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mercoledì 23 maggio 2012

I Salesiani ammettono : “…liturgia che, celebrata in lingua latina, attrae un numero crescente di fedeli, soprattutto giovani”.



UN ARTICOLO IN CUI IL BOLLETTINO SALESIANO AMMETTE CHE IL LATINO A MESSA ATTIRA I GIOVANI


Fonte: Il Bollettino Salesiano -( Aprile 2012)


«Lingua morta» a chi?


Don Roberto Spataro, sdb, insegna Letteratura Cristiana antica ed è il segretario della Facoltà di Lettere Cristiane e Classiche dell’Università Pontificia Salesiana, denominata anche Pontificium Institutum Altioris Latinitatis.
50 anni faIl 22 febbraio 1962, Giovanni XXIII firmò la Costituzione apostolica Veterum Sapientia sullo studio e l’uso del latino, in cui auspicava, tra l’altro, la creazione di un Academicum Latinitatis Institutum.
Quest’ultimo verrà, poi, istituito da Paolo VI con la Lettera apostolica Studia Latinitatis del 22 febbraio 1964, affidando alla Società Salesiana il compito di «promuoverne la prosperità».



Don Roberto: dopo la direzione del “Ratisbonne” di Gerusalemme è contento di questo nuovo incarico accademico a Roma?
Certamente!
Anzitutto, per un motivo personale, perché da sempre amo la cultura classica e per otto anni ho insegnato Latino e Greco nei Licei salesiani. In secondo luogo, per un motivo culturale: colgo una continuità tra la teologia, che ho insegnato nel centro di Ratisbonne, e lo studio degli antichi scrittori cristiani, di cui mi occupo attualmente. Sono essi che hanno elaborato le prime sintesi teologiche e che hanno conferito alla teologia un’identità scientifica e sapienziale.

Quali sono i numeri? Ci sono molte iscrizioni?
Sin dall’atto di fondazione, il nostro Istituto si pone come un centro di studi di specializzazione. Di conseguenza, più che la quantità delle iscrizioni occorre curare la qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento. Conforta sapere che tra i nostri exallievi, alcuni sono rinomatissimi professori universitari o specialisti presso la Santa Sede e le diocesi. In genere, ogni anno, gli studenti dei tre cicli ammontano a cinquanta, anche se abbiamo attivato un processo per aumentarne il numero.

La tipologia degli allievi: chi sono questi coraggiosi che vogliono imparare la lingua di Cicerone? Ci sono anche stranieri?
Ci sono ecclesiastici, inviati dai loro Superiori, destinati all’insegnamento del Latino, del Greco e della Patristica presso seminari e studentati religiosi; poi ci sono altri studenti, prevalentemente laici, che amano la cultura classica e quella antico-cristiana. Per questi ultimi, allora, svariati sono gli sbocchi professionali: dall’insegnamento alla collaborazione con case editrici.

Ci sono anche stranieri?
Poiché la nostra è una facoltà del Papa, è, per sua natura, internazionale. E così abbiamo studenti dell’Europa orientale, africani, nordamericani, e persino cinesi!

Parlare di latino oggi non è molto attuale. Il latino rientra nella categoria “lingue morte”.
L’espressione “lingua morta” attribuita al latino è solo una banalità. Nessun filologo serio la considera tale perché, anche quando ha cessato di essere la lingua-madre della gente alla fine del mondo tardo-antico, il latino ha continuato ad essere una lingua scritta e parlata fino al secolo XIX da tutti gli uomini di cultura, compresi fisici e matematici. Era la lingua ufficiale anche di parlamenti nazionali, come quello ungherese o croato. Può essere, inoltre, considerata “morta” una lingua che continua ad essere studiata da moltissime persone in tutto il mondo? È morta una lingua lo studio dei cui testi alimenta pensieri nobili ed elevati? Inoltre, è la lingua supernazionale della Santa Sede, di molti umanisti che comunicano in latino, della liturgia che, celebrata in lingua latina, attrae un numero crescente di fedeli, soprattutto giovani.

Anche nella scuola media italiana c’è un ritorno dello studio del latino.
Il latino è una lingua molto piacevole da apprendere, ad una condizione: che si abbandoni il metodo che grava morbosamente nelle scuole, imposto dal filologismo tedesco a partire dal secolo XIX. Se insegnato, invece, con il ‘metodo-natura’ appreso in 150 ore, uno studente, senza eccessive fatiche e soprattutto senza noia, è in grado di leggere già i classici. C’è bisogno di una nuova generazione d’insegnanti che conoscano questo metodo e lo adottino con entusiasmo perché fa miracoli!

Quali sono in conclusione gli obiettivi che ancora oggi gli allievi e i docenti di questo Pontificium Institutum Altioris Latinitatis perseguono?
Lo scopo è molto chiaro: attraverso la conoscenza delle lingue antiche, latino e greco, desideriamo entrare a far parte di una res publica litterarum e dialogare con pensatori che, da 2500 anni, utilizzando o la ragione o la fede o entrambe, hanno elaborato una cultura di profondo spessore antropologico, etico, spirituale. Ed il mondo, smarrito come non mai in quest’epoca di crisi, ha estremamente bisogno di riappropriarsi dei valori di quell’humanitas, espressa, solo per fare dei nomi, da Sofocle, Platone, Seneca, Agostino, Tommaso, Erasmo da Rotterdam.

Perché la Santa Sede ha affidato questa Facoltà ai figli di don Bosco?
Perché anche in questo campo don Bosco è stato un pioniere! A Valdocco, ha promosso lo studio del latino e del greco con metodi che oggi vengono riscoperti come innovativi ed efficaci, cioè il metodo-natura: pensi che a Valdocco, e poi per decenni nei collegi salesiani, si rappresentavano commedie in latino con grande successo. Occorre riappropriarsi di tale patrimonio: aiuta i giovani ad essere migliori, amanti della verità, della bontà e della bellezza.

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