Post in evidenza

Elenchi dei Vescovi (e non solo) pro e contro Fiducia Supplicans #fiduciasupplicans #fernández

Pubblichiamo due importanti elenchi. QUI  un elenco coi vescovi contrari, quelli favorevoli e quelli con riserve. QUI  un elenco su  WIKIPED...

giovedì 21 ottobre 2021

Roberto de Mattei: " Gli eretici dei primi secoli e lo spirito romano"

Un denso e utile articolo del prof. de Mattei, applicabile anche alle odierne vicende della Chiesa.
Luigi

29 Settembre 2021 ore 10:36, Corrispondenza Romana

Nel corso dei secoli la Chiesa cattolica ha sempre combattuto le opposte deformazioni della sua dottrina morale. Da una parte il lassismo, cioè la negazione degli assoluti morali, in nome del primato della coscienza; dall’altra il rigorismo, cioè la tendenza a creare leggi e precetti che la morale cattolica non prevede. Oggi il lassismo ha il suo esito nella “morale della situazione” modernista, mentre il rigorismo costituisce una tentazione settaria per il tradizionalismo. E’ contro quest’ultimo pericolo che voglio mettere in guardia, ricordando quanto accadde nei primi secoli della Chiesa, con le eresie dei Montanisti, dei Novaziani e dei Donatisti.

I Montanisti, ad esempio, sostenevano che il martirio dovesse essere volontariamente cercato, senza mai cercare di evitarlo. Ben diverso era l’atteggiamento dei veri cristiani che non cercavano il martirio ma una volta posti di fronte alla scelta, non esitavano a preferire la morte all’apostasia. Gli Atti dei Martiri mostrano la differenza tra il comportamento di Quinto Frigio, e quello di Policarpo, vescovo di Smirne, nel 155 dopo Cristo. Quinto si autodenunciò come cristiano, ma poi sotto le minacce e i supplizi apostatò la fede. Policarpo, invece, catturato dal proconsole Stazio Quadrato, ottenne la palma del martirio, pur non avendolo cercato.

Il montanismo venne condannato dalla Chiesa, ma il suo spirito rigorista riemerse, cento anni dopo, con la cosiddetta questione dei “Lapsi”. Nel 250, l’imperatore Decio emanò un editto con il quale ordinava, sotto pena di morte, che tutti i cittadini dell’Impero bruciassero l’incenso davanti alle divinità pagane. Lapsi (caduti) furono chiamati quei cristiani che, per salvare la vita, rinnegarono la fede cristiana ma, una volta passata la persecuzione, chiedevano di essere riammessi nella comunione della Chiesa.

Alcuni vescovi africani negarono ai lapsi la possibilità di accedere ai sacramenti, compreso quello della penitenza. A Roma questo rigorismo morale fu fatto proprio da Novaziano (220 circa- 258), un ambizioso sacerdote che occupava una posizione di rilievo nel clero. Secondo Novaziano il peccato dei lapsi poteva essere perdonato da Dio, ma non dalla Chiesa, che non avrebbe potuto riammetterli al suo interno neppure in punto di morte.

Papa Cornelio (251-253), stabilì che i lapsi che avevano fatto pubblica penitenza avrebbero potuto essere riammessi nella Chiesa. Novaziano contestò la validità dell’elezione di Cornelio e, dopo essersi fatto consacrare vescovo con l’inganno, rivendicò per sé il Papato, svolgendo una intensa attività propagandistica in tutto l’Impero. Egli viene considerato il primo “anti-Papa”.

Se Novaziano aveva rifiutato l’assoluzione agli apostati, i suoi seguaci più coerenti estesero l’errore a tutti i peccati gravi: idolatria, omicidio e adulterio che, a dir loro, non potevano essere perdonati dalla Chiesa, ma solo da Dio. Queste idee vennero raccolte sotto Diocleziano (301-303) dai Donatisti, che prendono nome da Donato, vescovo di Casae Nigrae (Case Nere) in Africa.

Nella sua ultima persecuzione l’Imperatore ordinò che ogni Libro Sacro della Chiesa fosse consegnato e bruciato in pubblico. Coloro che si sottomisero a questo editto vennero definiti dagli altri cristiani traditores perché colpevoli di traditio, cioè di consegna di libri e oggetti sacri ai persecutori. Il vescovo Donato affermò che la consacrazione del vescovo di Cartagine Ceciliano era invalida perché era stata effettuata da un traditor, Felice di Aptonga. Per Donato e i suoi seguaci, né gli eretici, né i peccatori pubblici e manifesti, appartenevano alla vera Chiesa e i sacramenti da loro amministrati erano invalidi. Il valore dei sacramenti dipendeva, per essi, dalla santità del ministro.

Il grande avversario dottrinale del donatismo fu sant’Agostino, vescovo di Ippona, che nello spazio di vent’anni, tra il 391 e il 411 scrisse più di venti trattati contro la setta. Nel Concilio di Cartagine del 411, Agostino, in tre sedute, di cui ci è stato trasmesso il verbale, prese la parola più di settanta volte, confutando la loro dottrina.

