
Inquesto anno del Giubileo, conosciamo le arcibasiliche romane.
Luigi C.
Michela Gianfranceschi, Schola Palatina, 7 Agosto 2024
La storia della Basilica di San Paolo fuori le mura è segnata dal fuoco: due grandi incendi, cronologicamente distanti fra loro quasi 1800 anni, hanno determinato prima la sua nascita e in seguito la sua quasi completa distruzione. A Roma nel 64 d.C. un incendio improvviso devastò per nove giorni le aree di Colle Oppio, del Circo Massimo e dell’Aventino. L’Imperatore Nerone fece ricadere la colpa sulla nascente comunità cristiana iniziando una cruenta persecuzione che, come si apprende dalle parole di Tacito, colpì molte più persone dei presunti colpevoli.
Dalla tradizione sappiamo che in quegli anni (nel 64 o nel 67 d.C.) furono martirizzati anche Pietro e Paolo, i due apostoli pilastri della Chiesa. Pietro fu crocifisso a testa in giù, mentre Paolo, essendo cittadino romano, fu decapitato con la spada nel sito in cui oggi è l’abbazia delle Tre Fontane (la testa cadendo rimbalzò tre volte facendo sgorgare tre fonti). Nel luogo in cui fu inumato Paolo venne eretta una cella memoriale, per secoli meta di pellegrinaggi e successivamente trasformata in basilica.
L’altro incendio cui si accennava devastò l’ormai imponente chiesa di San Paolo tra il 15 e il 16 luglio 1823. Le fiamme distrussero tutto tranne la zona del transetto, l’arco trionfale e parte dell’antica facciata, che fu comunque abbattuta durante la ricostruzione. Secoli di storia, di devozione, di arte, di simboli religiosi vennero annientati dal fuoco.
L’antica basilica di San Paolo fuori le mura
L’imperatore Costantino decise di costruire una piccola basilica nel luogo in cui era la cella che indicava la sepoltura dell’apostolo Paolo. La costruzione fu consacrata nel 324 da Papa Silvestro I. Successivamente venne ampliata dall’Imperatore Valentiniano II e poi ricostruita dall’altro grande Imperatore del IV secolo, Teodosio. Con l’editto del 395 egli soppresse definitivamente il paganesimo in favore della religione cristiana, concludendo il percorso iniziato da Costantino nel 313.
Nel 384 d.C. cominciarono i lavori della nuova Basilica di San Paolo fuori le mura. All’epoca l’arte a Roma era caratterizzata da un forte “revival” che prediligeva le forme e i temi classici. L’aristocrazia pagana non si rassegnava e riaffermava la propria cultura; si ebbe in questo modo un vivace scambio tra iconografie classiche e temi cristiani che produsse interessanti commistioni tra le due visioni artistiche.
L’impianto basilicale e la magnificenza del progetto decorativo erano destinati a competere con la basilica vaticana. La struttura originaria prevedeva una pianta longitudinale a cinque navate con quella centrale più alta e illuminata da 42 finestre, un transetto e l’atrio porticato. Nel 390 venne consacrata nuovamente e terminata nel 395, come testimoniato dall’iscrizione sull’arco trionfale. Le 40 colonne e i capitelli che suddividono la navata mediana furono accuratamente selezionati fra resti antichi, mentre i capitelli che decoravano le navate minori furono scolpiti appositamente e non scelti tra materiale di recupero.
Nel V secolo furono apportati alcuni cambiamenti: vennero aggiunte colonne di marmo pavonazzetto e capitelli corinzi, oltre alle decorazioni a stucco, a mosaico e pittoriche. Durante il pontificato di san Leone Magno (440-461) furono terminati i cicli vetero e neo-testamentari che abbellivano le pareti delle navate di San Pietro e di San Paolo.
Nel IX secolo Giovanni VIII fortificò il sito che nel tempo era divenuto un vero e proprio centro monastico feudale. Il borgo fu vivace e abitato fino al terremoto avvenuto alla fine del XIV secolo, quando crollò il campanile della chiesa. Da allora fino all’incendio del 1823, a differenza di San Pietro e dell’altra basilica costantiniana, quella lateranense, che subirono numerosi rifacimenti nei secoli, la chiesa di San Paolo fuori le mura non verrà più modificata e testimonierà fino all’epoca moderna il suo assetto originario e l’antica decorazione pittorica. Naturalmente venne costantemente abbellita di opere d’arte e vi lavorarono grandi artisti quali i Vassalletto, famiglia di marmorari specializzati in arredi ecclesiastici, Pietro Cavallini e Arnolfo di Cambio, Benozzo Gozzoli e Antoniazzo Romano.
