Vi proponiamo – in nostra traduzione – l’articolo di don Claude Barthe, liturgista e cappellano del Pellegrinaggio Populus Summorum Pontificum, pubblicato il 5 aprile sul sito Res Novae, in cui si analizza con magistrale chiarezza la dottrina della Corredenzione della Beata Vergine Maria, anche con una interessante prospettiva storica.
L.V.
Molti speravano, quando [San] Giovanni XXIII annunciò la riunione di un secondo Concilio Vaticano, che nei testi di questa assemblea fosse inclusa la dottrina della Corredenzione di Maria e della sua mediazione universale delle grazie. Non fu così, ma [San] Paolo VI proclamò solennemente un nuovo titolo della Beata Vergine, quello di Madre della Chiesa, il 21 novembre 1964, su cui tornerò.
Il 23 e 24 maggio prossimi si terrà a Parigi, presso la Maison internationale della Cité internationale universitaire, un convegno sulla Corredenzione della Santa Vergine¹, che tratterà in particolare la questione mariana al Concilio Vaticano II e le cui conferenze mireranno a sottolineare il carattere tradizionale di questa dottrina.
Al contrario, il 9 marzo 2025, padre Michel Viot ha condotto un programma sulla stazione radiofonica Radio Courtoisie sul tema: «Marie Corédemptrice, une explication dogmatique superflue» [Maria Corredentrice, una spiegazione dogmatica superflua: N.d.T.], che si può trovare sul sito della radio².
Rimanendo come si deve in un «margine di fraternità², come diceva padre Clément Dillenschneider C.SS.R. che ha lavorato molto per la difesa di questa dottrina, farò lo stesso qui, essenzialmente evocando i suoi fondamenti e anche i suoi possibili sviluppi.
Cosa si intende per Corredenzione?
Corredenzione, mediazione: sono le due facce di uno stesso mistero di cooperazione specifica della Madre di Dio all’opera redentrice di suo Figlio attraverso l’acquisizione dei meriti sulla terra (corredenzione) e la distribuzione delle grazie in cielo (mediazione)³. I due aspetti sono legati agli scambi nel Corpo mistico di Cristo tra i membri di questo Corpo, che fanno dire a San Paolo (Col 1, 24):
Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa.
Ogni Cristiano che è nella grazia di Cristo aderisce all’opera della Redenzione e per così dire la «completa» con le sue sofferenze. Questo è vero soprattutto per i martiri, e in modo massimo per la Vergine Maria, Vergine dei Dolori.
Ma quando si parla di Corredenzione, si evoca più di un’eminenza di grado: la sua partecipazione all’opera redentrice di suo Figlio è specifica perché Maria è Theotókos, Madre di Dio, come stabilito dal Concilio di Efeso nel 430. Ogni maternità umana si analizza infatti come una relazione della persona della madre che si completa nella persona del bambino concepito e messo al mondo: quella di Maria, creatura privilegiata ma pur sempre creatura, mette la sua persona e la Persona del Verbo in una singolare relazione ontologica.
Si deve quindi affermare che la Beata Vergine è madre di Dio non nel senso che sia madre della divinità, ma perché è madre, secondo l’umanità, di una persona che possiede la divinità e l’umanità. (San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, 3a, q 35, a 4, ad 2).
Se Cristo, unico Sacerdote, offre il sacrificio del suo Sangue, la partecipazione subordinata della Madre di Dio a questa offerta redentrice è dovuta al fatto che il suo Fiat ha reso possibile la Redenzione, perché ha fornito il sacrificio. Inoltre, Cristo, che ha sofferto ogni sorta di sofferenza umana (San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, 3a, q 46, a 5), assume anche la Compassione di sua Madre, che è di una qualità assolutamente unica, materna. Naturalmente, i meriti del contributo di Maria alla nostra salvezza non sono, come quelli di Cristo, de condigno, di pieno diritto. Non possono da soli essere sufficienti per ottenere la salvezza, ma sono de congruo, di convenienza, cioè accordati da Dio alla preghiera della Beata Vergine.
La tradizione afferma, come sottolinea fortunatamente la costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium (n. 56), a proposito di sant’Ireneo, che la Vergine Maria, fin dal suo Fiat, «divenne causa di salvezza per sé e per tutto il genere umano». Si trova in San Giustino nel suo Dialogo con Trifone, poi in Sant’Ireneo di Lione (Adversus Haereses 3, 23), in Quinto Settimio Fiorente Tertulliano, in San Girolamo (l’umanità ha ricevuto «la morte per Eva, la vita per Maria», Epistola 22, 21) ecc., la tipologia Eva-Maria – Maria è per il Nuovo Adamo ciò che Eva è stata per il padre dell’umanità – che fonda ciò che si può dire del ruolo di Maria nella nostra redenzione. La partecipazione della nuova Eva alla nostra redenzione è inoltre più efficace della partecipazione della prima Eva alla nostra perdizione.
