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sabato 25 marzo 2023

Arcidiocesi di Parigi: lo shock del testamento spirituale del nostro amico don Cyril Gordien

Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera numero 927 bis pubblicata da Paix Liturgique il 23 marzo 2023, in cui si riportano ampi passaggi tratti del testamento spirituale di don Cyril Gordien, giovane sacerdote dell’Arcidiocesi di Parigi che «indossava labito talare», legato alla liturgia tradizionale e morto a 48 anni alcuni giorni fa.
Un testo appassionato e commovente, dal quale emerge il grande amore per la Santa Chiesa Cattolica, per i Sacramenti, per i giovani e gli scout, per la Beata Vergine Maria: un sacerdote di Cristo che ha combattuto la buona battaglia tra linsofferenza di tanti (gerarchie – soprattutto – comprese), anche durante il periodo di covid, e fino allultimo momento ha testimoniato la sua fede con la sofferenza nella malattia.
Parole vergate con la spada della fede «nella gioia di comparire presto davanti al Signore. È con la Santa Vergine che voglio varcare questa porta nellultimo momento della mia vita, lei che è la porta del Cielo».

L.V.


In occasione dei funerali molto toccanti di don Cyril Gordien, sacerdote dell’Arcidiocesi di Parigi, nella chiesa sovraffollata di Saint-Pierre-de-Montrouge, il 20 marzo, tutti i presenti, fedeli (1700), sacerdoti (150) e vescovi (mons. Laurent Bernard Marie Ulrich, Arcivescovo metropolita di Parigi, mons. Michel Christian Alain Aupetit, Arcivescovo emerito di Parigi, mons. Alain Castet, Vescovo emerito di Luçon, mons. Matthieu Rougé, Vescovo di Nanterre, mons. Philippe Marsset, Vescovo ausiliare di Parigi, e mons. Thibault Verny, Vescovo ausiliare di Parigi) hanno trovato al loro posto un libretto di 36 pagine: Don Cyril Gordien + Il mio testamento spirituale. Un sacerdote nel cuore della sofferenza. Ne pubblichiamo qui ampi estratti, mentre l’intero opuscolo può essere letto sul sito web di Famille chrétienne: Le testament spirituel de l’abbé Cyril Gordien.

Non c’è dubbio che don Cyril Gordien abbia scritto queste pagine, al termine della malattia che lo ha portato alla morte, con l’intenzione di diffonderle, come dimostra il tono della testimonianza pubblica. È anche chiaro che gli organizzatori della cerimonia abbiano voluto rispondere alla volontà del loro amico provocando una sorta di shock spirituale ed ecclesiale con la pubblicazione e la diffusione di questo testamento, che non è solo, ma in particolare, il grido di un sacerdote che ha sofferto per mano di uomini di Chiesa.

Nato nel 1974, don Cyril Gordien è morto il 14 marzo 2023, prima di compiere 49 anni, per un cancro devastante che gli era stato diagnosticato un anno prima, nel marzo 2022.

Proveniente da una famiglia molto cattolica del sud-ovest, era diventato sacerdote dell’Arcidiocesi di Parigi nel 2005 e aveva esercitato i suoi ministeri in vari luoghi, in particolare come cappellano di un liceo (da ultimo a Notre-Dame de France), Cappellano nazionale dell’Association des Guides et Scouts d’Europe, responsabile delle vocazioni dell’Arcidiocesi di Parigi e infine Parroco di Saint-Dominique dal settembre 2019.

Indossava l’abito talare, come fanno oggi un certo numero di sacerdoti «giovani» nell’Arcidiocesi di Parigi e in altre Diocesi, noto per la sua predicazione spirituale e molto ortodossa, organizzatore nella sua Parrocchia dell’adorazione perpetua, seguace di una liturgia «ordinata», secondo il termine consacrato, celebrava volentieri rivolto al Signore in una cappella della sua chiesa (come evoca il disegno sulla copertina del libretto della Messa funebre), e ancor più, da prima che cadesse il motu proprio Traditionis custodes, si preparava a introdurre una Santa Messa tradizionale per i giovani il mercoledì nella Parrocchia di Saint-Dominique.

Come molti sacerdoti dell’Arcidiocesi di Parigi della sua sensibilità, ha beneficiato della cura spirituale della Prelatura della Santa Croce e Opus Dei, che organizzava per loro ritiri e sessioni sacerdotali (era anche membro della Società sacerdotale della Santa Croce, legata in questo modo esternamente all’Opus Dei).

