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sabato 19 febbraio 2022

Il saluto di don Roberto Repole, nuovo Arcivescovo di Torino: note (pessime) a prima lettura

Come anticipato ieri mattina (QUI), oggi, poco dopo mezzogiorno, presso il Santuario della Consolata a Torino, l’arcivescovo mons. Cesare Nosiglia ha dato l’annuncio dell’elezione di don Roberto Repole, 55 anni, a vescovo eletto dell’Arcidiocesi di Torino e della Diocesi di Susa.
Già abbiamo delineato il suo pensiero: fautore della Chiesa in uscita, umile, della riforma ecclesiale e della sinodalità e sostenitore di una rivisitazione del ruolo del sacerdote.
Lascia inoltre molto perplessi che un sacerdote (peraltro della stessa diocesi), neppure monsignore e men che meno già vescovo, sia subito destinato ad una sede arcivescovile metropolitana, senza aver avuto alcuna pregressa esperienza di vita parrocchiale o pastorale (insomma, un docente di seminario senza quell’«odore delle pecore» che è tra i must del nuovo corso).
Leggendo poi il suo saluto rivolto questa mattina dinnanzi al presbiterio torinese, molti passaggi sono davvero inquietanti.
Già mons. Nosiglia, presentando il suo commiato, getta le premesse; dopo aver dichiarato la sua disponibilità «per celebrazioni di Cresime o di feste patronali o altro che i singoli parroci vorranno e chiederanno», attacca con i temi modaiolmente consueti: «Desidero anche assicurare i lavoratori della ex Embraco e i poveri (in particolare senza dimora, immigrati o rom) che continuerò a seguire le loro vicende con la massima cura».
Prende poi la parola don Roberto, di cui proponiamo un florilegio di banalità ed orrori (più orrori che banalità, ahimè).
«La mia nomina ad arcivescovo di Torino e vescovo di Susa era umanamente del tutto imprevedibile. Non può essere opera semplicisticamente umana. Nella fede la leggo come l’opera della fantasia e dell’estro dello Spirito»: anche solo pensare che la Terza Persona della Divina Trinità possa operare con «fantasia ed estro» ci lascia interdetti.
Ecco poi l’unica citazione dell’esimio docente di teologia sistematica, direttore della sezione parallela di Torino della Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale e presidente emerito dell’Associazione Teologica Italiana: San Paolo? Sant’Agostino? San Tommaso d’Aquino? Suvvia! «Gabriel Marcel faceva dire ad un personaggio del suo teatro che se il mondo fosse abitato solo da quelli che noi consideriamo i viventi, l’aria sarebbe semplicemente irrespirabile», insomma la scelta (molto simbolica) è caduta su un ebreo convertito, drammaturgo e filosofo esistenzialista, molto vicino alle posizioni heideggeriane.
Ecco poi il gran colpo di teatro finale: «Mi consola, infine, sapere che come cristiani non siamo certamente una potenza, né dobbiamo esserlo. Non abbiamo da offrire a queste nostre città nulla di tutto ciò che esse possono trovare già altrove e in abbondanza. Possiamo offrire, però, quello che nella nostra povertà Cristo ha deposto e depone continuamente in noi: la straripante bellezza del Vangelo, che può generare senso di vita per i più giovani, sollievo e compagnia per i più anziani, vicinanza e cura per i malati, accoglienza ospitale per tutti i poveri e gli emarginati». In altre parole, ci pare un certo asservimento al mondo e puro neo-umanesimo.
Le premesse sono davvero pessime: preghiamo e preghiamo tanto per i fratelli dell’Arcidiocesi di Torino.

L.V.


A darne l’annuncio sabato 19 febbraio 2022 mons. Cesare Nosiglia presso il Santuario della Consolata. VIDEO dell’annuncio

Don Roberto Repole, 55 anni, è il vescovo eletto dell’arcidiocesi di Torino e della diocesi di Susa. A darne l’annuncio sabato 19 febbraio 2022, presso il Santuario della Consolata a Torino, è stato l’arcivescovo mons. Cesare Nosiglia, alla guida della Diocesi di Torino dal 2010 e amministratore apostolico di Susa dal 2019. Qui di seguito:

• video dell’annuncio
• testo della comunicazione di mons. Nosiglia
• testo del saluto di don Repole
• cenni biografici di don Repole


Qui di seguito (e in allegato) la COMUNICAZINE di mons. Nosiglia alla comunità diocesana:

«Cari amici, sono lieto di comunicarvi che il Santo Padre ha nominato Arcivescovo metropolita di Torino e Vescovo di Susa il canonico don Roberto Repole, docente e direttore della Sezione torinese della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale.