I medievali usavano un linguaggio molto forte per esprimere questa partecipazione. Nel XII secolo, Arnaud de Chartres, Abate di Bonneval, ne è testimone:
Davanti al Padre, il Figlio e la madre condividono tra loro gli uffici della misericordia… e stabiliscono tra loro il testamento inviolabile della nostra riconciliazione… L’affetto di sua madre lo commuove, perché allora c’era un solo volere di Cristo e di Maria, ed entrambi offrivano insieme un unico olocausto, lei nel sangue del suo cuore, lui nel sangue del suo corpo.⁴
È chiaro che se il termine Corredenzione non fosse stato pronunciato, la cosa sarebbe stata affermata, così come la transustanziazione era creduta prima che il termine fosse coniato, e così per tutte le precisazioni del linguaggio teologico.
È interessante notare, con don René Laurentin⁵, su cui tornerò più avanti, che se il termine Corredentrice è apparso nel XV secolo, è stato sotto forma di un ammorbidimento di quello di Redentrice precedentemente usato come tale o in modo equivalente, come nel caso dell’Abate di Bonneval. Il prefisso co esplicita la subordinazione strumentale dell’opera di Maria a quella di Cristo. La denominazione non è una «novità», ma una precisazione: non c’è un Redentore e una Redentrice, ma un Redentore e una Corredentrice.
La vera devozione alla Santa Vergine
Don Michel Viot osserva che da alcuni anni c’è una rinascita della devozione mariana, ma che la promozione della dottrina della Corredenzione sarebbe dannosa per questa devozione. La sua critica può essere paragonata, senza voler dire che dipenda da essa, a quelle che all’epoca del Concilio Vaticano II denunciavano l’«inflazione» del discorso sulla Santa Vergine, o nel XVII secolo che denunciavano gli «eccessi» della letteratura mariana. È rivolgendosi in particolare a questi «devoti critici» che San Louis-Marie Grignion de Montfort, riferimento di grande peso in materia di devozione e teologia mariana, ha composto il suo Traité de la vraie dévotion à la Sainte Vierge [Trattato della Vera Devozione alla Santa Vergine: N.d.T.], devozione il cui scopo è essenzialmente l’attaccamento a Gesù Cristo attraverso sua Madre: «Di tutte le devozioni, quella che consacra maggiormente un’anima a Gesù Cristo è la devozione alla Santa Vergine» (n. 120).
Ma don Michel Viot afferma in modo sorprendente che San Louis-Marie Grignion de Montfort insegnava una devozione in qualche modo debole, nella misura in cui la mediazione di Maria sarebbe, secondo il Trattato, solo una mediazione di intercessione, non di acquisizione e dispensazione di grazie, e per questo motivo non si trova traccia della Corredenzione nel suo Traité de la vraie dévotion à la Sainte Vierge. In effetti, San Louis-Marie Grignion de Montfort chiama Maria nientemeno che «la riparatrice del genere umano». Egli spiega:
Questo è il volere dell’Altissimo, che esalta gli umili, che il Cielo, la terra e gli inferi si pieghino, volente o nolente, ai comandamenti dell’umile Maria, che ha fatto sovrana del cielo e della terra, generale delle sue armate, tesoriera dei suoi tesori, dispensatrice delle sue grazie, artefice delle sue grandi meraviglie, restauratrice del genere umano, mediatrice degli uomini, sterminatrice dei nemici di Dio e fedele compagna delle sue grandezze e dei suoi trionfi.⁶
Dice anche: «Il Figlio di Dio si è fatto uomo per la nostra salvezza, ma in Maria e per mezzo di Maria»⁷. E il suo preghiera di consacrazione contiene questa supplica: «O Madre ammirabile! Presentami al tuo caro Figlio come schiavo eterno, affinché, avendomi redento per mezzo tuo, mi accolga per mezzo tuo» (n. 29).
A proposito di uno dei passaggi evangelici più espressivi della partecipazione subordinata di Maria al mistero della redenzione, quello della profezia di Simeone, don Michel Viot nega così il suo legame con la Corredenzione, poiché secondo lui le sofferenze di Maria, che si esprimono con lacrime e non con sangue versato, non hanno valore propiziatorio. La critica implicita di «esagerazione» varrebbe forse se si affermasse la parità nel sacrificio redentore, sostenendo che Maria ha partecipato de condigno, come Cristo, alla redenzione⁸. Ma San Louis-Marie Grignion de Montfort resta in un quadro rigoroso di Vera devozione e afferma a proposito della Passione dell’uno e dell’altra, che fa sì che si parli di Compassione che si potrebbe definire Copassione:
Vedete, accanto a Gesù Cristo, una spada che penetra fino in fondo al cuore tenero e innocente di Maria, che non aveva mai avuto alcuna peccato, né originale né attuale. Che non posso dilungarmi qui sulla Passione dell’uno e dell’altro, per dimostrare che ciò che soffriamo non è nulla in confronto a ciò che hanno sofferto!⁹
O ancora nel suo Cantique 74, almeno per l’intensità del dolore:
Contempliamo Maria addoloratavicino alla croce del Salvatore,vediamo la sua santa anima trafittadalla punta di un vivo dolore.Vedendo su un infame patibolol’oggetto di tutti i suoi desideri,soffre di più nella sua animadi quanto non abbiano mai fatto tutti i martiri.
