo.

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  3. Di visi torvi nell'ultimo decennio ne abbiamo visti anche troppi.E non era un bel vedere.Neanche le sghignazzate erano il massimo.....

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    1. Avendo frequentato i tradizionalisti per venticinque anni, devo dire che ne ho visti tanti anch’io.

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    2. Anonimo 19:58
      Io invece che ho avuto esperienza contraria alla sua ne ho visti di volti 'stanchi' che hanno perso il motivo della loro consacrazione, delegando ai laici il da fare. E ricordo anche un (guardi caso) concittadino di Bergoglio che aveva scelto 'il sacerdozio' per assicurarsi un domani 'la pensione' che tanto desiderava.
      Quando ho conosciuto la tradizione della Chiesa, ho trovato sempre sacerdoti fortemente motivati , guerrieri e anche dei bei uomini, perché il Signore gli sceglie così! Altri sono spesso scelte nettamente umane, fatti avanzare per piacere, non per merito, dal vescovo di turno.

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