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lunedì 10 gennaio 2022

Orrori architettonici… e dove trovarli (numero “speciale”) #70 su Avvenire (il quotidiano)

Siamo giunti ali al 70º numero della nostra rubrica «Orrori architettonici… e dove trovarli».
In queste settanta settimane abbiamo selezionato e vi abbiamo proposto realizzazioni architettoniche sulle quali molto spesso è stato necessario un approfondimento per accertarci che fossero luoghi di culto cattolico, esame che, purtroppo, è risultato quasi sempre positivo.
Per il 70º anniversario, riprendiamo lo spunto che alcuni giorni fa ci ha offerto l’articolo di Leonardo Servadio pubblicato l’8 gennaio sul quotidiano (sé dicente «di ispirazione cattolica») Avvenire, il quale illustra – e magnifica – i cosiddetti «Progetti Pilota», ora portati a termine, vincitori dell’ultima edizione (correva l’anno 2011) del concorso lanciato (e finanziato) dalla Conferenza Episcopale Italiana in vista del Giubileo dell’anno 2000.
Per questi tre progetti ci uniamo alla premiazione… ma del nostro 1º Gran Premio degli Orrori Architettonici.

Lorenzo


Sono arrivati a conclusione gli ultimi Progetti Pilota della Cei: Mario Cucinella a Mormanno, Benedetta Tagliabue a Ferrara e Francesco Leto a Olbia.

La chiesa di Santa Maria Goretti a Mormanno, di Mario Cucinella - MCArchitects

Si può dire che col 2021 si sia conclusa la grande stagione dei Progetti Pilota, che furono lanciati dalla Chiesa italiana in vista del Giubileo dell’anno 2000. Sono stati portati a termine i progetti vincitori per i tre centri parrocchiali che parteciparono all’ultima edizione, svoltasi nel 2011: a luglio è stata consacrata la chiesa di Santa Maria Goretti a Mormanno (CS) progettata da Mario Cucinella, a ottobre è stata inaugurata la chiesa di San Giacomo Apostolo in Ferrara progettata da Benedetta Tagliabue e a breve sarà aperta al culto la chiesa di Sant’Ignazio da Laconi a Olbia (SS) progettata da Francesca Leto. Tra gli scopi dei Progetti Pilota v’era di dar luogo a nuove grandi committenze che si traducessero in architetture di rilevanza urbana, pensate per la liturgia postconciliare e capaci di esprimere al meglio la cultura contemporanea: un problema complesso data la frammentarietà che caratterizza tanto quest’ultima quanto gli ambienti periferici in cui i nuovi complessi parrocchiali si collocano.

San Giacomo a Ferrara di Benedetta Tagliabue - Miralles Tagliabue EMBT

Le chiese di Mormanno e di Ferrara grazie all’originalità artistica del disegno cercano di spiccare nel luogo ove sono ubicate. La chiesa progettata da Cucinella, candida e solitaria domina il panorama collinare di Mormanno, nel cuore del Parco Nazionale del Pollino. Evidente grazie ai suoi 16 metri di altezza, è composta da una parete continua che si avvolge e svolge seguendo in pianta una linea quadrilobata. L’ansa della facciata principale è distinta da un sistema di scarti che disegnano una croce generata da giochi di luci e ombre. Sulla parete esterna una serie di formelle compone la Via Crucis e l’episodio della crocifissione è rappresentato attraverso una finestra che guarda al crocefisso entro la chiesa. Il 6 giugno, data della morte di Maria Goretti, un raggio si allinea con la finestra illuminando completamente il crocefisso.

La chiesa di Sant'Ignazio da Laconi, progettata da Francesca Leto a Olbia - Studio Francesca Leto

Lo spazio liturgico, un ambiente a pianta centrale, respira dell’agile spiovere della luce dall’alto, accompagnata e diffusa da una serie di veli traslucidi che, pendendo raccolti in convoluzioni, esprimono un’angelica levità. La chiesa progettata dalla Tagliabue richiama un poco la soluzione adottata dal suo stesso studio di architettura per la ristrutturazione dei mercati di Santa Catalina a Barcellona: una vasta copertura composta da un insieme di dossi che si accostano e intersecano e protendono. Questo inconsueto quanto artistico sistema di rivestimento superiore, nell’ambiente dilatato in orizzontale dell’interno, si vede raccogliersi e concentrarsi sopra lo spazio dell’altare dove la croce diviene l’elemento più cospicuo, evidente e ripetuto: a partire da una grande croce che attraversa in alto tutta la dimensione dell’aula ecclesiale, come se appartenesse all’apparato di travature strutturali dell’edificio. Il progetto dalla Leto è diverso e riecheggia il profilo familiare e consueto della chiesa: un volume con tetto a due falde e il campanile vicino. L’ingresso avviene attraverso un passaggio relativamente angusto e scuro che fa risaltare per contrasto la luminosa gioiosità della navata, arricchita da molteplici opere d’arte alle pareti.

L’eminenzialità dell’altare è esaltata da una fenditura che taglia di traverso tutto il volume stabilendo una separazione luministica dell’area presbiterale. È una chiesa intesa quale percorso liturgico fondato su una serie di soglie intese a ritmare la gradualità del transito dal profano al sacro. Quest’architettura, di cui si attende il completamento delle pavimentazioni esterne, si distingue per l’originalità del non ricercare l’originalità a tutti i costi. Spesso questa ossessiva ricerca di estrosità ha allontanato il progetto delle chiese di oggi dal sentire comune. E forse la chiesa della Leto s’è un poco avvicinata allo spirito delle iniziative successive ai Progetti Pilota: i “Concorsi diocesani” che in questi anni cercano una sempre più stretta partecipazione delle comunità locali, e una sempre più perfetta integrazione tra architettura e spazio liturgico.

4 commenti:

  1. ORMAI, NON SI PUO' PENSARE AD ALTRO CHE LE CHIESE DI QUESTO XXI SECOLO NON SONO SI AVVICINANO SEMPRE PIU' A QUELLE PROTESTANTI, MA ANCHE PER LA SOLA RAGIONE CHE A OSSERVARLE MANIFESTANO QUEL VUOTO E QUELLA FREDDEZZA. POVERI NOI, IN CHE MANI SIAMO FINITI.

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  2. 1° progetto: richiama alla mente l'Accademia di belle arti, corso di pittura. Ognuno ha il suo cavalletto,ognuno ha la sua visione prospettica per ritrarre l'eventuale modello/a. Sebbene,con tutto quel velame potrebbe essere anche una sezione del corso di Scenografia.
    2° progetto : fungaia;
    3° progetto : casetta tra due pensiline.

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  3. Queste brutture hanno tutte qualcosa in comune: il vuoto glaciale, l'asettica mancanza di vissuto. Non riesco ad immaginare devozione e raccoglimento. Solitudine, freddo, angoscia.

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  4. Ma l'ultima, esattamente, cos'ha che non va? Passi per la seconda che è un po' bislacca, ma anche la prima non mi pare certo una roba blasfema come la vorreste far passare.

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