Post in evidenza

Elenchi dei Vescovi (e non solo) pro e contro Fiducia Supplicans #fiduciasupplicans #fernández

Pubblichiamo due importanti elenchi. QUI  un elenco coi vescovi contrari, quelli favorevoli e quelli con riserve. QUI  un elenco su  WIKIPED...

mercoledì 18 agosto 2021

Mascarucci: la Messa in latino e la decadenza di Francesco. Guareschi… #traditioniscustodes #summorumpontificum

Cosa direbbero Don Camillo e il suo creatore, Giovannino Guareschi, sul Motu Proprio?
Luigi

28 Luglio 2021 Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Americo Mascarucci ci ha inviato questa riflessione sul Motu Proprio Traditionis Custodes, e sul suo suo significato nel contesto del pontificato di Jorge Mario Bergoglio. Buona lettura.

La messa in latino e la decadenza di Bergoglio

La visione che ispira oggi papa Francesco nell’attacco alla messa in latino è esattamente la stessa che ispirava l’azione dei vari don Chichì (il celebre personaggio di Giovannino Guareschi descritto come l’antagonista di don Camillo nel libro “Don Camillo e i giovani d’oggi”), tipica degli anni immediatamente successivi al Concilio Vaticano II.
Anni in cui imperversavano nelle diocesi preti accecati da furore conciliarista, pronti ad eliminare ogni traccia di tradizione, per rendere la Chiesa sempre più aperta alle istanze del mondo moderno. In quei periodi di buio della fede, si assistette ad altari maestosi completamente smontati e spogliati con la pretesa di tornare a quella che era la semplicità evangelica; balaustre abbattute in virtù del principio che non dovessero esistere barriere fra il popolo e l’eucaristia, negando così la sacralità e inviolabilità degli altari. A rimetterci furono anche le madonne addolorate e trafitte , così come i cristi sofferenti e flagellati e le statue dei santi martirizzati, perché la Chiesa non doveva più parlare di dolore ma trasmettere allegria, gioia, fiducia, non preparare alla “buona morte” ma far vivere al meglio la vita.

La messa in latino fu percepita come il principale simbolo della tradizione e quindi presa di mira dai progressisti più infervorati, persino nella culla del tradizionalismo cattolico, nella Trento del Concilio della Controriforma, che conobbe il fanatismo rinnovatore dell’arcivescovo Alessandro Maria Gottardi e del suo braccio destro monsignor Iginio Rogger. Ne fecero le spese tanto il messale di San Pio V che due culti tradizionali della città: il culto del patrono San Vigilio in primo luogo, che Rogger arrivò e negare sostenendo che il martirio ad opera dei pagani avvenuto a colpi di bastoni e “zoccolate” fosse una leggenda priva di fondamento storico; e il culto di San Simonino, il bimbo che la tradizione ritiene assassinato nell’ambito di un rituale ebraico e che fu sacrificato sull’altare dell’ecumenismo conciliare e della pacificazione con i “fratelli ebrei”.

Oggi come allora si colpisce la messa in latino perché considerata da ostacolo alla piena attuazione del Concilio Vaticano II. Non solo, ormai da anni dentro la Chiesa sta emergendo una chiara coscienza anti-conciliare di cui si è fatto promotore soprattutto negli ultimi anni monsignor Carlo Maria Viganò, evidenziando come i mali della Chiesa di oggi derivino da lì. Si sta andando ben oltre l’ermeneutica della continuità di San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI i quali ritenevano che non fosse giusto buttare via il bambino con l’acqua sporca. Il Concilio andava salvato e ciò che invece andava estirpato erano i frutti malati, gli errori. Ma ormai si sta prendendo chiaramente conoscenza di come il Concilio nella sua integrità sia un frutto acerbo, una mela avvelenata che ha permesso al serpente di insinuarsi nella Chiesa e propalare il suo veleno. E la riscoperta della tradizione, la rivalutazione della messa in latino, in questi ultimi anni è stato un potente antidoto che ha sicuramente permesso una riscoperta della vera fede e di una lettura del Vangelo coerente e libera da contaminazione moderniste, marxiste, luterane. Troppo per i cattolici progressisti e per i gradi elettori di Bergoglio, il teologo tedesco Walter Kasper in testa, che invece come il compianto Carlo Maria Martini invocano da anni un Concilio Vaticano III che dia compimento al precedente e che soprattutto completi l’opera di modernizzazione della Chiesa riuscita soltanto parzialmente (e la messa ne è purtroppo il principale prodotto) nel Vaticano II.

Ma quella di Bergoglio ha anche il sapore di una mossa tattica e per certi versi strategica volta a ritornare in piena sintonia con quel mondo progressista che lo ha eletto papa, che si aspettava da lui una grande rivoluzione e che oggi invece si mostra deluso per le sue mancate aperture in tema di nozze gay, abolizione dell’obbligo del celibato sacerdotale, ordinazione delle donne, ammissione piena dei divorziati risposati. La messa in latino è un po’ lo scalpo offerto da Bergoglio ai vari Marx, Kasper e compagni, per compensare la loro insofferenza e dimostrare che ha dato il colpo di grazia all’odiato Benedetto XVI e a quell’ermeneutica della continuità che proprio con la liberalizzazione della messa in latino il suo predecessore aveva inteso riaffermare.

Dulcis in fundo è evidente come il pontificato di Bergoglio volga al termine e il bilancio sia del tutto fallimentare. La Chiesa oggi è più divisa che mai, lontano dal Vangelo, piegata alle esigenze del mondialismo globale e all’agenda Soros , ispirata più da logiche pagane che cristiane. Non solo, al di là della narrazione farlocca dei media mainstream non c’è stata in Vaticano alcuna vera opera di rinnovamento e di pulizia, la corruzione continua a dilagare, gli scandali sono all’ordine del giorno e persino un ultra bergogliano come Marx ha dovuto ammettere che la Chiesa sta su un binario morto. E allora forse a Bergoglio non rimane che tentare di preparare una successione il più possibile pilotata. Il collegio cardinalizio lo ha già in larga parte blindato, ora non gli resta che tagliare le gambe ai suoi nemici interni, magari spingendoli anche ad uscire dalla Chiesa, aggredendoli nel loro punto d’orgoglio, distruggendo la messa in latino e sancendo la morte di quelle realtà interne alla Chiesa che sono le principali avversarie del suo modo molto creativo e stravagante di (non) fare il papa.

Americo Mascarucci

1 commento:

  1. ...che dolorose e veridiche considerazioni! Anche Peppone, nell'intimo del suo cuore le avrebbe condivise...

    RispondiElimina

AVVISO AI LETTORI: Visto il continuo infiltrarsi di lettori "ostili" che si divertono solo a scrivere "insulti" e a fare polemiche inutili, AVVISIAMO CHE ORA NON SARANNO PIU' PUBBLICATI COMMENTI INFANTILI o PEDANTI. Continueremo certamente a pubblicare le critiche ma solo quelle serie, costruttive e rispettose.
La Redazione