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giovedì 22 maggio 2025

Giustizia distributiva non significa egualitarismo #300denari

Per il nostro appuntamento settimanale di economia e dottrina sociale, proponiamo una meditazione tenuta durante il tempo quaresimale (pubblicizzammo qui la sessione di conferenze online) da Padre Ambroise-Marie Pellaumail della Fraternité Saint-Vincent-Ferrier su Youtube.
Padre Ambroise-Marie ha proposto una riflessione filosofico-morale sulla giustizia, mostrando le sue implicazioni concrete nelle relazioni umane; ai nostri fini, preziosa anche in ambito economico. La giustizia fa parte delle virtù morali e consiste nel:
  1. rendere a ciascuno ciò che gli è dovuto,
  2. secondo una certa uguaglianza.
Viene anzitutto distinta:
  • la giustizia commutativa, che regola gli scambi tra individui, garantendo la corresponsione del prezzo dovuto secondo un "eguaglianza stretta" tra i beni scambiati,
  • la giustizia distributiva, che attiene al compito dell’autorità di distribuire beni e oneri in modo equo, secondo il bisogno e il merito. Da notare che questo tipo di giustizia non corrisponde ad un rigido egualitarismo; l’esempio è quello della madre che distribuisce il cibo in maniera diversa a seconda delle esigenze fisiche dei figli.
Entrambe sono fondamentali per il corretto funzionamento dell’economia e della società.

Oltre alla giustizia in senso stretto, il testo illustra l’importanza delle cosiddette virtù annesse, che entrano in gioco quando manca il “dovuto” o l’“uguaglianza”:
  • da un lato le virtù di venerazione, che si applicano nei rapporti con i superiori (Dio, i genitori, i maestri, i benefattori), dove il “dovuto” non è restituibile in misura pari;
  • dall’altro le virtù di civiltà, che mantengono la forma della giustizia (l’uguaglianza) ma senza un obbligo vero e proprio (come la cortesia o l’affabilità). Queste virtù derivano dalla gratuità e mettono “olio negli ingranaggi” dei rapporti umani.
Entrambe non sono opzionali: sono essenziali per un’economia umana, capace di integrare il principio della gratuità con quello della reciprocità.

Buona lettura.



Gabriele
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*** IL TESTO TRADOTTO DELLA MEDITAZIONE ***


Cari amici, nell’albo a fumetti intitolato “Il Giudice” realizzato da Morris, il celebre eroe Lucky Luke si trova ad affrontare un certo Roy Bean, giudice autoproclamato. Questo furfante conclamato, brutale e arbitrario, mette in scena una parodia della giustizia e ce ne dà un’idea ben poco edificante. I vari cartelli esposti nel suo saloon, che funge anche da tribunale, ce lo fanno subito capire: “Juge Roy Bean, la loi à l’ouest du Pecos, Justice de Paix et Bière glacée” (Giudice Roy Bean, la legge a ovest del Pecos, Giustizia di Pace e Birra ghiacciata, in rima). Questo giudice da strapazzo incarna l’opposto della vera giustizia. Allora, soffermiamoci su quest’ultima.

La giustizia fa parte delle virtù morali che ci ha descritto Fratel Simon-Marie. Ha la particolarità di riguardare il nostro rapporto con gli altri. Consiste nel rendere a ciascuno ciò che gli è dovuto, secondo una certa uguaglianza. Nella giustizia, quindi, esistono due nozioni: il dovuto e l’uguaglianza. Qualcosa è dovuto a qualcuno perché è un suo bene. Se prendo una baguette, il prezzo della baguette appartiene al panettiere. Un altro esempio: la reputazione. Se parlo male di qualcuno senza necessità, lo privo di un suo bene. Sparlare è un’ingiustizia.

Tra persone diverse esistono due tipi di giustizia: la giustizia commutativa e la giustizia distributiva.

La giustizia commutativa, ovvero la giustizia degli scambi, riguarda il rapporto tra due persone negli scambi di beni. Questa virtù mi inclina a rispettare il giusto prezzo fissato quando acquisto un bene, qualunque esso sia, e si applica a tutti gli scambi commerciali. Così, quando vado in panetteria a comprare il pane, in virtù della giustizia commutativa, pago al panettiere il prezzo concordato della baguette. Questa virtù richiede un’uguaglianza stretta tra i beni scambiati.

Accanto alla giustizia commutativa, c’è la giustizia distributiva, che riguarda il rapporto tra un’autorità e più persone. L’autorità deve distribuire a ciascuno il proprio dovuto. Il riparto e la determinazione di ciò che è dovuto si fanno in base all’equità, non all’uguaglianza. In famiglia, ad esempio, ogni figlio riceve la sua porzione di cibo dalla madre, e il più piccolo capisce facilmente che riceve meno spinaci o cavoletti di Bruxelles del fratello maggiore, a causa della sua statura. Sarà meno d’accordo quando si tratta del buon dolce al cioccolato che la mamma ha preparato.