Come parallelo adeguato, la qualità di «riparatrice del genere umano» data a Maria da San Louis-Marie Grignion de Montfort è fortemente espressa da san Jean Eudes, con questa nota molto tipica della Scuola francese di spiritualità, riguardante l’offerta del sacrificio di suo Figlio da parte di Maria in modo quasi sacerdotale:
Grazie alla sua unione molto stretta con suo Figlio, con il quale, avendo un solo cuore, un’anima, uno spirito e un volere, voleva tutto ciò che lui voleva, faceva e soffriva in qualche modo con lui e in lui, tutto ciò che lui faceva e tutto ciò che lui soffriva. Così, quando si immolava sulla croce per la nostra salvezza, anche lei lo sacrificava con lui per lo stesso scopo. […] Il Cuore di questa gloriosa Maria ha contribuito all’opera della nostra redenzione, perché Gesù, che è allo stesso tempo l’ostia che è stata sacrificata per la nostra salvezza e il sacerdote che l’ha immolata, è il frutto del Cuore di questa beata Vergine, come è stato detto; e che questo stesso Cuore è anche il sacerdote che ha offerto questa divina ostia, e l’altare su cui è stata offerta, non una volta sola, ma migliaia e migliaia di volte, nel fuoco sacro che bruciava incessantemente su quell’altare; e che il sangue di questa adorabile vittima, che è stato versato per il prezzo della nostra redenzione, è parte del sangue verginale della Madre del Redentore, che ha dato con così tanto amore che era pronta a donarne l’ultimo goccia di buon cuore per questo scopo.¹⁰
Le attestazioni pontificie
Don Michel Viot non dà il giusto peso alle parole molto chiare di Papa Pio XI in un discorso del 30 novembre 1933:
Il Redentore non poteva, per necessità di cose, non associare la Madre Sua alla Sua opera, e per questo noi la invochiamo col titolo di Corredentrice. Essa ci ha dato il Salvatore, l’ha allevato all’opera di Redenzione fin sotto la Croce dividendo con Lui i dolori dell’agonia e della morte in cui Gesù consumava la Redenzione di tutti gli uomini.
Non si tratta certamente di una definizione formale, ma le parole sono di grande precisione: l’associazione di Maria a Cristo era necessaria, una necessità di congruenza, ovviamente; l’invocazione di Maria sotto il titolo di Corredentrice è un fatto accertato; la condivisione delle sofferenze redentrici si spiega con la donazione iniziale che lei ci ha fatto del Salvatore.
In precedenza, Papa Leone XIII, nella sua lettera enciclica Adiutricem populi del 5 settembre 1895, già citata, in cui affermava che la riconciliazione dei popoli separati dalla Chiesa è soprattutto opera di Maria, scriveva, collegando la cooperazione alla redenzione e la dispensazione delle grazie:
Infatti di là, secondo i disegni di Dio, ella cominciò a vegliare sulla Chiesa e ad assisterci e proteggerci come una madre in modo che, come era stata strumento del mistero della umana redenzione, così, con il potere quasi illimitato che le era stato conferito, fu dispensatrice della grazia che per tutti i tempi deriva da questa redenzione.
San Pio X, nella lettera enciclica Ad diem illum del 2 febbraio 1904 sull’Immacolata Concezione, giustifica la denominazione di «riparatrice dell’umanità decaduta» e dispensatrice di tutte le grazie:
E quando venne per Gesù l’ultima ora e «Sua Madre stava presso la Croce», oppressa dal tragico spettacolo e nello stesso tempo felice «perché Suo Figlio si immolava per la salvezza del genere umano e d’altronde Ella partecipava talmente ai Suoi dolori, che Le sarebbe sembrato infinitamente preferibile prendere su di sé tutti i tormenti del Figlio, se fosse stato possibile» [San Bonaventura, I Sent., d. 48, ad Litt., dub. 4].La conseguenza di questa comunione di sentimenti e di sofferenze fra Maria e Gesù è che Maria «divenne legittimamente degna di riparare l’umana rovina» e perciò di dispensare tutti i tesori che Gesù procurò a noi con la Sua morte e il Suo sangue. […] È dunque evidente che noi dobbiamo attribuire alla Madre di Dio una virtù produttrice di grazie: quella virtù che è solo di Dio. Tuttavia, poiché Maria supera tutti nella santità e nell’unione con Gesù Cristo ed è stata associata da Gesù Cristo nell’opera di redenzione, Ella ci procura de congruo, come dicono i teologi, ciò che Gesù Cristo ci ha procurato de condigno ed è la suprema dispensatrice di grazie. Gesù «siede alla destra della Maestà Divina nell’altezza dei Cieli» [Ebrei 1, 3].
Allo stesso modo, Papa Benedetto XV, nella lettera apostolica Inter sodalicia, del 22 marzo 1918, parla dell’associazione della Vergine Maria al riscatto compiuto da suo Figlio, associazione che si potrebbe chiamare co-riscatto:
Perché così ella soffrì e quasi morì con il Figlio suo sofferente e morente, così rinunciò per la salvezza degli uomini ai suoi diritti di madre su questo Figlio e lo immolò per placare la divina giustizia, sicché si può dire, a ragione, che ella abbia redento con Cristo il genere umano.
