Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera 1162 pubblicata da Paix Liturgique il 14 febbraio, in cui, prendendo spunto dal contenuto di un convegno sui «nuovi ministeri» organizzato dall’Institut supérieur de pastorale catéchétique di Parigi, si riflette sull’imperante «spirito del Sinodo», che ha ideologicamente sostituito lo «spirito del Concilio» nel giustificare il tentativo di distruzione della Chiesa cattolica.
L.V.
Mentre i «gentili organizzatori» della sinodalità hanno appena avuto la testa di un altro dei suoi oppositori – mons. Dominique Jean Marie Rey Comm. l’Emm., Vescovo emerito di Fréjus-Tolone – i «segni dei tempi» che gli stessi considerano al di sopra del magistero della Chiesa, della parola di Dio e dello Spirito Santo si accumulano e puntano tutti nella stessa direzione: verso una sinodalità considerata irreversibile, in cui il volere del mondo si farà passare per quello di Dio. Seguiranno la gestione e la comunicazione. Quanto ai fedeli, non entrano in linea di conto, anche se tutto ciò dovrebbe «ridare la parola al popolo di Dio».
La sinodalità è in gran parte uno slogan, perché l’istituzione ecclesiastica non è mai stata così centralizzata. In realtà, parlare di sinodalità è un modo per rivestire a buon mercato lo «spirito del Concilio» con lo «spirito del Sinodo».
L’Institut supérieur de pastorale catéchétique di Parigi al comando
Punta di diamante della riforma sinodale, l’Institut supérieur de pastorale catéchétique di Parigi organizza il prossimo febbraio un convegno a Parigi dal titolo Instituer de nouveaux ministères, une urgence missionnaire [Istituire nuovi ministeri: un’urgenza missionaria: N.d.T.]. Ecco la descrizione [QUI: N.d.T.]:
Dal 17 al 19 febbraio 2025, l’Institut supérieur de pastorale catéchétique di Parigi invita a partecipare al suo 12º convegno internazionale. La riflessione si concentrerà sull’istituzione di nuovi ministeri come risposta missionaria urgente, in relazione alle recenti riforme di papa Francesco. […]Se «è dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo che essa [la Chiesa], secondo il piano di Dio Padre, deriva la propria origine» (decreto sull’attività della Chiesa Ad gentes, 2), per Papa Francesco la trasformazione missionaria della Chiesa non può avvenire senza una trasformazione delle strutture (esortazione apostolica Evangelii gaudium sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale, 27).Da qui la lettera apostolica in forma di «motu proprio» Spiritus Domini che apre alle donne i ministeri di lettore e di accolito e la lettera apostolica in forma di «motu proprio» Antiquum ministerium che crea il ministero di catechista. […]Partecipate a questo convegno per affrontare questioni come:
- come comprendere il passaggio da un «ministero della catechesi» all’istituzione di ministri catechisti?
- in che modo l’accoglienza di nuovi ministeri fa parte di un nuovo kairos per l’annuncio del Vangelo?
- la posta in gioco è istituire ministri per rispondere ai bisogni della comunità e/o riconoscere carismi che saranno messi al servizio della conversione pastorale e missionaria della Chiesa?
Ovviamente le risposte sono già date:
Alternando conferenze e lavori in gruppi, il convegno inviterà a cogliere queste questioni a partire dal principio dell’uguale dignità dei battezzati (costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, 32). Sarà necessario innanzitutto attingere alle fonti scritturali e tornare alla storia delle missioni e al Concilio Vaticano II.Soffermandosi, tra l’altro, sui concetti di carismi, collaborazione, cooperazione e discernimento, si tratterà quindi di capire come favorire la creazione dei nuovi ministeri di cui la Chiesa ha bisogno senza pensare che siano in concorrenza tra loro.Anche la liturgia sarà messa in discussione, poiché manifesta i doni dello Spirito al servizio della partecipazione di tutti all’unico mistero attraverso una «pluri-ministerialità».
Infine, si parlerà del discernimento ecclesiale e della formazione dei candidati ai ministeri, per riconoscere la chiamata dello Spirito al servizio del bene comune della Chiesa.
Il «bene comune», come l’«urgenza», sono ovviamente solo pretesti per tracciare un percorso già ben collaudato. Dopo la lettera apostolica in forma di «motu proprio» di papa Francesco Spiritus Domini sulla modifica del canone 230 § 1 del codice di diritto canonico circa l’accesso delle persone di sesso femminile al ministero istituito del Lettorato e dell’Accolitato nel gennaio 2021, la prof. Astrid Kaptijn J.C.D., docente di diritto canonico all’Université di Friburgo, ha spiegato [QUI: N.d.T.]:
Per gli uomini, [la missione] era conferita con una stabilità, quindi si può dire «a vita». Per le donne, questo era possibile solo con un mandato limitato nel tempo. È qui che c’è il grande cambiamento: questo nuovo testo di papa Francesco, e le modifiche che apporta al codice di diritto canonico, implica che ora anche le donne possono ricevere questi stessi ministeri in modo stabile. […] Mi sembra che sia la prima volta che le donne possono ricevere ministeri a vita in questo modo. […]Penso quindi che si tratti piuttosto di un’apertura per dimostrare che i laici nella Chiesa – e anche le donne – possono ricevere ministeri istituiti.