Il curriculum del nuovo pastore è ben conosciuto da tutti voi e per questo siamo riconoscenti al Santo Padre di questa nomina. Personalmente sono molto contento della scelta e auguro al mio successore ogni bene, mentre chiedo ai sacerdoti, religiosi e religiose e fedeli tutti di accogliere con gioia il nuovo Arcivescovo e di offrire a lui tutta la loro disponibilità a collaborare efficacemente al suo ministero, accompagnandolo fin da ora con la nostra accoglienza e la nostra preghiera.

Sono lieto di questa nomina anche perché viviamo un periodo delicato e importante che riguarda non solo la diocesi di Torino e Susa ma l’intera Chiesa, e quella italiana in particolare. Mi riferisco all’avvio del Sinodo che caratterizzerà questi prossimi anni ed è iniziato ufficialmente nelle nostre diocesi il 17 ottobre scorso con le solenni celebrazioni nel santuario della Consolata di Torino e nel santuario della Madonna del Rocciamelone a Susa.

Da parte mia assicuro a don Roberto la mia piena disponibilità a sostenerne il ministero senza alcuna interferenza. Io resterò a Torino in una realtà ecclesiale collegata alla parrocchia Madonna Addolorata, al Pilonetto. Anche qui il parroco avrà la mia piena collaborazione, se lo vorrà e come lo vorrà. Ho sempre desiderato infatti di poter servire una comunità parrocchiale. Poi, come ogni altro Vescovo emerito presente a Torino e a Susa sarò disponibile per celebrazioni di Cresime o di feste patronali o altro che i singoli parroci vorranno e chiederanno. Desidero anche assicurare i lavoratori della ex Embraco e i poveri (in particolare senza dimora, immigrati o rom) che continuerò a seguire le loro vicende con la massima cura.

Infine desidero ricordare l’incontro con i giovani di Taizè. Dopo la prima tappa a fine dicembre 2021 aspettiamo ancora i giovani d’Europa a Torino nel prossimo mese di luglio. Mi auguro che questo importante raduno possa essere accolto e seguito con cordiale attenzione da don Roberto.

In attesa dell’ordinazione episcopale di don Roberto, io svolgerò il compito di amministratore apostolico per Torino e Susa. Oggi saluto con affetto don Roberto e sono certo che il suo ministero e azione pastorale darà un ulteriore impulso alle nostre Diocesi di Torino e Susa supplendo ad ogni mia mancanza, con l’apporto del clero, dei religiosi e religiose e dei laici, per svolgere con impegno il cammino sinodale in atto e ogni altro importante rinnovamento delle due diocesi in vista della loro unità sempre più necessaria.

D’intesa con lui abbiamo deciso di comunicare la sua nomina qui nel santuario della Consolata, perché la Madonna che più sentiamo come nostra lo protegga e sostenga nel suo ministero. Con vivo saluto e augurio».

E qui di seguito (e in allegato) il testo del SALUTO di don Repole:

«Carissime sorelle e carissimi fratelli, tutti: religiose e religiosi, laiche e laici, diaconi e presbiteri.

Come potete anche solo immaginare, ho il cuore colmo di emozione e all’interno c’è un guazzabuglio di sentimenti. Vi è certamente una profonda e intensa gratitudine al Signore, che mi invita ancora una volta e in maniera sempre più radicale alla sua sequela e al dono di me; e al carissimo papa Francesco, che mi ha scelto con un atto di grandissima fiducia. Ma confesso anche che in questi giorni ho dovuto combattere con l’ansia, sempre frutto del Nemico quando ci separa da Cristo e dai fratelli e ci fa sentire soli.

Al di sotto però delle onde di superficie, se scendo nel profondo, laddove lo Spirito Santo mi abita, trovo una pace profonda.

Mi consolano in particolare tre cose.

La prima è che io sono certo di non aver mai cercato in alcun modo un ministero come quello che oggi mi viene affidato. Ho avuto la grazia in questi anni di avere tantissimi contatti, che mi hanno arricchito nel mio percorso teologico e nella mia vita di fede. Ma ho sempre incontrato le persone per quello che erano, senza secondi fini. E per questo, la mia nomina ad arcivescovo di Torino e vescovo di Susa era umanamente del tutto imprevedibile. Non può essere opera semplicisticamente umana. Nella fede la leggo come l’opera della fantasia e dell’estro dello Spirito. E vivo allora sicuro che come la mano di Dio non mi ha mai abbandonato in questi anni e come, anzi, la sua presenza si è fatta con il tempo sempre più intensa, così continuerà ad affiancare i miei passi. Sono con Lui; e questo è anche ciò che desidero sempre di più, quello che più davvero mi interessa nella vita.

