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domenica 2 gennaio 2022

Il vescovo (anglicano) Tutu, la «cremazione ecologica» e l’apologia di Avvenire

Il giorno di Santo Stefano la notizia ha fatto rapidamente il giro del mondo: Desmond Mpilo Tutu è morto a Città del Capo, sede dell’Arcidiocesi anglicana che ha presieduto dal 1986 al 1996.
L’arcivescovo anglicano – attivista politico e noto per le sue posizioni a favore del sacerdozio femminile e della contraccezione, pro-gay (orgogliosamente padre di una figlia lesbica), ultra-ambientalista e filo-palestinese – anche con le disposizioni circa i suoi funerali ha voluto rimarcare quelle posizioni che hanno contraddistinto tutta la sua attività politico-religiosa: la scelta della «bara più economica disponibile» (un pauperismo che certo lo avvicina alle tendenze in auge nei pressi di Santa Marta) e la «acquamazione» o «cremazione acquatica».
Fatti suoi, verrebbe da commentare: poco o nulla importano ad un fedele cattolico le posizioni di un arcivescovo scismatico ed eretico, se non fosse che su tale ultimo aspetto – alquanto raccapricciante non solo per un Cattolico – il quotidiano (sé dicente di ispirazione cattolica) Avvenire ne tesse uno sperticato elogio; apprendiamo che «la salma di Tutu verrà liquefatta, ovvero sottoposta a un procedimento chimico ritenuto un’alternativa ecologica alla cremazione», in cui «il corpo viene “sciolto” in una soluzione di idrossido di potassio ad una temperatura di 93 gradi centigradi con un processo chiamato idrolisi alcalina che dura 3-4 ore», rimarcando (e strizzando l’occhio all’attuale ideologia ecologista vaticana) che tale processo «è considerato più ecologico della cremazione perché consuma meno energia e non produce emissioni».
Terminata la disamina tecnico-scientifica, il quotidiano di ispirazione cattolica prosegue in un crescendo di auto-esaltazione: «Al termine rimangono le ossa, che vengono ridotte in polvere e consegnate ai parenti del defunto all’interno di un’urna»… e va be’, un passaggio prevedibile… poi ecco il coup de théâtre: «il liquido risultante dallo scioglimento dei tessuti – privo di DNA – che viene smaltito nel condotto fognario».
Ci permettiamo di concludere: una fine sicuramente migliore rispetto a quella dell’anima (ma non pretendiamo che un quotidiano di ispirazione cattolica si occupi anche di quest’ultimo aspetto).

L.V.


La salma dell’arcivescovo anglicano, Nobel per la pace, verrà "liquefatta" attraverso una tecnica più ecologica della cremazione


Funerali di Stato per l’arcivescovo anglicano Desmond Tutu, premio Nobel per la pace che contribuì a porre fine al regime razzista in Sudafrica, morto domenica scorsa all’età di 90 anni. Alle esequie nella cattedrale anglicana di St George a Città del Capo, durante le quali il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha tenuto l’elogio funebre, erano presenti solo 100 persone a causa delle restrizioni sul coronavirus.

Per il funerale Tutu aveva insistito che non ci dovessero essere “ostentazione o spese sontuose” e che gli fosse data “la bara più economica disponibile”. Aveva detto anche che gli unici fiori dovevano essere “i garofani della sua famiglia”.

Tutu, arcivescovo a San Giorgio per 35 anni, ottenne il premio Nobel per la pace nel 1984, e dieci anni dopo fu nominato dal primo presidente nero Nelson Mandela membro di una Commissione per la verità e la riconciliazione istituita per indagare sui crimini commessi durante l’apartheid.

Nei giorni scorsi, migliaia di persone provenienti da tutto il Paese sono sfilate davanti alla bara di pino decorata con un mazzo di garofani bianchi, nella camera ardente della cattedrale.

Il corpo di Tutu sarà liquefatto con un processo chimico che utilizza l’acqua descritto come un’alternativa ecologica alla cremazione. Le sue ceneri saranno sepolte dietro il pulpito della cattedrale di St George a Città del Capo.

L’alternativa ecologica alla cremazione
La salma di Tutu verrà liquefatta, ovvero sottoposta a un procedimento chimico ritenuto un’alternativa ecologica alla cremazione. Era “ciò a cui aspirava come eco-guerriero”, ha detto il reverendo Michael Weeder, decano della cattedrale di San Giorgio. Secondo la tecnica della cosiddetta “acquamazione” o “cremazione acquatica”, il corpo viene “sciolto” in una soluzione di idrossido di potassio ad una temperatura di 93 gradi centigradi con un processo chiamato idrolisi alcalina che dura 3-4 ore. Al termine rimangono le ossa, che vengono ridotte in polvere e consegnate ai parenti del defunto all’interno di un’urna, ed il liquido risultante dallo scioglimento dei tessuti – privo di DNA – che viene smaltito nel condotto fognario. Il processo è considerato più ecologico della cremazione perché consuma meno energia e non produce emissioni.

2 commenti:

  1. Ma più ecologico che tornare alla terra a nutrire vermetti e fiorellini, dato che "polvere eri e polvere ritornerai", cosa ci dovrebbe essere?

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  2. Voi che vi ritenete custodi della tradizione (nella quale fino a Bonifacio VIII era previsto il Mos Teutonicus per i nobili di alto rango), oggi vi meravigliate dello smaltimento ecologico e della bara economica di Desmod Tutu? Ed a corredo di tutto questo, espressioni come "una fine sicuramente migliore rispetto a quella dell’anima"? Non vi sembra che abbiate il dovere di tacere?
    Fate pace col cervello e pensate alla VOSTRA di anima, invece di mettere in opera questo tradizionalismo radical chic della più folle e peggiore specie!

    (E per favore, cerchiamo di pubblicare anche i commenti di dissenso al vostro pensiero unico, ogni tanto.....)

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