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domenica 7 gennaio 2024

Beato Rolando Rivi , martire della talare, a fumetti

Un bel fumetto, soprattutto per i figli dei nostri lettori.
Sul martire Rolando, ucciso dai partigiani comunisti, QUI MiL
Luigi C.

“ROLANDO”, STORIA DI UN MARTIRIO MODERNO
28-12-23, Come un romanzo

Su questo blog, come noto, mi occupo principalmente di fumetto e letteratura, indagando le varie intersezioni tra questi due ambiti, specie in chiave didattica. Per tale ragione, talvolta mi occupo anche di altre intersezioni interessanti didatticamente, come quelle tra fumetto e storia. E’ il caso di questo “Rolando“, edito da ReNoir.

Il fumetto è creato da Alessandro Mainardi e Giampiero Casertano, e narra una cupa storia dell’epoca della Resistenza. Si tratta del nucleo tematico che in Italia, a mio avviso, raccoglie il maggior numero di opere a vario titolo “storiche”, includendo non solo quelle resistenziali ma anche quelle sulla Shoah, sulla guerra, sul nazismo e sul fascismo.

La particolarità di questo fumetto sta nel fatto che affronta il lato oscuro della Resistenza. A fianco di una altamente positiva liberazione del paese dagli orrori del nazifascismo, vi sono state come noto vicende di vendette, esecuzioni sommarie, violenze gratuite. Non manca una vasta saggistica sul tema, dove ovviamente – data la delicatezza del tema – si trovano saggi oggettivi e opere ideologiche.

Nell’ambito del fumetto, il tema non è stato molto esplorato da case editrici mainstream, probabilmente proprio per la difficoltà di maneggiare tale materiale. L’operazione di ReNoir è forse la prima di questo tipo.

Giampiero Casertano, il disegnatore, è uno dei maestri del fumetto emersi dal mondo bonelliano, e in particolare da Dylan Dog, nel cui team è dalla nascita, nel 1986 (in precedenza, in Bonelli, aveva esordito su Ken Parker e poi su Martin Mystere, mentre in precedenza aveva operato nello studio di Leone Cimpellin). Anche Alessandro Mainardi, lo sceneggiatore, è un autore consolidato con collaborazioni in Bonelli e altre editrici (vedi qui).

Va detto inoltre che uno dei maggiori successi di ReNoir è l’adattamento del “Don Camillo” di Guareschi, che insiste sul quel periodo e che, pur rispettando la Resistenza (Peppone, che è figura positiva, l’ha fatta, ma anche Don Camillo ha aderito a quella parte; Guareschi personalmente è andato nei lager nazisti pur di non aderire alla repubblica di Salò) non nasconde gli elementi critici.

Guareschi, come dicevamo, è un autore connotato “a destra” nel nostro immaginario: anche se, in realtà, al di là del suo valore, è una figura poliedrica e non incasellabile in modo semplicistico. Uno dei meriti di Davide Barzi, lo sceneggiatore che ha coordinato il progetto, è quello di aver evitato le solite semplificazioni proprio tramite la fedeltà al testo.

Appare quindi interessante osservare come è stata condotta questa nuova operazione, che ha come detto un carattere di novità. Possiamo dire che l’operazione è professionale e riuscita sotto il profilo narrativo: la sceneggiatura di Mainardi è solida, e i disegni di Casertano al livello alto dell’autore. Al tempo stesso, la visione appare però più connotata, assumendo una prospettiva più vicina al punto di vista confessionale, a partire dal “martirio” evocato – in rosso – nel sottotitolo (e ripreso nella comunicazione di ReNoir).

La storia, quindi, si concentra su Rolando Rivi, un giovane seminarista di quattordici anni ucciso durante la Seconda guerra mondiale da una squadra di partigiani rossi. La bella cover ne evidenzia la spensieratezza, in contrasto con la drammatica vicenda che seguirà. La prefazione, coerentemente col taglio dato, è del vescovo emerito di Reggio Emilia e Guastalla.

Mainardi gioca bene sui piani temporali, come si fa di consueto per movimentare questo tipo di racconti: si comincia dal processo agli assassini, nel 1951, e questa sequenza serve anche per ribadire la delicatezza della storia (allora, ovviamente, e anche ora): nessun giornalista vuole seguirla, salvo il personaggio che seguiamo in questo tratto di narrazione.

Ci spostiamo poi nel 2001, seguendo le vicende che porteranno al processo di beatificazione del personaggio. Questo piano temporale è una scelta che mostra la prospettiva assunta, quella religiosa, presentando anche i miracoli che, nella visione cristiana, hanno fatto avanzare il processo canonico di Rivi.

La parte più interessante e centrale appare ovviamente quella sulle concitate vicende che hanno portato alla morte di Rivi. La scelta del processo da parte di Mainardi, oltre a servire alla variazione dei piani temporali, permette di dare conto delle varie verità presentate, alla “Rashomon“. Il racconto fa emergere come credibile quella che sarà la verità processuale e quella storica sulla vicenda, ovvero la tortura e l’effettivo omicidio di Rivi da parte dei partigiani comunisti sulla base di sospetti estremamente labili, al di fuori della legalità che si era data la Resistenza stessa.

Un ulteriore salto temporale è introdotto dalla figura di Josè del Rio, modello per lo stesso giovanissimo Rivi, ucciso nel 1928 nel corso della forte repressione anticristiana operata da Plutarco Elias Calles come presidente del Messico, con posizioni di sinistra nazionalista e violentemente anticlericali (vedere qui). Vi sono dedicate solo un paio di tavole, dove il flashback è segnato da Casertano con un cambio stilistico (le altre parti sono uniformi come stile, e il passaggio è segnato solo dalle didascalie).

In generale, pur nella giusta condanna delle violenze perpetrate contro il quattordicenne e innocente Rivi, appare una attenzione a distinguere le colpe dei suoi assassini dall’impianto generale della Resistenza. Inoltre, giustamente, le forze nazifasciste, pur marginali nella vicenda, sono mostrate come spregevoli. L’impianto quindi è corretto, pur in una visione che tiene bene conto del punto di vista confessionale. Forse sarebbe stata interessante una maggiore cornice storica, anche con un più ricco ricorso a materiali aggiuntivi (c’è una postfazione di Andrea Zambrano, autore del libro “Beato Rolando Rivi”, e dello sceneggiatore Mainardi),

Il lavoro di Casertano, come detto, è dell’alto livello cui l’autore ci ha abituati, e la efficacia della recitazione dei personaggi, coi volti e con la prossemica dei corpi, e nell’impostazione delle (terribili) scene di guerra e di azione contribuisce molto alla riuscita drammatica della narrazione, con un ben calibrato uso dei chiaroscuri nel bianco e nero delle tavole.

Nel complesso, dunque, un lavoro riuscito, che illustra una storia che va ricordata per ricostruire l’affresco completo di quegli anni tumultuosi che, tra luci e ombre hanno segnato la fine della dittatura fascista e il sorgere dell’attuale Italia repubblicana. Un “passato che non passa”, ma che merita di indagare. Anche con il fumetto.