E poi ho la grande grazia di dover servire due Chiese che conosco, pur in modo evidentemente diverso. E anche voi conoscete me, con i doni che il Signore ha voluto farmi nella sua immensa bontà e con i miei limiti. La Chiesa di Torino è la mia Chiesa, tanto amata. È qui che ho ricevuto il dono più bello di tutti, quello della fede, quello della compagnia di Cristo. Penso con profonda gratitudine a tutte le sorelle e i fratelli che sono stati e sono per me la testimonianza di Cristo vivente e del suo amore. Penso a voi, con i quali camminiamo insieme; e penso a quelli che sono già nel Signore. Ci sono anche loro, anche oggi, qui. Gabriel Marcel faceva dire ad un personaggio del suo teatro che se il mondo fosse abitato solo da quelli che noi consideriamo i viventi, l’aria sarebbe semplicemente irrespirabile. Questo è particolarmente vero per la Chiesa. La Chiesa di Susa ho avuto modo di conoscerla, invece, soprattutto attraverso diversi incontri di formazione e di ritiro dei preti. Ne ho sempre raccolto la sensazione di una comunità in cui, con semplicità, si serve il Signore e ci si vuole bene.

Ecco, mi consola sapere che lo Spirito è già potentemente all’opera e la Chiesa c’è già. Io vi svolgerò un ministero e offrirò quello che umanamente potrò dare. Ma ci saranno altri ministeri e soprattutto ci saremo tutti noi, una cosa sola in Cristo. Le Chiese di Torino e di Susa non hanno solo un glorioso passato, hanno un presente, dove Dio è all’opera perché il Vangelo raggiunga davvero tutti; e per questo, tale presente può essere persino stimolante e avvincente.

Mi consola, infine, sapere che come cristiani non siamo certamente una potenza, né dobbiamo esserlo. Non abbiamo da offrire a queste nostre città nulla di tutto ciò che esse possono trovare già altrove e in abbondanza. Possiamo offrire, però, quello che nella nostra povertà Cristo ha deposto e depone continuamente in noi: la straripante bellezza del Vangelo, che può generare senso di vita per i più giovani, sollievo e compagnia per i più anziani, vicinanza e cura per i malati, accoglienza ospitale per tutti i poveri e gli emarginati.

Con questi sentimenti, ringrazio ancora di cuore il Santo Padre, e ringrazio l’arcivescovo Cesare Nosiglia, per tutto l’impegno che ha profuso e quello che ancora deve offrire per qualche mese (senza mettere limiti per il prosieguo). Ci affidiamo tutti alla Vergine Consolata, perché continui a suggerirci quello che Cristo ci chiede.

Vi voglio bene, confido tantissimo nel vostro bene e nella misericordia che ci useremo gli uni gli altri.

Ringrazio sin d’ora le Autorità civili e militari, confidando in una buona collaborazione. Sicuramente avremo modo nei prossimi mesi di incontrarci e di iniziare un dialogo proficuo.

Mi scuso sin da adesso con i giornalisti presenti, se non aggiungo altro a questo saluto. Avremo modo di incontrarci in un clima più calmo rispetto alle emozioni di questi giorni e poterci così parlare. Grazie di cuore!».


Don Roberto Repole è nato a Torino il 29 gennaio 1967 ed è stato ordinato nella Diocesi torinese il 13 giugno 1992; è docente di teologia sistematica (in particolare ecclesiologia e ministero ordinato) presso la Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale-sezione di Torino, l’Istituto superiore di scienze religiose e il Biennio di specializzazione in teologia morale speciale, e alla Licenza nella sede centrale di Milano. È attualmente direttore della sezione parallela di Torino della Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale.

Ha conseguito la maturità classica presso il liceo Valsalice di Torino (1986), il baccalaureato in teologia presso la Facoltà di Torino (1992), la licenza (1998) e il dottorato in teologia sistematica (2001) presso la pontificia Università Gregoriana in Roma.

È stato presidente dell’Associazione Teologica Italiana dal 2011 al 2019.

Collabora con numerose riviste scientifiche. Ha firmato e curato decine di monografie, saggi, articoli, voci enciclopediche e libri (in allegato la sua ampia bibliografia).

17 commenti:

  1. Mi sfugge come possa considerarsi pessimo dire che il Vangelo ha una bellezza straripante, che il Vangelo genera senso di vita per i più giovani, che il Vangelo offre sollievo e compagnia per i più anziani, che il Vangelo offre vicinanza e cura per i malati, che il Vangelo esige accoglienza ospitale per tutti i poveri e gli emarginati. Mi sfugge come queste possano essere "note pessime". Cristo forse non è tutte queste cose?

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  2. Beh anche J. Ratzinger venne catapultato su una cattedra metropolitana senza alcuna esperienza episcopale o parrocchiale, lo stesso dicasi per Carlo M. Martini e A.I. Schuster

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  3. Ovviamente sia l'uscente che il nuovo pastore sono vestiti in stile protestante senza la talare così odiosa a Bergoglio! Con la talare non si fa carriera!!

