Post in evidenza

C'è ancora qualcosa di Cattolico? Dalla Fede a Fido in Brasile

 Il cane chieri chetto serve la Santa Messa. Per don Suares , parrocchia di Santa Ana e São Joaquim a Barretos  in Brasile, dalla Fede a Fid...

martedì 4 febbraio 2025

Sicilia. Abusi in parrocchia, il vescovo Gisana rinviato a giudizio mette in difficoltà il Papa (che lo aveva difeso). E a Bolzano poi...

I magistrati siciliani hanno annunciato che il vescovo di Piazza Armerina, in Sicilia, S. Ecc. Rev. Mons. Rosario Gisana sarebbe stato rinviato a giudizio (QUI Giansoldati e QUI Ansa)).
Federica Tourn QUI e QUI e sotto l'articolo integrale: "Il papa e lo scandalo di Enna. Il vescovo di piazza Armerina va a processo per i fatti raccontati nel podcast La Confessione. E ora il Vaticano non può più far finta di niente".
QUI Il Fatto Quotidiano, invece, sulle vicende degli abusi a Bolzano: "Bolzano, i quattro vescovi che ignorarono o coprirono gli abusi. Mai rimosso il prete prescritto per cui la Curia ha risarcito" e QUI Korazym.org: "Abusi sessuali del clero in Alto Adige. Il procuratore: “La Chiesa non intende più coprire”. Il mea culpa del vescovo: “Dati sconvolgenti”.
QUI e QUI ancora Franca Giansoldati: "Abusi, CEI irremovibile: ricerche negli archivi diocesani solo dal 2001 (lo studio sulla pedofilia a Bolzano resta unico)".
QUI e QUI Federica Tourn sull'altro gravissimo casi di abusi coperti, quello dell'ex gesuita Rupnik.
Luigi C.

di Franca Giansoldati, Il Messaggero, 21-1-25

La faccenda si sta facendo seria e rischia di mettere in grave imbarazzo persino Papa Francesco che, l'anno scorso, aveva difeso a spada tratta il vescovo siciliano, monsignor Rosario Gisana lodandolo pubblicamente: «Bravo, questo vescovo, bravo. È stato perseguitato, calunniato e lui fermo, sempre, giusto, un uomo giusto. Per questo, quel giorno in cui andai a Palermo, ho voluto fare sosta prima a Piazza Armerina, per salutarlo; è un bravo vescovo». Ma di fronte alle ultime decisioni dei magistrati del Tribunale di Enna di mandarlo a giudizio per falsa testimonianza su una bruttissima vicenda di abusi sessuali su un minore commessi da un prete da lui protetto e trasferito altrove nonostante la condanna a quattro anni dal giudice (dopo accurate indagini coordinate dalla Procura e condotte dalla Squadra Mobile di Caltanissetta e dal Commissariato di Gela) ha deciso di vederci più chiaro. Chi ha mentito, come sono andate le cose, chi ha informato Santa Marta inducendo il Papa ad esporsi per difendere Gisana?

Cosa è successo

Secondo quanto è affiorato in aula, durante il processo a don Giuseppe Rugolo, il sacerdote condannato in primo grado a quattro anni e mezzo per violenza su minori, la vittima aveva messo al corrente anche il vescovo delle violenze reiterate che aveva subito.

Ieri i magistrati siciliani hanno annunciato che il vescovo sarebbe stato rinviato a giudizio, assieme al suo vicario giudiziale, don Vincenzo Murgano, attualmente parroco a Enna, per falsa testimonianza. E oggi il Vaticano ha deciso di inviare immediatamente in loco un visitatore apostolico per svolgere un’indagine canonica parallela, relativa al comportamento che il vescovo e gli altri prelati coinvolti, avrebbero tenuto nell'ambito di questa vicenda. Il visitatore apostolico dovrà verificare se Gisana ha effettivamente mentito, come si evince dalle intercettazioni che erano state lette in aula durante il processo a don Giuseppe Rugolo: “Giuseppe non hai capito che ora il problema è anche mio, perché io ho insabbiato tutto”.

