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lunedì 17 ottobre 2022

2013: urina in chiesa mimando un aborto, la Corte Europea le da ragione

Abyssus abyssum invocat, abisso chiama abisso (Sl 42).
QUI il video di Riccardo Cascioli sull'argomento e QUI la
Bussola.
QUI Tempi.
Luigi

URINA IN CHIESA MIMANDO UN ABORTO.
L'EUROPA ORA LE DÀ QUASI 10.000 EURO

Matteo Ghisalberti, La Verità  15 ottobre 2022

Nel 2013, un'attivista, delle Femen profanò un luogo sacro in Francia. Condannata dalla giustizia transalpina, la donna ha fatto ricorso. Per la Cedu (Corte europea dei diritti dell'uomo), la pena fu ingiusta «Stava solo contribuendo al dibattito, va risarcita».
Grottesca sentenza da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo: un'attivista delle Femen, che nel 2013 ir­ruppe in una chiesa francese urinando in terra e mimando un aborto con un fegato di manzo al posto del feto, an­drà risarcita. La giustizia francese l'ha condannata, ma per i giudici europei fu solo «libertà d'espressione». Alla donna andranno quasi 10.000 euro.
La sinistra francese sembra essere terroriz­zata dal cristia­nesimo. Una giunta comunale ecologista ha vietato la vendita di crocifissi. I comunisti pari­gini hanno protestato perché la basilica del Sacro cuore di Montmartre è diventata un monumento storico. Una mili­tante Femen che aveva urinato nella chiesa della Madeleine ha fatto condannare la Francia dalla Corte europea dei diritti dell'uomo per non rispetto della libertà d'espressione. Questo perché, dopo questa esibizione a seno nudo -du­rante la quale ha anche mima­to un aborto- la donna era sta­ta arrestata e multata. I fatti risalgono al 20 dicembre 2013.

Quel giorno, una certa Eloise Bouton ha deciso di manife­stare a favore dell'interruzio­ne di gravidanza. Nella sua pantomima blasfema, l'estre­mista femminista ha anche usato un pezzo di fegato di manzo in guisa di feto-spazza­tura. Il tutto davanti ad una de­cina di giornalisti presenti nel luogo sacro.

Il parroco dell'epoca, padre Bruno Horaist, aveva sporto denuncia contro la Bouton che è stata condannata dai tribu­nali francesi nei tre gradi di giudizio. Ma, per la (ormai ex) militante Femen, il procedi­mento giudiziario a suo carico non era altro che «un processo mascherato, per blasfemia». Così, noncurante dei tre pro­cessi persi, la donna si è rivolta alla Corte europea dei diritti dell'uomo contestando «l'im­precisione» della denuncia sporta contro di lei nonché l'«applicazione estensiva del­l'infrazione di esibizione ses­suale». In pratica Per la signo­rina Bouton, andare a fare pipì mezza nuda in una chiesa non è un atto osceno ma una concretizzazione della libertà di espressione. La Corte europea dei diritti dell'uomo ha dato ragione alla donna e ha con­dannato la Francia a pagare 2.000 euro alla Bouton, per danni morali e 7.800 euro per spese legali e interessi! I giudici della Cedu -che negli ultimi anni ha spesso dato ragione a sparute minoranze estremamente rivendicative- hanno partorito una sentenza molto ideologica.

«Una pena carceraria comminata nell'ambito del dibattito politico o dell'in­teresse generale», hanno sentenziato, «è compatibile con la libertà di espressione» solo «in circostanze eccezionali» come quando si incita all'odio o alla violenza.

Inoltre, i magistrati della Cedu hanno spiegato che l'a­zione della Bouton«aveva il so­lo scopo di contribuire al di­battito pubblico sui diritti del­le donne» e che la giustizia francese si è «fissata a esami­nare la questione dei seni nudi in un luogo di culto senza con­siderare il senso» dato alla nu­dità dalle Femen. Per loro la pena non era «necessaria in una società democratica».

Verrebbe da chiedersi cosa sa­rebbe successo se una militan­te femminista fosse andata a interpretare il ruolo dell'inva­sata in una moschea o in un luogo di culto di un'altra reli­gione.

Come detto, oltre alla vicen­da della ex Femen, a Strasbur­go la giunta ecologista guidata da Jeanne Barseghian ha sca­tenato un'ondata di polemiche pubblicando una lista dei pro­dotti che potranno essere ven­duti nel mercatino di Natale 2022. Come riferito dal quotidiano locale Dernières Nouvel-les d'Alsace, il comune di Stra­sburgo vorrebbe bandire certe merci e autorizzare la vendita «su riserva» di altri prodotti. Tra questi figurano i crocifissi (ma anche certi cibi italiani), che l'amministrazione comu­nale ha definito «croce di GC». Questo forse per evitare di in­frangere la laicità alla francese citando il nome di Gesù Cristo, che per i cristiani è il più alto di tutti i nomi. Banditi anche lo champagne o la tart flette, un specialità a base di formaggio fuso e lardo. Tra i cibi ammessi figurano invece i dolci arabi chiamati loukoum. La sbanda­ta ideologica della giunta strasburghese è stata criticata dai commercianti cittadini e tanti internauti. Di fronte alle pole­miche, l'assessore Guillaume Libsig ha spiegato che l'ammi­nistrazione comunale cerca solo di riportare «l'autentici­tà» locale e artigianale sulle bancarelle. L'assessore ha pre­cisato che la vendita di croci «è ovviamente autorizzata» ma che si è voluto evitare «di avere prodotti di cattiva qualità». La spiegazione non ha convinto le opposizioni e vari internauti. Tra essi qualcuno ha sommes­samente ricordato che l'even­to natalizio di Strasburgo è na­to nel 1570 ed è chiamato, in alsaziano, Christkindeismdrik ovvero «il mercato del Cristo bambino». Quindi è per forza legato al cristianesimo, così come lo è il crocifisso. C'è poi chi ha ricordato il «principio di sovvenzione» votato nell'a­prile de12021 dalla maggioran­za ecologista e di sinistra che sostiene Barseghian. Il finan­ziamento, da oltre 2 milioni e mezzo di euro, era destinato a sostenere la costruzione di una moschea da parte di una federazione musulmana di origine turca.

Ma l'odio contro il cristiane­simo non si è manifestato solo a Strasburgo. A Parigi, i consi­glieri comunali di estrema si­nistra hanno protestato, dopo che la basilica del Sacro Cuore di Montmartre è stata classifi­cata (peraltro dalla giunta di sinistra) come «monumento storico». La consigliera Raphaélle Primet ha definito la bianchissima chiesa un «odio­so edificio religioso» costruito «sui circa 30.000 morti» della Comune. Invece la deputata e consigliera de La France In-soumise, Danielle Simonnet, ha parlato di «apologia della morte di 32.000 militanti della Comune».

Ma anche San Mi­chele non se la passa bene in Francia. Questo perché la fe­derazione Vandeana del libero pensiero ha ottenuto dal Tar di Nantes la rimozione di una statua dell'arcangelo da una piazza della località balneare di Les Sables d'Olonnes, posta davanti ad una chiesa dedicata al «Principe delle milizie cele­sti». La giunta locale (di de­stra) ha annunciato un ricorso al Consiglio di Stato