Si espande a macchia d’olio la notizia data da MiL sullo scandalo che ha investito oramai da più di un mese la Facoltà Teologica di Napoli per l’arresto di Daniel Barillà, persona di fiducia voluta dal decano Mons. Antonio Foderaro a capo del personale della Sezione di San Tommaso d’Aquino a Capodimonte. Mentre si accresce la lista dei calabresi assunti a Capodimonte, che sono andati a sostituire i numerosi licenziamenti voluti da Foderaro, dall’establishment della Curia napoletana spunta una inquietante verità. «Il decano della sezione San Tommaso della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale nel gennaio del 2024 ha assunto Barillà come consulente dell’area professionale “Fundraising, management e comunicazione” all’interno di un progetto di riordino della Sezione della nostra Facoltà», così riferisce Mons. Gaetano Castello, vescovo ausiliare di Napoli con delega alla Pontificia Facoltà (fonte: Adista Notizie, n.27 del 20.07.2024: Mafia e politica in Calabria: una maxi inchiesta investe anche la facoltà teologica, pubblicato sul sito il 12.07.2024, vedi screenshot). Tradotto dal gergo aziendalista, questo significa che la gestione in materia organizzativa (amministrazione e risorse umane), di comunicazione (immagine, promozione, relazioni esterne) e finanziaria (raccolta di fondi per la sezione a Capodimonte della Facoltà) sono stati affidati dalla Diocesi di Napoli a un personaggio ad ora ristretto agli arresti per corruzione, associazione a delinquere di stampo mafioso e voto di scambio, e descritto dagli inquirenti come “longa manus” del suocero, esponente di spicco della ‘ndrangheta reggina. E ci chiediamo: quali persone, quali forniture e quali soldi sarebbero stati utilizzati se affidati ad una persona immischiata con la criminalità organizzata? Intanto, la Diocesi, al corrente dei fatti, ha taciuto fino alla fine. Infatti, «l’arresto di Barillà risale a inizio giugno, ma la notizia in Facoltà teologica è stata “secretata” per volontà del Gran cancelliere, l’arcivescovo di Napoli Domenico Battaglia. Quando poi a fine giugno lo scandalo esplode ed esce sui giornali, Barillà viene allontanato. Molti docenti chiedono spiegazioni al preside della Facoltà, Francesco Asti, ma la risposta è sempre la stessa: “Del caso Barillà non si deve parlare per precisa volontà dell’arcivescovo!”» (fonte: Adista Notizie, ibidem).
Ripercorriamo i fatti più significativi riportati dalla stampa e dalle fonti interne alla Facoltà di Napoli.
Il silenzio di Foderaro.
Il 2 luglio scorso, nel Consiglio della Sezione San Tommaso d’Aquino della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, riunitosi dopo i gravi fatti accaduti, molti docenti hanno chiesto al decano, Mons. Antonio Foderaro, giustificazione sulla sua amicizia con Barillà, che lo avrebbe presentato a inizio del suo mandato allo staff di Facoltà come “persona cara e di fiducia, come un figlio, e per questo l’ho portato con me”. Atto dovuto, visto che era persona sua, voluta da lui in Facoltà e per la quale ne avrebbe garantito anche l’integrità morale, oltre che professionale. Da lui però hanno preso le distanze le istituzioni civili, all’indomani del suo arresto, con pubblica e immediata revoca dei mandati da lui ricoperti.
Scompare ogni collegamento di Foderaro con Barillà. Dell’incarico affidato dal decano Foderaro a Barillà nella prestigiosa istituzione ecclesiastica come valutatore e direttore del personale, e altre delicate mansioni economiche, non si ha più traccia. Mansioni che si evincevano dettagliatamente dal suo curriculum scaricabile on line fino alla data della pubblicazione del nostro primo post, ma che ad oggi rimanda a un link non più attivo, ma visionabile solo nei nostri screenshot caricati nell’articolo di sabato 6 luglio. Mansioni confermate – e subìte – da tutti in Facoltà e che il Barillà parrebbe aver svolto con regolarità ed efficacia, sembra dietro indicazioni del Foderaro, ma mai ufficializzate. Infatti, dalla sua presa di servizio, il decano non avrebbe diramato alcuna comunicazione interna agli organi di Facoltà, come di prassi accade. E tutte le disposizioni di servizio (e ne sono state fatte parecchie) che hanno riorganizzato e licenziato il personale di Facoltà sarebbero state verbali e mai accompagnate da documenti con una sua firma a o una sua email (egli era però nella chat interna delle risorse umane, che contava molto di più delle comunicazioni ufficiali, e dalla quale è stato rimosso – fatto gravissimo – ben due settimane dopo il suo arresto! E, si ricorda, sarebbe stato resettato il suo pc due giorni più tardi).
