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giovedì 6 febbraio 2025

Confermata la condanna del vescovo argentino Zanchetta, amico di Francesco, per abusi omosessuali sui seminaristi

Grazie ad Aldo Maria Valli  per la notizia della conferma della condanna per abusi omosessuali del pupillo di Francesco - da lui coperto - Mons. Gustavo Zanchetta.
QUI e sotto il completo articolo di Franca Giansoldati.
QUI Infovaticana
QUI MiL sulla turpe vicenda e sui suoi corollari.
Fundación Gladius – Arcivescovo emerito di La Plata, Héctor Aguer: “Papa Francesco ha scoperto che nella sua Curia vaticana regnano machismo e misoginia. E che, di conseguenza, le suore che vi lavorano - numerose in tutti i gradi - non sono adeguatamente apprezzate. Egli ritiene che, per elevarle, debbano essere trasformate in funzionari. In questa burocratizzazione delle suore, ha dato l'esempio nominandone una come prefetto e un'altra come segretaria di un dicastero, un femminismo tardivo e curioso! (...) In Vaticano lavorano molte suore che fanno il loro lavoro; molte al servizio umile di cardinali e prelati. Non aspirano alla dubbia promozione ora cercata dal Pontefice. Il Papa dovrebbe preoccuparsi delle insistenti notizie secondo cui il Vaticano sarebbe pieno di omosessuali”.
Luigi C.

5-2-25

Confermata la condanna del vescovo argentino Gustavo Zanchetta per abusi sessuali sui seminaristi
La Corte d’appello di Salta ha confermato la condanna a quattro anni e sei mesi di carcere nei confronti di monsignor Gustavo Zanchetta, vescovo emerito di Orano (Argentina), per abusi sessuali aggravati.
La prima sentenza, emessa nel marzo 2022 dal tribunale di Orano, è quindi diventata definitiva dopo il rigetto dell’appello presentato dalla difesa .

Nella sentenza, i giudici della Corte d’appello sottolineano l’importanza della testimonianza delle vittime, due seminaristi della diocesi, e la corretta valutazione delle prove. Evidenziano inoltre la validità della sentenza del 2022, impugnata dalla difesa di Zanchetta: le osservazioni presentate non sono state sufficienti a riformare la condanna: “La sentenza impugnata è valida e non presenta vizi o falle nei procedimenti di formazione della condanna, poiché gli aspetti più rilevanti del complesso probatorio sono stati esposti secondo le regole della logica. La critica tentata nell’ambito del ricorso per cassazione, che si limita a un’analisi parziale e decontestualizzata delle prove, non è sufficiente a ribaltare la condanna”.

Il prelato, che nell’agosto 2017 si era dimesso dal ministero episcopale della diocesi del Nord dell’Argentina adducendo motivi di salute (grave ipertensione arteriosa), nel dicembre dello stesso anno fu nominato dal papa consigliere dell’Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica (Apsa) in Vaticano: un ruolo creato appositamente per lui e che gli consentì di diventare cittadino vaticano, con doppio passaporto.

Nel 2019, quando le accuse contro di lui divennero pubbliche, fu rimosso dai suoi incarichi e fu avviata un’indagine preliminare guidata dall’arcivescovo di Tucumán, monsignor Carlos Alberto Sánchez .

Tuttavia, nel 2020 il vescovo Zanchetta tornò in Vaticano per continuare il suo lavoro presso l’Apsa, e all’epoca la Sala stampa della Santa Sede spiegò che ciò non avrebbe interferito con le indagini.

Nel 2022, quando si ebbe notizia della sentenza a carico di di monsignor Zanchetta, la Conferenza episcopale argentina espresse vicinanza alle vittime insieme a una “forte e sincera richiesta di perdono”.

Pochi mesi dopo la condanna, a Zanchetta furono concessi gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, scontati in una casa di riposo per sacerdoti in pensione presso un monastero di Nueva Orán.

Interrogato sul beneficio degli arresti domiciliari, il vescovo locale, monsignor Luis Antonio Scozzina, chiese che la decisione fosse interpretata come un “gesto di carità” da parte di una Chiesa desiderosa di non “non voltare le spalle”: “In ambito cattolico – disse il vescovo – dobbiamo prenderci cura della persona condannata, non espellerla”.

Alla fine del 2024 si seppe che il tribunale aveva autorizzato Zanchetta anche a recarsi a Roma per cure mediche, ma secondo il sito web El Tribuno il presule non è più tornato a Orano.

Papa Francesco fece riferimento al caso di monsignor Zanchetta in un’intervista rilasciata nel 2019 alla giornalista della Televisa messicana Valentina Alazraki. Rispondendo alle domande su come aveva gestito il caso, Bergoglio disse che prima delle dimissioni di Zanchetta dalla diocesi di Orano circolavano accuse legate ad immagini intime inviate dal suo cellulare, situazione dalla quale il vescovo si è difeso sostenendo di essere stato hackerato.

“Si è difeso bene, quindi di fronte all’evidenza e a una buona difesa c’è il dubbio, e in dubio pro reo” spiegò Francesco.

