Post in evidenza

Firenze, giovedì 5 dicembre: conferenza «Merry del Val, il cardinale che servì quattro Papi»

Riceviamo dagli amici dell’associazione Soldati del Re e condividiamo con piacere l’invito a questa interessante conferenza sulla figura de...

sabato 7 febbraio 2009

La questione Williamson potrà avere anche effetti positivi?



Sappiamo che talvolta da un male può derivare qualche, o molte, conseguenze positive. La Provvidenza, dicono gli Spagnoli, va dritta per linee storte. Per i materialisti, aggiungiamo che ciò rappresenta un applicazione della teoria del caos. E dunque, proviamo a considerare se dalle dissennate affermazioni di Mons. Williamson possa derivarne alcunché di bene, soprattutto quando il polverone si sarà placato; l’offesa alla memoria degli sterminati sarà stata attutita da gesti di scusa e di ritrattazione da parte dei lefebvriani (gesti da incoraggiare: sappiamo che chi si umilia sarà esaltato; e pensiamo alle scuse di fra’ Cristoforo del Manzoni); e i critici a priori del Papa e della Chiesa avranno trovato qualche altro pretesto per mordere.

Ebbene, nel frattempo potremo forse vedere (se siamo buoni profeti) evoluzioni positive all’interno della Fraternità San Pio X. Non è un mistero per nessuno che all’interno di questa una frangia non trascurabile propende per posizioni larvatamente sedevacantiste e non ha alcuna "nostalgia di Roma", ossia teme l’abbraccio mortifero della "Chiesa conciliare". E il vescovo Williamson, giudicato il più duro dei quattro (anche se cordialmente detestato dai sedevacantisti: si sa che l’odio è direttamente proporzionale alla vicinanza ideologica), appariva come il leader naturale di questa corrente; tanto più che il suo background di anglicano lo rende più impermeabile all’anelito di ritrovarsi cum Petro et sub Petro. Si è perfino avuto il sospetto che le sue frasi incriminate, pronunziate proprio allorché la Fraternità, lanciando la sua campagna di rosari per la revoca delle scomuniche, cominciava ad adoperarsi anche coi fatti e la diplomazia a tale effetto, avessero il preciso fine di sabotare o procrastinare quel riavvicinamento a Roma.

Ma quelle stesse dichiarazioni, così come sono riuscite a compiere il massimo danno alla Chiesa per il perfetto tempismo della loro messa in onda, a ridosso della revoca delle scomuniche e del Giorno della Memoria dell’Olocausto, hanno però anche avuto l’effetto di screditare, agli occhi di un’opinione pubblica di solito poco incline a seguire l’attualità religiosa, l’intera Fraternità (nonché, ahinoi, tutto il movimento tradizionalista, il S. Padre e la Curia), sì da costringere i vertici lefebvriani a scelte del tutto inedite: smarcarsi da Williamson e condannarlo apertamente, addirittura ingiungendogli di tacere, dichiarandolo non gradito nel seminario tedesco, progettando sanzioni a suo carico. Non solo, si sono visti i vertici della Fraternità (e lo stesso Williamson, per giunta) chiedere scusa al Papa: a qualcuno che mons. Fellay, nemmeno un anno fa, diffamava chiamandolo "un perfetto liberale" (che è grave insulto nella bocca di un lefebvriano, come si può immaginare). E ancora: nell'intervista di cui abbiamo fornito anticipazioni (v. qui), mons. Fellay, pur ribadendo il rifiuto di un ecumenismo inteso come equivalenza delle religioni (ma su questa posizione pienamente ortodossa siamo certi troverà la consonanza del Papa), riconosce che vi sono "ricchezze" nei "fratelli separati".