Molto attento al discernimento delle vocazioni sacerdotali e religiose, era stato delegato diocesano per le vocazioni dal 2019 al 2022, quando, durante la vacanza della sede di Parigi dopo le dimissioni di mons. Michel Christian Alain Aupetit, era stato destituito dal suo incarico da un giorno all’altro da mons. Philippe Marsset, Vescovo ausiliare, con l’approvazione di mons. Georges Paul Pontier, Amministratore apostolico, il che era stato uno shock molto brutale per lui un mese prima dell’annuncio del suo cancro. È vero che le vocazioni sacerdotali che egli portò al Seminario di Parigi – che era in forte declino, come nella maggior parte delle Diocesi – erano di natura molto conservatrice, il che non piacque alle autorità diocesane, ma questo è vero oggi per la stragrande maggioranza delle vocazioni che ancora arrivano ai seminari di Francia.

Molto coraggiosamente, durante la crisi del covid, tenne aperta la sua chiesa e fece in modo di celebrare sempre Sante Messe accessibili, cosa che gli valse qualche battuta d’arresto con la gerarchia, con il pretesto che non rispettava le «precauzioni sanitarie». E si può dire oggi, per il suo elogio postumo: celebrò persino matrimoni nel periodo in cui erano scandalosamente vietati dallo Stato repubblicano e dalla gerarchia cattolica.

Don Cyril Gordien fu dunque una figura emblematica dei «nuovi preti». La grande folla che ha partecipato al suo funerale (il più classico possibile, con Kyriale dei defunti, Preghiera eucaristica I, ma purtroppo in forma di mega-celebrazione di quasi tutti i sacerdoti presenti) mostra quanto i sacerdoti di questo tipo rispondano ad una sensibilità che sta diventando dominante tra i Cattolici ancora praticanti, più visibilmente militanti, attaccati alla morale familiare, difensori della vita e adepti della predicazione dottrinale.

Il testo commovente che ha scritto è quello di un santo sacerdote, molto attaccato ai suoi doveri sacerdotali. I suoi riferimenti sono quelli dei sacerdoti della sua sensibilità: San Giovanni Paolo II e Papa Benedetto XVI. Non una parola, però, viene detta su papa Francesco. Era un devoto di San Josemaría Escrivá de Balaguer, del Curato d’Ars San Jean-Marie Baptiste Vianney, ed era influenzato dal Journal d’un curé de campagne di Gerorges Bernanos, come apprendiamo da una discreta citazione: «Non prego abbastanza per quello che soffro», scrive, riferendosi al Curato di Torcy che nel Journal dice al Curato di Ambricourt: «Tu non preghi abbastanza. Soffri troppo per quello che preghi, questa è la mia idea».

Il mio testamento spirituale - Il sacerdote al centro della sofferenza

Don Cyril Gordien +

Itinerario spirituale

Vorrei iniziare queste poche righe di meditazione con un immenso ringraziamento a Nostro Signore. Sì, ringrazio il mio Dio per la fede che ho ricevuto nella mia infanzia, una fede solida e pura, una fede che non è mai venuta meno nonostante le tante prove della vita, una fede che i miei cari genitori mi hanno trasmesso nella fedeltà e nel vero amore per la Chiesa. Ringrazio il Signore per la famiglia unita in cui sono nato e per tutto l’amore che i miei genitori e i miei fratelli mi hanno dato. Ho avuto un’infanzia molto felice, segnata dall’esempio di mio padre, esempio di donazione nella sua professione di chirurgo e di fedeltà nella pratica religiosa. […]

Ringrazio il Signore per aver chiamato me, suo indegno servitore, al sacerdozio. Quando ho sentito questa chiamata nel profondo del mio cuore, mi ha riempito di una gioia indicibile, e allo stesso tempo di un timore pieno di rispetto per il Signore: perché proprio io, che mi sento così indegno e così incapace di assumere un tale incarico e una così grande missione? Il mio cammino verso il sacerdozio, in seminario, è stato allo stesso tempo gioioso e doloroso. Gioioso, per le grazie ricevute, che mi hanno sempre rafforzato nella mia vocazione, e per tutto ciò che ho ricevuto attraverso la formazione; doloroso, anche, per le prove e le sofferenze provenienti dalla Chiesa.

Non ho mai tradito le convinzioni che mi animavano, nonostante le inevitabili persecuzioni. Ho sempre resistito, combattuto e lottato quando sentivo che la menzogna, la mediocrità o la perversione erano all’opera. Sono stato picchiato e maltrattato per questo, ma non mi pento di aver combattuto con convinzione. La cosa più difficile è soffrire attraverso la Chiesa. […]

Dopo due anni fui assegnato alla Cappella di Notre-Dame du Saint-Sacrement, in rue Cortambert. Il mio apostolato si svolgeva interamente con i giovani, sia nei licei dove ero cappellano sia nel a cappella con tutte le attività proposte. Erano momenti felici e pieni di gioia in mezzo a tutti questi giovani assetati di una parola vera ed esigente. Purtroppo non sempre ho incontrato l’atteso sostegno dei responsabili locali (comunità di suore, consiglio pastorale…), dovendo subire continui blocchi nelle iniziative liturgiche e pastorali. Quante battaglie da combattere!