Arnolfo costruì il magnifico ciborio (1284) che si è salvato dall’incendio e si erge sul punto della tomba del santo, ispirato al modello, molto noto all’epoca, del ciborio nella Sainte-Chapelle di Parigi. Durante i lavori in San Paolo ebbe inizio il rapporto di collaborazione tra Arnolfo e Cavallini che culminerà nella decorazione della Chiesa di S. Cecilia a Roma. Opere di Niccolò d’Angelo e Pietro Vassalletto furono invece il sontuoso candelabro per il cero pasquale ancora intatto, e il chiostro con colonne tortili (molto restaurato). Alla fine del Cinquecento, durante il pontificato di Sisto V (1585-1590) furono rifatti i soffitti lignei delle navate e venne demolito il presbiterio. E ancora nel secolo successivo verranno aggiunti elementi alla decorazione e alla struttura architettonica, ad opera di Onorio Longhi e Carlo Maderno.
La ricostruzione nel XIX secolo
Dopo il letale incendio del 1823 venne istituita una commissione, per volere di Papa Leone XII, incaricata di decidere il tipo di intervento da effettuare per riedificare la basilica. Scartato il progetto innovativo di Giuseppe Valadier, la commissione preferì ricostruire il tempio seguendo pedissequamente le tracce dell’edificio precedente. Il risultato finale è un’imitazione fredda, gelata fuori dal tempo, se non fosse per i cimeli che ancora custodisce in sé e per il luogo così ricco di storia.
Gli autori del progetto definitivo furono gli architetti Pasquale Belli, Pietro Bosio, Pietro Camporese il giovane e Andrea Alippi. I lavori della facciata, del campanile e del lato sinistro con il portico furono seguiti da Luigi Poletti e completati nel 1869. Virginio Vespignani si occupò invece del quadriportico davanti alla facciata principale (1890-1892), poi modificato da Guglielmo Calderini dal 1892 al 1928.
Le colonne monolitiche di granito rosa di Baveno e bianco di Montòrfano arricchiscono i portici e l’interno della chiesa, insieme alle statue di santi e all’apparato musivo. Nella parte superiore della facciata Filippo Agricola e Nicola Consoni collocarono il grande mosaico con Cristo benedicente tra i Ss. Pietro e Paolo, l’Agnus Dei e i profeti (1854-1874). A sinistra del portale maggiore si trova la porta santa con i meravigliosi battenti bronzei cesellati e damaschinati in argento da Staurichios di Scio nel 1070.
Uno scrigno di tesori di ogni tempo
All’interno la navata centrale è coperta da un soffitto a lacunari di stile cinquecentesco rifatto all’epoca di Pio IX (1846-1878), mentre lungo le pareti, in alto tra le finestre, 36 affreschi di Pietro Gagliardi, Francesco Podesti, Guglielmo de Sanctis, Cesare Mariani, raccontano la vita di Paolo e più in basso un fregio musivo, che si snoda anche lungo le navate minori, accoglie i ritratti clipeati di tutti i pontefici a partire da Pietro.
Quattro dei ritratti originali salvati dall’incendio sono conservati nella pinacoteca presso la chiesa. Questa teoria di papi all’interno della basilica è accompagnata dalle statue degli apostoli che emergono dalle nicchie nelle pareti laterali e dal continuo richiamo semantico delle decorazioni a Pietro e Paolo.
La decorazione a mosaico dell’imponente arco di trionfo alla fine della navata centrale è stata trasportata dall’originario arco del tempo di Leone Magno e raffigura il Salvatore benedicente tra angeli, simboli degli evangelisti, elementi apocalittici e le figure di Pietro e Paolo; nella parte posteriore sono invece stati recuperati i resti dell’antica facciata di Pietro Cavallini, distrutta durante la ricostruzione. L’abside è ricoperto dai mosaici del tempo di Onorio III (1216-1227) e fuori dell’arco absidale sono collocati altri frammenti della decorazione di Cavallini. La lunetta ospita invece san Paolo sollevato al Terzo Cielo, opera di Vincenzo Camuccini (1840), a dimostrare come oramai gli stili e le epoche si siano pienamente mescolate all’interno delle mura di San Paolo.
Lo riprova anche il soffitto del transetto ricolmo di stemmi e le lesene corinzie addossate alle pareti e ricavate dalle colonne in pavonazzetto dell’antica basilica, oltre ai quadri di Camuccini, le statue di Achille Stocchi e Rinaldo Rinaldi (sec. XIX), Stefano Maderno (sec. XVII) e le due cappelle ai lati dell’abside di Carlo Maderno (sec. XVII).
L’arte tutta concorre, nonostante i disastri naturali, a venerare il luogo della sepoltura di Paolo, apostolo e martire, che è ricordato e onorato nello stesso giorno di Pietro, il 29 giugno. Scrisse Agostino nei suoi Discorsi: «Un solo giorno della passione per i due apostoli, ma quei due erano una cosa sola, benché abbiano sofferto in giorni diversi, erano una cosa sola. Ha preceduto Pietro, lo ha seguito Paolo. Celebriamo il giorno festivo degli apostoli consacrato per noi dal loro sangue. Amiamo la fede, la vita, le confessioni, le predicazioni».
FONTE: Radici Cristiane n. 36
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