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domenica 11 settembre 2022

Quel maldestro tentativo di Avvenire di riabilitare Buonaiuti il modernista

Acuta analisi pubblicata da Marco Tosatti.
Luigi

4 Settembre 2022 

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Americo Mascarucci offre alla vostra attenzione questo commento su un articolo pubblicato nei giorni scorsi da Avvenire. Buona lettura.
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Avvenire, il giornale dei vescovi, ha dedicato un lungo articolo all’esaltazione, in chiave chiaramente riabilitativa, del teologo Ernesto Buonaiuti, fra i massimi esponenti del movimento modernista di inizio Novecento, più volte processato e condannato dalla Chiesa per le sue tesi eretiche e infine scomunicato da Pio XI. L’articolo, firmato da Luigino Bruni, ha l’obiettivo di rileggere l’opera di Buonaiuti attraverso due direttrici; da un lato esaltando la sua figura di intellettuale antifascista pronto a rinunciare all’insegnamento, sua unica fonte di sostentamento, pur di non giurare obbedienza e fedeltà al regime mussoliniano, dall’altro a mitigare l’immagine del Buonaiuti eretico e presentandolo come vittima dei pregiudizi della Chiesa pre-conciliare. In verità è dai tempi del Concilio Vaticano II che i cattolici modernisti cercano senza successo di ottenere la piena riabilitazione del teologo scomunicato, presentandolo come un profeta, anticipatore delle istanze rinnovatrici che poi il Concilio ha in parte realizzato. Un’operazione speculare a quella di un certo mondo laico, come dimostra l’opera di Giordano Bruno Guerri, edita una prima volta con il titolo Eretico e profeta, Ernesto Buonaiuti un prete contro la Chiesa, e pochi mesi fa ripubblicata con un titolo ancora più provocatorio, ovvero Eretico o Santo, Ernesto Buonaiuti il prete scomunicato che ispira Papa Francesco. Poco importa che Giordano Bruno Guerri sia uno storico orgogliosamente anticlericale, autore fra gli altri di un libro teso a screditare la santità di Maria Goretti dove la stessa viene descritta alla stregua di una povera deficiente; Avvenire lo cita per supportare parte delle considerazioni sul carattere profetico del Buonaiuti, salvo poi dissentire laddove le considerazioni di Guerri finiscono con l’evidenziare il carattere effettivamente eretico del teologo. Insomma, laddove Guerri per esempio dà per scontato che Buonaiuti non credesse alla presenza reale di Cristo nell’eucaristia, Luigino Bruni interviene a dire che no, non è vero, al punto che sulla sua tomba volle che fossero impressi i simboli del calice e dell’ostia. Guerri insomma va bene quando critica l’oscurantismo clericale dell’epoca ispirato dalla lotta antimodernista di san Pio X e di Benedetto XV e anche l’ostilità del liberalismo crociano nei confronti del prete scomunicato, ma diventa improvvisamente inaffidabile laddove certifica come le idee di Buonaiuti fossero effettivamente in contrasto con la dottrina della Chiesa.

Il tentativo è evidente, ed è quello di spingere Papa Francesco a riabilitare Buonaiuti, fino a convincere il pontefice regnante di essere lui stesso il miglior erede del teologo modernista; un profeta incompreso dunque, punito ingiustamente da una Chiesa che sempre troppo tardi sa riconoscere la forza profetica. In realtà fino ad oggi la riabilitazione del Buonaiuti è stata resa impossibile proprio da quei suoi convincimenti modernisti che Avvenire oggi cerca di ridimensionare, negandone il carattere eretico. In realtà il cristianesimo di Buonaiuti era quanto di più lontano potesse esserci dalla dottrina cattolica e dal magistero della Chiesa. Un cristianesimo fondato sull’aspettativa della venuta del Regno di Dio, la stessa aspettativa delle primissime comunità cristiane, quando non c’erano papi a guidare la Chiesa, non esistevano gerarchie e soprattutto non c’erano dogmi imposti ai fedeli. I dogmi della fede per Buonaiuti altro non erano che invenzioni umane senza nulla di realmente rivelato e senza alcun fondamento nel Vangelo, così come nulla di ciò che la Chiesa proclamava trovava a suo giudizio rispondenza nei testi sacri, che Buonaiuti invitava a leggere ed interpretare liberamente con spirito critico e non seguendo l’interpretazione rigida e indiscutibile della Chiesa. La libera interpretazione delle sacre scritture, in un’ottica razionale e con riferimento ai progressi scientifici, era a suo giudizio l’unico modo per proiettare il cristianesimo nell’attualità, formare una sana coscienza cristiana e quindi ammantare di spiritualità i contesti politici e sociali dell’epoca. E poi ancora; Buonaiuti riteneva che neanche la transustanziazione, ovvero la trasformazione del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo, trovasse fondamento nel Vangelo, sostenendo come l’Eucaristia dovesse tornare ad essere banchetto di condivisione fraterna intorno all’unico pane e vino, tesi queste che lo avvicinavano inevitabilmente al mondo protestante. Eppure nonostante certe convinzioni, di marca chiaramente eretica, c’è chi nella Chiesa vede in Buonaiuti un profeta e in qualche modo un padre del Concilio Vaticano II; al punto che sono state adottate nel corso degli anni numerose iniziative da parte di certo cattolicesimo progressista per ottenere un riconoscimento postumo. Ma nessun papa finora ha accolto questa richiesta, che si è fatta ancora più pressante dopo che Paolo VI e Giovanni Paolo II hanno riabilitato figure molto controverse della Chiesa, anch’esse provenienti dal mondo modernista, come Henri De Lubac e Hans Urs von Balthasar. Con la differenza che mentre i suddetti filosofi e teologici dopo aver contribuito a diffondere errori nella Chiesa hanno riconosciuto come pericolose le derive moderniste portate avanti da Karl Rahner, Hans Kung e altri, e si sono adoperati per confutarle, contribuendo a contenere i danni conciliari, Buonaiuti non ha mai riconosciuto come errate le sue teorie, rifiutando di abiurarle in punto di morte e limitandosi a giurare fedeltà alla santa Chiesa. Quella Chiesa che però avrebbe volentieri trasformato in un appendice del protestantesimo, togliendo prestigio all’autorità papale per ricondurla sotto il potere delle comunità. Papa Francesco sarà sensibile al richiamo modernista? Va detto che nonostante Guerri consideri il teologo scomunicato il massimo ispiratore del pontificato bergogliano, in questi nove anni non abbiamo mai sentito il pontefice regnante citare Buonaiuti, neanche una volta in nessuna occasione. E ci torna alla mente il precedente dell’abate Giovanni Franzoni, ridotto allo stato laicale da Paolo VI per il suo esplicito sostegno al comunismo, che molti auspicavano riabilitato da Francesco prima di morire. Invece Franzoni è morto senza alcuna riabilitazione ma anzi fra la delusione di tanti suoi estimatori che non hanno visto compiere dal papa argentino quel gesto di perdono e di misericordia da più parti invocato. Sorte diversa toccherà a Buonaiuti? Considerando l’ostilità del teologo modernista nei confronti della Compagnia di Gesù sarebbe davvero un paradosso che la sua riabilitazione fosse opera del primo papa gesuita della storia.

Americo Mascarucci