Cari amici di “300 denari”, il dott. Stefano Fontana in un recente scritto dal titolo “L’Europa e la democrazia come finzione” (pubblicato per l’Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuân – qui) propone una pregevole riflessione critica sullo stato della democrazia europea, mettendo in evidenza come questa dimostri sempre più di fondarsi su una “finzione” attraverso meccanismi elettorali e parlamentari che, anziché garantire una reale rappresentanza del volere popolare, tendono a cooptare i perdenti e a mantenere una facciata di legittimità (basta ricardare gli esiti delle recenti elezioni in Germania e di quelle europee in cui i socialdemocratici e verdi divenendo “ago della bilancia” hanno ottenuto piena rappresentanza e potere anche nella Commissione).
L’Autore ci ricorda che tale involuzione della democrazia europea non è causale. Affonda le sue radici nel pensiero di Hans Kelsen il quale «nella sua opera “La democrazia”, risalente agli Venti del secolo scorso, egli giustifica una prima finzione, ossia il passaggio dalla democrazia diretta alla democrazia partecipativa. Si tratta di una finzione perché la volontà di tutti viene ceduta alla volontà di alcuni [n.d.r. della “maggioranza”], ritenuti, appunto tramite la finzione, ugualmente espressione della volontà generale. (…) Quindi prima si è costretti a fingere che la volontà di chi si reca alle urne abbia il valore della volontà di tutti, e poi si è costretti a fingere che la volontà degli eletti rappresenti la volontà di tutti». A tali due finzioni, se ne aggiunge una terza (che è la più importante): l’esistenza di un patto con cui «tutti i cittadini avrebbero dato vita alla società sottoponendosi ad una norma fondamentale posta dal potere in loro nome».
Tali riflessioni ci hanno stimolato un interrogativo: quale è la posizione della Dottrina Sociale della Chiesa rispetto al “sistema democratico”?
Il Compendio di dottrina sociale, ci ricorda (par. 406) che un giudizio esplicito e articolato sulla democrazia è contenuto nell'enciclica «Centesimus annus»: «la Chiesa apprezza il sistema della democrazia, in quanto assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e garantisce ai governati la possibilità sia di eleggere e controllare i propri governanti, sia di sostituirli in modo pacifico, ove ciò risulti opportuno. Essa, pertanto, non può favorire la formazione di gruppi dirigenti ristretti, i quali per interessi particolari o per fini ideologici usurpano il potere dello Stato. Un'autentica democrazia è possibile soltanto in uno Stato di diritto e sulla base di una retta concezione della persona umana. Essa esige che si verifichino le condizioni necessarie per la promozione sia delle singole persone mediante l'educazione e la formazione ai veri ideali, sia della “soggettività” della società mediante la creazione di strutture di partecipazione e di corresponsabilità».
Si aggiunge (par. 408) che «nel sistema democratico, l'autorità politica è responsabile di fronte al popolo. Gli organismi rappresentativi devono essere sottoposti ad un effettivo controllo da parte del corpo sociale. Questo controllo è possibile innanzi tutto tramite libere elezioni, che permettono la scelta nonché la sostituzione dei rappresentanti. L'obbligo, da parte degli eletti, di rendere conto del loro operato, garantito dal rispetto delle scadenze elettorali, è elemento costitutivo della rappresentanza democratica».
Quanto è lontano il sistema democratico europeo da tali “requisiti minimi”?
Lo lasciamo valutare a ciascuno di Voi ma riteniamo opportuno coadiuvare il Vostro giudizio con due recenti notizie:
- la prima certamente nota ai più. Il processo elettorale di nomina del presidente della repubblica di Romania, a dicembre scorso è stato inaspettatamente interrotto dalla Corte Costituzionale (qui la traduzione in inglese della sentenza; 4 pagine in tutto), dopo che il candidato inviso all’establishment UE (Călin Georgescu) aveva vinto la prima fase delle elezioni ed era favorito per la fase del ballottaggio. Le motivazioni della decisione si fondano su asserite interferenze russe nella campagna elettorale, inclusa la manipolazione dei social media e finanziamenti illeciti. Quali sono le prove? Documenti desecretati ad hoc da parte dei servizi segreti rumeni su decisione del Ministro dell’Interno (del partito di opposizione a quello del candidato). È stata dunque fissata la data per nuove elezioni (4 maggio prossimo) e il candidato Georgescu vantava il 40% delle preferenze. È stato considerato un rischio troppo alto per la democrazia: mentre andava a depositare la documentazione per la propria candidatura è stato fermato dalla polizia e sottoposto a interrogatorio; una volta presentata la candidatura, la stessa è stata dichiarata inammissibile per irregolarità nella documentazione presentata e in ragione delle indagini penali in corso a suo carico per asserito attacco all'ordine costituzionale e creazione di una organizzazione fascista e razzista. Tale decisione è stata convalidata dalla Corte Costituzionale rumena;
- la seconda di “natura iniziatica” ma assai rilevante. L’avvocato generale Spielmann della Corte di Giustizia UE, nell’ambito di una annosa querelle tra la Commissione Ue e la Polonia (giudizio promosso quando era al governo un partito inviso all’establishment UE), ha severamente censurato una sentenza della Corte Costituzionale polacca che aveva statuito che gli atti o le decisioni della UE non sono applicabili se contrarie all’identità costituzionale polacca. Ebbene, l’avvocato generale ha affermato che il principio di superiorità del diritto Ue (e delle decisioni della stessa Corte di Giustizia) deve condurre alla disapplicazione delle disposizioni nazionali, comprese quelle costituzionali, contrarie al diritto dell’Unione. Si precisa inoltre che spetta alla Corte risolvere definitivamente i conflitti tra il diritto dell’Unione e l’identità costituzionale di uno Stato membro. Classica esemplificazione di come un gruppo ristretto di persone (27 giudici e 11 avvocati generali) possono usurpare i poteri degli Stati nazionali.
Filippo
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