Novaziani e Donatisti non intendevano abolire il sacramento della penitenza, ma negando che la Chiesa, in alcuni casi, potesse amministrarlo, aprirono la strada alla sua soppressione da parte di Lutero e di Calvino. Per questo il Concilio di Trento, il 25 novembre 1551, ribadì la condanna dei Novaziani e dei Donatisti (Denz-H, n. 1670), affermando che chiunque cada nel peccato, dopo aver ricevuto il Battesimo, può sempre ripararvi con una vera penitenza. Lo stesso Concilio definì la validità dei sacramenti, indipendentemente dallo stato di grazia o di peccato del ministro (Denz-H, n. 1612).

La negazione del potere della Chiesa nel rimettere i peccati commessi dopo il Battesimo portava inevitabilmente al rifiuto della dimensione istituzionale del Corpo Mistico di Cristo. I Montanisti si definirono “spirituali” e vagheggiarono una chiesa di ispirazione profetica e di diretta comunicazione divina; i Novaziani si chiamarono katharoi, cioè “puri,” termine usato poi, nel Medioevo, dagli eretici albigesi, per distinguersi dai membri della Chiesa gerarchica; i Donatisti si ispirarono ad un medesimo paradigma di “chiesa invisibile”. Le sette che nel XVI secolo proliferarono alla sinistra di Lutero raccolsero gli errori dei Montanisti, dei Novaziani e dei Donatisti, opponendo le loro conventicole alla Chiesa cattolica, fondata da Gesù Cristo.

Per evitare di cadere in questo fanatismo settario, i cristiani dei primi secoli ebbero bisogno di ponderazione e di equilibrio.

Un valente storico come mons. Umberto Benigni (1862-1934), afferma che i primi cristiani, furono prima di tutto coscienti e decisi: «Sapevano che cosa bisognava volere e, fortemente, costantemente, lo vollero. Essi furono, inoltre, disciplinati, contro le tendenze anarchiche o separatiste degli “illuminati”, delle teste calde, degli individualisti; la monarchia episcopale vinse subito le tendenze oligarchiche di qualche profeta o presbitero; e la supremazia papale si venne determinando, di fatto, contro quelle di alcuni vescovi secessionisti. (…) Finalmente i primi cristiani furono equilibrati. Cioè nel loro insieme ortodosso non si lasciarono trascinare dagli eccessi di destra e di sinistra, dai rigoristi né dai lassisti di Cartagine, dalle convulsioni montanistiche né dalle astruserie alessandrine, dalle grettezze dei giudaizzanti né dall’anarchia gnostica. Questa mentalità equilibrata fece ad essi comprendere il loro tempo, e camminargli a lato senza compromessi e senza ombrosità, né zoppicando né galoppando; tenendosi sempre pronti nell’adattarsi, ma per vincere, non per capitolare. Quando Costantino li chiamò a riformare la società romana, essi non ebbero né da precipitare né da rallentare il cammino; ma soltanto continuare sul cocchio imperiale la strada fatta sin allora a piedi» (Storia sociale della Chiesa, Vallardi, Milano 1906, vol. I, pp. 423-424).

Coscienti e decisi, disciplinati ed equilibrati, devono essere oggi i cattolici, respingendo il pericolo del caos e della frammentazione che li minaccia. Un articolo sulla Dublin Review del sacerdote (poi cardinale) Nicholas Wiseman, che paragonava la posizione dei Donatisti africani a quella degli Anglicani, aprì la strada della conversione al cardinale John-Henry Newman, colpito dalla frase di sant’Agostino citata da Wiseman: «Securus iudicat orbem terrarum» (“Il giudizio della Chiesa universale è certo”, in Contra Epistulam Parmeniani, Lib. III, cap. 3). Questa sentenza riassume lo spirito romano dei primi secoli.

Solo la Chiesa ha il diritto di definire una legge morale e la sua obbligatorietà. Chiunque pretende di sostituirsi alle autorità della Chiesa, imponendo norme morali inesistenti, rischia di cadere nello scisma e nell’eresia, come è purtroppo già avvenuto nella storia.

1 commento:

  1. Il prof. de Mattei l'ho sempre stimato, è uno studioso preparatissimo. Però devo dire che negli ultimi tempi mi ha parecchio deluso. La questione dei 'no-vax'? Sarebbero secondo lui nella sostanza dei fanatici.
    Ma i 28.000 (ventottomila) morti e i quasi tre milioni di casi avversi dovuti agli pseudovaccini abortisti (dati ufficialissimi di 'Eudra Vigilance', pubblicati sul sito del Parlamento Europeo)? Quisquilie, pinzillacchere...
    La mostra della 'Porta dell'Inferno' al Quirinale? Ma niente di che, tranquillizzatevi, brava gente...
    Insomma negli ultimi tempi il professore ha assunto il ruolo di 'tranquillizzatore', o meglio di narcotizzatore delle coscienze. Ciò mi dispiace profondamente, perché come ho detto come storico lo stimo moltissimo. Pregherò per lui, perché si riprenda da questi scivoloni e torni ad essere quello di prima.
    Gesù, Maria SS.ma, San Giuseppe, provvedete voi!
    don Andrea Mancinella, eremita della Diocesi di Albano

    RispondiElimina

AVVISO AI LETTORI: Visto il continuo infiltrarsi di lettori "ostili" che si divertono solo a scrivere "insulti" e a fare polemiche inutili, AVVISIAMO CHE ORA NON SARANNO PIU' PUBBLICATI COMMENTI INFANTILI o PEDANTI. Continueremo certamente a pubblicare le critiche ma solo quelle serie, costruttive e rispettose.
La Redazione