Le accuse contro Zanchetta vertevano anche sulla cattiva gestione finanziaria e sul trattamento riservato al clero. In risposta alle denunce, disse il papa, “l’ho portato qui e gli ho chiesto di dimettersi. Molto chiaro. Poi l’ho mandato in Spagna per sottoporsi a un test psichiatrico, e poiché il medico gli aveva consigliato di recarsi a Madrid una volta al mese per continuare la cura, non gli conveniva tornare in Argentina e lui è rimasto in Vaticano come consigliere”.

Una volta nominato a il successore a Orano, ovvero monsignor Luis Antonio Scozzina, il papa ordinò un’indagine preliminare sulle accuse e ne incaricò l’arcivescovo di Tucumán.

“Poi – disse nell’intervista – ho trasmesso il tutto alla Congregazione per la dottrina della fede. Fin dall’inizio di questo caso. non sono rimasto seduto con le mani in mano”. Ma dalla Dottrina della fede non si è saputo più nulla.



Il vescovo Zanchetta condannato a 4 anni e mezzo per abusi: la sentenza per il vescovo amico del Papa
Franca Giansoldati, Il Messaggero, 5-2-24

La Corte d'Appello di Salta, in Argentina, ha confermato la condanna a 4 anni e 6 mesi di carcere per il vescovo Gustavo Zanchetta, con l'accusa di abuso sessuale aggravato. Era stato condannato in primo grado tre anni fa e ora la sentenza è diventata definitiva dopo il ricorso che aveva presentato il prelato assai amico di Papa Francesco. Si tratta di una notizia che certamente mette in difficoltà anche la Santa Sede per via del trattamento di favore che era sembrato affiorare tra le pieghe di questa vicenda singolare. I giudici argentini – si legge su El Tribuno, il primo quotidiano che aveva fatto scoppiare questo brutto caso - hanno sottolineato l'importanza della testimonianza delle vittime, si trattava di due seminaristi della diocesi che hanno portato una serie di prove valutate correttamente e senza alcun dubbio dai magistrati. «La sentenza impugnata è valida e non presenta vizi di arbitrarietà o difetti nei processi di formazione della convinzione, poiché gli aspetti più rilevanti della parte probatoria sono stati correlati secondo le norme della logica» si legge nella sentenza.

VATICANO

La vicenda di Zanchetta esplode ufficialmente nel 2017 quando il vescovo fu costretto a rinunciare improvvisamente al ruolo di guida della diocesi, inizialmente adducendo motivi di salute. Tutto a causa di una denuncia del 2016 firmata dal rettore e da due ex vicari del seminario locale che elencavano il comportamento problematico di Zanchetta con i seminaristi, come entrare di notte nelle loro stanze, chiedere dei massaggi, invitarli a bere alcolici, fino alle aggressioni. In quel periodo spuntarono anche dei selfie in situazioni inappropriate. Pochissime settimane dopo Papa Francesco decide di chiamarlo in curia creando appositamente per lui un ufficio prima inesistente all'Apsa, l'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, facendolo diventare cittadino vaticano (cosa che gli assicura anche un doppio passaporto). Intanto in Argentina si sollevava un putiferio fino a quando le accuse di abusi vennero rese pubbliche dalle stesse vittime. Monsignor Zanchetta però si è sempre difeso, e anche con il Papa sostenne che qualcuno aveva manomesso il suo cellulare e lo aveva hackerato.

SEMINARIO

In un'intervista nel 2019 Bergoglio chiariva ai giornalisti di avere concesso a Zanchetta il beneficio del dubbio, in attesa di una sentenza definitiva.  «In dubio pro reo» ha sempre ripetuto il pontefice («dopo la denuncia alla nunziatura (…) l’ho fatto venire qui e gli ho chiesto la rinuncia»). Aggiungendo che aveva passato il caso «alla Congregazione della Dottrina della Fede. Non sono rimasto fermo dal primo momento davanti a questo». Da allora, però non si è mai più saputo nulla degli esiti del processo al Dicastero della Fede dove la trasparenza non regna di certo sovrana. In passato si seppe solo che in Argentina era stata svolta una indagine preliminare guidata dall'arcivescovo di Tucumán, Carlos Alberto Sánchez. «Durante l'indagine preliminare, Zanchetta si asterrà dal lavoro in Vaticano» era stato precisato dalla sala stampa del Vaticano nel 2019.

Tuttavia, nel 2020 Zanchetta ha fatto ritorno in Vaticano per riprendere il suo lavoro all'APSA. Matteo Bruni, direttore dell'Ufficio Stampa della Santa Sede, spiegava alla agenzia cattolica CNA che questo «non avrebbe interferito in alcun modo con le indagini».

ARGENTINA

Nel 2022, quando è stata resa nota la condanna da parte della Giustizia Civile argentina la Conferenza Episcopale Argentina ha per la prima volta espresso la sua vicinanza alle vittime insieme a una «forte e sincera richiesta di perdono». Zanchetta  pochi mesi dopo la sua condanna, ha ottenuto il beneficio degli arresti domiciliari, che sta scontando in una casa per sacerdoti in pensione nel Monastero di Nostra Signora della Valle di Nueva Orano.
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Nella foto, Zanchetta durante gli arresti domiciliari