Chi è il vescovo Gisana

A mandare a giudizio il vescovo Gisana è stato il pm della Procura, Stefania Leonte, che ha ritenuto plausibili tutti gli elementi probatori.In pratica il vescovo e don Murgano sono accusati di avere mentito in aula durante il processo sull'offerta di denaro, circa 25 mila euro in contanti, che avrebbero proposto, secondo i magistrati, alla vittima in cambio del suo silenzio. Gisana e Murgano dovranno comparire davanti al giudice Maria Rosaria Santoni il prossimo 26 maggio. E' questo il primo vescovo italiano che andrà a processo sulla gestione di un caso di abuso

Resta in Vaticano l'imbarazzo profondo per una vicenda che investe inevitabilmente anche Papa Francesco. Con il motu proprio del 2016 Papa Francesco ha stabilito che i vescovi negligenti siano rimossi dal loro incarico. Spetta naturalmente ad una indagine canonica giudicare il loro comportamento. In pratica nel provvedimento è stato stabilito che, tra le “cause gravi” che il diritto canonico già prevede per la rimozione dall’ufficio ecclesiastico (di vescovi, eparchi o superiori maggiori), va compresa anche la negligenza rispetto ai casi di abusi sessuali. La decisione deve comunque sempre essere sottomessa all’approvazione del Pontefice.

Nel caso di Gisana «ometteva con ogni evidenza qualsivoglia doverosa seria iniziativa a tutela dei minori della sua comunità e dei loro genitori – scrivono i magistrati - nonostante la titolarità di puntuali poteri conferiti nell'ambito della rivestita funzione di tutela dei fedeli, facilitava l'attività predatoria di un prelato già oggetto di segnalazione. Sarebbe stato doveroso da parte della autorità religiosa alla guida della diocesi non solo segnalare alle autorità religiosa queste denunce secondo le procedure esistenti nel diritto canonico ma ancora prima di precludere anche in via cautelativa a Rugolo di coordinare e gestire numerosi gruppi di giovani in attività ricreativa a sfondo religioso». Nessun controllo veniva così attivato a tutela dei ragazzi e di don Rugolo che commetteva impunemente abusi «sessuali ai danni di due giovani adolescenti, consapevole di poter contare sull'appoggio dei vertici religiosi che al contrario contribuivano a rafforzare all'esterno l'immagine di padre Rugolo quale esponente di spicco del clero locale». La conclusione della magistratura è lapidaria: «L'imputato e la curia vanno condannati a rifondere alle medesime parti civili le spese di costituzione e difesa».

COMUNICATO

In un comunicato della diocesi il vescovo Rosario Gisana ha fatto sapere di seguire «con serenità gli sviluppi del procedimento penale in corso». Nel ribadire l'estraneità alle accuse rinnova la sua fiducia nell'operato della magistratura.

LA CEI

Dopo un silenzio durato mesi la Cei, interpellata sulla questione, ha finalmente rotto il silenzio: «noi non possiamo non pensare alle vittime». Il segretario generale della Cei, monsignor Giuseppe Baturi, ha ricordato che Gisana ha emanato un comunicato «nel quale si dice sereno che la magistratura accerti la sua estraneità alle accuse». Quanto a possibili iniziative nei suoi confronti, Baturi ha ricordato che «è la Santa Sede ad assumerle» in questi casi. «Noi collaboreremo in modo pieno ad eventuali iniziative vaticane». «A noi ci muove la vicinanza al dolore delle vittime e la necessità che i processi accertino la verità».

Il papa e lo scandalo di Enna

Il vescovo di piazza Armerina va a processo per i fatti raccontati nel podcast La Confessione. E ora il Vaticano non può più far finta di niente

Federica Tourn, gen 22, 2025



Oggi papa Francesco tace, ma la posizione di monsignor Gisana, ostracizzato dagli altri vescovi, rinviato a giudizio e sotto osservazione vaticana, non è mai stata così precaria

«Bravo, questo vescovo, bravo». Così diceva papa Francesco il 6 novembre 2023 del vescovo di Piazza Armerina monsignor Rosario Gisana. «È stato perseguitato, calunniato e lui fermo, sempre, giusto, uomo giusto», aggiungeva Bergoglio, con un riferimento ben poco dissimulato al processo per abusi che si stava celebrando all'epoca ad Enna, a carico di un protetto di Gisana, don Giuseppe Rugolo.