Nel settembre 2013 sono stato nominato nella vicina Parrocchia di Notre Dame de l’Assomption. È stato allora che, nell’aprile 2014, si è verificato l’affare Gerson, sul quale non mi dilungherò. Vorrei solo confidare che questa vicenda è stata fomentata dal nulla da genitori e insegnanti che non sopportavano l’impulso religioso diffuso nella scuola. In questa lotta non siamo stati sostenuti né dall’amministrazione diocesana, che alimentava la crisi, né dall’Arcidiocesi. Non sono mai stato consultato per dare la mia opinione su come percepivo le cose dall’interno. È stata una crisi difficile, ma l’abbiamo superata grazie alla nostra unità e alle nostre convinzioni. Ho visto ancora una volta come i nostri leader non si sono presi cura dei sacerdoti.

I sei anni trascorsi nella Parrocchia di Notre Dame de l’Assomption sono stati anni di grande felicità: ero profondamente felice nelle missioni con i giovani, ed eravamo molto uniti con i sacerdoti, in un’atmosfera gioiosa e fraterna. Sono stati anni di grazia. Ringrazio in particolare padre Guillaume de Menthière, che è stato per me un Parroco modello e un amico. Voglio dire qui quanto sia importante l’amicizia sacerdotale nella vita di un prete. Ho ottimi amici sacerdoti, fin dal seminario, e ci incontriamo regolarmente. Anche la Società sacerdotale della Santa Croce, di cui faccio parte, mi assicura il sostegno e l’amicizia di molti sacerdoti.

Nel settembre 2019 sono stato nominato Parroco di Saint-Dominique, nel XIV arrondissement, un quartiere che conoscevo bene, avendo vissuto per tre anni con mio nonno, alla Porte d’Orléans. La mia prima parrocchia da parroco: si ama la propria parrocchia, ci si meraviglia, ci si dona. Mi sono subito occupato della pastorale giovanile, che sembrava un po’ trascurata. Forse sono stato troppo veloce nell’apportare i cambiamenti necessari, soprattutto nella liturgia, senza prendermi abbastanza tempo per spiegarli.

Poi è arrivata la crisi del coronavirus. Nel marzo 2020, appena sei mesi dopo il mio arrivo, la vita si è paralizzata. Mi ritrovai completamente solo nel presbiterio e nella chiesa, poiché tutti se ne erano andati per confinarsi altrove. Per me è ovvio: non posso celebrare la Santa Messa solo per me stesso, rinchiudendomi per proteggermi… Non sono un sacerdote per me stesso, privando i fedeli dei Sacramenti. Decido di lasciare la chiesa aperta, tutto il giorno, e di celebrare la Santa Messa in chiesa, esponendo prima il Santissimo Sacramento, rendendomi disponibile per le confessioni. Non l’ho detto a nessuno, ma i fedeli sono venuti da soli. Accetto pienamente questa scelta e non me ne pento affatto. Alcuni, che erano andati in vacanza in campagna, mi hanno rimproverato a distanza. Altri, al ritorno dai confini, mi hanno rimproverato pesantemente. È facile criticare quando si trascorrono diverse settimane al sole, fuori Parigi…

Questa crisi rivela una tragedia del nostro tempo: vogliamo proteggere il nostro corpo per preservare la nostra vita, anche a scapito delle relazioni personali e dell’amore dato fino alla fine. Vogliamo salvare il nostro corpo a scapito della nostra anima. Qual è il valore di una società che dà priorità assoluta alla salute del corpo, lasciando morire le persone in una spaventosa solitudine, privandole della presenza dei loro cari? Che valore ha una società che arriva a proibire il culto del Signore? […]

Sacerdote di Gesù Cristo

Il sacerdozio è stato tutta la mia vita. Non mi sono mai pentito nemmeno per un attimo di aver detto di sì al Signore, che mi ha inondato delle sue grazie attraverso il mio ministero. Che dono inestimabile è essere sacerdote di Gesù Cristo! Che grazia ineffabile! Ogni giorno, celebrare la Santa Messa era una gioia immensa. Non riesco a misurare il dono che il Signore mi ha fatto di poter tenere il suo corpo divino nelle mie povere mani, e di prestargli la mia voce e la mia umanità ferita perché possa rendersi sacramentalmente presente. Vado alla Santa Messa mentre salgo sul Golgota, consapevole che su quella collina si è svolto il dramma della salvezza. Raccolgo nel mio calice il sangue prezioso che sgorga dal cuore trafitto, il sangue salvifico che già scorreva nel Getsemani. È stato mentre sudava gocce di sangue che nostro Signore Gesù ha pronunciato il grande sì alla volontà di suo Padre e ha accettato di offrire la sua vita in sacrificio per la salvezza di tutti gli uomini. […]

