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sabato 4 febbraio 2023

Magister: la vera storia dei documenti segreti resi pubblici da Settimo Cielo

Le vicende dei documenti vaticani resi pubblici da Sandro Magister negli ultimi anni, tra cui - l'ultimo - il memorandum bomba "Demos" - in cui si attaccava frontalmente Francesco -  del Card. George Pell.
Luigi

Settimo Cielo, 24-1-23
Nel rilanciare la notizia che fu il cardinale George Pell il vero autore del memorandum a firma “Demos” circolato tra i cardinali la scorsa primavera e pubblicato da Settimo Cielo, alcune testate giornalistiche hanno associato a me, Sandro Magister, “una lunga storia di documenti riservati ricevuti dal Vaticano” e da me resi pubblici.
In effetti sono almeno sette i documenti di un certo rilievo su cui ho rotto il segreto, nell’arco degli ultimi vent’anni. Due soli di essi, però, “ricevuti dal Vaticano”. E in ogni caso senza nulla a che vedere con le carte trafugate di tutt’altro genere che hanno dato materia ai processi di “Vatileaks”.
Credo quindi che possa incuriosire i lettori sapere quali sono stati questi sette documenti e soprattutto per quali vie sono arrivati a Settimo Cielo e in precedenza all’altro mio blog di nome “www.chiesa”.

IL PRIMO dei sette fu la nota che il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della congregazione per la dottrina della fede, inviò nel 2004 ai vescovi degli Stati Uniti sulla questione della comunione eucaristica ai politici cattolici “pro choice”.

La dirigenza della conferenza episcopale statunitense, in cui esercitava un forte peso il cardinale Theodor McCarrick, non gradì affatto quella nota e la tenne sotto chiave, ma un vescovo americano tra i pochissimi che l’avevano avuta in mano me la inviò. Io la pubblicai, e in seguito seppi che Ratzinger ne fu ben felice.

IL SECONDO fu un documento elaborato a Creta nel 2008 da una commissione congiunta cattolico-ortodossa, che faceva il punto sulle possibili convergenze tra la Chiesa di Roma e le Chiese d’Oriente riguardo al primato del papa.

Il documento era riservato, ma mi fu inviato nel gennaio del 2010 dal patriarcato di Costantinopoli, e lo pubblicai il 25 dello stesso mese, giorno conclusivo della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Il cardinale Walter Kasper, all’epoca presidente del pontificio consiglio per l’ecumenismo, sospettò che io avessi illecitamente sottratto il documento dagli uffici vaticani. Ma così non era stato.

Il dialogo fra le due parti poi naufragò, soprattutto per l’indisponibilità del patriarcato di Mosca che già mal sopportava un altro storico primato oltre a quello di Roma, quello di Costantinopoli tra le Chiese ortodosse. Ma quel documento resta importante perché segna il punto d’intesa più avanzato finora raggiunto tra cattolicesimo e ortodossia, sulla questione fortemente divisiva del primato papale.

IL TERZO documento è l’enciclica di papa Francesco “Laudato si’”. Il suo lancio in pompa magna era in calendario in Vaticano per giovedì 18 giugno 2015 e l’attesa era grande. Ma tre giorni prima, attorno a mezzogiorno di lunedì 15, le duecento pagine dell’enciclica comparvero sul sito on line de “L’Espresso”, il settimanale su cui scrivevo.

Proprio così. Perché anch’io me le trovai davanti all’improvviso sullo schermo. “Sbucate chissà da dove”, scrissi su Settimo Cielo. A ricevere in anticipo il testo dell’enciclica, da una fonte che tuttora mi è sconosciuta, era stato l’allora direttore de “L’Espresso”, Luigi Vicinanza. Naturalmente egli decise di pubblicarla e mi chiese di scrivere qualche riga di presentazione. Il che mi procurò la riprovazione pubblica dell’allora direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, e alcune ore dopo la cacciata dalla stessa sala stampa.

IL QUARTO documento lo resi pubblico nell’ottobre di quello stesso 2015, quando ero ancora in esilio (il reintegro nella sala stampa vaticana avvenne in dicembre). E passò alla storia come “la lettera dei 13 cardinali”.

L’antefatto di quella pubblicazione fu un articolo sul quotidiano “La Stampa” firmato da Andrea Tornielli, il futuro direttore editoriale di tutti i media vaticani, col titolo: “Sinodo pilotato, l’accusa di 13 prelati. Il papa replica: basta logiche corporative”.

Era l’8 ottobre, la seconda sessione del sinodo sulla famiglia era da poco iniziata, e Tornielli dava notizia che 13 padri sinodali avevano protestato con papa Francesco il 5 ottobre e tra loro c’era il cardinale George Pell, definito “il più duro”.

Francesco replicò ai “cospiratori” la mattina seguente in aula, senza dire di preciso a chi alludesse. Dopo di che silenzio. Un paio di giorni dopo, però, il collaboratore fidato di un cardinale anglofono che era fra i 13 consegnò a me il testo della loro lettera al papa e la lista dei firmatari.