Infine, il ragionamento teologico del venerabile Papa Pio XII, nella lettera enciclica Ad caeli Reginam sulla dignità regale della santa Vergine Maria, dell’11 ottobre 1954, in cui parla dell’associazione di Maria alla Redenzione basandosi sulla tipologia Eva/Maria, è particolarmente elaborato:
se Maria, nell’opera della salute spirituale, per volontà di Dio, fu associata a Cristo Gesù, principio di salvezza, e in maniera simile a quella con cui Eva fu associata ad Adamo, principio di morte, sicché si può affermare che la nostra redenzione si compì secondo una certa «ricapitolazione», per cui il genere umano, assoggettato alla morte, per causa di una vergine, si salva anche per mezzo di una Vergine; se inoltre si può dire che questa gloriosissima Signora venne scelta a Madre di Cristo proprio «per essere a lui associata nella redenzione del genere umano.
D’altra parte è sorprendente che don Michel Viot veda nelle costituzioni apostoliche che proclamano i dogmi dell’Immacolata Concezione e dell’Assunzione delle ferite espresse della dottrina della Corredenzione? Sembra invece che il venerabile Papa Pio XII, nella costituzione apostolica Munificentissimus Deus sulla glorificazione di Maria con l’assunzione al cielo in anima e corpo, sviluppasse il tema adiacente dell’associazione di Maria all’opera di redenzione sul demonio:
Ma in particolare va ricordato che, fin dal secolo II, Maria Vergine viene presentata dai santi padri come nuova Eva, strettamente unita al nuovo Adamo, sebbene a lui soggetta, in quella lotta contro il nemico infernale, che, com’è stato preannunziato dal protovangelo (Gn 3, 15), si sarebbe conclusa con la pienissima vittoria sul peccato e sulla morte.
Lo stesso tema adiacente si trovava nella costituzione apostolica Ineffabilis Deus sulla definizione dogmatica dell’immacolato concepimento della Beata Vergine Maria del Beato Papa Pio IX, dell’8 dicembre 1854. In esso si affermava che il privilegio dell’Immacolata Concezione era stato concesso a Maria «in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano». Affermando che Cristo è il Redentore di tutto il genere umano, anche in anticipo, in previsione di colei che sarebbe diventata sua Madre, non escludeva affatto, poiché diceva che l’ufficio di «riparatrice» e «vivificatrice» – di cooperatrice alla riparazione e alla vivificazione – che le era stato affidato era contenuto nello stesso privilegio dell’esenzione dal peccato originale:
[I Padri] Asserirono anche che la gloriosissima Vergine fu la riparatrice dei suoi progenitori; la vivificatrice dei posteri; colei che l’Altissimo, da tutti i secoli, si era scelta e preparata; che fu da Dio preannunciata, quando disse al serpente: «Porrò inimicizia fra te e la donna» [Gn 3, 15]; che senza dubbio schiacciò il capo velenoso dello stesso serpente.
La riflessione teologica sulla Corredenzione
È noto che San John Henry Newman (1801-1890) difese il titolo di Corredentrice di fronte a un prelato anglicano che glielo negava, dicendogli:
Sentendoti chiamarla, insieme ai Padri, Madre di Dio, Seconda Eva e Madre di tutti i viventi, Madre della Vita, Stella del Mattino, Nuovo Cielo Mistico, Scettro dell’Ortodossia, Madre tutta Immacolata di Santità, e così via, [questi stessi Padri della Chiesa] avrebbero giudicato che rendeste un debole omaggio a tali parole rifiutandovi di chiamarla Corredentrice.¹¹
L’appellativo di Corredentrice sembra infatti quasi debole accanto a tanti altri che San Cirillo d’Alessandria accumulava per esprimere quello di Theotókos, nella famosa preghiera del suo discorso al Concilio di Efeso:
Ti salutiamo, o Maria, o Theotókos, Tesoro degno di venerazione e che appartiene all’intero universo. Lampada il cui Lume è inestinguibile. Ti salutiamo, Corona di verginità; Scettro della vera dottrina; Tempio indistruttibile; Luogo di Colui che nessun luogo può contenere; Vergine e Madre, grazie a te, Egli ha potuto essere chiamato nei Vangeli «Colui che è venuto nel nome del Signore». E voi avete portato, nel vostro seno verginale, l’Incomprensibile e l’Immenso. È grazie a voi che la Santissima Trinità riceve gloria e adorazione; è grazie a voi che il Cielo è in esultanza; che gli Angeli fremano di gioia; che i demoni siano messi in fuga; che il Tentatore sia caduto dalle altezze celesti e che la creatura umana, un tempo decaduta, sia ammessa alle gioie immortali. È grazie a voi che tutte le creature, dopo aver conosciuto le follie dell’idolatria, sono tornate alla conoscenza della Verità. È grazie a voi che la Santa Battesimo è data ai fedeli, con l’olio che dà forza e gioia. Vi dobbiamo la fondazione di tante chiese sulla superficie del mondo, ed è grazie a voi che vediamo tante nazioni che si avvicinano alla penitenza! È grazie a voi (perché aggiungere altro?) che il Figlio unico di Dio è apparso, come un Essere splendente, alla povera umanità che era seduta nelle tenebre e all’ombra della morte. Senza di voi i Profeti non avrebbero pronunciato i loro oracoli; senza di voi gli Apostoli non avrebbero predicato alle nazioni la dottrina della salvezza; è grazie a voi che i morti sono riportati in vita e che regnano i Re nel nome della Santissima Trinità. Ma quali labbra umane potrebbero degnamente celebrare la Vergine Maria, che è veramente al di sopra di ogni lode?