Quando sono arrivato come parroco nel settembre 2019, ho avuto la sensazione che stessero accadendo molte cose belle, ma soprattutto in modo orizzontale. Anche se era presente una vera vita di preghiera, sentivo che mancava una dimensione verticale, trascendente, una dimensione che permettesse di sostenere tutto per imbrigliare a Dio l’intera vita parrocchiale. Per questo mi sono convinto che dovevamo avviare un’adorazione permanente del Santissimo Sacramento. Senza l’immancabile sostegno di una coppia di parrocchiani fedeli, la cui fede è una roccia e il cui impegno è incrollabile, non ci sarei mai riuscito. […]

Il Santo Curato d’Ars è per me un modello e una guida nel mio sacerdozio. Quando ero studente e stavo riflettendo sulla mia vocazione, ho letto con passione la sua biografia scritta da mons. Francis Trochu. Sono rimasto profondamente colpito dalla sua vita di totale abnegazione per la salvezza delle anime. Era un instancabile apostolo della misericordia di Dio.

La confessione, insieme alla santa Messa, è il cuore della vita del sacerdote. Trasmettere il perdono di Dio attraverso il sacramento è una grazia straordinaria. Chi sono io, un povero uomo, per dire a qualcuno: «E io ti perdono tutti i tuoi peccati». Che gioia immensa è essere testimoni della misericordia del Signore! Il sacramento del perdono, naturalmente, rallegra il penitente: arriva con il volto triste, portando il peso dei suoi peccati, e se ne va con il cuore leggero e purificato e con uno sguardo di gioia per l’amore di Dio. Il sacramento porta gioia anche al sacerdote: che gioia permettere a una persona di essere liberata dai suoi peccati e di andarsene con il cuore in pace! Questo sacramento porta anche la gioia del Signore, rende felice il cuore di Dio! «Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito…». […]

Tra le mie grandi gioie di sacerdote c’è quella dell’apostolato con i giovani. Nei miei vari apostolati, ho avuto la fortuna di accompagnare molti giovani: nello scoutismo, in particolare come consigliere religioso nazionale dell’Association des Guides et Scouts d’Europe; come cappellano delle scuole secondarie; come parroco, fondando un Groupe Even [gruppo cooperativo agroalimentare: N.d.T.]; organizzando e accompagnando molti pellegrinaggi, alla Giornata mondiale della gioventù, in Terra Santa, in Francia []

Il calvario della malattia

Quando, nel marzo del 2022, ho saputo di avere un cancro, la cosa non mi ha sorpreso più di tanto. Avevo l’intuizione che sarebbe successo qualcosa di grave e che sarei morto giovane.

Mistero della sofferenza Ho avuto la conferma che non esisteva una cura per il mio cancro. La medicina può solo contenere relativamente l’evoluzione di questo cancro allo stadio 4. Per quanto tempo? Quanti mesi mi restano da vivere? Io, che ho spesso meditato sulla morte, accompagnato i moribondi, celebrato funerali, esortato alla speranza della vita eterna, mi trovo ora di fronte alla mia morte all’età di 48 anni. Voglio prepararmi con fede a questo momento decisivo. Non ho paura della morte, perché credo con tutto me stesso nella vita eterna; ma temo il mio Signore con un timore riverente e amorevole. «Io lo so che il mio Vendicatore è vivo», come dice Giobbe. So che il mio Signore mi aspetta. So anche che comparirò davanti a Cristo e devo prepararmi a comparire davanti a Lui con umiltà. Riconosco i miei peccati, i miei molti peccati. E imploro per me la grande misericordia di Dio. Quanto sono indegno di essere stato scelto per diventare sacerdote []

Non prego abbastanza per quello che soffro. Nessuno può immaginare quello che sto soffrendo dal marzo 2022, quando tutto è cambiato. Quanto è difficile portare la mia croce ogni giorno Porto discretamente queste sofferenze quotidiane, queste umiliazioni nascoste, queste ferite nel mio corpo che fanno male anche nella realtà di tutti i giorni. Cerco di assumere, di non mostrare nulla. Voglio compiere al meglio la mia missione di parroco, attraverso i tria munera (i tre uffici), soprattutto nella celebrazione quotidiana del sacrificio della Santa Messa. Mi unisco con tutto il mio essere a Cristo che dà la vita sulla Croce. Quando pronuncio le sante parole: «Questo è il mio Corpo offerto in sacrificio per voi», penso anche al mio povero corpo sofferente, che voglio consegnare per la salvezza delle anime. […]