E subito dopo spiega le intenzioni del gruppo di riformatori autore di questo testo e di altri:
Penso che si tratti effettivamente di una diffusione verso una maggiore diversificazione del sacerdozio comune. […] lo stesso Papa Francesco sottolinea che era già presente nella lettera apostolica in forma di motu proprio Ministeria quaedam [con la quale nella Chiesa latina viene rinnovata la disciplina riguardante la Prima Tonsura, gli Ordini minori e il Suddiaconato] del 1972. E come ribadisce nella sua lettera al card. Luis Francisco Ladaria Ferrer S.I., Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, non è escluso che emergano altri ministeri istituiti, che devono essere approvati dalla Santa Sede. Ci si può quindi aspettare uno sviluppo […].
Andare il più lontano possibile nella demagogia
Papa Francesco non permetterà né le donne prete, né le diaconesse, e tanto meno l’ordinazione di preti sposati, perché ciò significherebbe la diluizione del Cattolicesimo in un neo-protestantesimo. Come ha detto a proposito del Synodale Weg [Cammino sinodale tedesco: N.d.T] che chiedeva tali cose, «in Germania c’è una Chiesa evangelica molto buona. Non ce ne vogliono due» [QUI: N.d.T.]. Ciò che conta è lo «spirito di Sinodo», ma in una Chiesa governata con il pugno di ferro.
In compenso, moltiplica e moltiplicherà le elusioni demagogiche. Sulla questione delle funzioni assegnate alle donne nella Chiesa, come dicevamo nella nostra Lettre 1154 del 27 gennaio 2025 [QUI; QUI su MiL: N.d.T.], nomina suor Simona Brambilla M.C. Prefetto del Dicastero per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, ma come laica (che è una religiosa, che non riceve gli ordini sacri) nomina al suo fianco il card. Ángel Fernández Artime S.D.B. come Pro-prefetto, che firmerà tutti i documenti con la Prefetto. In altre parole, non è Prefetto di nulla, ma fa tutto come un Prefetto.
Allo stesso modo, nell’Arcidiocesi di Malines-Bruxelles, la signora Rebecca Charlier-Alsberge, madre di quattro figli, è stata nominata coordinatrice territoriale per il Vicariato del Brabante vallone con il titolo di Delegata episcopale. L’Arcivescovo ha chiesto ai suoi sacerdoti di nominare questa Vicaria generale nel corso dell’Eucaristia. Anche in questo caso, la riforma si basa su una presunta richiesta dei fedeli, che invece viene ignorata per quasi tutti gli altri aspetti – e in particolare quando i Vescovi cattolici belgi hanno lasciato che la dittatura sanitaria vietasse e poi disturbasse notevolmente il culto, con un limite di quindici fedeli per Messa per mesi [QUI; QUI su MiL: N.d.T.]:
le indicazioni tengono conto della ripetuta richiesta dei sacerdoti e dei cristiani di poter pregare insieme per la loro nuova responsabile del Vicariato. Aggiungeremo quindi nell’Eucaristia menzione del suo titolo o del suo titolo e del suo nome […]La delegata episcopale entra in processione accanto a colui che presiede la celebrazione, si siede al primo posto dell’assemblea.La delegata episcopale è presente nella processione di uscita accanto a colui che presiede.
Seguono diversi modelli di Preghiera eucaristica in sua presenza: «li presentiamo in unione con il tuo servo, il nostro Papa N., il nostro Vescovo N., tutti i Vescovi, i sacerdoti, i diaconi, la nostra delegata episcopale N. e tutto il popolo che hai redento». Oppure c’è la scelta del momento in cui si cita Rebecca nel Canone: «Degnati di mantenerci sempre in comunione di spirito e di cuore con il nostro Papa N., il nostro Vescovo N. e la nostra delegata episcopale N.». Oppure: «Ricordati, Signore, della nostra Chiesa diffusa in tutto il mondo: falla crescere nella tua carità in unione con il nostro Papa N., e il nostro Vescovo N., tutti i Vescovi, i sacerdoti e i diaconi, la nostra delegata episcopale N., e tutti coloro che hanno il compito di guidare il tuo popolo».