Pubblicai la lettera e i nomi il 12 ottobre. Ma presto si scoprì, per le reazioni suscitate, che il testo della lettera da me riprodotto non era nella sua ultima stesura ma nella penultima, quella circolata tra i cardinali nella fase di raccolta delle firme, con alcune righe in più rispetto alla lettera poi effettivamente consegnata al papa. E anche nella lista da me data dei firmatari c’era qualche nome in più e qualche altro in meno, rispetto a chi aveva effettivamente sottoscritto la lettera.

Ad aggiustare la lista dei firmatari contribuì, grazie a sue fonti, sulla rivista dei gesuiti di New York “America”, il vaticanista Gerard O’Connell, incorso però anche lui in un paio di smentite. Sta di fatto che alla fine si sono conosciuti con certezza e pubblicati i nomi di 11 dei 13 cardinali sottoscrittori. Mentre riguardo al testo della lettera valse quanto dichiarato da uno di loro, il venezuelano Jorge L. Urosa Savino: “Il testo pubblicato da Magister è corretto, eccetto in un punto minore, dove si fa il paragone con le Chiese protestanti”. Per l’esattezza, il punto cancellato nel testo definitivo era quello in cui la lettera metteva in guardia il papa dal replicare anche in campo cattolico “il collasso delle Chiese protestanti liberali nell’epoca moderna, accelerato dal loro abbandono di elementi chiave della fede e della pratica cristiana in nome dell’adattamento pastorale”.

Per la cronaca, gli 11 firmatari certi sono stati i seguenti, in ordine alfabetico: Carlo Caffarra, Thomas C. Collins, Daniel N. Di Nardo, Timothy M. Dolan, Willem J. Eijk, Gerhard L. Müller, Wilfrid Fox Napier, John Njue, George Pell, Robert Sarah, Jorge L. Urosa Savino.

IL QUINTO documento della serie è quello dei famosi “dubia” sottoposti a papa Francesco nel 2016 da quattro cardinali, riguardo alla comunione ai divorziati risposati. Dopo oltre due mesi di mancata risposta da parte del papa, i quattro cardinali affidarono anche a me la pubblicazione in più lingue del documento stesso, che avvenne il 14 novembre. I quattro erano Walter Brandmüller, Raymond L. Burke, Carlo Caffarra, Joachim Meisner.

IL SESTO documento è la lettera che il papa emerito Benedetto scrisse il 7 febbraio del 2018 a Dario Viganò, allora alla testa dei mezzi di comunicazione vaticani, in cui respingeva la richiesta di scrivere una pagina introduttiva d’encomio a una serie di undici volumetti sul pensiero teologico e filosofico di papa Francesco, scritti da vari autori tra i quali il tedesco Peter Hünermann, irriducibile avversario d’antica data del Ratzinger teologo, e l’artista gesuita Marko Ivan Rupnik, di cui anni dopo sarebbero venuti allo scoperto i comportamenti deplorevoli, ma che all’epoca era di fama illibata e faceva anche da direttore spirituale dello stesso Viganò.

Nel presentare alla stampa i volumetti, il 12 marzo, Viganò lesse a voce alta tre paragrafi e i saluti della lettera del papa emerito, dando l’impressione d’averla letta tutta.

Il successivo comunicato stampa riprodusse tuttavia della lettera solo i primi due paragrafi di cortesia. E anche i giornali e i telegiornali presero spunto solo da lì nel rilanciare la notizia, citando con enfasi la “profonda formazione filosofica e teologica” di Francesco e la “continuità interiore tra i due pontificati”.

Mi premurai allora di ricuperare la registrazione audio delle parole di Viganò, dalla cui viva voce trascrissi il terzo paragrafo della lettera, il paragrafo del secco “no” di Benedetto e del suo giudizio negativo sui volumetti. E lo pubblicai su Settimo Cielo.

Ma presto si capì, dalle foto della lettera manomesse dal Vaticano (vedi sopra) e dalle indagini incalzanti di Nicole Winfield di Associated Press, che nella missiva di Benedetto doveva esserci ancora qualcos’altro di scritto. Ne ricavai il contenuto grazie a una fonte che aveva preso visione dell’intera lettera e ne diedi notizia in termini sommari, compreso il polemico riferimento ivi contenuto di Ratzinger a Hünermann. Dopo di che l’ufficio dei media vaticani si arrese e diffuse il testo integrale della lettera di Benedetto.

E IL SETTIMO documento della serie, di cui ho tenuto segreto il vero autore finché egli fu in vita, è appunto il memorandum di George Pell che nei giorni scorsi ha fatto tanto rumore, per le sue severe critiche al pontificato di Francesco. Lo ricevetti il 5 marzo 2022 direttamente dalle mani del cardinale, affinché fosse pubblicato con la firma “Demos”. Il che avvenne su Settimo Cielo il 12 marzo.