Purificazione attraverso la sofferenza

Vivo quotidianamente una Via Crucis. Nostro Signore desidera certamente purificarmi, unirmi alle sue sofferenze. Ancora non capisco perché devo affrontare tutto questo. Spesso grido al Signore e a volte piango anch’io. La prova è pesante. Non mi ribello a Dio, ma oso gridare, come i salmisti. Il grido dell’anima sofferente è anche una preghiera. Nostro Signore Gesù ha gridato a suo Padre al momento della morte: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» []

Nella Chiesa si sono insinuati i lupi. Sono sacerdoti, e a volte anche vescovi, che non cercano il bene e la salvezza delle anime, ma che desiderano innanzitutto la realizzazione dei propri interessi, come il successo di una «pseudo-carriera». Perciò sono pronti a tutto: a cedere al pensiero dominante, a scendere a patti con certe lobby come la LGBT, a rinunciare alla dottrina della vera fede per adattarsi allo Zeitgeist, a mentire per raggiungere i loro scopi. Ho incontrato questi lupi travestiti da buoni pastori e ho sofferto nella Chiesa. Nelle varie crisi che ho attraversato, mi sono reso conto che le autorità non si curavano dei sacerdoti e raramente li difendevano, sposando la causa delle recriminazioni di laici progressisti assetati di potere che volevano una liturgia piatta in un’autocelebrazione dell’assemblea. Come sacerdote, pastore e guida delle pecore che ti sono state affidate, se decidi di curare la liturgia per onorare nostro Signore e rendergli un vero culto, difficilmente sarai sostenuto nelle alte sfere di fronte a laici lamentosi.

Oggi voglio offrire le mie sofferenze per la Chiesa, per la mia parrocchia, per le vocazioni. Tutte le vocazioni: sacerdotali, religiose, matrimoniali. Chiedo al Signore la forza di perdonare coloro che mi hanno perseguitato e il coraggio di andare avanti portando queste croci ogni giorno. Come Zaccheo, per vedere Cristo dobbiamo salire su un albero, l’albero della Croce. «Stat crux dum volvitur orbis» - «La croce resta salda mentre il mondo gira»: questo è il motto dellOrdine certosino. In mezzo ai cambiamenti e ai problemi di questo mondo, la croce del nostro Salvatore rimane piantata sulla nostra terra in modo stabile, come segno della nostra fede. []

La Beata Vergine Maria

«A che debbo che la madre del mio Signore venga a me», chiede Elisabetta (Lc 1,43). E anch’io mi meraviglio della presenza di Maria nella mia vita.

La Vergine Maria è sempre stata presente nella mia vita, dalla mia infanzia fino ad oggi. È stata lei a guidarmi verso il sacerdozio, incoraggiandomi con fiducia, nonostante la sensazione di indegnità e incapacità. Ricordo con emozione quel momento di grazia quando, in una piccola cappella sulla collina di Vézelay, Maria mi prese per mano per rassicurarmi e lanciarmi sul cammino del sacerdozio. La Vergine mi ha sempre protetto e confortato. In tutti i momenti di prova che ho conosciuto, in tutte quelle situazioni umane che sembravano perdute, mi sono sempre affidato a Maria, rifugiandomi sotto il suo manto bianco immacolato, posto sotto la sua protezione. In questi momenti di abbandono, ho sempre sentito una grazia di consolazione, con la certezza che Maria vegliava, che era lì, vigile e protettiva. Non sono mai stata delusa o abbandonata da Lei. Vorrei testimoniare quanto la preghiera a Maria sia una fonte di grazie. La Santa Vergine non ci mette contro di lei, ma ci conduce verso il suo Figlio divino e ci insegna, come una madre, a conoscerlo e ad amarlo. []

Alla grotta di Massabielle, dove sono stato tante volte, ho chiesto alla Madonna di Lourdes di aiutarmi a volere ciò che Dio vuole per me. Questa grotta è per me un rifugio, un luogo santo, una roccia su cui appoggiarmi per recuperare le forze. La sorgente di acqua viva che sgorga in fondo alla grotta è la fonte di grazie che la Vergine desidera donarci. []

La buona battaglia

La buona battaglia è quella della fede: mantenere la fede e trasmetterla, nella fedeltà alla tradizione della Chiesa. La mia fede oggi è quella dei patriarchi, dei profeti, degli apostoli, dei santi e delle sante che ci hanno preceduto e che ci hanno trasmesso questo tesoro di fede nel vero Dio. Nel corso dei secoli della storia della Chiesa, quanto sangue è stato versato, quante sofferenze sono state sopportate, quante violente persecuzioni hanno avuto luogo per proteggere e trasmettere la fede!

