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domenica 18 maggio 2025

"La gioia di Pasqua: Regina caeli"


Grazie ad Aurelio Porfiri. per questa analisi sul canto del 
Regina Coeli in questo tempo pasquale.


14-5-25

Nel tempo Pasquale c’è un canto che è particolarmente familiare a tutti i fedeli cattolici, ed è quello del Regina coeli. Questa è una delle quattro antifone mariane che si usava cantare alla fine della Messa seguendo i tempi liturgici, insieme con Alma Redemptoris Mater, Ave Regina Coelorum e Salve Regina. Oggi solo quest’ultima e Regina coeli sono ancora cantate in molti luoghi. Purtroppo l’abbandono di queste antifone è un altro dei frutti dei tempi difficili che viviamo per quello che riguarda la liturgia cattolica.
Di queste antifone abbiamo un tono solenne e una versione più semplice, ed è certamente quest’ultima ad essere popolare potendosi eseguire anche da semplici fedeli. Naturalmente il tono solenne è molto elaborato, melismatico, adatto per essere eseguito da un gruppo di cantori professionisti o da monaci abituati al canto gregoriano. Sono melodie molto belle, ricche di melismi che rendono il canto quasi una festa.

La versione semplice permette a tutti di unirsi nella esecuzione di questa bella antifona:

“Questa gioiosa preghiera viene rivolta a Maria madre del Risorto e, dal 1742, viene tradizionalmente cantata o recitata nel tempo pasquale, cioè dalla domenica di Pasqua fino al giorno di Pentecoste in sostituzione dell'Angelus. La sua composizione risale al X secolo, ma l'autore è sconosciuto. La tradizione vuole che papa Gregorio Magno, una mattina di Pasqua in Roma, udì degli angeli cantare le prime tre righe del Regina coeli, alla quale aggiunse la quarta. Un'altra teoria afferma che l'autore sarebbe papa Gregorio V. La melodia in uso risale al XII secolo, ma è stata semplificata nel XVII” (gregorianum.org).

La fortuna dell’antifona Regina coeli è dovuta al fatto anche di essere abbastanza schematica nella sua struttura: ci sono quattro frasi, tutte che terminano con un’alleluia. Oltre che per la sua oggettiva brevità, questo rende il canto facilmente memorizzabile. Poi l’apertura è molto indovinata, si chiede alla Regina del cielo, la Beata Vergine Maria di rallegrarsi. Siamo noi che invitiamo la Beata Vergine a rallegrarsi, perché chi portava nel grembo è ora risorto. Nell’ultima frase ricorriamo alla sua intercessione chiedendo di intercedere per noi presso Dio. Il succedersi degli alleluia crea una gioiosa atmosfera che ben giustifica la notorietà del canto.

Il Papa Benedetto XVI nell’omelia del sabato santo 2006, ci mostra il collegamento fra l’evento della Pasqua e il nostro battesimo:

“È chiaro che questo avvenimento non è un qualche miracolo del passato il cui accadimento potrebbe essere per noi in fondo indifferente. È un salto di qualità nella storia dell'"evoluzione" e della vita in genere verso una nuova vita futura, verso un mondo nuovo che, partendo da Cristo, già penetra continuamente in questo nostro mondo, lo trasforma e lo attira a sé. Ma come avviene questo? Come può questo avvenimento arrivare effettivamente a me e attrarre la mia vita verso di sé e verso l'alto? La risposta, in un primo momento forse sorprendente ma del tutto reale, è: tale avvenimento viene a me mediante la fede e il Battesimo. Per questo il Battesimo fa parte della Veglia pasquale, come sottolinea anche in questa celebrazione il conferimento dei Sacramenti dell’Iniziazione cristiana ad alcuni adulti provenienti da diversi Paesi. Il Battesimo significa proprio questo, che non è in questione un evento passato, ma che un salto di qualità della storia universale viene a me afferrandomi per attrarmi. Il Battesimo è una cosa ben diversa da un atto di socializzazione ecclesiale, da un rito un po' fuori moda e complicato per accogliere le persone nella Chiesa. È anche più di una semplice lavanda, di una specie di purificazione e abbellimento dell'anima. È realmente morte e risurrezione, rinascita, trasformazione in una nuova vita”.

Attraverso il canto del Regina coeli noi cerchiamo sempre di ricordare a noi stessi questa nuova vita che ci attende.

Per me il Regina coeli è legato ad un ricordo particolare che va indietro di almeno 30 anni. Come tanti, sono cresciuto nell’atmosfera musicale ecclesiastica del dopo Vaticano II, un’atmosfera che purtroppo ancora ci ammorba al giorno d’oggi. Non che non ci siano anche canti ben scritti, ma quello che viene proposta per la maggior parte è una produzione musicale dozzinale. In quel tempo, ancora giovane, mi ero appassionato all’organo a canne che avevo imparato a conoscere, pur se la mia conoscenza della musica sacra era molto lacunosa. Frequentavo una parrocchia in una zona centrale di Roma. Ricordo che con gli amici di questa parrocchia decidemmo, nel pomeriggio del giorno di Pasqua, di visitare la Basilica di san Pietro in Vaticano. Ricordo ance che, entrati nell’immensa Basilica, ci dirigemmo all’altare della cattedra, dove si stava concludendo il canto dei vespri. Dovemmo attendere che la processione di canonici e cantori tornasse in sacrestia. Rimasi colpito da due cose: gli abiti corali di cantori e canonici e il canto del Regina coeli che veniva eseguito da tutti, canonici, cantori e fedeli. Non so perché rimasi così colpito da tutto questo, ma ricordo che andai in sacrestia per chiedere al maestro del coro che un tempo prendeva il nome di Cappella Giulia, di poter unirmi a loro. Il maestro acconsentì alla mia richiesta e da quel momento cominciò la mia avventura con la Basilica di san Pietro in Vaticano che terminerà nel 2008, circa 18 anni dopo, al tempo in cui mi trasferii in Macao per insegnare.

Quel Regina coeli fu come una porta che mi indicò che esisteva qualcosa di più nella liturgia di quello a cui ero stato, purtroppo, abituato. Mi resi conto poi, in seguito, che la tremenda “infezione” che aveva dilaniato la liturgia e la musica sacra aveva anche dilaniato questi ambienti in cui ci si sarebbe aspettato una dignità nel culto dovuto a Dio adeguata alla loro storia e tradizione. Eppure no, nei decenni successivi mi resi conto che la malattia progrediva nelle vene della Chiesa inesorabilmente e oggi, proprio la stessa Roma che dovrebbe essere la gloria del mondo cattolico, è un pallidissimo riflesso di quella che era un tempo.

Eppure non posso dimenticare come la Beata Vergine Maria, in un certo senso, mi parlò e mi fece sentire una scintilla di quella bellezza che aveva la sua origine in Dio, una bellezza che - purtroppo - in seguito mi è stato dato di contemplare quasi soltanto nella sua terribile decadenza.


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