Don Michel Viot ci dice che, poiché il mistero di Maria è indicibile, bisogna evitare un eccesso di parole nei suoi confronti. Ma il mistero di Cristo è ancora più indicibile. Eppure, tutta la cristologia, dal Nuovo Testamento fino agli atti più recenti del magistero, non usa parole per esprimere l’effetto nella sua natura umana dell’unione senza confusione con la natura divina nella Persona del Verbo: «Primogenito», «Capo», «Testa», «Re». Quest’ultimo termine è del resto simile ai «titoli» mariani – specialmente quello di Regina, di cui parlerò alla fine – e i titoli usati per esprimere il mistero di Maria aiutano in realtà a parlare del mistero di Cristo. Il rapporto tra cristologia e mariologia è infatti equivalente al rapporto tra le due devozioni: «È che tra la devozione mariana e la devozione a Cristo esiste un legame non accidentale, ma essenziale»¹².
Una corrente favorevole alla Corredenzione aveva dominato negli anni Quaranta e Cinquanta del XX secolo. Nel 1946 si tenne a Grenoble-La Salette un congresso su «Marie Corédemptrice» [Maria Corredentrice: N.d.T.], con interventi di teologi specializzati in questa dottrina, padre Marie-Joseph Nicolas O.P. (in seguito autore di Theotokos, le Mystère de Marie [Theotokos, il mistero di Maria: N.d.T.], su cui tornerò), i padri Rondet, Lépicier, Clément Dillenschneider (Le mystère de la corédemption mariale. Théories nouvelles, Vrin, 1951). Nel 1950 padre Junipero Benjamin Carol O.F.M. aveva pubblicato un monumentale lavoro storico De corredemptione beatæ Virginis Mariæ (Tipografia poliglotta vaticana), una prodigiosa indagine sul progresso di questa dottrina attraverso i secoli, a cui aggiungeva i risultati di una sorta di referendum che aveva organizzato presso i vescovati del mondo con l’obiettivo, a quanto pare, di dimostrare che la dottrina era acquisita dal punto di vista del magistero ordinario e universale. Molto più modesto, ma che doveva molto al precedente, fu il lavoro di don René Laurentin, nel 1951, su Le titre de corédemptrice. Étude historique (Nouvelles Éditions latines), che riproduceva in realtà il suo contributo al congresso mariologico di Roma nel 1950.
La tendenza si è invertita con l’avvicinarsi del Concilio Vaticano II e successivamente. Durante il Concilio Vaticano II, si ripeteva a volontà la frase del pastore protestante Karl Barth: «La corredenzione è una escrescenza, una forma malata di pensiero teologico. Tali escrescenze devono essere amputate. Si tratta di un altro Vangelo». Padre [poi card.] Yves Marie-Joseph Congar O.P., proprio per motivi ecumenici, fu uno dei più virulenti oppositori di quella che chiamava «mariolatria» e che, insieme alla «papolatria», costituiva un sistema che, secondo lui, accumulava dogmi e condanne e tagliava il cattolicesimo dalle sue radici evangeliche: «Dopo l’assunzione, ci sarà la mediazione, poi la redenzione, poi ancora qualcos’altro»¹³. Egli riteneva che la mariologia costituisse il banco di prova tra due tipi di teologia, la sua e quella a cui si opponeva. I bersagli del suo disprezzo: padre Gabriele Maria Roschini O.S.M., fondatore della rivista e della Facoltà di teologia «Marianum» [poi Pontificia facoltà teologica «Marianum»], e padre Carlo Balić O.F.M., specialista del Beato Giovanni Duns Scoto¹⁴.
Dopo la morte del venerabile Papa Pio XII, don René Laurentin divenne egli stesso uno dei «minimalisti», e persino colui che ha combattuto nel modo più efficace la dottrina della mediazione di tutte le grazie, e quindi la redenzione durante il Concilio Vaticano II¹⁵, basandosi sul suo controverso libro La question mariale¹⁶, in cui presentava il «massimalismo» del movimento mariano come «un problema», che egli definiva «eccessivo» e persino «patologico»¹⁷ nella sua «esaltazione incondizionata»¹⁸ della Vergine. don Don René Laurentin lottò affinché fosse ritirato il titolo di Mater Ecclesiæ, affinché il testo De Beata Virgine fosse integrato nella costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium e non costituisse più un testo a parte¹⁹, e affinché il titolo di Mediatrice fosse sommerso in una litania di termini analoghi. Fino alla fine, diventato tanto massimalista nelle apparizioni mariane quanto minimalista nella dottrina mariana, respinse la corredenzione e la mediazione delle grazie²⁰.