La buona battaglia è quella che consiste nel rimanere fedeli alle promesse del proprio battesimo, nel lottare per rimanere uniti al Signore Gesù, nel vivere da cristiani, nel mantenere le proprie convinzioni. È una lotta quotidiana, perché il diavolo non smette mai di cercare di allontanarci da Dio. La buona battaglia è quella della fedeltà a Cristo, una fedeltà che si conquista ogni giorno attraverso i doveri della vita cristiana: la preghiera quotidiana, la Messa domenicale, la confessione regolare, la lotta contro questo o quel peccato che si ripresenta. Ci sono cristiani eroici che combattono ogni giorno per vincere un peccato che avvelena la loro vita. Queste battaglie in ombra, nei segreti della vita, sono tante piccole vittorie conquistate contro il Principe delle Tenebre. []

«Il momento della mia partenza è arrivato»

«Quanto a me, il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede» (2 Tim 4, 6-7).

Ho lottato contro questo cancro per quasi un anno. Un anno di lotta senza tregua, di sofferenza quotidiana, di vari ricoveri. Un anno di chemioterapia ogni quindici giorni. Sento che il mio corpo si sta indebolendo e che il cancro sta guadagnando terreno. «Mais l’on ne se bat pas dans l’espoir du succès, non, non, c’est bien plus beau lorsque c’est inutile!» (Edmond Eugène Alexis Rostand, Cyrano de Bergerac«Ma non si combatte nella speranza di riuscire, no, no, è molto più bello quando è inutile!»). []

Mi preparo dunque a comparire davanti al mio Signore. Ho fiducia, perché come ha scritto Papa Benedetto XVI, il Signore è al tempo stesso il mio giudice e il mio avvocato: «Ben presto mi troverò di fronte al giudice ultimo della mia vita. Anche se nel guardare indietro alla mia lunga vita posso avere tanto motivo di spavento e paura, sono comunque con l’animo lieto perché confido fermamente che il Signore non è solo il giudice giusto, ma al contempo l’amico e il fratello che ha già patito egli stesso le mie insufficienze e perciò, in quanto giudice, è al contempo mio avvocato». (Papa Benedetto XVI).

30 commenti:

  1. Preghiera eucaristica I, ma purtroppo in forma di mega-celebrazione di quasi tutti i sacerdoti presenti

    Concelebrazione, schiamazzi concelebrazione, e dovrebbe essere una cosa normale ormai


    Decido di lasciare la chiesa aperta, tutto il giorno, e di celebrare la Santa Messa in chiesa, esponendo prima il Santissimo Sacramento, rendendomi disponibile per le confessioni. Non l’ho detto a nessuno, ma i fedeli sono venuti da soli. Accetto pienamente questa scelta e non me ne pento affatto

    Speriamo non abbia contagiato nessuno, ma ovviamente è un pensiero che manco lo sfiora. Penso a persone che conosco che sono state tanto male o in ospedale per il covid

    sposando la causa delle recriminazioni di laici progressisti assetati di potere che volevano una liturgia piatta in un’autocelebrazione dell’assemblea

    Ovvero volevo imporre il suo stile liturgico alla parrocchia senza prendere in considerazione la situazione in cui si trovava, perché la liturgia per lui deve essere cosa del prete e il laico dire solo 'si badrone'

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    1. Analisi impeccabile.

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    2. Questo sacerdote è morto per gente come te

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    3. Gsimy non è questione di dire si bastone, è questione di comprendere che lui è un pastore e dovrebbe incamminarci sulla via della fede “retta”, cosa che non accetta chi non ha umiltà , seconda cosa , tu ora sei qui che scrivi e non voglio beffeggiare il tuo dolore perché solo te e il Signore sapete quanto sia , ma lui ha donato la sua vita da prete nel servizio costante per la salvezza delle anime, tu invece sei ancora qui che scrivi lamentandoti del suo testamento , se precedi il bene fisico a quello spirituale forse stai sbagliando qualcosa.

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    4. Visto che la pandemia continua ad essere discussa, segnalo il libro Curato di don Matteo Panzeri (Edizioni Effatà €9).
      Visto che sono ancora sulla bocca di tanti parole come “dittatura sanitaria” e “fantapandemia”, penso sia utile leggere e riflettere sull’esperienza di un prete della diocesi di Milano che ha passato mesi in ospedale per covid con tanto di periodo in casco per l’ossigeno. E stiamo parlando di un giovane quarantenne senza condizioni pregresse.
      Buona lettura.

