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martedì 2 novembre 2021

Il velo delle donne in chiesa

Il velo muliebre in chiesa.
QUIQUI e QUI MiL sul tema.
Luigi

Se i capelli son nemici della Santa Messa...
Roberto Marchesini, La Nuova Bussola Quotidiana
18-10-2021

Per alcuni è solo un ricordo vetusto, ma il velo muliebre in chiesa, non ha solo un significato paolino tutto da riscoprire. È un buon costume anche per una ragione ben più laica e moderna, che vi stupirà...

Quando lo racconto, la gente non mi crede: io ho respirato l’aria del Concilio di Trento.
Si sa com’è, nei piccoli paesini di provincia arriva tutto in ritardo; in alcuni casi, il ritardo è di alcuni secoli; e io sono cresciuto in un paesino di provincia, negli anni Settanta del Ventesimo secolo. Ve l’assicuro: nonostante tutti i ritiri e gli esercizi spirituali fatti nella mia vita, non ho mai vissuto un’esperienza spirituale più intensa del triduo pasquale nella mia parrocchia, con oggetti liturgici, canti e una spiritualità vecchia di secoli. Pensate che la mia chiesa parrocchiale aveva un portone centrale (sempre chiuso) e due porte laterali: una, quella di destra, per gli uomini; l’altra, di sinistra, per le donne. In chiesa, le panche di destra erano occupate dagli uomini, quelle di sinistra, dalle donne.

Questa cosa è cominciata dopo il Concilio di Trento, quando san Carlo Borromeo decise di tenere la Scuola di Dottrina domenicale in ogni chiesa della diocesi; lungo la navata era tirato un telo proprio per dividere la chiesa in due, una parte per gli uomini, l’altra per le donne. Non è finita. Non tutte, ma molte donne stavano in chiesa con il capo coperto. Proprio così: con il velo. Ma che senso ha il velo?

Il caro e reverendo don Alfredo Morselli ha spiegato, qualche tempo fa, l’origine paolina del velo muliebre in un articolo per il blog Messa in latino. Rifacendosi all’apostolo, don Alfredo spiega la quadruplice funzione del velo.

Primo, è la simbologia delle nozze tra Cristo e la natura umana. In chiesa, durante la liturgia, l’uomo e la donna non rappresentano solo se stessi, ma l’uomo – ogni uomo – rappresenta Cristo, lo Sposo: la donna rappresenta il genere umano, la natura umana sposa del Verbo.

Poi, si tratta di n segno della sottomissione a Cristo. Una donna con il capo coperto dal velo, ricorda a tutti coloro che sono in chiesa che la natura umana è sposa di Cristo: perciò la donna, in quanto rappresenta la natura umana, deve avere un segno della sua dipendenza sul suo capo (1 Cor 11,10): questo segno della dipendenza è il segno dell’autorità di Cristo nei confronti della sua Sposa, la natura umana. Perciò il Concilio Gangrense chiama il velo memoriale, ricordo della sottomissione.

Inoltre, è il rispetto del perfetto equilibrio del cosmo. L’edificio della chiesa rappresenta il cosmo, ricolmato della gloria di Dio, specialmente durante la celebrazione della S.Messa (I cieli e la terra sono pieni della tua gloria…). Il cosmo è perfettamente ordinato (Ma tu hai tutto disposto con misura, calcolo e peso - Sap 11,20). Nessuno può dimenticare la presenza, all’interno della chiesa-cosmo, della gerarchia celeste, perfettamente ordinata (Voi vi siete invece accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all'adunanza festosa… - Eb 12,22). Non è quindi conveniente che in un cosmo perfettamente ordinato qual è la celebrazione liturgica, la ordinata relazione tra Cristo-Sposo e Chiesa-Sposa - la particolare relazione che la celebrazione liturgica ricrea nel modo più perfetto -, non sia mostrata (Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza a motivo degli angeli - 1 Cor 11,10).

Infine, è un segno naturale di umiltà. Ultimo aspetto, ma non di minore importanza: "Non è forse la natura stessa a insegnarci che è indecoroso per l'uomo lasciarsi crescere i capelli, mentre è una gloria per la donna lasciarseli crescere? La chioma le è stata data a guisa di velo" (1 Cor 11, 14-15).

Io non sono un teologo (ho altri difetti…), ma mi sentirei di aggiungere una quinta motivazione piuttosto… laica.

Il velo muliebre serve per coprire i capelli delle donne, i quali sono un simbolo di sensualità. Sono sexy, per usare il linguaggio contemporaneo. Costituiscono un richiamo sessuale che distrarrebbe dalle celebrazioni ecclesiastiche; per questo motivo è bene che siano coperti.

Capisco che ai nostri tempi, nei quali siamo immersi in pornografia implicita ed esplicita da mane a sera, abbiamo perso la sensibilità necessaria per comprendere la sensualità della chioma femminile; tuttavia rimangono, nella nostra cultura, sufficienti tracce per suffragare la mia ipotesi.

Partiamo dalle canzoni. Non la trap contemporanea, che utilizza bel altri riferimenti sessuali, più espliciti. Penso alle canzoni degli anni Settanta del secolo scorso.

Pensiamo, ad esempio, a Balla, di Umberto Balsamo, «Sciolgo le trecce e i cavalli corrono, e le tue gambe eleganti ballano». Oppure a Io camminerò, di Umberto Tozzi per Fausto Leali, «Sciogli i dubbi e i capelli tuoi, perché sei così bella se non sai quello che vuoi; io d'amore ti vestirò, ma non mi domandare dove ti porterò». In entrambi i casi, lo sciogliersi i capelli indica l’abbandono della donna all’amante, alla passione. Ma i riferimenti alla sensualità dei capelli femminili hanno radici ancora più antiche. Pensiamo, ad esempio, con la prostituta del capitolo 7 del Vangelo di Luca, che lava i piedi di Gesù con le sue lacrime e li asciuga… con i suoi capelli. La tradizione l’ha identificata con Maria Maddalena; non a caso, spesso, rappresentata con i capelli sciolti.

Ancora: in dialetto milanese, la bambina e la ragazzina era chiamata «tusa», cioè tosata, rasata; portava, infatti, i capelli corti. Non solo per praticità: a lei non serviva un richiamo per maschietti potente come i capelli lunghi. Una volta raggiunta la maturità sessuale, la ragazza faceva crescere i capelli che erano, però, rigorosamente raccolti: un richiamo sessuale trattenuto, legato, da sciogliersi e liberarsi solo al momento opportuno. Verso il tramonto della sua vita, le donne lombarde tornavano a portare i capelli corti: la sensualità apparteneva ormai alle stagioni passate. Qualcuno si ostinava a portare i capelli lunghi, raccolti in una strettissima crocchia; ma era un vezzo che poche osavano.

Ecco, dunque, un altro motivo per coprire i capelli in Chiesa. Non è quello il luogo per stuzzicare le fantasie degli uomini...

2 commenti:

  1. Data l'età media si dovrebbe parlare di remedium concupiscentiae più che di richiamo sensuale... Dum Romae consulitur... Come sempre

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  2. Articolo bellissimo: grazie all'Autore. L'ultima considerazione è perfetta.

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La Redazione