I Gesuiti non furono da meno. La loro teologia era talvolta così avanzata che la questione mariana non si poneva nemmeno più. Così, padre Joseph Moingt S.I. scriveva tranquillamente: «Continueremmo a crederlo [che Dio è il padre di Gesù], anche se ci fosse raccontato che Gesù è nato normalmente da Giuseppe e Maria, perché sappiamo distinguere ciò che riguarda la persona e ciò che riguarda la costituzione fisica dell’essere»²¹. In un registro più «classico», padre Bernard Sesboüé S.I., con un articolo intitolato «Peut-on encore parler de Marie ? Pour une présentation crédible» [Si può ancora parlare di Maria? Per una presentazione credibile: N.d.T]²², attaccava tra l’altro un’opera in due volumi, pubblicata negli Stati Uniti nel 1995 e nel 1997, intitolata: Marie, Corédemptrice, Médiatrice et Avocate. Fondements théologiques. Vers une définition papale? [Maria, Corredentrice, Mediatrice e Avvocata. Fondamenti teologici. Verso una definizione papale?: N.d.T.]²³, la metà dei contributi giustificava il titolo di Corredentrice. Padre Bernard Sesboüé S.I. diceva di questo titolo: «Si sa quanto sia ambiguo, per non dire “oggettivamente errato”». Il suo allontanamento dalla corredenzione si basava sulle conclusioni critiche di una commissione di teologi che aveva esaminato le richieste a favore di una dogmatizzazione di questa dottrina e sui commenti che la Pontificia Accademia mariana internazionale aveva fatto di queste conclusioni²⁴, entrambe difendendo «il cammino tracciato dal Concilio Vaticano II». Tuttavia, non si può che sottoscrivere alcuni dei principi stabiliti da padre Bernard Sesboüé S.I.: «Maria non dovrebbe mai essere isolata dall’intero discorso del Cristianesimo»; «Maria è riconosciuta dalla Chiesa come “Madre di Dio”: tutto ciò che la riguarda parte da lì e deve ritornarvi». Infine, papa Francesco, nel suo stile caratteristico, ha ritenuto, in un’omelia del 12 dicembre 2019, riguardo al titolo di corredentrice, che «non perdiamoci in chiacchiere» [no nos perdamos en tonteras: assurdità, sciocchezze, inettitudini].
Al contrario, per difendere la devozione mariana si sono espressi autori come don Louis Cognet, storico della mistica, in Les difficultés actuelles de la dévotion mariale²⁵, seguito da padre Jean Stern M.S. nel suo già citato articolo, «Marie dans le mystère de notre réconciliation» [Maria nel mistero della nostra riconciliazione: N.d.T.], secondo il quale la crisi mariana potrebbe essere «la conseguenza non di un cristocentrismo ritrovato, ma di un cristocentrismo spostato dalla persona alle idee, essendo Cristo considerato meno come Colui con cui posso avere relazioni cuore a cuore, che come il simbolo di un ideale di giustizia o altro». Padre Jean Stern M.S. concludeva: «È chiaro che, in una tale prospettiva, la figura di Maria diventa inutile e persino fastidiosa, in attesa che la persona di Cristo diventi a sua volta inutile e fastidiosa»²⁶.
A difendere adeguatamente la dottrina della Corredenzione furono padre Marie-Joseph Nicolas O.P., nel già citato Theotokos²⁷, e suo fratello, padre Jean-Hervé Nicolas O.P., nella sua Synthèse dogmatique, dove trattava dell’associazione di Maria a Cristo nella redenzione stessa e del merito de condigno di Maria in questa partecipazione²⁸.
Più recentemente, don Guillaume Sarrauste de Menthière, in un’opera intitolata Marie, Mère du Salut. Marie, Corédemptrice? Essai de fondement théologique²⁹, ha cercato intelligentemente di sminuire il terreno: «Il titolo di Corredentrice, se è appropriato per Maria, non può essere un titolo in più, è il titolo per eccellenza, quello che dà senso a tutti gli altri». Notava che «si sta delineando una forte corrente nel magistero ecclesiastico a favore di una partecipazione eminente di Maria all’opera della salvezza» e anche che «questa corrente trova d’altronde un’eco molto favorevole nella pietà dei fedeli». Come non vederlo «il segno più sicuro di una tradizione autenticamente valida»? E nel suo stile caratteristico, come distaccato, soppesando i pro e i contro, facendo riferimento al Concilio Vaticano II, ricordava che il termine di Corredentrice ha percorso la letteratura mariana almeno dal XV secolo fino a San Pio X e Papa Pio XI, e che San Giovanni Paolo II l’ha usato oralmente in diverse occasioni.