Guardia di Finanza in Facoltà Teologica. Ma i guai per Mons. Foderaro non finiscono qui: la Guardia di Finanza è stata vista andare nella sede di Capodimonte a fare domande al personale: secondo la nostra fonte, sembrerebbe ci si sia recata su incarico della Prefettura di Napoli, dopo segnalazione interna alla Facoltà Teologica (la denuncia risalirebbe allo scorso febbraio), per svolgere delle indagini sulla temuta distruzione di antichi libri della prestigiosa Biblioteca. Il coordinamento della biblioteca al momento dei fatti risulterebbe affidato alla dottoressa Maria Emanuela Arena, vecchia amicizia di Mons. Foderaro, con il quale già nel 2018 aveva fatto una pubblicazione, e dal quale aveva ricevuto anche un premio ricerca dal Comitato scientifico di valutazione in cui lo stesso Foderaro era membro (vedi pg. 2 e 5). Arena – lo ricordiamo, proveniente come lui e Barillà da Reggio Calabria – oltre a far parte del corpo docente (si veda l’Annuario 2023-2024, pg. 138) sarebbe stata introdotta anche nella biblioteca della sezione San Tommaso d’Aquino con compiti di “organizzatrice” e “consulente esterna”. La stessa Arena, mesi prima, sembrerebbe stata immessa da Foderaro, senza delibera consiliare, tra i docenti del Dipartimento di diritto della San Tommaso (già diretto in precedenza dallo stesso Foderaro prima che diventasse decano). Insomma, stesse modalità con le quali era stato introdotto un anno prima Barillà. Intanto, poche ma semplici domande aleggiano dentro e fuori la Facoltà: chi la paga e quale organo collegiale l’ha designata? Perché la suddetta avrebbe forse mandato libri al macero senza le debite intese con la Soprintendenza libraria della Campania?
Si aggrava così la possibile culpa in vigilando del preside dalla Pontificia Facoltà don Francesco Asti, del Pro Vicario Generale Mons. Gennaro Matino, del vescovo ausiliare Mons. Gaetano Castello, ma soprattutto dell’arcivescovo Mons. Domenico Battaglia che ha designato decano Mons. Foderaro e gli ha pure conferito il delicatissimo incarico di Vicario giudiziale della Curia di Napoli, accogliendolo ad triennium fidei donum a Napoli.
Intanto noi di MiL ricordiamo che lo scandalo coinvolge una “Pontificia” Facoltà Teologica, organismo della Santa Sede dedito alla formazione e cura pastorale del suo clero in primis, amministrato tramite l’arcivescovo che ne fa da Gran Cancelliere garante. E continuiamo a chiederci perché, a partire da S. Ecc. Mons. Domenico Battaglia fino a Sua Santità Francesco, nessuno intervenga a fare chiarezza su tale equivoca vicenda .
Qui in fondo al post alcuni estratti dell’articolo di Adista.
Luigi C.
Fonte: Adista Notizie 41927, n. 27 del 20.07.2024 (pubblicato online il 12/07/2024, vedi screenshot in basso): Mafia e politica in Calabria: una maxi inchiesta investe anche la facoltà teologica
"[...] Barillà con l’accento sulla a. Non si tratta infatti di pasta, ma di “mani in pasta” nella politica calabrese e forse di contiguità con la ‘Ndrangheta. Il faccendiere reggino – genero di Domenico Araniti, detto il “Duca”, secondo la Dda esponente di spicco dell’omonima [...]
[...] «Per Neri – si legge sul Fatto – si reca da don Antonello Foderaro, chiedendogli i voti. “Va bene” risponde il parroco. E Barillà riferisce al candidato: “Sono stato con don Antonello questa mattina, te li dà penso… non è che dà assai voti in città però”» [...]
[...] Che fra i due, reggini entrambi, vi sia una solida relazione di fiducia è confermata dal fatto che, poche settimane dopo la nomina a decano della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale-sezione San Tommaso (settembre 2023), don Foderaro abbia chiamato Barillà a svolgere prima il ruolo di consulente amministrativo della Facoltà (dal 2 ottobre 2023) e tre mesi dopo lo abbia promosso direttore di tutto il personale della sezione San Tommaso della Facoltà (dal 2 gennaio 2024), con una funzione centrale quindi della gestione del ramo dell’ateneo controllato dall’arcidiocesi di Napoli (l’altra sezione, la San Luigi, è invece affidata alla Compagnia di Gesù). [...]
[...] Ma Barillà non sarebbe il solo reggino beneficato da don Foderaro: il decano, a quanto viene riferito ad Adista da fonti interne alla Facoltà teologica, avrebbe assunto anche altri concittadini, i quali hanno trovato lavoro a cinquecento chilometri da casa a Napoli [...]
[...] L’arresto di Barillà risale a inizio giugno, ma la notizia in Facoltà teologica è stata “secretata” per volontà del Gran cancelliere, l’arcivescovo di Napoli Domenico Battaglia. Quando poi a fine giugno lo scandalo esplode ed esce sui giornali, Barillà viene allontanato. Molti docenti chiedono spiegazioni al preside della Facoltà, Francesco Asti, ma la risposta è sempre la stessa: «Del caso Barillà non si deve parlare per precisa volontà dell’arcivescovo!». [...]
[Afferma] Mons. Gaetano Castello, vescovo ausiliare di Napoli con delega alla Pontificia facoltà: «Il decano della sezione San Tommaso della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale nel gennaio del 2024 ha assunto Barillà come consulente dell’area professionale “Fundraising, management e comunicazione” all’interno di un progetto di riordino della Sezione della nostra Facoltà», ha spiegato mons. Castello ad Adista. [...]
[...] Lo stesso don Foderaro, che oltre a essere il decano insegna Diritto canonico, interpellato dai colleghi sul suo coinvolgimento e sul fatto che non poteva ignorare chi fosse il Barillà, come emerso con evidenza dalle intercettazioni, ha sostenuto di non sapere nulla e che le campagne elettorali come è noto si svolgono così! Lo smentiscono però i magistrati che nell’ordinanza scrivono del Barillà che «è fatto notorio che sia legato alla famiglia Araniti, di ‘Ndrangheta, così com’è scontato che chi instaura relazioni politiche/elettorali con il Barillà sappia di allacciare rapporti con un territorio caratterizzato dalla influenza mafiosa esercitata dalla cosca Araniti» [...]".
Una storia, una realtà voluta da illustri e emeriti professori buttata nel nulla
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