«Uomo giusto», sosteneva Bergoglio: la pensa diversamente la Procura di Enna, che ha rinviato a giudizio il vescovo per falsa testimonianza, secondo l'articolo 372 del codice penale, insieme al vicario giudiziale della diocesi, don Vincenzo Murgano, attuale parroco della chiesa madre della città.

Gisana e Murgano dovranno comparire davanti al tribunale di Enna il prossimo 26 maggio: sono entrambi accusati di avere mentito in aula durante il processo a don Giuseppe Rugolo, condannato lo scorso 5 marzo a quattro anni e sei mesi per violenza sessuale su minori.

La notizia del rinvio a giudizio del vescovo Gisana arriva lo stesso giorno in cui, a Bolzano, viene presentato un report sugli abusi sessuali nella chiesa altoatesina fra il 1963 e il 2023. Lo studio individua 67 casi accertati di aggressione sessuale, di cui sono responsabili 29 sacerdoti (più altri 12 ritenuti probabili), con un'età media dai 28 ai 35 anni; le vittime sono 59, soprattutto bambine fra gli 8 e i 14 anni.

Elaborato dallo studio legale Westpfahl-Spilker-Wastl di Monaco di Baviera su incarico della diocesi di Bolzano e Bressanone, si tratta del primo rapporto indipendente sugli abusi nella chiesa in Italia finora pubblicato (su cui torneremo a breve in un altro articolo).

Un evidente schiaffo alla Conferenza episcopale italiana, che ha sempre rifiutato la strada della commissione indipendente per imboccare, con la presidenza del cardinale Matteo Zuppi, la più comoda soluzione dell'indagine interna, affidata a istituti vicini alla Chiesa.

In un solo giorno, quindi, da nord a sud la notizia è la stessa: la chiesa italiana è spaccata fra chi vorrebbe continuare a insabbiare, come il vescovo Gisana, e chi ha capito che è urgente schierarsi – fosse anche soltanto per opportunità – contro l'imbarazzante politica della Cei, che continua imperterrita nella sostanziale negazione del problema. Ma gli abusi clericali sono l'elefante nelle stanze dorate del Vaticano, e questo è ormai evidente a tutti.

Lo sa bene anche papa Francesco, nonostante cerchi di distogliere l'attenzione dalle responsabilità della chiesa ogni volta che viene blandamente interrogato sulla questione, come è successo durante l'intervista di Fabio Fazio a Che tempo che farà del 19 gennaio, in cui Bergoglio ha citato percentuali a caso sul fenomeno ed è apparso più stanco e confuso che mai.

Le accuse

Tornando alla vicenda di Enna, il vescovo e il vicario giudiziale avevano ricevuto l'avviso di conclusione delle indagini un mese fa, in seguito all'esposto presentato da Antonio Messina, il giovane archeologo che aveva già denunciato per abusi don Rugolo.

Ma di cosa sono accusati esattamente monsignor Gisana e don Murgano? Il vescovo, secondo quanto riporta il decreto di citazione diretta a giudizio, durante l'udienza del 10 ottobre 2022 «affermava il falso o negava il vero, ovvero taceva, in tutto o in parte, ciò che sapeva intorno ai fatti sui quali era interrogato».

Secondo i magistrati, una delle cose su cui il vescovo ha mentito riguarda la richiesta della famiglia Messina di 25 mila euro in contanti, che invece era stato proprio monsignor Gisana a proporre in cambio del silenzio della vittima. I soldi dovevano essere prelevati dalla Caritas e consegnati a Messina con la clausola della riservatezza, una scorciatoia usata altre volte dalla chiesa in casi simili per evitare pubblicità imbarazzanti sugli abusi clericali (come abbiamo raccontato nel podcast La Confessione:

Una modalità che Antonio Messina aveva però subito respinto. Secondo i magistrati, Gisana aveva poi negato di aver informato Rugolo di quello che stava emergendo nell'indagine ecclesiastica a suo carico e addirittura gli aveva consegnato una copia della denuncia scritta da Antonio Messina.

Quanto a don Murgano, durante l'udienza del 14 marzo 2023 «negava di aver dato a Rugolo Giuseppe consigli sulla strategia difensiva da adottare in sede processuale» e, minimizzando il suo appoggio al sacerdote sotto accusa, «affermava falsamente di essersi intrattenuto soltanto per i saluti, “una decina di minuti”, nelle due occasioni in cui aveva accompagnato Rugolo Giuseppe dal suo difensore».