Questo tipo di approccio al problema non è stato una reazione immediata: sulle prime sono scattati vecchi riflessi identitari di persone abituate ad un permanente stato d’assedio: la prima uscita pubblica di mons. Fellay è stato un maldestro fax in cui se la prendeva... con la TV svedese; le dichiarazioni di alcuni esponenti lefebvriani pur in vista, come mons. Tissier de Mallerais e don Pagliarani, sono state nel senso di "non avere opinioni" sull’Olocausto... Ma poi, gradualmente, l’enormità delle reazioni negative dell’opinione pubblica, il buon senso, la stessa fine di un isolamento al riparo del quale ogni "sparata" poteva quasi passare inosservata, hanno provocato una quanto mai salutare inversione di rotta e una presa di coscienza in fin dei conti liberatoria. Di qui alcune assolute novità (chiedere scusa al Papa!), rispetto a certe attitudini del passato talvolta altezzose, diciamolo pure, se non fanfarone (ricordate la similitudine della Fraternità come "ultima cartuccia", l’unica che potesse salvare la Chiesa uccidendo l’Idra modernista? Se l’avete scordata, ripassatela qui, su La Porte Latine, sito del Distretto francese: data meno di un anno fa).

La nuova attitudine, quella dell’umiltà e della sottomissione al Papa, è tanto più salutare quanto più si rifletta che, dopo vent’anni di "scisma" (senza voler entrare nella querelle se di vero scisma si trattasse, intendiamo con quell’espressione indicare lo stato di indipendenza e autocefalia di fatto della Fraternità), le cattive abitudini rischiavano di radicarsi e le differenze approfondirsi. La reazione alle enormità di mons. Williamson almeno questo di positivo avrà prodotto: costringere la maggior parte dei membri della Fraternità, quella che segue mons. Fellay per intenderci, a stringersi intorno al Papa, che tutti vedono iniquamente perseguitato dai media: il senso di colpa che nasce dalla constatazione che quel crucifige mediatico di un pontefice bendisposto e innocente, nasce proprio da un gesto di speciale benevolenza verso la Fraternità, avrà almeno avuto l’effetto di molcire gli animi lefebvriani pur induriti da lustri di lotta, persecuzione e resistenza.

La "nuova" Fraternità che ne nasce ci piace molto di più. Se saprà mantenersi su questo registro di moderazione, di sensus Ecclesiae, di rispetto filiale al Papa (in pratica, i requisiti che erano stati richiesti con il famoso ultimatum del giugno scorso), nonché di buon senso e vero amore della Chiesa (il che non significa nullamente rinunziare ai punti dottrinali che sostengono la sua ragion d’essere e che oggi, alla luce dell’ermeneutica della continuità propugnata dal Papa, trovano terreno fertile e dissodato); se saprà mantenersi su questo piano, dicevamo, siamo certi non solo che la piena comunione sarà facilmente raggiunta, ma soprattutto che essa riuscirà a raggiungere campi di apostolato che finora le erano preclusi e guadagnerà attraverso l’umiltà una persuasività davvero più incisiva.

Non sarà d’ostacolo a questo esito, a nostro avviso, la apparentemente "dura" Nota della Segreteria di Stato del 4 febbraio (riportata qui). Un qualunque osservatore smaliziato può constatare che il Vaticano ha "fatto la faccia feroce", ma più che altro a beneficio dei giornalisti, dell’opinione pubblica e per togliere argomenti a tutti quei prelati (anche se certo questi ultimi non si lasceranno illudere) che negli ultimi giorni si sono strappati le vesti a difesa del Concilio (ma in realtà, a difesa non del Concilio, bensì di un certo suo "spirito" oggi sempre più screditato).

Di fatto, leggendo la Nota, non troviamo nulla che la Fraternità non sia già notoriamente disposta a concedere senza troppi problemi: la ritrattazione dell’antisemitismo (per quanto lasci perplessi la novità di questo "giuramento antinegazionista") riguarda solo Williamson, quindi ha scarsa rilevanza per un accordo. Riconoscere gli ultimi Papi è un’ovvietà: i lefebvriani si sono sempre smarcati in proposito dai sedevacantisti e hanno sempre pregato nei dittici per il Pontefice regnante. Circa il Concilio, la Fraternità non ha mai negato che sia stato un Concilio ecumenico della Chiesa. Dire nella Nota che occorre il "pieno riconoscimento del Concilio" e poi subito aggiungere che comunque si affronteranno in proposito le questioni ancora aperte, è consentire alla Fraternità di mantenere e sviluppare (ma all'interno di documenti teologici per addetti ai lavori, non spiattellati sulle pagine dei giornali a lettori ignoranti) tutte le riserve su alcuni documenti conciliari che, ricordiamo, non sono dogmaticamente vincolanti. Con l’approccio congiunto tra Roma e la Fraternità incentrato su una "ermeneutica della continuità", non vediamo proprio come quei colloqui possano fallire, se non ci si mette la mala fede di qualcuno, oppure un’ostinazione cieca della Fraternità che in questo momento, dopo le micidiali "botte" all’immagine subite per la vicenda Williamson (a molti fedeli lefebvriani deve seccare parecchio essere additati per strada come neonazisti...), ci sembrerebbe suicida.