Il 20 dicembre, il portale Riposte Catholique torna su questo caso, molto più rivelatore di quanto sembri [QUI: N.d.T.]:
In un decreto datato 6 novembre, la delegata episcopale ha deciso che avrebbe potuto prendere la parola tre volte durante la celebrazione eucaristica: dopo il saluto liturgico iniziale, prima della benedizione finale e dopo il Vangelo, per «far risuonare la parola di Dio» […].Questa notizia non fa che mostrare la distorsione che il paradigma della sinodalità sta dando alla struttura gerarchica della Chiesa. […]Sì, perché per aggirare il diritto canonico che, in conformità con la costituzione gerarchico-sacramentale della Chiesa, prevede Vicari episcopali che sono almeno sacerdoti (cfr. canone 478 § 1 c.d.c.), […] si sono moltiplicati i delegati episcopali, che di fatto fanno tutto ciò che i Vicari dovrebbero fare, compreso far parte del Consiglio episcopale, ma senza essere ordinati.La signora Rebecca Charlier-Alsberge ha ricevuto la nomina a delegata per il Vicariato del Brabante vallone dopo che mons. Jean-Luc Hudsyn, Vescovo ausiliare di Malines-Bruxelles e Vicario episcopale del Brabante vallone, il, è diventato emerito il 31 dicembre 2023. Si tratta di una «successione» che porta la signora in questione a esercitare l’autorità di un Vicario episcopale […].
E, notiamo, si moltiplicano le introduzioni subdole di laici nei ruoli clericali. Inoltre, con la lettera apostolica in forma di «motu proprio» Spiritus Domini, papa Francesco ha deciso che i ministeri di lettorato e di accolito possono essere conferiti alle donne, una decisione di principio, dato che già svolgevano queste funzioni. Si vedono donne non preti ma «ministre» che partecipano alle concelebrazioni. In Svizzera, a Zurigo, l’operatrice pastorale zurighese Monika Schmid ha concelebrato e persino presieduto concelebrazioni, ovviamente con veri sacerdoti al suo fianco. Si vedono anche donne, non diaconesse, ma quasi, che tengono l’omelia in veste e qualcosa che assomiglia a una stola [QUI su MiL: N.d.T.]. Come diceva l’articolo del portale Riposte Catholique già citato [QUI: N.d.T.]:
Un altro modo di abusare del diritto canonico è quello di fare dell’omelia una «risonanza della parola di Dio». Perché anche qui il diritto della Chiesa è chiaro: «l’omelia […] è riservata al sacerdote o al diacono» (canone 767 § 1 c.d.c.), a causa della dipendenza del ministero della predicazione e dell’insegnamento dal sacro ordine. Pertanto, la delegata non ha l’autorità di parlare dopo il Vangelo […]. Per quanto riguarda la «risonanza», essa non è prevista nell’ordine liturgico.
Cantiamo in sinodalità all’unisono, chiedono i Vescovi canadesi!
Online si trova un documento molto interessante della Conférence des évêques catholiques du Canada – per fortuna precisano, datato giugno 2022, sotto il titolo Liturgie et synodalité [Liturgia e sinodalità: N.d.T.] [QUI: N.d.T.].
In quest’ultimo, tessono in particolare lodi al canto all’unisono – come i protestanti a loro tempo:
L’unisono delle voci, segno dell’unione dei cuori – Nella costituzione sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, la voce appare chiaramente come il principale strumento di partecipazione. Gli esempi sarebbero numerosi, ne citiamo solo uno […].Ciò è particolarmente vero per il canto liturgico, che permette di sentire con tutto il proprio essere che coloro che interpretano insieme questo canto «formano un Corpo». Ma si può dire lo stesso di ogni partecipazione vocale. […] L’impegno concreto, fisico, dei membri dell’assemblea manifesta chiaramente la natura ecclesiale dell’azione liturgica, agendo così direttamente sulle loro disposizioni interiori, e in particolare sul sentimento comunitario e fraterno.
A ciò i bravi Vescovi aggiungono che è necessario rendere sinodali gli spazi liturgici. Forse ricorderete il documentario sull’evoluzione rivoluzionaria del Cattolicesimo in Québec all’inizio degli anni Settanta, Tranquillement, pas vite [Lentamente, non in fretta: N.d.T.], in cui si vedeva l’impressionante distruzione di chiese divenute inutili [QUI: N.d.T.]. Ebbene, bisogna continuare a saccheggiare quelle che rimangono [QUI: N.d.T.]:
Lo spazio liturgico costruisce l’assemblea che vi celebra e un certo tipo di Chiesa – Nella maggior parte delle chiese del Québec e del Canada francese, la liturgia derivante dalla riforma del Concilio Vaticano II viene celebrata in spazi allestiti per la liturgia del Concilio di Trento. In quest’ultima, l’assemblea non aveva alcun ruolo; era spettatrice dell’azione compiuta dal ministro ordinato. Affinché la liturgia contribuisca alla costruzione di una Chiesa sinodale, non si potrà fare a meno di ripensare i nostri spazi liturgici. I numerosi riallestimenti pastorali in corso offrono l’opportunità di fare esperienze e di cercare insieme. La sistemazione dello spazio liturgico non è solo di natura estetica – il che sarebbe già molto – ma comporta anche conseguenze ecclesiologiche e sacramentali. Quando questa sfida sarà presa sul serio?
Rendere sinodali le chiese! Rendere sinodale il canto liturgico! È vero che riflettere significa disobbedire, cantare a quattro voci, insomma, significa fomentare la rivolta. Bisognava pensare alla forza di questo simbolo: lo spirito del Sinodo esige di cantare all’unisono, con una sola voce.
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