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    5. Beh… la liturgia da secoli è cosa del clero. Uno è ministro richiamato a ripresentare il Cristo capo e sposo che agisce come redentore del suo popolo, la sposa: il popolo. Di questo anche il ministro ne fa parte. Anche un altro sacerdote agisce come capo verso il suo parrocchiano che ormai è pastore. Che grande mistero il sacerdozio: unisce in una sola persona popolo e pastore. Proprio come nel Cristo due sono le nature: divina e umana. Da secoli il culto è per la gloria di Dio e a favore del popolo. L’opera del popolo la si trova nella grande preghiera che la gente conduce ai piedi del calvario-altare riconoscendosi nel sacerdote come mediatore dei divini misteri e al contempo come adoratori di quel rinnovarsi continuo della passione che Cristo ha voluto per ciascuno di noi. La liturgia è opera di Cristo sacerdote, non un qualcosa di umano, qualcosa dove si deve essere partecipe nel senso del fare. La liturgia come rinnovarsi della passione di Cristo e come opera di salvezza dell’uomo parte dalla partecipazione attiva che nasce dall’affetto-amore per un Dio che muore per me, per te, per ogni uomo.
      Rendere la liturgia lo spazio di adorazione di Dio non è seguire lo stile personale, ma lo stile della Chiesa. Solo dalla riforma parolina abbiamo una messa che è centrata sul culto umano dell’uomo e non più del divino. Una forma che sostiene la collettività a scapito del sacrificio. Una liturgia che ha una forma monca che richiama alle confessioni protestanti e non più cattoliche. Ed ecco che è facile scambiare il culto per il fare e l’animazione come l’essenza della messa. Forme errate veicolano sostanze errate: ecco di qui il calo della presenza a messa, delle vocazioni e dell’interesse per la fede. Si è voluto rendere troppo sociale e razionale quello che è il mistero per eccellenza. Ma lei non lo potrà mai capire se non si spoglia di tutto per entrare come adoratore della Croce nella Santa Messa: sia essa nel venerabile rito tridentino o nella sua costruzione ex novo del rito Paolino. Buona caduta da cavallo come San Paolo sulla via per Damasco e… mi raccomando… si spogli degli orpelli protestanti che ormai navigano nella teologia cattolica. I primi sono errori, i secondi Verità

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    6. E da quando il prete deve adeguarsi alle pseudo tradizioni liturgiche di ogni parrocchia in cui arriva e concordare la celebrazione con suore e consigli pastorali?

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    7. Nessun dubbio che qualche imbecille sarebbe venuto a vomitare livore perfino sul testamento spirituale d'un sacerdote defunto..

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    8. Il suo commento palesa che il sacrificio di questo sacerdote santo, deve ancora toccare il suo cuore.

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    9. Complimenti, quanta ignoranza e durezza di cuore dimostra

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    10. Evidentemente teneva la chiesa aperta e celebrava con le dovute precauzioni. Si poteva fare, anziché chiudere del tutto le chiese come a un certo punto stavano facendo persino a Roma. Non è che, siccome c'è una pandemia, Dio se ne va al sicuro.
      Quanto alla liturgia, per quale motivo dovrebbe essere una cosa da decidere in base alla "situazione" o alla volontà del laicato (tra parentesi: io sono un laico)?

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    11. E da quando il prete deve adeguarsi alle pseudo tradizioni liturgiche di ogni parrocchia in cui arriva e concordare la celebrazione con suore e consigli pastorali?

      ogni parrocchia ha degli usi particolari che non sono codificati ma la comunità sente propri. arrivare da estranei e voler cambiare tutto mi sembra veramente maleducato.

      Evidentemente teneva la chiesa aperta e celebrava con le dovute precauzioni. Si poteva fare, anziché chiudere del tutto le chiese come a un certo punto stavano facendo persino a Roma. Non è che, siccome c'è una pandemia, Dio se ne va al sicuro.

      no, all'inizio della pandemia la sospensione delle celebrazioni era la decisione giusta, dolorosa e sofferta, ma giusta. questo perchè non si conosceva molto relativamente alla contagiosità e alle modalità di trasmissione.
      piuttosto abbiamo subito gli effetti negativi del 'messocentrismo', per cui la Messa è per molti fedeli l'unica forma di partecipazione alla liturgia e alla preghiera.

      per tutti quelli che mi accusano di durezza di cuore e altro rispondo così: accetto pienamente le vostre accuse, sono vere, e me ne vanto. perchè davanti a certe affermazioni non si può fare altro

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    12. Solo dalla riforma pa(r)olina abbiamo una messa che è centrata sul culto umano dell’uomo e non più del divino. Una forma che sostiene la collettività a scapito del sacrificio. Una liturgia che ha una forma monca che richiama alle confessioni protestanti e non più cattoliche.

      mi faccia qualche esempio del perchè il Nuovo Rito richiami le liturgie protestanti. la ringrazio

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  2. Don Cyril Gordien ha davvero combattuto la buona battaglia: "La buona battaglia è quella della fede: mantenere la fede e trasmetterla, nella fedeltà alla tradizione della Chiesa." Non c'è altro da aggiungere.