Dopo di che, ha fatto una «dimostrazione» sotto forma di articoli della Somma scolastica, cioè ponendo una serie di domande («Maria coopera alla redenzione in qualità di Madre di Dio?»), ciascuna seguita da obiezioni tendenti a rispondere negativamente, poi da un sed contra, cioè dall’argomento contrario di un’autorità (Sant’Anselmo d’Aosta ha detto: «Nostra Signora ha riscattato il mondo mentre era prigioniero»), su cui si basa una conclusione positiva argomentata («la maternità divina è in un certo senso la ragione d’essere di tutti i privilegi di Maria», compreso quello della Corredenzione), che permette di dare risposte alle obiezioni. Don Guillaume Sarauste de Menthière arrivò persino a giustificare il titolo di «Vergine-Sacerdotessa» che la Scuola francese di spiritualità aveva audacemente dato a Maria per esprimere la sua cooperazione alla Redenzione: Maria ha offerto la sua Annunciazione alla Croce, vittima del sacrificio; e se non si tratta di attribuirle un carattere sacerdotale, «possedeva l’analogo di un carattere nella sua qualità ontologica di essere la Madre di Dio».
Maria responsabile dei suoi figli, Maria Regina
Cristo, che ha compiuto il suo sacrificio redentore con questo supremo atto di obbedienza al Padre, ha voluto condizionarlo con l’atto di obbedienza di sua Madre. La partecipazione di quest’ultima alla Redenzione si è così legata al momento dell’Annunciazione. L’obbedienza di colei che con il suo fiat diventa Madre di Dio coopera all’obbedienza espressa dall’Uomo-Dio concepito in quel momento:
Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà. (Lettera agli Ebrei 10, 5-7).
È perché è la Madre del primogenito della nuova umanità che questo contributo ha una caratteristica specifica rispetto a quello di tutti i santi: si applica, non alla salvezza di determinate persone, ma alla salvezza di tutto il genere umano. Il merito di un giusto, per quanto grande possa essere, è particolare, ma nella sua estensione il merito di Maria è universale: tutti ne ricevono il frutto.
Papa Pio IX sottolineò nella costituzione Apostolica Ineffabilis Deus sulla definizione dogmatica dell’immacolato concepimento della Beata Vergine Maria la sollecitudine di Maria per la salvezza dell’intera umanità e, in questo quadro di applicazione universale, l’efficacia della sua intercessione: è Colei che,
mentre tratta gli affari che riguardano la salvezza di ciascuno di noi, è sollecita di tutto il genere umano […] e supplica con le sue potentissime preghiere di Madre.
Il titolo di Madre della Chiesa dato da San Paolo VI a Maria – titolo evocato dallo schema preparatorio ripreso da Papa Leone XIII nella lettera enciclica Adiutricem populi del 5 settembre 1895, ma omesso dai redattori della costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium – non esprime proprio questo diritto materno universale, su tutti i membri effettivi della Chiesa, come su tutti i suoi membri potenziali, chiamati a esserlo anche se alcuni non ci riusciranno mai?³⁰ Tanto che si può dire che Maria, Madre di Dio, è Madre di tutti gli uomini.
Maria ai piedi della Croce rappresentava tutta l’umanità che Cristo ricapitolava per salvarla, dice padre Jean-Hervé Nicolas O.P.³¹. Doveva acconsentire a questo atto redentore. È a nome di tutti che aderì al sacrificio di suo Figlio. Ho citato sopra le parole del venerabile Papa Pio XII nella lettera enciclica Ad caeli Reginam sulla dignità regale della Santa Vergine Maria, che diceva che la nostra redenzione è avvenuta secondo una certa «ricapitolazione» per cui l’umanità, sottomessa alla morte dalla prima Eva, si salvava per mezzo della nuova Eva. E fondava il titolo di Regina che le riconosceva su questa «ricapitolazione»:
È certo che in senso pieno, proprio e assoluto, soltanto Gesù Cristo, Dio e uomo, è re; tuttavia, anche Maria, sia come madre di Cristo Dio, sia come socia nell’opera del divin Redentore, e nella lotta con i nemici e nel trionfo ottenuto su tutti, ne partecipa la dignità regale, sia pure in maniera limitata e analogica. Infatti da questa unione con Cristo re deriva a lei tale splendida sublimità, da superare l’eccellenza di tutte le cose create: da questa stessa unione con Cristo nasce quella regale potenza, per cui ella può dispensare i tesori del regno del divin redentore; infine dalla stessa unione con Cristo ha origine l’inesauribile efficacia della sua materna intercessione presso il Figlio e presso il Padre.
Non è particolarmente opportuno, in questo anno in cui celebriamo il centenario della lettera enciclica Quas primas sulla regalità di Cristo di Papa Pio XI, avvicinarla, come faceva il venerabile Papa Pio XII, alla regalità di Maria, collegando questo potere regale alla sua associazione all’opera della Redenzione e alla sua dispensazione delle grazie sugli uomini, suoi figli? Non sarebbe inoltre vantaggioso sviluppare la riflessione su questo avvicinamento del Regno di Cristo e del Regno di Maria alle istituzioni umane e specialmente alle Nazioni? Per noi Francesi in particolare, di cui Cristo, secondo la frequente affermazione di Santa Jehanne Darc, è «Re di Francia»³², che riconosce la Vergine Maria come «Regina di Francia» da quando, nel 1638, Luigi XIII di Borbone, Re di Francia e di Navarra, le consacrò il suo regno dandole questo titolo. Che la Vergine Santa ottenga per la sua efficace intercessione il riscatto della sua figlia apostata!
Note:
² rc.fr.