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  4. La peggiore eredità che ci lascerà questo pontificato è la quantità di vescovi e cardinali con tendenze eretiche o nella migliore delle ipotesi totalmente inadeguati





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    1. Maassimo61 Non che le nomine nei precedenti pontificati fossero state tanto meglio...

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  5. La peggiore eredità che ci lascerà questo pontificato è la quantità di vescovi e cardinali con tendenze eretiche o nella migliore delle ipotesi totalmente inadeguati





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  6. La peggiore eredità che ci lascerà questo pontificato è la quantità di vescovi e cardinali con tendenze eretiche o nella migliore delle ipotesi totalmente inadeguati





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  7. Temo che voi abbiate qualche problema con la vostra religiosità, non date una gran bella immagine del tradizionalismo cattolico. Già il disprezzo mal dissimulato presente nella definizione "ebreo convertito" dà da pensare (e comunque Marcel non si definiva esistenzialista, bensì socratico cristiano: era un pensatore cristiano, la filosofia cristiana per fortuna non si è fermata a san Tommaso, il sapere umano progredisce in tutti i campi; sarebbe poi da vedere cosa avete letto voi di Marcel o Heiddegger); ma ciò che più lascia sgomenti è l'acido recriminare sul fatto che Nosiglia abbia detto di voler restare vicino ai lavoratori in crisi e ai poveri e che il nuovo vescovo voglia annunciare "la strabiliante bellezza del Vangelo", che è senso di vita per i giovani, sollievo e compagnia per gli anziani, vicinanza e cura per i malati, accoglienza per i poveri e gli emarginati. Sappiamo da tempo che per voi la religione cattolica si fonda sul Denzinger, le opere di san Tommaso e le cerimonie in latino. Forse è proprio perché la Sacra Scrittura la fate recitare al prete sottovoce e in latino, che la conoscete così poco (almeno da quello che emerge in questo blog). Forse sarebbe meglio se posaste i manuali e le Summae e prendeste in mano i Vangeli in italiano e li leggeste e rileggeste per bene, al posto dei catechismi e degli elenchi di dogmi: più tempo con il naso immerso nel libro dei Vangeli e meno nei messali e negli scaffali di sacrestia.

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    1. Certo che lei ,anonimo delle2:43 il disprezzo non lo dissimula proprio.Eppure il Santo Padre ci invita continuamente ad essere misericordiosi....

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    2. Inutile, ti risponderanno che leggere i Vangeli è cosa da protestanti. I cattolici sono forse i cristiani più ignoranti in merito alla Scrittura. Dopo che per secoli sono stati abituati a semplici devozioni, c'è poco da stupirsi. Non conoscono la Scrittura, ma sono aggiornati su tutti gli ultimi messaggi della Madonna di medjugorje e le rivelazioni private della Beata Peppina di Rocca Cannuccia. Poi dici perché gli evangelici ci ridono dietro.

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    3. Potrei persino convenire con lei nel rifiuto di un certo tradizionalismo da museo. Non posso però su altri punti del suo pensiero, e cioè l'evidente disprezzo per dogmi, Denzinger e quant'altro. Seguite pure la "Chiesa in uscita". Ma senza far passare per farisei chi ancora tiene alla Tradizione (non che tra costoro manchino farisei e "mummificatori" della Tradizione stessa. Ma essa va riverita, non irrisa, come fate voialtri). Su Heidegger poi, esprimo forte contrarietà

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    4. C'è un po' di supertomismo effettivamente e più che conservatorismo, direi immobilismo su un periodo della Chiesa che piace in particolare. A volte sembra di andare a teatro durante la Messa in latino, perché vi è tanta ostentazione nel proporla. Peccato questi eccessi perché la Messa di San Pio V è davvero nobile ed edificante

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  8. Staremo a vedere cosa combinerà anche se c'è da dire che lo aspetta un compito complicatissimo.Ricordo un celeberrimo prete di quella diocesi che durante la S.Messa non diceva il Credo perchè non ci crede....Riguardo al desiderio di Nosiglia di restare vicino ai lavoratori di una fabbrica in crisi ed ai poveri c'è da domandarsi in cosa potrà mai consistere questa vicinanza.L'unica cosa che potrebbe fare,sempre che ne abbia voglia,è di pregare per loro.Per gli uni e gli altri lo stato italiano ci ha messo tanti milioni di euro senza risolvere un bel niente.Nosiglia preghi per i ricchi , i poveri e per la Chiesa che ne ha tanto bisogno.

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  9. La lezioncina del criptoprotestante che non ha neanche il coraggio di firmarsi

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  10. L'eterna diatriba fra progressisti e conservatori dura nella Chiesa cattolica da almeno 60 anni e di questi ne ho osservato parecchi. Mi pare non porti da nessuna parte. E intanto le chiese si svuotano.

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La Redazione