2 commenti:

  1. Segnaliamo che questo post è stato ripreso da un dispaccio dell'agenzia AGI News, da parte del giornalista Salvatore Izzo. Lo potete leggere a questo link:
    http://paparatzinger2-blograffaella.blogspot.com/2009/02/i-lefebvriani-la-campagna-mediatica-non.html

    RispondiElimina
  2. Mmmmhhhhhh, mhhhhh ed ancora mmmmm ! "<span>Segnaliamo che questo post è stato ripreso da un dispaccio dell'agenzia AGI News, da parte del giornalista Salvatore Izzo"  . Per fortuna ! Il vescovo Willimason a quel che ho indagato disse quelle cose così "terribili" ben parecchio tempo prima. Non solo ma è perlomeno "strano" che l'intervista sia uscita in contemporanea con il desiderio del papa di revocare scomunica etc, alla fraternità. Strano, molto strano ! Il vescovo Williamson stesso è rimasto scosso e turbato dall'uscita di questa intervista e, resosi conto che era architettata per creare disagio, ha fatto delle scuse umilianti proprio per deferenza verso il papa. Scuse umilianti? Sì proprio così poichè ormai la affermazione della Shoà, con tutto quel che gira intorno  (Williamson non ha negato il tentativo nazista di eliminazione ebraica, ma ha negato che vi fossero camere a gas in alcuni campi di concentramento, con ottime ragioni) è divantato DOGMA di FEDE e persino Papa Benedetto XVI ha diffuso una anomala e sconvolgente lettera ai vescovi dichiarando che tale affermazione storica (sulla Shoà) non è da metter in discussione. Già questa dichiarazione ha dell'incredibile poichè è mettere sullo stesso piano dogmi di fede, tipo la esistenza dei Vangeli, con dichiarazioni sulla storia recente che hanno invitabilemente risvolti politici, razziali e di parte che nulla hanno a che vedere con la Fede.Per quanto riguarda il vescovo incriminato, egli citò con molto coraggio, dati i tempi pervasi da stracciavesti alla "Caifa", delle opinioni storiche che non sono poi così assurde ma partono da dati di fatto inconfutabili e scientifici che vengono sempre taciuti per comodità per lasciar scorre quella che è la vulgata più comoda per tutti.Infatti molte fonti di riprovazione su questo dogma della Shoà  obiettano che è diventato tale per annichilire il vero dogma della Morte e Resurrezione di Gesù e far passare in secondo piano questa vera e sconvolgente storia unca della storia del genere umano. Non a caso con il dogma della Shoà, intoccabile ed incriticabile in alcuna parte, si aggiunge la domanda da parte di tutti (ed eretica in ogni aspetto) "Come ha potuto Dio permettere una tale empietà ?" Già, ma tale empietà è cos' come propagata ovunque in tutti i suoi aspetti o c'è qualcosa che si tace per non incrinare questo dogma che favorisce qualcuno? Che doveva fare la Fraternità di San Pio X di fronte alle vituperazioni internazionali, se non cercare il bene migliore per la Chiesa ? Cosa doveva fare mons. Williamson per il bene della Chiesa, dopo lo scoop effettato per seminare zizzania ? HA CHIESTO SCUSA DICENDO DI ESSERE ADDOLORATO  per aver provocato danno al Papa! Ma, per carità, non chiediamogli di più, cioè di rinnegare una sua idea, pur anomala o sconcertante che sia, su unpezzo di storia umana CHE NON PUO' ESSERE DOGMA DI FEDE!!!!!!!</span>

    RispondiElimina