³ R.-M.de la Broise et J.-V.Bainvel, Marie, Mère de Grâce. Étude doctrinale, Beauchesne, 1921, pagina 45.
⁴ De laudîbus B.M.V.; PL 189, 1726-1727.
⁵ Le titre de Corédemptrice, étude historique, Nouvelles Éditions latines, 1951.
⁶ Traité de la Vraie Dévotion, n. 29.
⁷ Op. cit. n. 16.
⁸ Come ha scritto coraggiosamente Joseph Lebon in «Sur la doctrine de la médiation mariale», Angelicum, vol. 35, n. 1 (gennaio 1958), pagine 3-35.
⁹ Lettre Circulaire aux Amis de la Croix n. 31.
¹⁰ Le Cœur Admirable de la Très Sacrée Mère de Dieu, libro II, capitolo IV.
¹¹ Saint John Henry Cardinal Newman, Certain Difficulties Felt by Anglicans in Catholic Teaching considered: In a Letter Addressed to the Rev. E. B. Pusey, D.D., on Occasion of His Eirenicon of 1864, Volume 2, Longmans, Green, and Co., New York, 1900, pagina 78.
¹² Jean Stern, « Marie dans le mystère de notre réconciliation », Nouvelle Revue théologique, 97 n. 1 1975, pagina 23.
¹³ Memoria interna del 1946 alla facoltà domenicana di teologia di Le Saulchoir, dove era professore, per protestare contro la possibile dogmatizzazione dell’Assunzione di Maria. Cfr. Le culte marial catholique garriguesetsentiers.org.
¹⁴ Yves Congar, Mon journal du concile, Paris, Cerf, 2002, t. 1 pagine 64 e 66 e t. 2 pagine 90 e 147.
¹⁶ René Laurentin, La question mariale, Seuil, 1963, livre d’«opinion» qu’il jugeait «urgent d’écrire au seuil du débat marial de Vatican II».
¹⁷ Ibid., pagina 37.
¹⁸ Ibid., pagina 24.
¹⁹ Yves Congar, Mon journal du Concile, op. cit. 12-13 gennaio 1963.
²⁰ Reaching Consensus on Mary’s Role in Redemption: The Athanasian Solution di Mark Miravalle, S.T.D. e Robert Fastiggi, PH.D. in Ecce Mater Tua, A Journal of the International Marian Association, volume 6, March 25, 2022, pagina 88.
²¹ L’homme qui venait de Dieu, Cerf, 1993, pagina 655.
²¹ Christus di luglio 1999.
²³ Mark I Miravalle (a cura di), Mary, Coredemptrix, Mediatrix, Advocate. Theological Foundations I. Towards a Papal Definition? (Queenship Publishing, 1995) , II. Papal, Pneumatological, Ecumenical (Queenship Publishing, 1997).
²⁴ Documentation catholique del 2 aprile 1995, n. 2113.
²⁵ Vrin, 1967.
²⁶ Loc. cit. pagina 24.
²⁷ E in precedenza in «La doctrine de la Corédemption dans le cadre: de la doctrine thomiste de la Rédemption», Revue thomiste, t. 47 (1947), pagine 20-44. M.-J. Nicolas avanza l’idea «transazionale» che Maria possa aver contribuito al sacrificio redentivo non come sacrdote ma come vittima. Cfr.: don Hubert Bizard, fssp, La Corédemption, sommet de la doctrine mariale du Père Marie-Joseph Nicolas (tesi di licenza, Toulouse, 2020).
²⁸ Beauchesne, 1985, pagine 540-543.
²⁹ Téqui, 1999.
³⁰ Cristo è il Capo di tutti gli uomini, ma lo è in gradi diversi (ST, IIIa q 8 a 3 e Commentaire des Sentences, III, d 13, q 2, a 2; questo è ripreso da Lumen Gentium n. 13). La Maternità della Chiesa si estende anche a tutti gli uomini in misura diversa.
³¹ Synthèse dogmatique, op. cit., pagina 542. Citando Jacques Bur, Médiation mariale, Desclée de Brouwer, 1955, pagina 497. Jacques Bur, che, come PP Nicolas, cerca di riconciliare i mariologi senza cedere sulla specifica cooperazione di Maria alla Redenzione, afferma che ella è stata la «causa dispositiva della nostra Redenzione».
³² O «roi des Francs», citato da San Pio X in occasione della sua beatificazione, il 13 dicembre 1908.
È vero che il suo fiat ha voluto la redenzione, ma questo non significa che la volontà di Maria abbia voluto anche il sacrifico del Figlio che ha portato la redenzione. In altro parole sappiamo per certo che il figlio si è offerto volontariamente, ma non sappiamo per certo se Maria abbia voluto effettivamente offrire il Figlio. Quindi il sacrificio del figlio e la partecipazione di Maria non possono essere messi sullo stesso piano. Inoltre il sacrificio inizia prima della crocifissione: inizia nel getsemani. È lì, a quanto ne sappiamo, Maria non c’era. Gesù era solo.
RispondiEliminaProsecuzione del precedente commento 16/04 21:28.
RispondiEliminaIn altre parole Maria non è Corredentrice. Al limite è cooperatrice della Redenzione.