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    1. Con tutto il rispetto per un sacerdote che non c’è più e che senz’altro è mille volte più santo di me, sembra che il tradizionalismo dia proprio alla testa. E i commenti di gsimy ad alcune sue affermazioni lo dimostrano.
      Soprattutto la mancanza di rispetto per le norme sanitarie durante il covid lascia esterrefatti! Conosco persone morte di covid e questo continuo spirito più o meno marcatamente negazionista da parte di alcune frange conservatrici è semplicemente rivoltante.

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    2. Scrivo il mio primo commento nel sito, che leggo ormai da anni, per ringraziarVi innanzitutto.
      Sacerdoti come don Cyril Gordien sono una lode a Dio ed una grazia per la Chiesa: quanto c’è bisogno di sacerdoti simili.
      Spiace leggere sterili commenti come quello di gsimy, dei quali non si sente davvero il bisogno.
      Don Cyril Gordien prega per noi

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    3. Giusto, ma la tradizione è anche andare contro le direttive vigenti quando ci fa comodo?

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    4. Ben detto, Gian.

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    5. Soprattutto la mancanza di rispetto per le norme sanitarie durante il covid lascia esterrefatti! Conosco persone morte di covid e questo continuo spirito più o meno marcatamente negazionista da parte di alcune frange conservatrici è semplicemente rivoltante.

      la signora che dirige il mio gruppo del rosario ha avuto il marito e il figlio in ospedale per il covid all'inizio della pandemia, quando ancora si pensava di poter contenere il morbo. e quanto hanno sofferto...per questo davanti al menefreghismo di questo prete mi indigno.

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    6. comunque quello che mi disturba, sia nello scritto di questo prete che in tante altre dichiarazioni simili, è che sembra suggerire che alla maggioranza dei preti nel 2020 sia piaciuto chiudere le chiese e sospendere i Sacramenti e durante questo periodo non abbiano fatto niente
      ebbene, è una grande bugia: molti tentavano di stare in contatto virtuale con i fedeli, trasmettevano le celebrazioni in streaming, passavano davanti alla case a dare un saluto o una benedizione, coordinavano gli aiuti per persone in difficoltà... insomma, tentavano di fare qualcosa
      e poi hanno subito un buco di bilancio a causa del crollo delle offerte, hanno faticato a far ripartire la vita parrocchiale e a riportare la gente alle celebrazioni
      hanno fatto sbagli? si. ma tutti li facciamo e Dio ce li perdonerà perchè ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per le nostre colpe

      invece ci sono quelli, come questo prete, che hanno fatto i furboni e se ne sono fregati della possibilità di contagiare.

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    7. Applausi a gsimy. Aggiungo che, mentre i preti “modernisti” si ingegnavano (ho visto perfino messe celebrate sui terrazzi delle canoniche, in modo che i fedeli potessero assistere da casa), i bravi preti in talare e latino non hanno offerto altro che inviti a protestare contro il governo e la “dittatura sanitaria”.

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  3. Molto toccante come testamento... emerge il cuore di sacerdote amico di Gesù... dentro le fatiche della Santa Chiesa e di questo mondo. Credo sia spunto di riflessione per ciascuno.

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  4. Un novello Curato d’Ars da prendere come modello e guida che ha offerta la sua vita per la Chiesa in questa ora drammatica e quasi senza luce.

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  5. Questi sono santi sacerdoti !!

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  6. Che anche io come te caro Cyril sacerdote di Dio, possa combattere la buona battaglia, mantenere la fede , concludere la mia corsa. Veglia su noi piccoli affinché ci facciamo santi sul tuo esempio. Grazie

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  7. Molto bello conoscere un SANTO SACERDOTE COME DON CYRILL , pregherò per Lui ! Ringraziando IL SIGNORE DI AVERMELO FATTO CONSCERE !! Grazie

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  8. Amen Alleluia 🙏❤️

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  9. Don Cyrill prega per la Chiesa e per la mia famiglia.

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  10. La differenza fra questo prete ed i preti alla moda è che il primo parla di Dio mentre gli altri ripetono a pappagallo idee più o meno marxiste e radicali.Costoro sognano il paradiso in terra non sperando o non credendo più a quello che il Signore ha preparato per i suoi fedeli dopo la morte.

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    1. Mi fai un esempio di predica marxista? Perché i preti che ho sentito io negli anni parlano sempre del vangelo.

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La Redazione