Eppure, in entrambi i casi, è richiesta la virtù della giustizia. Sant’Agostino ce ne dà il motivo nella sua Regola: “Il vostro superiore distribuisca a ciascuno il vitto e l’alloggio, non secondo un principio di uguaglianza — poiché le vostre forze e le vostre condizioni di salute non sono uguali —, ma piuttosto secondo i bisogni di ciascuno.”

Esistono virtù simili alla giustizia, ma che non sono giustizia in senso stretto, perché manca o il dovuto, o l’uguaglianza. Quando manca l’uguaglianza, abbiamo a che fare con le virtù di osservanza o venerazione; quando manca il dovuto, con le virtù sociali o di civiltà.

Le virtù di venerazione intervengono quando c’è una differenza di condizione tra due persone, una inferiore e una superiore. L’inferiore non può restituire in uguaglianza al superiore: il debito è troppo grande, perché il bene ricevuto è spesso impossibile da rendere. L’inferiore rimane sempre in debito. Il primo verso cui abbiamo un debito impossibile da pareggiare è Dio stesso, perché ci ha dato l’essere e la grazia. Ovviamente non possiamo restituire ciò che ci ha dato. La virtù di venerazione verso Dio si chiama virtù di religione. A causa del nostro debito, dobbiamo onorarlo con un culto che è regolato dalla virtù di religione. Questo culto è oggetto del primo comandamento dato a Mosè: “Adorerai solo il Signore Dio tuo”.

Dopo Dio, siamo debitori insolvibili anche verso altre persone. In primo luogo, verso i nostri genitori, che ci hanno dato la vita e l’educazione. La virtù di venerazione verso i genitori è la pietà filiale, con la quale rendiamo loro onore: è oggetto del quarto comandamento: “Onora tuo padre e tua madre.

Anche altre persone meritano venerazione: coloro che ci hanno donato beni impossibili da restituire, come i professori per l’istruzione, i capi e gli educatori per la guida e l’aiuto, i sacerdoti per le grazie sacramentali e l’insegnamento della fede. Questa pietà filiale riguarda anche i defunti. Tra questi, dobbiamo venerare tutti coloro che sono morti per la patria, che hanno offerto la vita per la difesa del nostro Paese, e che, grazie al loro coraggio, ci permettono di vivere in questa nazione.

Dobbiamo anche venerare i martiri, uccisi per odio della fede, che, con la loro abnegazione, ci permettono di vivere nella fede cristiana. Infine, dobbiamo venerare tutte le generazioni precedenti, che ci hanno lasciato una splendida eredità: la civiltà cristiana. Nei loro confronti siamo “nani sulle spalle dei giganti”, secondo la bella espressione di Bernardo di Chartres. Dobbiamo riconoscerci come umili eredi – i nani – di tutte le generazioni passate – i giganti – che hanno forgiato, attraverso i secoli, questa meravigliosa civiltà cristiana.

Le altre virtù che regolano i nostri rapporti con gli altri sono le virtù di civiltà. Esse conservano l’uguaglianza della giustizia, ma senza il dovuto. Ad esempio, non sono strettamente obbligato a dire “buona giornata” al panettiere, ma è più cortese farlo. Sono chiamate virtù sociali, perché favoriscono le relazioni sociali. Poiché manca il dovuto, derivano dalla gratuità e mettono “olio negli ingranaggi” dei rapporti umani.

Affinché le nostre relazioni non si limitino alla sola giustizia, le varie virtù di civiltà sono indispensabili, come la cortesia, lo spirito cavalleresco, lo spirito di servizio, la galanteria, l’affabilità, la mansuetudine, ecc. Vediamo così l’importanza della virtù di giustizia e delle virtù a essa collegate, poiché regolano tutti i nostri rapporti con il prossimo.

Per amare di carità Dio e il prossimo, come ci comanda la legge evangelica, non possiamo prescindere dalla giustizia. Infatti, la carità va oltre la giustizia. Quindi, amare qualcuno con carità presuppone che siamo giusti verso di lui. Non posso amare qualcuno se non rispetto ciò che gli appartiene.

Coltiviamo anche le virtù di venerazione, perché, davanti a una società che rifiuta di assumersi il proprio patrimonio fino a rinnegarlo, dobbiamo riceverlo con gratitudine e far fruttificare questa eredità ineguagliabile della civiltà cristiana.

Pratichiamo anche le virtù di civiltà, perché, davanti all’evidenza di una società individualista, in cui il senso della gratuità scompare, possiamo così ricostruire il tessuto sociale cristiano e un giusto spirito di comunità.

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