Murgano, lo ricordiamo, nel 2015 aveva consigliato a Messina, che si era confidato con lui a proposito dell'abuso sessuale subito da Rugolo, di non denunciare l'accaduto e di evitare persino di avvertire il vescovo.

Oggi Antonio Messina si dice soddisfatto del rinvio a giudizio:

«È sicuramente un passo avanti importante, anche da parte della procura, che ha deciso di perseguire i reati che Gisana e Murgano hanno palesemente commesso nelle aule del tribunale – commenta Antonio Messina – Non è una cosa scontata perché sappiamo benissimo come spesso la giustizia si fermi davanti a prelati e al potere ecclesiastico, soprattutto in territori come il nostro.

Non è un punto di arrivo ma segna un traguardo nel contrasto agli abusi e alle coperture degli abusi del clero nella Chiesa italiana, perché non ricordo prima d'ora un'azione così decisiva da parte della magistratura».

Un processo, quello ai due prelati, che dovrebbe svolgersi a porte aperte:

«Non penso ci siano i presupposti per celebrare il processo a porte chiuse. Io certamente chiederò che si svolga a porte aperte, come peraltro avevo già chiesto per il processo a Rugolo, anche se in quella occasione non era stato consentito – precisa Messina – In questo modo spero si possano mettere a tacere le ricostruzioni della diocesi,che hanno dato visioni distorte di quel che avveniva in aula, fra cui proprio le false dichiarazioni rese da Gisana e Murgano, all'epoca minimizzate dagli avvocati e per le quali viene oggi disposto il rinvio a giudizio».

L’inviato del papa

E dato che le disgrazie non arrivano mai da sole, appena a Enna si è diffusa la notizia che il vescovo è stato rinviato a giudizio per falsa testimonianza, ecco che si viene a sapere che a Piazza Armerina è arrivato un visitatore apostolico. Si tratta dell'arcivescovo di Gorizia, monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli, che dovrà relazionare direttamente a papa Francesco sulla salute della diocesi retta da Gisana.

«Immagino che il visitatore apostolico arrivi in seguito al mio invio ai dicasteri per la Dottrina della Fede, del Clero e per i Vescovi di tutto il plico riguardante il processo Rugolo – aggiunge Antonio Messina – e poi forse hanno influito le notizie sulle indagini nei confronti di Gisana e Murgano oggi imputati».

Anche il presidente della Conferenza episcopale siciliana Antonino Raspanti e l'arcivescovo di Catania Luigi Renna hanno d'altronde preso di recente una posizione di condanna netta dell'operato di Gisana.

Sulle manifestazioni di solidarietà da parte della chiesa locale, Messina è oggi moderatamente ottimista: «Nella diocesi c'è stato un risveglio delle coscienze: ho la percezione che ci sia una voglia di agire in modo concreto nei confronti degli abusi e una vera e propria condanna delle condotte omissive che riguardano un vescovo e il suo vicario giudiziale».

Gisana è ormai ben lontano dai fasti della visita apostolica del papa in Sicilia, quando Francesco aveva deciso di far tappa a Piazza Armerina, nel centro dell'isola, proprio per salutare questo «bravo vescovo».

D'altronde Gisana gli aveva fatto un favore, al papa, come ricordava il vescovo stesso agli attoniti genitori di Messina venuti a chiedergli aiuto per la dolorosa faccenda del figlio; era stato lui, infatti a presiedere la commissione speciale che aveva indagato (e poi assolto) il frate cappuccino Giovanni Salonia, accusato da una suora di abusi sessuali (lo abbiamo raccontato qui).

Una «patata calda», come dice Gisana, perché Salonia all'epoca della denuncia, all'inizio del 2017, era appena stato nominato da Francesco vicario del vescovo di Palermo Corrado Lorefice.

Oggi papa Francesco tace, ma la posizione di Gisana, ostracizzato dagli altri vescovi, rinviato a giudizio e sotto osservazione vaticana, non è mai stata così precaria.

Intanto è stata fissata per l'8 aprile al Palazzo di giustizia di Caltanissetta la prima udienza del processo di appello a don Giuseppe Rugolo.