Curatori fallimentari in ritardo dei tempi.
Luigi C.
Il Cammino dei Tre Sentieri, 11 Novembre 2024
C’è una famosa espressione da dedicare a chi non si impegnasse a vincere. Dice: …mica giochi a perdere? D’altronde è così: o si vince o si perde. Tertium non datur! Certamente non bisogna dubitare del munus profeticum della Chiesa. Munus profetico vuol dire la capacità costitutiva che ha la Chiesa di affermare la verità e, proprio perché afferma la verità, di intuire anche ciò che è bene -in questo preciso momento storico- per l’uomo. Dicevamo: non bisogna dubitare del munus profetico della Chiesa perché è di fede che la Chiesa lo abbia. Ma è pur vero che questa presenza può anche essere momentaneamente “persa” dall’alto e conservata dal basso. E’ il cosiddetto sensum fidei del popolo che mai verrà meno. E inoltre c’è sempre il munus profeticum dei singoli “profeti” (pensiamo ai Santi) suscitati di volta in volta dalla Provvidenza.
Nel documento post-sinodale Christus vivit, del 25 marzo 2019, è scritto al n.212: (Può accadere) che dopo aver provocato nei giovani un’intensa esperienza di Dio, un incontro con Gesù che ha toccato loro il cuore, vengano loro proposti incontri di ‘formazione’ nei quali affrontano solo questioni dottrinali e morali (…). Il risultato è che molti giovani si annoiano, perdono il fuoco dell’incontro con Cristo e la gioia di seguirlo (…).Insomma, l’affermazione è chiara: occorre pastorale, sempre più pastorale, ma senza esagerare con la dottrina.
Non è nostra intenzione indicare (anche perché l’abbiamo già fatto in altre circostanze) le contraddizioni in sé di una pastoralizzazione senza dottrina. Contraddizioni teologiche. Infatti Cristo è sì pastore, ma anche maestro. E non a caso c’è un significato logico chiarissimo nella successione di via, verità e vita, così come Gesù stesso si autodefinisce (Giovanni 14). Ma anche contraddizioni esistenziali. Infatti è sempre la verità a dover garantire l’esperienza, mai il contrario. Ci permettiamo di dire che anche nei riti tribali si sentono il fuoco e l’entusiasmo. Perfino in quelli orgiastici del paganesimo antico e -ahinoi!- non solo di quell’antico. Ma lasciamo perdere.
Piuttosto è altro che desideriamo affermare. Da un po’ di tempo a questa parte gli ambienti clericali hanno una misteriosa capacità di arrivare sempre in ritardo, mostrando in tal modo un grave (questo sì) clericalismo. Permetteteci queste riflessioni che ci fanno capire quanto ormai come cattolici siamo “scollati” dalla realtà.
Primo scollamento. Dov’è tutto questo affanno ad indottrinare? Io personalmente con i giovani sono a contatto quotidiano e vi posso garantire che c’è un analfabetismo religioso da far paura. Anche quei pochi (sempre più pochi) che frequentano la parrocchia vanno in crisi con domande semplici: chi è Gesù? Cosa è la Messa? Cosa vuol dire Trinità?… e l’elenco non finirebbe più. Oggi come oggi una vecchina di campagna, che ha fatto il catechismo in tempi più seri, rispetto ad un giovane di Azione Cattolica se non è una teologa, poco ci manca.
Secondo scollamento. Come si fa a dire che il problema della noia dei giovani sarebbe la dottrina? Ma veramente i giovani oggi abbandonano le parrocchie perché in esse trovano i corsi teologici, oppure perché queste sono ormai ridotte a luoghi totalmente insipidi? Non c’è più una proposta umanamente persuasiva dell’annuncio di fede che sia davvero affascinante. E questo perché si è voluto tutto immanentizzare. Si è fatta la corsa a copiare il mondo, ed ovviamente chi ha la “vista” che funziona bene (come quella dei giovani) preferisce sempre l’originale alla copia. La banalizzazione del sacro fa poi il resto, condita con una riduzione del Cristianesimo a moralismo sentimentalista e non più a scelta virile, militante e combattiva. E tutto questo scorre via su quel desiderio umanamente coinvolgente che alberga nel cuore del giovane e che, pertanto, rimane senza adeguata soddisfazione.
Terzo scollamento. Quando ormai la liquidità postmoderna è arrivata al capolinea, quando finanche i “sacerdoti” della modernità si rendono conto della necessità di correggere tale ingombrante fluidità, come Chiesa che facciamo? Invece di proporre valori forti, invitiamo alla fluidità emotiva.
Certo ridurre tutto a dottrina sarebbe una sorta di gnosticizzazione del Cristianesimo (quanto di più sbagliato!); ma non si tratta di ridurre tutto a dottrina, si tratta piuttosto di riscoprire la bellezza della Verità Cattolica, la quale non né solo un’idea (come oggi si ama dire) né solo una persona, da intendersi come volontà che giudica se stessa senza la priorità logica del vero.
La Verità Cattolica è Cristo stesso che è Via, cioè unica salvezza, e perché unica salvezza è Verità, e perché è Verità, è Vita cioè esperienza. Ma la successione logica è questa, non un altra.